lunedì 18 settembre 2023

La coda del Pavone - 2

Si conclude qui il post di Lisa Signorile (tratto dal sito di Zanichelli) sul significato evoluzionistico della coda del pavone. (seconda ed ultima parte).

LUMEN


<< Non preoccupatevi se la teoria di Fisher non è chiarissima. Non lo è per nessuno, all’inizio, e si rivelò anche difficile da dimostrare con degli esperimenti.

Fortunatamente per noi, la teoria di Fisher non era chiara neanche al biologo israeliano Yoav Sagi, che nel 1973, quando era ancora studente, chiese ai suoi professori Amotz e Avishag Zahavi dell’università di Tel Aviv di spiegargliela.

Come racconta la coppia nell’introduzione al libro 'Il principio dell'handicap', fu proprio spiegare a Yoav l’evoluzione della coda del pavone alla luce della teoria di Fisher che diede loro l’idea del principio dell’handicap. Un’idea che spiega finalmente in modo brillante la coda del pavone e tanti altri aspetti e comportamenti degli animali sino ad allora rimasti inspiegati.

L’idea di base è che molti tratti anomali sono in realtà un segnale, un messaggio, e che “l’investimento degli animali nei segnali è simile alle penalità (dette tecnicamente “handicap”) che vengono imposte al più forte dei contendenti in un gioco o in uno sport, per esempio la rimozione della regina al giocatore migliore in una partita a scacchi. […] La vittoria nonostante le penalità imposte prova, senza alcun dubbio, che il vincitore è superiore per le proprie abilità e non per pura fortuna.”

In altre parole, la coda del pavone è un handicap, una penalità. Solo gli individui che si sono adattati meglio possono permettersi una simile coda in mezzo a una foresta, trovare cibo anche in periodi di carestia e avere l’agilità necessaria per sfuggire ai predatori. È un “segnale onesto” rivolto alle femmine della specie, come se il maschio dicesse: «prendi me, sono evidentemente il migliore, non sprecare il tuo tempo e il mio con gli altri maschi di serie B».

Più o meno il segnale che nella nostra specie lancia chi ha un’auto di lusso e la sfoggia per mostrare il proprio status sociale. Naturalmente saranno pochi i maschi ad avere code perfette (o i soldi per comprare una coupé), ma nelle popolazioni di pavoni le femmine condividono i propri compagni, che saranno quindi i padri di quasi tutti i piccoli.

Il segnale dell’handicap tuttavia, specificano gli Zahavi, funziona solo se chi lo emette non bara, cioè investe davvero energie perché può permettersele: se i suoi geni non sono buoni e spreca le risorse disponibili per atteggiarsi, non sopravviverà a lungo.

Un altro esempio classico della teoria dell’handicap è quello che spiega lo stotting delle antilopi e delle gazzelle: quando arriva un predatore la gazzella anziché fuggire comincia a saltare sulle quattro zampe in modo particolare, guardando negli occhi il predatore. Questa volta il segnale dell’handicap è rivolto al predatore: «non ho paura di te, guarda come salto bene, se mi insegui fuggirò e tu avrai perso tempo ed energie».

In questo modo il predatore sa che dovrà cercare una gazzella incapace di fare stotting, perché vecchia, azzoppata o malata: se non è in grado di sopportare la presenza di un handicap, non è probabilmente in grado di sfuggire a un inseguimento. Se una gazzella malata bluffasse e si mettesse a fare stotting, rischierebbe di sprecare le sue poche risorse saltellando invece di fuggire, e la sua fine sarebbe certa.

Nel regno animale gli esempi di handicap sono moltissimi e sono segnali rivolti a vari utenti:

= a un potenziale compagno, come fanno i pavoni e tutti gli altri uccelli i cui maschi hanno un piumaggio vistoso;

= a un predatore, come fanno le gazzelle con lo stotting o vari ungulati con le corna, che non fuggono, ma guardano con aria di sfida il pericolo;

= ai rivali, come gli usignoli o i passeri che cantano da un ramo alto, mostrando ai contendenti che quello è il loro territorio e non hanno paura di essere predati;

= all’interno di un gruppo sociale, come fanno i garruli, gli uccellini che accudiscono i figli degli altri, anche non imparentati, per dimostrare a tutti di essere all’altezza di farlo e in cambio guadagnano status sociale e attirano potenziali partner.

Noi umani non siamo immuni dall’esibire handicap, ce ne sono ovunque nei nostri comportamenti. Zahavi fa l’esempio dello sceriffo dei film western che entra nel covo dei banditi con la pistola nella fondina (l’handicap) per mostrare che non ha paura di loro.

Ma anche una grande casa è un handicap se è più grande delle reali necessità della famiglia, perché ha un costo elevato (in denaro, non in metabolismo) e segnala che la famiglia può permetterselo.

Un matrimonio sfarzoso, costosissimo e un po’ kitsch dimostra reciprocamente alle due famiglie e a tutti gli altri che chi paga può permettersi il volo delle colombe e i fuochi di artificio e segnala quindi lo status degli sposi (anche se per pagare il pranzo bisogna poi fare un mutuo!).

Ma gli handicap sono anche nel nostro corpo. I capelli umani, tecnicamente inutili se lunghi, sono difficili da gestire e forniscono una facile presa durante la lotta con un avversario. Sono quindi un altro handicap evoluto dai nostri antenati, poiché se crescono troppo si annodano, si impigliano e ostacolano la visione. Avere capelli curati e sempre ben pettinati dimostra che chi li porta può permettersi il tempo e l’investimento per gestirli e curarli, e può affrontare i nemici malgrado la presenza di questo fastidioso inconveniente.

La sclera, cioè la parte bianca degli occhi, è un altro handicap: un predatore sa che lo stiamo fissando. I gorilla hanno la sclera scura e non si capisce dove sia orientata la pupilla, confondendo il predatore, ma noi umani siamo più spacconi dei gorilla e abbiamo un handicap negli occhi.>>

LISA SIGNORILE

27 commenti:

  1. Interessante coppia di post a sfondo biologico-evoluzionistico a partire dal caso della (pericolosamente) lussurreggiante coda del pavone.
    Qualche perplessità solamente sulla parte finale (handicap esibiti nel corpo umano): in particolare, l'Autrice sembra avere completamente trascurato il fenomeno (ahinoi tipicamente maschile) della calvizie. Saluti

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    1. Domanda interessante.
      Da quel che ho letto, l'imbiancamento dei capelli maschili in età avanzata era sintomo di accresciuto valore sociale, quindi una variazione positiva (non diretta, ma tramite i geni dei figli).
      Per la canizie potrebbe valere lo stesso principio, anche se la precocità del fenomeno, che si manifesta in certi casi potrebbe far pensare ad un meccanismo diverso.
      Se qualcuno ne sa qualcosa di più, è il benvenuto.

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    2. Al sottoscritto francamente la calvizie (presumo che 'canizie' sia stato un refuso...) e' sempre parsa una "fregatura" fine a se stessa e al max imputabile a una sorta di capriccio di una natura (in qs caso) leopardianamente molto più matrigna che madre...

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    3. Sì, ovviamente, è un refuso, visto che la canizie è proprio l'imbiancamento di cui parlavo sopra (scrivevo dal cellulare, ma avrei dovuto controllare).

      Secondo la teoria della scimmia acquatica i capelli restano lunghi e forti nelle donne in quanto sono di utilità per i bambini piccoli (che vi si possono attaccare quando si trovano in acqua).
      Per i maschi, invece, questo elemento selettivo non aveva importanza, per cui hanno potuto evolversi (secondo casualità) sia i capelli forti che quelli deboli.

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    4. "Solo i coglioni portano i peli fino alla morte"
      Gabriele D'Annunzio

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    5. Autoconsolazione del Vate!
      Senza contare che anche mento e guance, le ascelle e tante altre parti del corpo (maschile) normalmente conservano i peli fino alla morte...

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    6. Forse D'Annunzio, che aveva una bella pelata, ci pativa.
      Ma sono in molti che (intelligentemente) se ne fregano.

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    7. Beh ragazzi, sarò sincero. Io ho perso i capelli molto giovane ed ho imparato ad accettarmi così. Comunque avrei preferito conservarli. E non solo per una questione estetica.....

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    8. Mai visto un orso calvo, oppure un lupo stempiato. Ciò dimostrerebbe falsa, almeno per l'uomo, la teoria evoluzionistica, rimandandoci ad una creatura di laboratorio primordiale, ottenuta ibridando animali pre esistenti in qualche maniera grossolanamente affini al prodotto ottenuto....

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    9. Ma no. Il motivo è, molto semplicemente, che l'uomo può proteggersi in altro modo (abiti, copricapi) e quindi la protezione naturale non è più necessaria per la sopravvivenza.

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    10. Mah, comunque ben strano che i capelli crescano, a chi ce li ha, in continuazione. A che pro? Orpello estetico come sostiene Biglino?

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    11. Bella domanda. Riporto qui di seguito le due risposte migliori che ho trovato sul web:

      = I capelli non sono altro che peli più lunghi e robusti degli altri peli presenti sul resto del corpo, in quanto tali si comportano allo stesso modo in fase di crescita e caduta, ciò che però li differenzia dai peli è la durata delle fasi che compongono il loro ciclo di vita.
      Ogni capello nasce e cresce indipendentemente da ogni altro capello presente sulla nostra testa seguendo tre fasi che si ripetono ciclicamente:
      Fase Anagen: avviene la crescita attiva del capello, vi è formazione continua di nuove cellule all'interno del bulbo. Questa fase dura mediamente 2-4 anni nell'uomo e dai 3 ai 7 anni nella donna, generalmente, coinvolge circa l'85% dei capelli
      Fase Catagen: il capello arresta progressivamente la sua crescita e cessa la produzione di melanina. Questa fase dura alcune settimane e coinvolge circa 1-2% dei capelli
      Fase Telogen: il vecchio capello è pronto per l'espulsione (o caduta naturale) dal follicolo; espulsione che coincide con l'inizio di una nuova fase anagen. La telogen coinvolge circa l'11% dei nostri capelli e può durare fino a 4 mesi
      Perciò, può sembrare che crescano all'infinito ma non è affatto così, semplicemente la fase in cui crescono è relativamente lunga.

      = Il pelo è una protezione aggiuntiva che però serve anche per gestire la temperatura del corpo dal.mondo esterno. I peli nel corpo umano sono più sviluppati in certe zone solo perché devono proteggere certi organi. Pensate ai capelli che proteggono il cervello e la scatola cranica.

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    12. Il dubbio permane, come per la pecora il cui vello, se non tosato regolarmente, finisce per ucciderla. Carne e lana per gli umani operai?

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    13. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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    14. Per la precisione, calvizie e irsutismo (eccesso di peli corporei) sono generalmente causati da una disfunzione genetico-ormonale e producono deficit funzionali (ad es in relazione alla protezione dal freddo esterno) e, ovviamente per chi li sente, anche sofferenze psicologiche che trascendono ampiamente il mero dato estetico. Inoltre (per dirla tutta) ho sempre trovato decisamente fastidioso il fatto che trattandosi di malanni tipicamente maschili essi solitamente (e oggi più che mai, dato il femminismo imperante...) vengano snobbati se non addirittura ridicolizzati sia a livello privato sia a livello pubblico (ad es mass-mediatico). Saluti

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    15. Noi dei primissimi anni 50, io sono del 52, avevamo le sfere...accettavano la canzonatura con animo virile, non ci scalfiva più di tanto. A 20 anni poco più persi i capelli , e fioccarono i nomignoli: stroncapettini, Harry Bellafronte, Yul, eccetera. Adesso si chiamerebbe body shaming, io mi chiudevo a testuggine come i legionari.
      Rimpiangevo peraltro i capelli anche per la loro funzione protettiva..

      Detto questo, intercalare di moda, nessuno
      riesce a spiegare compiutamente il mistero della crescita continua dei capelli umani, del vello delle pecore.

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    16. Purtroppo la presa in giro, anche feroce, anche offensiva, fa parte della natura umana.
      La gente vuole soprattutto sentirsi superiore, e se non ci riesce per propri limiti oggettivi, si ingegna di disprezzare gli altri.

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    17. Devo dire Lumen, che alcuni nomignoli canzonatori li trovo molto spassosi , in Toscana siamo maestri a prendere in giro il prossimo. Guai ai permalosi.....

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    18. Lo so bene.
      Ho un amico carissimo che viene da Siena (anche se ora abita in Piemonte come me).

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    19. @ Claude
      << ho sempre trovato decisamente fastidioso il fatto che trattandosi di malanni tipicamente maschili essi solitamente (e oggi più che mai, dato il femminismo imperante...) vengano snobbati se non addirittura ridicolizzati >>

      A conferma che la percezione sociale dei due sessi continua ad essere diversa.
      Perchè la parità dei diritti è giusta e sacrosanta, ma i ruoli sociali non potranno mai esattamente coincidere (parola di evoluzionista).

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    20. Sarebbe sperabile arrivare a breve-medio termine anche alla parità dei doveri (che tornerebbe a tutto vantaggio del genere maschile, superfluo fare esempi)...

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    21. Anche la parità dei doveri, pur auspicabile, non basterebbe.
      Resta sempre, pesante come un macigno nel rapporto tra i sessi, la maggior forza fisica del maschio e la sua propensione naturale ad utilizzarla per la sopraffazione.
      Ma siamo entrati in un discorso troppo lungo da sviluppare qui.

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  2. Lisa Signorile, in fondo al suo articolo, fa quest'altro esempio di handicap umano, che però mi convince fino ad un certo punto:
    << Il seno delle donne, costituito per lo più da tessuto adiposo, è un altro handicap: come ben sa chi ha un seno grande, saltare e correre diventa un problema, ma così si dimostra al partner di avere geni abbastanza buoni da accumulare grasso anche in periodi di carestia e da saper sfuggire al pericolo nonostante il peso e l’ingombro, esattamente come la coda del pavone. Oggi come oggi però questo handicap si è invertito rispetto al passato. Nelle società occidentali, dove non c’è scarsità di cibo, le donne desiderano essere magrissime, il più possibile, dimostrando di avere buoni geni e potersi permettere diete, cure e palestra, e avere fitness anche nella indesiderabile condizione di avere scarso grasso cutaneo. >>

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  3. Tanto x info, ho postato un commento e non è apparso, ripetuto più o meno dopo, stesso risultato....
    Saluti

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    1. Grazie per la segnalazione.
      Purtroppo non saprei dirti il motivo, anche se so che è già capitato ad altri.

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  4. L' eccessiva durata dello svezzamento del cucciolo umano ha causato l'istituto famigliare, fonte sovente di disagio e di infelicità per i consociati, posto il matrimonio, dopo gli iniziali ardori, è un mescolamento di umori di giorno , di odori nottetempo....

    La scarsa propensione della donna-madre a concedersi, come prima, al marito-padre nel talamo nuziale, è fonte di ulteriore disagio per quest 'ultimo, sempre desideroso di nuovi accoppiamenti come peraltro promesso sottotraccia nel negozio giuridico coniugale.

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    1. Ed infatti l'istituto della famiglia, che resta comunque alla base di ogni società, è stato declinato in forme diverse nel corso della storia, a seconda della cultura prevaente.
      La coppia classica codificata in occidente, infatti, non è l'unico sistema praticato.
      Ed ogni sistema ha i suoi 'pro' ed i suoi 'contro' (spesso asimmetrici per i suoi membri).

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