sabato 12 gennaio 2019

Perché non fare figli

I miei 25 lettori (da intendersi nel senso letterale del termine e non come figura retorica Manzoniana) sanno benissimo che a me piace andare controcorrente, e cosa c’è di più controcorrente al giorno d’oggi che mettere in discussione l’imperativo categorico della figliolanza a tutti i costi ?
Per questo ho deciso di pubblicare questo pezzo di Sezin Koehler (tratto dall’Huffington Post), che prova a mettere in evidenza, con molta chiarezza e molta sfrontatezza, i tanti buoni motivi che possono giustificare una scelta contraria.
Il problema è visto principalmente dal punto di vista dell’autrice (che ha avuto, a quanto pare, una vita un po’ movimentata), ma ci sono buoni spunti di riflessione per tutti. Buona lettura e buona meditazione. 
LUMEN


<< "Perderai un'occasione" "Non capirai mai il significato della vita" "Sarai incompleta" "Te ne pentirai quando sarai anziana" "Cambierai idea" "Non sarai mai una donna vera" "Non capirai mai veramente l'amore". [Queste frasi] me le sono sentita ripetere un sacco di volte, perché ho deciso di non avere figli. Le mie ragioni per rimanere senza sono diverse (e non sono affari di nessun altro). Nonostante questo mi viene continuamente chiesto di giustificare la mia scelta.

Ecco una selezione di motivazioni:

1. Economica: i figli costano. Nel 2013, crescere un figlio fino ai 18 anni costa mediamente a una famiglia benestante 304.480 dollari. Dare alla luce può costare tra i 3.296 e i 37.227 dollari. Mandare un figlio al college negli Stati Uniti costa tra gli 8.893 e i 22.203 dollari all'anno, a figlio. Mi ci vuole un drink; quei numeri mi fanno girare la testa.

2. Logistica: nonostante tutti gli avanzamenti sociali e culturali, le donne sono sempre quelle che devono prendersi cura dei figli, soprattutto negli anni formativi del bambino. Crescere un figlio prima che vada a scuola è più di un lavoro a tempo pieno. È h.24, sette giorni alla settimana, senza sconti per buona condotta. Non sono in grado di stare in compagnia di altri esseri umani quando ho sonno, figuriamoci cosa farei con un figlio che dipende da me per Ogni Singola Cosa.

3. Ambientale: ci sono circa 153 milioni di orfani al mondo. Perché aggiungere un'altra bocca a un pianeta sovraffollato per seguire un imperativo biologico ed egocentrico che non provo? Se proprio dovrò, adotterò.

4. Fisica: il mio corpo ha già sofferto abbastanza nei suoi 35 anni di permanenza su questa terra. Lo stress post-traumatico dato dall'essere sopravvissuta a un attacco d'arma ha dato il colpo definitivo al mio sistema nervoso. Sono anche cresciuta all'estero e non sono stata bombardata dagli additivi e ai conservanti del cibo americano. Aggiungere un membro alla mia famiglia significherebbe smettere di mangiare cibo biologico e sano, perché non potremmo più permettercelo. Beh, non possiamo permetterci nemmeno un cancro.

5. Emotiva: ogni giorno lotto per gestire il disturbo post traumatico da stress. Avere la libertà di non dormire quando l'onda di panico mi colpisce è una manna dal cielo. Poter dormire per 12 ore ininterrottamente per recuperare è stata la mia salvezza. Lavoro da casa e decido da sola i miei orari, una situazione ideale. Mettici un bambino e cosa succederà quando mi sentirò depressa e non avrò la forza di uscire dal letto? O piangerò per una settimana intera? O nel bel mezzo delle sfuriate di rabbia che mi fanno totalmente perdere il controllo?

6. Sociale: l'ultima volta che ho controllato, il mondo era sottosopra. C'è una sparatoria in una scuola diversa ogni settimana in questo paese. E c'è pure questa cosa chiamata "cultura dello stupro" che permea ogni aspetto della società. Molti dei bambini di oggi probabilmente ne saranno o vittime o esecutori in un futuro non così distante. Andrò a farmi un altro drink, questa volta bello forte.

7. Culturale: sono una ‘third culture kid’ mezza americana, mezza singalese - una persona che ha passato i suoi anni di sviluppo al di fuori dei paesi dei propri genitori - addossandosi problemi identitari a volontà giorno dopo giorno. Vivo con il pensiero della diversità anche quando sono negli Stati Uniti. "Da dove vieni?" è la domanda che mi viene fatta più spesso. (Seguita dalla domanda a capo di questo articolo). E dovrei scaricare questo peso culturale su un innocente?

8. Di interesse: semplicemente, non mi interessano la miriade di cose spaventose che comportano il parto e la crescita di un figlio. Dolori vaginali, emorroidi, costipazione, doglie, congiuntivite, muco, vomito, diarrea, tracolli nervosi in pubblico, la fase dei due anni, ribellione adolescenziale, dire addio alla mia identità individuale. No. Grazie.

"Ma perché, Sezin, non ti interessa avere il figlio più intelligente, bello, talentuoso e speciale al mondo? Perché mai?!" Perché amo dormire. Amo decidere i miei orari. Amo passare del tempo da sola, scrivere, amo il tempo che passo a sognare. Amo mangiare quasi 100% biologico. Amo farmi tatuaggi. Amo avere periodi di calma, un intero weekend per fare quello che mi pare. Amo la mia libertà. Con il mio lavoro creativo, un impiego che amo e un marito, adoro quelli che sono d'accordo con quello che ho scritto e sono felice, sana, soddisfatta come mai nella mia vita.

Tutto questo andrebbe a friggersi con l'arrivo di un figlio, perché beh, è la natura dei bambini. Un esserino che arriva nel tuo mondo e che dipende interamente e solamente da te. Il tuo universo si ridimensiona a misura sua e si muove con lui. Preferisco avere accesso pieno a TUTTO quando voglio, non solo nei momenti in cui i miei figli si sono finalmente addormentati o in quei miseri minuti di tempo che avrei per fare una doccia. Ho aiutato degli amici con i loro figli. So di cosa stiamo parlando.

Perché mi viene sempre chiesto di giustificare la mia scelta? E perché mio marito - che ha fatto la stessa scelta - non è questionato quanto me? Ecco perché abbiamo ancora bisogno del femminismo: nonostante tutti i progressi tecnologici, sociali e culturali, fare figli sembra ancora essere la tappa obbligata nella traiettoria di vita di una donna.

Ed ecco la mia risposta: non do per scontato che le mie personali scelte di vita siano così fondamentali e giuste da rendere meno umane o meno soddisfatte quelli che la pensano diversamente. Ho deciso di rimanere senza figli. E quindi? Non ho bisogno di partorire per essere una vera donna. Non ho bisogno di un figlio per sperimentare l'amore incondizionato e il sacrificio. Non ho bisogno di un bambino per essere felice. Decisamente non ho bisogno di un figlio per quando sarò anziana. E non cambierò idea; ho più di otto buone ragioni per non farlo.

Come disse Anaïs Nin: "La maternità è una vocazione come tante altre. Dovrebbe essere scelta liberamente, non imposta alle donne". Le critiche sono già abbastanza. >>

SEZIN KOEHLER

11 commenti:

  1. Mah! Fino a ieri, diciamo pure l'altro ieri (anni Cinquanta e forse ancora Sessanta, almeno in parte) metter su famiglia e avere dei figli era non dico il sogno di tutti, ma un'aspirazione molto diffusa - e direi anche normale, giusta, e persino necessaria per la collettività, il gruppo, la società. Senza figli la società muore. Nel mio dizionarietto filosofico (di un gesuita) si afferma che il matrimonio è un obbligo per tutti dal quale possono essere esentati i chierici - perché la progenie è largamente assicurata dagli altri componenti della società. In teoria l'obbligo varrebbe anche per i religiosi e sappiamo che l'obbligo del celibato per loro è molto tardivo (credo dodicesimo o tredicesimo secolo).
    Poi è venuto il boom economico del dopoguerra, la pillola, il sessantotto. L'aspirazione non è stata più la famiglia ma l'autorealizzazione. Il tasso di natalità è sceso in Italia a livelli cinesi - senza alcuna imposizione: la gente aveva la possibilità di star bene, di godere di agi mai visti, preferibili - oggettivamente - ai molti figli. Giuliano Ferrara, il difensore dell'embrione (lui che non ha avuto nemmeno un figlio pur avendo scopato tutta la vita) dice ai suoi 20000 lettori: i soldi sono sexy. Be', ci può stare, quest'affermazione piace a molti, ma poi non ci si può meravigliare se la gente ne fa una massima di vita e vuole meno figli o non ne vuole proprio più. Tornare indietro sarà difficile, quasi impossibile, il sogno o l'aspirazione massima di quasi tutti in occidente è una buona vita su questa Terra. Un figlio ci può stare, e già costa un accidente. Magari anche due se uno ha i mezzi e la voglia. La famiglia numerosa (da tre figli in su) oggi se la possono permettere solo i Paperoni, le case regnanti - e gli Africani perché non hanno nient'altro da fare, non possono aspirare al benessere o forse anche perché rifiutano per motivi culturali la pianificazione familiare.

    Debbo però aggiungere che tutti gli argomenti addotti dalla signora Koehler - rispettabili, senza dubbio - mi sembrano lo stesso egoistici, miopi, persino contro natura, considerato che i geni vogliono sopravvivere.
    In regime di sovrappopolazione o persino di esplosione demografica potrebbe essere anche una risposta naturale (e non contro natura) ridurre il numero dei figli (averne cioè meno, non eliminarli). Nel regno animale ci pensa la natura a riequilibrare un eventuale eccesso di individui: se diventano troppi e non c'è cibo a sufficienza molti non sopravvivranno.

    La signora Koehler mi sembra mostri una eccessiva insofferenza per i figli.
    Vuole, pensa di realizzarsi diversamente. Ha sicuramente qualche buona ragione per pensarla così, addirittura potremmo esserle grati visto che "scoppiamo", ma lo stesso qualcosa mi disturba nei suoi ragionamenti. Suona un po' così: uffà, questi figli, che barba e quanti grattacapi, preferisco farne a meno. Ma se tutti la pensassero così la fine della corsa sarebbe prossima.

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  2. Caro Sergio, quella dell'autrice del pezzo è sicuramente una posizione estrema, che, in quanto tale, non può certo essere indicata come esempio.
    L'ho pubblicata più che altro come spunto di discussione (e di riflessione).
    D'altra parte anche l'eccesso opposto, ovvero quello di figliare come conigli, non dovrebbe essere indicato come esempio (anche se spesso è stato fatto).

    Diciamo che l'equilibrio raggiunto (probabilmente per caso) dalle società occidentali, ovvero di 1, massimo 2 figli per coppia, rappresenta il giusto mezzo tra perpetuazione della specie e limite alla pressione ambientale.

    Ma questo purtroppo non piace alle nostre elites economiche, le quali, per mera cupidigia di guadagno (e sfruttando facilmente l'ingenuità dei buonisti), hanno deciso di continuare con la crescita demografica a tutti costi, nel modo che ben conosciamo.
    Peccato !

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  3. Leggo o rileggo ora le affermazioni di Anaïs Nin: "La maternità è una vocazione come tante altre. Dovrebbe essere scelta liberamente, non imposta alle donne". Una vocazione come tante altre? Semplicemente assurdo, è una delle più potenti inclinazioni della natura e della specie. L'istinto non è una vocazione che si può liberamente scegliere come tante altre. Poi oggi chi può imporre più qualcosa alle donne, almeno da noi in occidente? Si sono emancipate, no. Quasi quasi darei ragione a Camillo Langone, cattolico, che dice: meno libri e lauree e più figli. Insomma, il calo della natalità andrebbe di pari passo con gli studi. Che non abbia almeno in parte un po' ragione? Per carità, adesso passerò per sessista, maschilista, patriarcale ecc. ecc. A me sembra che ci siano della priorità nella vita, una gerarchia di valori. Oggi in occidente contano più di tutto il benessere, i soldi, il successo, la professione, lo sport, gli hobbies, l'autorealizzazione. La Chiesa promuove lo "sviluppo integrale della persona umana". In realtà non lo promuove se reprime la sessualità dei suoi funzionari (poi ci si meraviglia della pedofilia, un bubbone scoppiato non per caso proprio ora). Ma l'idea di uno sviluppo armonico della persona mi piace. E relegare la sopravvivenza della società e della specie a un optional mi pare, massì, una perversione. Possiamo anche concludere noi occidentali che in fondo la vita è una fregatura, non ne valeva la pena: era meglio non nascere, dice il prof. Melis. È una visione comprensibile: la terra non è stata fino a oggi per quasi tutti la "valle di lacrime"? Ma forse siamo ormai decadenti come gli antichi Romani e saremo soppiantati dai popoli giovani e vitali che non trovano nemmeno più resistenza da parte nostra.
    P.S. Come ben sai io non ho figli.

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    1. Tranquillo, Sergio, tra il gene e la cultura vince sempre il gene, e quindi la spinta alla procreazione non subirà mai delle flessioni significative.
      Chi la pensa come la signora Nin (o chiunque non abbia figli per propria scelta) lo fa perchè il proprio imperativo genetico è meno cogente di quello della maggioranza.
      Ma siccome si tratta, per ovvii motivi, di un carattere recessivo (chi non fa figli non tramanda il proprio genoma) ecco che l'anomalia si risolve da sè.

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  4. Buonasera. Sono stata invitata da Sergio a leggere questo post, l'ho fatto e commento. Penso che la bassa natalità sia una delle pochissime cose buone che il genere umano sta facendo ora - direi persino indipendentemente dai motivi, che possono essere egoistici (così come possono esserlo quelli di chi sceglie di farne, di figli), ma anche altruistici - altruistici, sottolineo, non solo nei confronti degli altri esseri umani ma dell'intero pianeta, e se non è altruismo questo!
    Per sopravvivere bisogna essere adattabili, anche come specie. Se continuiamo a riprodurci come abbiamo sempre fatto non potremo che finire per distruggere anche noi stessi. Forse, inconsciamente, collettivamente, lo stiamo iniziando a sentire e ad agire di conseguenza. Forse il nostro nuovo adattamento è auto-ridurci nel modo più indolore possibile, cioè procreando meno.
    Per valutare una decisione bisogna valutare il suo contesto. La specie umana non rischia di estinguersi, ma piuttosto di far estinguere le altre. Non abbiamo bisogno, come forse pensavamo di avere millenni o anche secoli fa, di rafforzare il nostro numero. Non è solo una questione di: "se non ci limiteremo la natura lo farà per noi". Forse lo farà, forse no. Io piuttosto penso: se non siamo capaci di limitarci, non meritiamo di esistere. Come specie.

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    1. Cara Gaia,
      anzitutto benvenuta nel mio blog.
      Ti seguo e ti ammiro da tempo e, come forse avrai notato, ti ho inserita nel mio blog-roll.

      Quanto all’argomento della discussione, è difficile dire se l’istinto alla procreazione sia più guidato dal gene individuale o da quello della specie, ed anche quanto possa incidere la pressione culturale, che – rispetto a quella genetica - ha un ritmo di variazione molto più rapido ed un impatto molto più locale.
      Io però ho l’impressione che l’umanità, intesa nel suo complesso, non riuscirà mai a gestire il proprio trend demografico in modo globalmente conscio, per cui una eventuale (ed auspicabile) riduzione della popolazione sarebbe comunque figlia di eventi contingenti e scollegati tra loro, anziché di una decisione consapevole.
      Un saluto.

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  5. "Io piuttosto penso: se non siamo capaci di limitarci, non meritiamo di esistere. Come specie."

    Non la metterei su questo piano un po' moralistico e colpevolizzante. Fino a non molto fa eravamo dominati dalla natura, ora siamo persino in grado di guidare l'evoluzione intervenendo sul patrimonio genetico. I rischi sono naturamente grossi, adelante Pedro con juicio. Come evolverà la situazione? Davvero la natura è sotto scacco e possiamo fare quello che vogliamo, persino distruggerci? Io sono prudente, conservatore, sempre più, e vedo perciò piuttosto i rischi. L'hybris o titanismo umano non mi piacciono. Ma per finire non sappiamo come finirà. Dipendiamo pur sempre dalla natura, siamo piuttosto noi sotto scacco. Io sono per il principio di cautela, ma altri sono più coraggiosi e spingono per osare, con qualche ragione. Comunque non possiamo lontanamente immaginare come sarà la vita sulla terra fra appena cento anni. Dei millenni a venire poi non ne parliamo. Che fare allora? Osare o essere prudenti? Difficile dire.
    Nel nostro piccolo però possiamo fare qualcosa, per es. non aggravare inutilmente e stupidamente la situazione, per es. crescendo ormai al ritmo di un miliardo di persone a decennio, ciò che personalmente mi sembra semplicemente pazzesco. Ma religiosi, politici ed economisti dicono che non c'è alternativa alla crescita.

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    1. Caro Sergio, sono proprio curioso di vedere se, prima o poi, salterà fuori qualche Capo di Governo che avrà il coraggio di confessare ai suoi concittadini:
      "cari amici, la crescita è finita, non ce la possiamo più permettere; adesso dovremo gestire al meglio la decrescita".
      Sarebbe un grande giorno quello, anche se è difficile immaginare come andrebbe a finire.

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  6. A parte alcuni "scivoloni" tipo l'ennesimo scontato stucchevole elogio del femminismo, l'Art. e soprattutto il 3° Punto centrano una questione oggi fondamentale: se nei Paesi afro-asiatici e latino-americani tuttora alle prese con un galoppante tasso di natalità si diffondesse l'approccio qui indicato, gran parte dei problemi ambientali (e socio-economici, migrazioni di massa comprese) prox venturi verrebbero drasticamente ridotti... Saluti

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    1. Se avessimo del tempo a disposizione, si potrebbe anche aspettare che un maggior benessere economico diffonda nel mondo la tendenza occidentale a ridurre i figli per coppia.
      Ma di tempo. purtroppo, non ne abbiamo più.

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  7. Mi onoro di annoverarmi tra i 25 lettori

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