domenica 27 aprile 2025

Appunti di Ecologia – (3)

AUTO ELETTRICA
Le auto elettriche hanno emissioni di carbonio significativamente inferiori rispetto alle auto di dimensioni paragonabili a combustione interna, anche quando si tiene conto della produzione di tutti i componenti, comprese le terribili batterie, e dell’attuale provenienza dell'elettricità utilizzata per la ricarica. (...)
Questo grazie al fatto che i veicoli elettrici sono molto più efficienti nel convertire il carburante in chilometri percorsi, in quanto utilizzano circa il 70% dell’energia della batteria per spingere il veicolo (arrivando a superare il 90% se si conta il recupero della frenata rigenerativa che consente di convertire l'energia altrimenti dispersa sotto forma di calore durante la fase di decelerazione, in energia elettrica per ricaricare la batteria).
Mentre i motori a combustione interna convertono al massimo un 25% dell'energia della benzina in spinta, sprecando quasi tutto il resto in calore, che non può essere riconvertito in energia cinetica
[...]
A differenza delle batterie di avviamento utilizzate nei veicoli a combustione interna, quelle dei veicoli elettrici sono progettate per durare tutta la vita del veicolo e dati recenti mostrano che nel lungo termine mantengono più dell'80% della capacità originale, rimanendo affidabili ben oltre i periodi di garanzia standard e comunque, una volta rimosse dal veicolo, le batterie sono ancora utilizzabili in altri modi e le materie prime possono essere riciclate.
Un altro nuovo studio basato sui dati del Ministero dei trasporti britannico, mostra che i veicoli elettrici possono durare quanto, se non di più, le auto a combustione interna: mediamente 18,4 anni e circa 200.000 km dell’elettrico, contro 18,7 anni e 188.000 km del benzina; il diesel fa più strada ma dura meno: 16,4 anni e 410.000 km.
SCIENZIATI, FILOSOFI E ALTRI ANIMALI (Pagina Facebook)


RISCALDAMENTO GLOBALE
L’aumento delle temperature comporterà dei massicci cambiamenti nella distribuzione delle precipitazioni (come vediamo già adesso): in particolare riferendosi alle nostre zone diminuiscono i giorni di pioggia ed aumenta l’intensità dei singoli eventi.
Lo vediamo nel cambio nel regime delle alluvioni: da grandi eventi a scala di bacini principali (Arno, Po, Tevere) dovuti a diversi giorni consecutivi di precipitazioni continue, oggi le alluvioni avvengono soprattutto in piccoli bacini a causa di piogge fortissime che durano poche ore.
Inoltre i cambiamenti stanno pregiudicando la disponibilità di cibo e di acqua potabile in aree molto popolate, per cui si innescheranno massicce e incontrollabili ondate migratorie, sul modello del Mediterraneo alla fine delle civiltà dell’età del bronzo, che si interruppe bruscamente quando a causa di un riscaldamento iniziò una fase di minori precipitazioni in un’area in cui buona parte della popolazione viveva già ai limiti della disponibilità di acqua.
La deglaciazione avrà gravi conseguenze sul livello marino, con la perdita di parecchie aree costiere (porti compresi). Simpatico notare che la Florida, una delle patrie politiche dei climascettici, sarà quasi del tutto sommersa.
Inoltre c’è il serio rischio che in Europa, la deglaciazione provochi (...) un intenso flusso di acqua fredda, proveniente dalla deglaciazione dell’Artico, [che] blocca la corrente del Golfo, perché impedisce alle sue acque provenienti dai Caraibi di affondare e proseguire il cammino in profondità ridiscendendo lungo il continente americano.
Il che porterebbe in Europa un periodo freddo e secco, paradossalmente dovuto proprio al riscaldamento.
ALDO PIOMBINO (Scienze e dintorni)


TRAMONTO VERDE
Mi chiedo spesso il motivo del fallimento del movimento dei verdi, fallimento a livello mondiale e non solo in italia, pur in presenza di un inquinamento inarrestabile del pianeta con i suoi effetti sulla salute e sul clima. Potrebbe essere il loro momento, invece stanno quasi scomparendo dall'agone politico.
Uno dei motivi di fondo è l'incomprensione, da parte degli ecologisti dell'ultima ora, del problema demografico. La trasformazione dei popoli e delle nazioni in una informe ed uniforme massa umana basata sul numero.
Al posto dei vari popoli della terra, radicati ciascuno in un suo luogo e in una storia, vi e' un uomo globale, sradicato, senza luogo e senza storia, senza patria e senza confini, il cui unico valore è il consumo fine a se stesso e la continua crescita numerica senza ideali e senza scopo.
Come tutto questo sia coerente e finalizzato al mantenimento di un potere finanziario e tecnocratico e' motivo di discussione e approfondimento da parte della filosofia contemporanea.
Il discorso è invece completamente assente e l'argomento completamente ignorato in campo politico. In primo luogo proprio dai movimenti ecologisti, concentrati sulle conseguenze del fenomeno (il riscaldamento globale, l'inquinamento) senza averne mai compreso le origini. (...)
Anni fa esisteva un movimento definito 'no logo', per coloro che si opponevano alla globalizzazione del mercato. Poi si sono convertiti al politicamente corretto della fine di ogni differenza, del falso multiculturalismo egualizzante.
Sono passati dal no logo al non luogo. Scambiavano l'effetto con la causa: combattevano le multinazionali del marchio, mentre la popolazione cresceva, nel giro di pochi anni, di due miliardi.
Il mostro della sovrappopolazione con le sue due braccia, il denaro e la tecnica, sta fagocitando la varietà del mondo sostituendo tutto con un codice numerico.
AGOBIT (Un Pianeta non basta)

martedì 22 aprile 2025

Cogito, ergo Ateo - (4)

PAROLA DI PAPA
Ormai da molti anni, la figura mediatica del Papa (sino a ieri Papa Francesco) è notevolmente cambiata.
Una volta (fino al secolo scorso) le esternazioni dei Papi erano molto rare, distanziate tra loro ed avevano, per conseguenza, un grande valore ed un grande impatto nella comunità dei credenti; nei tempi attuali, invece, salvo i (rari) momenti di sede vacante, sono diventate quasi quotidiane.
Certo, questo eccesso è una conseguenza dei tempi (e dei media) attuali e non è colpa del Papa in carica; però non fa assolutamente bene al suo carisma ed al suo prestigio, perchè quando si parla troppo si finisce per non dire altro che banalità.
Ma le parole del Papa, negli ultimi tempi, sono state svilite anche sotto un altro aspetto: quello della loro importanza oggettiva.
Si può infatti facilmente notare che, nel terzo millennio, qualunque cosa affermi il Papa, qualunque siano i suoi auspici ed i suoi desideri, poi, nel mondo, non succede nulla.
Nessuno degli attori impegnati negli eventi di cui il Papa si occupa farà mai quello che lui gli chiede. E questo è un altro duro colpo per il suo prestigio e per la sua figura.
E vero che vi sono molte dichiarazioni della Chiesa in linea con le tendenze attuali, come nel caso delle migrazioni (sempre più incontrollabili) o dei costumi sessuali (sempre più liberi), ma sembrano le parole della mosca cocchiera, che si limita a seguire gli eventi fingendo di guidarli.
Per ora, la Chiesa riesce ancora ad ingannare tanti fedeli in buona fede (o magari anche se stessa), ma sicuramente la parola del Papa non è più quella di una volta.
LUMEN


PAGINE E PAGINE
Ci sono i Libri Sacri; poi ci sono i commenti ai libri sacri; e poi ci sono le esegesi, le apologie, le esortazioni, le confutazioni, i florilegi, le testimonianze, gli inni, le preghiere, ecc. ecc.
Insomma: pagine e pagine, migliaia, milioni, forse miliardi di pagine che parlano di Dio.
Eppure, tutta questa sterminata letteratura può essere condensata in sole tre parole: Sono Tutte Frottole.
LUMEN


L'IMMAGINE DI DIO
Ho letto che quando viene chiesto ai cristiani di descrivere Dio, molti non sanno rispondere o danno risposte molto vaghe.
Certamente il Dio della religione, se esiste, 'qualcosa' deve essere e quindi come è possibile che un credente (che ha ricevuto una educazione religiosa e quindi dovrebbe conoscere a fondo le cose) non sappia rispondere ?
Oltretutto, non si tratta di una domanda oziosa, ma di un problema importante, anzi fondamentale.
Come fa una persona a credere fermamente nell'esistenza di 'qualcosa' che non sa descrivere ?
Come fa ad interagire con Dio, se non sa che cosa è ?
E soprattutto: il giorno in cui si ritroverà di fronte a Lui (perchè almeno a questo ci deve credere) come farà a riconoscerlo ?
Ma ben pochi credenti si pongono davvero queste domande. Beati loro.
LUMEN


IL CORPO DI CRISTO
Non credo che siano in molti, tra i cristiani, ad essere consapevoli che il loro sacramento più importante, ovvero l'Eucarestia, è un rito di cannibalismo.
Gli antropologi lo conoscono bene perchè fa parte della storia dell'uomo, sia nella versione più semplice, in cui si mangia il nemico ucciso in battaglia, sia nella versione sacra, in cui si è convinti di mangiare una divinità (teofagia).
Lo scopo del cannibalismo rituale, però, non è quello di nutrirsi, ma quello di acquisire dei particolari talenti.
Nel primo caso, quello che viene acquisito è, molto semplicemente, il coraggio e la forza dell'uomo ucciso.
Nel caso della Teofagia, invece, il percorso è un po' più complicato ed è legato alla paura della morte: l'uomo, sconvolto dal pensiero di dover morire, vorrebbe ottenere l'immortalità; l'immortalità però è un attributo che spetta soltanto a Dio; ergo, se l'uomo riesce a mangiare Dio può acquisire la sua l'immortalità.
Trattandosi di un meccanismo ancestrale, quindi, la teofagia non è stata inventata dal Cristianesimo. I teologi della Chiesa, però, hanno avuto il merito di renderla più simbolica, più astratta, meno primitiva.
La motivazione psicologica profonda, però, anche se ormai quasi più nessuno ne è consapevole, è sempre quella.
LUMEN

martedì 15 aprile 2025

Ecce Homo

Il post di oggi riporta le considerazioni di due famosi etologi, Desmond Morris e Eibl-Eibesfeldt, su alcune delle caratteristiche più tipiche dell'homo sapiens.
So bene che il titolo ha un'origine religiosa e non scientifica (è una citazione dal Vangelo di Giovanni), ma mi sembrava perfetto per l'argomento trattato.
I testi provengono dalla pagina Facebook di 'Scienziati, filosofi e altri animali' (LINK della pagina).
LUMEN


<< Desmond Morris è stato il primo ad avanzare l'ipotesi che Homo sapiens sia pelato perché neotenico, cioè che non abbia perso il pelo strada (evolutiva) facendo, ma che non gli cresca come ai 'parenti' perché raggiunge la maturità sessuale senza sviluppare i caratteri dell'adulto (...).

Oggi nessuno dubita più di questo, che è considerato un fatto. Eibesfeldt, da etologo, ha aggiunto che oltre ad essere neotenico, Homo sapiens ha in assoluto il più lungo periodo di infanzia e dipendenza dai genitori di tutto il regno animale, in proporzione alla durata della vita.

Ed ha avanzato l'idea che la neotenia e la lunga infanzia siano direttamente correlate tra loro ed allo sviluppo della neocorteccia: essere neotenici prolunga l'infanzia, avere una lunga infanzia è utile ad apprendere, cioè a sfruttare il proprio adattamento. Se sia nato prima l'uovo o la gallina in questo caso è tuttora argomento di discussione.

Anche il fatto che le femmine di Homo sapiens (e parenti strettissimi) siano sessualmente ricettive tutto l'anno e siano sessualmente più attive delle femmine di altri animali secondo lui è legato a questo: tenere i maschi, la loro attenzione, legata a loro, durante il lungo periodo di gravidanza ed infanzia.

L'affermazione forse più discussa di Eibesfeldt è stata quella per cui la xenofobia, e quindi il razzismo, in Homo sapiens sono innati.

Ha fatto le solite ricerche, osservazioni su tutti i popoli e culture possibili, test su bambini (inclusi dei nati sordo-ciechi, che reagiscono all'odore degli estranei), ed ha concluso che siamo biologicamente xenofobi, dalla nascita, anche se il carattere si manifesta dopo la prima infanzia.

Questa è una cosa piuttosto sensata, presente peraltro in moltissime altre specie animali: estraneo/diverso = potenziale pericolo; ha perfettamente senso che si sia evoluta. Oltre al fatto che è un ottimo strumento per evitare ibridazioni, cioè dispersione di tempo ed energie a vuoto; questo negli adulti, ma lui ha sostenuto che lo siamo fin dalla nascita.

Quando se ne è uscito con questo discorso è successo un putiferio, per i soliti motivi: Homo sapiens è diverso, non soggetto ad istinti così brutti, e naturale = bello, buono e giusto. Un po' quello che è successo quando il suo mentore Lorenz se ne è uscito con la cosa per cui l'aggressività è del tutto naturale, ben presente anche nell'uomo ed ha la sua utilità.

Naturalmente entrambi avevano ragione, e nessuno dei due si sognava di affermare che il razzismo e l'aggressività siano cose belle e/o da assecondare/giustificare; fanno semplicemente parte delle dotazioni di serie che abbiamo ereditato dagli antenati, antenati non in grado di fare ragionamenti in merito e quindi per i quali ha provveduto mamma evoluzione. Non si capisce perché si devono negare le cose che non ci fanno onore.

Naturalmente il nostro adattamento, cioè la ragione e secondariamente la cultura, dovrebbero metterci perfettamente in grado di aggirare il problema e capire che estraneo/diverso non significa automaticamente pericoloso, e fortunatamente spesso lo fanno benissimo. Questo, per Eibesfeldt come per Lorenz, era implicito, ma non hanno fatto i conti con l'invidia, la strumentalizzazione politica e le interpretazioni di comodo.

Eibesfeldt sosteneva anche che siamo filogeneticamente incapaci di vivere in assembramenti umani come quelli moderni, cioè grandi società anonime, essendo il nostro cervello ancora predisposto per piccoli gruppi di individui tutti conosciuti tra loro. E anche in questo caso aveva ragione: le metropoli sono palesemente al di sopra delle nostre capacità innate, tanto che di solito finisce che siano aggregati di piccoli gruppi distinti, a volte pure in competizione tra loro.

Del resto una delle cose con le quali siete stati martellati è che gli animali sociali si conoscono sempre tutti tra loro, individuo per individuo. >>


<< Il termine aggressività, in psicologia/psichiatria, ha un significato ben diverso da quello di cui si parla (…) in etologia. Dal punto di vista etologico, essere aggressivi non è niente di patologico ed è del tutto naturale; l’aggressività si è evoluta a vari livelli praticamente in tutte le specie animali - very important – a scopo di difesa.

E’ un’arma biologica quanto lo sono zanne ed artigli, veleno, corna ed altri orpelli usati dagli animali per difendersi. Difendere sé stessi, il proprio spazio vitale, il proprio cibo, il proprio investimento genetico (consorte e prole), il proprio branco nel caso degli animali sociali. Dai nemici, dai predatori, dai concorrenti; comunque sempre di difesa si parla.

Guarda caso, le specie più “armate” fisicamente (velenose, velenifere, dotate di zanne ed artigli, o semplicemente molto grandi e quindi con pochi nemici) sono di solito molto meno aggressive di quelle più inermi. Ad esempio i pesci pagliaccio sono molto più aggressivi degli squali, i criceti dei lupi, eccetera. E guarda caso, Homo sapiens si contende, tra i vertebrati, il podio dell’aggressività con il ratto.

Anche se alcuni etologi parlano di “aggressività predatoria” o “aggressività alimentare”, non è la stessa cosa: uno squalo nei confronti di un tonno, o un leone nei confronti di un bufalo, provano la stessa aggressività che provate voi nei confronti di un piatto di lasagne quando avete fame.

Con la differenza che le lasagne non scappano, non dovete inseguirle ed ucciderle, non vi prendono a cornate o a calci eccetera. Se non ci fossero i supermercati moderni e dovessimo procacciarci il cibo, oltre a mangiare molte meno bistecche, per procurarcele metteremmo sicuramente in atto dei comportamenti molto violenti, che possono essere considerati aggressivi, ma in modo ben diverso.

In pratica, maggiore è l’aggressività, minore è l’entità (o la durata) degli stimoli necessari a far scattare la reazione, e maggiore è la reazione stessa, tutto qui. Ma in condizioni normali l’aggressività si scatena solo quando, e perché, è utile alla situazione e viene quindi utilizzata. >>

SCIENZIATI, FILOSOFI E ALTRI ANIMALI

mercoledì 9 aprile 2025

Banco di Beneficenza

Torno a parlare (male) dei buonisti e della carità interessata, con questo post al vetriolo di Uriel Fanelli, tratto dal suo blog personale (LINK).
Le considerazioni di Fanelli possono apparire un po' troppo ciniche o anche eccessive, ma la sua analisi psicologica dei 'buonisti' mi sembra abbastanza centrata.
LUMEN


<< La beneficenza (...) appartiene alla categoria delle manifestazioni di potere. In quanto tale, e’ un vero proprio atto di sopraffazione, che approfitta della debolezza (indigenza) di chi subisce questo atto: essendo povero sei costretto a subire la beneficenza per vivere. (…)

La beneficenza [infatti] e’ tutta una serie di cose:
= La beneficenza e’ uno status symbol. Chi fa beneficenza? I ricchi. Chi ha una fondazione per aiutare l’ Africa? Bill Gates. Chi riceve beneficenza? I poveri. La beneficenza ha tutte le qualita’ degli status symbol. Potete possedere un’auto costosa, frequentare determinati locali o fare beneficenza: socialmente, siete riconoscibili come ricchi in tutti i casi.

= La beneficenza e’ un atto di superiorita’. Normalmente chi fa beneficenza non chiede nulla in cambio. Le associazioni di beneficenza non chiedono a chi viene beneficato di , che so, aiutarli nelle loro attivita’. Tra dare cibo ad una persona e mandarla via e dare cibo ad una persona e , che so, farsi aiutare in cucina, la differenza starebbe nella dignita’: ma lo scopo della beneficenza e’ l’umiliazione pubblica, quindi non si tollera alcuna beneficenza che sfoci in un rapporto do-ut-des, che sarebbe paritario.

= La beneficenza e’ un insulto deliberato. Il fatto che ad una persona beneficiata non venga mai offerto alcun modo di sdebitarsi , ne’ gli sia consentito di farlo, classifica la beneficenza come un atto di deliberata offesa. (...)

= La beneficenza e’ una libera scelta solo da un lato. Quando si fanno presenti queste cose, immediatamente parte la storia che “si, ma se ti metti nei loro panni e’ una manna dal cielo, mentre tu ci rimetti il superfluo”. E non ci si rende conto che si sta semplicemente enunciando la propria superiorita’: posso farlo perche’ sono ricco, deve subirlo perche’ e’ povero.

= La beneficenza e’ economica. Tra gli status symbol, la beneficenza e’ quella accessibile gia’ al ceto medio, e persino alla working class. In quanto tale, si tratta del piu’ economico tra gli status symbol: sentirsi superiori agli altri per un vestito piu’ lussuoso puo’ costare centinaia di euro. Sentirsi superiori ad un tizio che chiede l’elemosina ne costa uno o due.

La beneficenza e’ l’unico rapporto di umiliazione pubblica ad essere socialmente tollerato, per la semplice ragione che, come tutti gli status symbol, e’ troppo piacevole e diffuso perche’ le masse accettino di rinunciarvi.

Se proponiamo di passare dalla beneficenza al welfare, per esempio, molti non ci stanno piu’. Se creassimo un ente statale con la finalita’ di raccogliere soldi per la beneficeza ai clochard, e poi si occupi di distribuire ad ogni clochard un assegno giornaliero, scopriremmo che nessuno la troverebbe piu’ affascinante. Le forme di contribuzione volontaria al welfare, che di per se’ hanno la stessa identica funzione di ridistribuzione della ricchezza, non sono amate quanto la beneficenza che avviene in pubblico, col rapporto personale. Perche’?

Perche’ non vedendo il beneficiato, ci viene tolta la libidine di sentirci superiori ad un essere umano in carne ed ossa. La sopraffazione, cioe’, deve essere personale. Se non vediamo la persona che abbiamo sopraffatto di fronte a noi, non sembra la stessa cosa. Si dice che e’ “impersonale”, ma se il punto fosse dare da mangiare, non farebbe alcuna differenza.

E qui andiamo a quelli che continuano a dire “L’ occidente deve aiutare” In realta’ si tratta di persone che stanno cercando di sancire la superiorita’ dell’ occidente. Il meccanismo e’ lo stesso di quello dell’elemosina: nel momento in cui diamo, stiamo dicendo sempre tre cose:
= Abbiamo del superfluo da dare.
= Loro sono cosi’ disperati da accettare.
= Noi siamo sempre migliori di loro.

Se la terza frase vi sfugge, proviamo a farci delle domande. Quando avviene una catastrofe naturale in qualche “Sarkazzistan”, o quando veniamo a sapere che esistono bambini poveri in qualche paese (…), allora noi andiamo dalle nostre associazioni caritatevoli a dare dei soldi. Perche’ noi siamo “i paesi industrializzati”. Questi paesi, che hanno emergenze, si rivolgono inoltre ai vari enti come Unicef, FAO, e compagnia bella, allo scopo di ricevere fondi per alleviare le sofferenze dei loro popoli.

Adesso faccio una domanda: durante l’ultima crisi finanziaria, ma anche durante l’ultimo terremoto in Italia, o durante l’ultima inondazione, o quando ISTAT ha detto che ci sono 7 milioni di famiglie povere in Italia, o quando salta fuori che di conseguenza ci sono N centinaia di migliaia di bambini poveri in italia, qualcuno in Italia ha mai proposto di chiedere l’ elemosina di paesi piu’ ricchi? (...)

Perche’ non chiedere agli enti di beneficenza come UNICEF di aiutare i bambini italiani poveri, o la FAO ad aiutare le femiglie italiane in difficolta’? Perche’ non accettare la beneficenza dei paesi ricchi di liquidita’, come la Cina? Tutti allora vi metterete a dire che “non siamo ancora a questo punto”, che “possiamo farcela da soli”, “non siamo ancora costretti a farlo”, “sarebbe troppo umiliante”. Ma guarda caso, e’ proprio quello che voi proponete di fare con gli altri.

Allora, sembra che sia del tutto logico se voi fate l’elemosina agli altri, ma quando si tratta di chiederla, si scopre che e’ umiliante, che piuttosto vi arrangiate, che non siete ancora costretti a chiederla… insomma, che e’ davvero una cosa brutta. Non e’, quindi, quella cosa benevolente, frutto di umana fratellanza (ovvero eguaglianza): e’ una semplice dimostrazione di superiorita’ di chi la offre, o una dichiarazione di sconfitta di chi la chiede.

Del resto, anziche’ dare soldi in aiuti a chi sta male si potrebbero stipulare trattati commerciali che aiutino quelle nazioni a riprendersi, MA in quel caso si uscirebbe dall’elemosina, e questo togliere all’occidente l’assunzione di superiorita’ che lo spinge a fare elemosina. Avere aiuti “in cambio di qualcosa” (…) non e’ accettabile come elemosina: non perche’ non sarebbe giusto sdebitarsi, ma perche’ consente a chi riceve l’elemosina di conservare la dignita’ del “do ut des”, ovvero di sfuggire all’umiliazione totale.

Se osservate bene chi siano i maggiori contribuenti delle entita’ caritatevoli dell’ ONU, della FAO, e di tutti gli altri enti simili, scoprite che sebbene l’occidente sia in declino e si venga superati da altre nazioni in via di sviluppo, la quantita’ di soldi dati in aiuti per i paesi poveri e’ cambiata di pochissimo. I soldi degli aiuti ai poveri africani arrivano, esattamente come prima, sempre dagli stessi paesi: il fatto che l’ Italia sia stata superata dal Brasile in termini economici non significa che il Brasile donera’ piu’ soldi dell’ Italia ai paesi dove si fa la fame. (...)

Dietro questo punto si nasconde lo spartiacque, la forza che spinge ogni paese occidentale a dire “dobbiamo aiutarli”: la convinzione di essere superiori. E a maggior ragione durante una crisi tremenda, quando la superiorita’ viene messa in dubbio, non sperate che questo bisogno si attenui: e’ proprio quando la superiorita’ viene messa in dubbio che c’e’ bisogno di conferme. >>

URIEL FANELLI

giovedì 3 aprile 2025

Pensierini – LXXXV

SCIENZA E CONOSCENZA
Essendo un grande ammiratore della Scienza, posso permettermi il lusso, per una volta, di parlarne in modo critico.
Il punto dolente è quello dei rapporti tra scienza e potere, a proposito dei quali Luca Pardi ha fatto questa acuta osservazione:
« La società industriale ha sviluppato e finanziato la scienza [solo] per progredire nel campo dell’ottimizzazione di ognuno dei [suoi] fattori produttivi, incluso quello dello sterminio dei concorrenti.
Le scienze dure come quelle soft, quelle naturali come quelle sociali servono a questo, aumentare la potenza. La conoscenza è solo un sottoprodotto ».
L'affermazione di Pardi è ineccepibile, perchè la storia lo ha dimostrato ampiamente, e quindi, anche se non fa piacere, bisogna accettarla.
Per fortuna, la conoscenza scientifica, una volta acquisita, resta comunque un valore a disposizione di tutti. E non è una cosa da poco.
LUMEN


INCREDIBILE MA FALSO
'Incredibile ma vero' è il titolo di una fortunata rubrica della Settimana Enigmistica, che riporta le notizie più strane e stravaganti, ma vere, che ci giungono dal mondo.
Si tratta di un ossimoro simpatico ed innocuo, che però, in caso di propaganda, può essere facilmente rovesciato in 'verosimile ma falso'.
I media sono sempre esistiti (anche prima dell'invenzione della stampa, quando si basavano sui raccoti orali), ma oggi, grazie alle tecnologia moderna, abbiamo raggiunto un livello di inter-connessione vertiginoso.
Mi chiedo quindi; ma il Web, nel quale navighiamo allegramente ogni giorno, come si pone ?
Si pone sostanzialmente a metà, nel senso che vi si trova (letteralmente) di tutto, ma che le verità e le falsità sono talmente intrecciate da rendere molto difficile l'orientamento.
Però, come si fa a rinunciare a questa cornucopia (quasi gratuita) della conoscenza, a questo contenitore infinito di cose interessanti ?
Io, nel mio piccolo, non ci riuscirei mai e quindi mi limito a richiamare un vecchio detto latino che mi sembra appropriato: SI SAPIS, SIS APIS, Se sei saggio, fai come l'ape (che sceglie fior da fiore).
LUMEN


STATO ETICO
Gli studiosi di socio-politica tendono a distinguere, a grandi linee, tra Stato Etico e Stato Laico.
I primi seguono, nelle loro leggi, una bel precisa ideologia (religiosa o di altro genere), mentre i secondi si dichiarano eticamente neutri.
Nelle pratica, però, le cose sono molto più sfumate ed al riguardo ho letto una bellissima frase di Roberto Pecchioli, che condivido senza riserve:
« Lo Stato eticamente neutro non esiste: attraverso leggi e politiche, i governanti inviano sempre messaggi di approvazione o disapprovazione ».
Non voglio dire che le autocrazie siano uguali alle democrazie liberali: le differenze ci sono e (per nostra fortuna) sono notevoli.
Ma è sempre molto difficile tenere il diavoletto etico fuori dalla porta.
LUMEN


CAPO-BRANCO
Si dice che, per un cane, il 'padrone' umano rappresenti una sorta di capo-branco, di 'maschio alfa' (anzi super-alfa).
Questo è vero, ma con una differenza importante: che il capo-branco è un suo simile, quindi anche un concorrente sessuale, mentre il 'padrone' umano non lo è.
Quindi, il cane lo sente superiore a sè (in genere, molto superiore), ma in modo diverso.
Tanto è vero che manifesta nei confronti del 'padrone umano' un affetto sincero e fiducioso, che non potrebbe mai riservare ad un semplice capo-branco.
LUMEN


CALO DEMOGRAFICO
Il calo demografico dell'occidente è un problema che sicuramente esiste.
Si può discutere (come ho fatto spesso nel blog) se sia un bene o sia un male, ma certamente non lo si può negare,
I natalisti si augurano che i governi intervengano attivamente, con norme e provvidenze, a favore della natalità, ma io credo che, anche volendo, non sia possibile fare molto.
I motivi della decrescita demografica, infatti, sono diversi, ma quello fondamentale è legato al lavoro fuori casa delle donne, che non hanno più il tempo materiale di seguire i figli di persona.
Se si vuole intervenire, pertanto, bisognerebbe farlo in quella direzione, ma il lavoro femminile è ormai uno dei pilastri dell'economia occidentale e, anche dal punto di vista ideologico (dei diritti civili), è diventato un tasto molto delicato.
Quindi nessun governo riuscirà mai ad intervenire su di esso.
LUMEN