mercoledì 4 maggio 2016

Dialogo sulla Scienza

Il dialogo virtuale di oggi, incentrato su pregi e difetti del metodo scientifico, ha una doppia vittima: il matematico italiano Piergiorgio Odifreddi, per le domande, e l’astrofisico americano Saul Perlmutter, per le risposte. Per fortuna posso stare tranquillo, perchè nessuno dei due verrà a mai conoscenza di questa mia piccola appropriazione indebita. Buona lettura. Lumen


LUMEN – Professor Perlmutter, Voi avete vinto il premio Nobel per la fisica nel 2011 per aver scoperto che le galassie si allontanano fra loro a velocità crescente, e che quindi l’universo si espande in maniera accelerata. Perché la scoperta era così importante ?
PERLMUTTER – Perché è stata confermata un’intuizione di Albert Einstein del 1917, sulla quale in seguito aveva avuto dei ripensamenti, arrivando a considerarla il più grande errore scientifico della sua vita. Invece il vero errore di Einstein era solo stato l’aver creduto di essersi sbagliato.

LUMEN – Ed era Einstein ! Certo che la storia della scienza è sempre una storia di errori e di ripensamenti.
PERLMUTTER – Questo è inevitabile, ma non per questo bisogna disprezzare il metodo scientifico o, peggio ancora, accantonarlo.

LUMEN - Cosa può insegnare la scienza all’uomo comune, dal punto di vista metodologico ?
PERLMUTTER - Viviamo in un periodo in cui abbiamo grosse difficoltà a comunicare fra noi per risolvere problemi politici, sociali e tecnici in maniera costruttiva. Nel mondo intero c’è ormai un atteggiamento diffuso ad affrontare questi problemi con rabbia e arroganza, e a pensare di essere in possesso delle risposte prima ancora del confronto. Si pensa che questo sia il modo corretto di affrontare le cose, ma a me sembra che da secoli la scienza ci abbia insegnato una lezione diversa.

LUMEN - In che senso ?
PERLMUTTER - Nel senso che abbiamo imparato che non solo è molto facile, ma è addirittura probabile che in una discussione si parta con idee sbagliate. A volte facciamo errori globali nella comprensione del mondo fisico e della società umana. Altre volte gli errori sono invece locali, ad esempio riguardo all’accuratezza o alla rilevanza dei dati in nostro possesso. Abbiamo cioè imparato che ci sono molti modi in cui possiamo sbagliare, e molti modi in cui possiamo migliorare.

LUMEN - Questo presuppone che si possa effettivamente trovare la verità. Cosa che molti invece negano per principio, soprattutto nelle faccende umane.
PERLMUTTER - Sicuramente gli scienziati pensano che ci siano molti aspetti del mondo per i quali si possa parlare di verità. Nel senso che il mondo si comporta nel modo in cui si comporta, indipendentemente dal modo in cui noi pensiamo. C’è una realtà oggettiva, anche se noi spesso possiamo soltanto approssimarla, a volte in maniera molto cruda. Il che è comunque sempre meglio che alzare le mani e arrendersi all’idea che non si possa sapere niente.

LUMEN - Anche nel campo umano ?
PERLMUTTER - Certo. Comprese materie molto complesse, che vanno dall’economia al clima al comportamento. Naturalmente bisogna affrontare queste cose molto umilmente, sapendo che agli inizi si sbaglierà, ma col tempo si arriverà a far meglio. E il modo è tentare di dare qualche spiegazione, vedere se ci sono evidenze che la confermano o la smentiscono, correggersi, riprovare a fare un po’ meglio, e così via.

LUMEN - E’ un approccio più probabilistico che deterministico.
PERLMUTTER - Assolutamente sì. Bisogna assegnare un grado di affidabilità alle soluzioni, proporzionale alla cura con cui si è considerata la possibilità di sbagliare. E bisogna anche accettare di affidarsi agli esperti, perché per quanto ciascuno di noi possa esserlo nel suo campo, non lo sarà in altri. Inoltre gli specialisti non hanno abbastanza larghezza di vedute, e i generalisti non vanno abbastanza in profondità. La conoscenza è un’impresa sociale, e dobbiamo imparare a lavorare tutti insieme.

LUMEN - Gli umanisti, però, spesso temono la visione della scienza e il suo potere.
PERLMUTTER - Proprio per questo è importante includere tutti nel processo. Bisogna capire che questo metodo di lavoro non funziona solo per la scienza, ma per qualunque aspetto della vita. Più gente lo conosce e lo usa, e più gente capirà che gli scienziati non sono dei preti che praticano rituali esoterici, ma dei ricercatori che hanno scoperto un modo per allargare la conoscenza in maniera affidabile. A volte, in maniera tanto affidabile da poterci scommettere la vita: ad esempio, quando voliamo su un aeroplano. Altre volte in maniera molto più dubbia, ed è bene sapere che in tal caso bisogna essere cauti al proposito.

LUMEN - Molta gente però ha paura del pensiero razionale, o addirittura lo disprezza.
PERLMUTTER - Bisogna mettere in chiaro che non pretendiamo che la scienza sia l’unico modo possibile per affrontare il mondo. Niente lo è, e c’è bisogno di un intero arsenale di approcci e di competenze per farlo. Anzi, non ha nemmeno senso iniziare a usare la razionalità, se prima non ci si è domandati come la si possa integrare utilmente con i nostri desideri, le nostre paure, e tutti gli altri aspetti irrazionali della vita umana.

LUMEN – Voi dunque non vedete una contraddizione, ad esempio, tra la scienza e la religione ?
PERLMUTTER - Contraddizioni ce ne sono dovunque. Fanno parte della natura umana, e gente diversa assegna loro pesi diversi in parti diverse della propria vita. Ma se uno sacrifica tutta una parte della propria umanità sull’altare della razionalità, rischia di fare un errore uguale e contrario a quello di avversare la scienza perché si teme che assimili l’uomo a un robot.

LUMEN - Io pensavo in particolare alla religione cattolica, il cui approccio dogmatico è esattamente l’opposto di quello che voi avete descritto.
PERLMUTTER - Personalmente, se devo scegliere una cura per una malattia preferisco ovviamente consultare un medico, invece di un prete o un rabbino. Ma, che sia religioso o laico, ciascuno di noi deve decidere volta per volta come tenere in equilibrio i vari modi di comprendere il mondo, e come usare tutti gli strumenti a disposizione nel modo migliore possibile. L’importante è non forzarsi a camminare con un piede solo, o a lavorare con una mano sola. E accettare che gli altri sanno cose che noi non sappiamo, e viceversa.

LUMEN – Voi sembrate aver pensato a queste cose con cura. Avete mai scritto qualcosa al proposito ?
PERLMUTTER - Tengo un corso in cui ho messo insieme una serie di esempi non scientifici che possano insegnare il linguaggio parlato dagli scienziati e addestrare alla loro metodologia. Ad esempio, mostrando gli errori che si fanno deducendo connessioni inesistenti tra fatti in realtà scollegati fra loro. Oppure, mostrando l’importanza di rimanere concentrati sui problemi, se se ne vogliono risolvere di non banali.

LUMEN - Questa è una cosa importante soprattutto per i giovani, che sono distratti da cellulari e computer.
PERLMUTTER - Oh, anche per gli adulti ! Io, ad esempio, se trovo un puzzle interessante ci posso pensare per dieci minuti, ma se poi devo uscire o far altro lo metto da parte. La cosa può andar bene per i puzzle, appunto, ma gli scienziati mantengono una grande capacità di concentrazione sui problemi attraverso un’esperienza di gruppo, che tiene alto l’interesse e la competizione. Il che prima o poi permette di risolverli, quei problemi, a meno che non siano insolubili.

LUMEN - E come si fa a sapere se lo sono o no ?
PERLMUTTER - Il gioco consiste nel bilanciare la voglia di lasciar perdere con la constatazione che la maggior parte dei problemi, se uno è disposto a imparare dai propri errori senza intestardircisi, prima o poi vengono effettivamente risolti. E’ un approccio non solo più fedele alla realtà, ma anche più potente, ed è per questo che vale la pena di adottarlo anche al di fuori della scienza.

LUMEN - Ad esempio, in politica ?
PERLMUTTER - Soprattutto in politica, dove in genere manca la modestia di ammettere che le proprie idee di partenza possono essere sbagliate, devono essere messe alla prova, e possono beneficiare del contributo degli avversari. Personalmente tendo a dare più fiducia a chi fa proposte modeste e sensate, che a chi sbatte il pugno sul tavolo e pretende di sapere come risolvere in quattro e quattr’otto un problema difficile.

LUMEN – Grazie professore, per la piacevole chiacchierata. Parafrasando Churchill, si potrebbe dire che il metodo scientifico è il peggiore strumento di indagine di cui disponiamo, ad eccezione di tutti gli altri.

17 commenti:

  1. Proprio un bel dialogo, con tante cose interessanti su cui vale/varrebbe la pena riflettere. Insomma, non ho perso il mio tempo leggendolo, mi ripropongo di rileggerlo e ... riflettere.
    Cosa vogliamo in fondo? Esser felici o almeno contenti, dunque disporre di beni sufficienti e non aver paura del futuro o dei nostri simili, non sempre ben intenzionati. È un fatto però che risolto un problema ce ne poniamo un altro, perché senza problemi da risolvere la vita sarebbe un po' noiosa. E poi non è che i problemi uno se li cerca proprio, si presentano da soli, e il risolverli ci procura soddisfazione e può migliorare la nostra vita.
    Io mi sono sempre considerato un tipo un po' cerebrale (nel mio piccolo), insomma uno che crede di risolvere i problemi soprattutto con la testa. E ho trascurato le attività che procurano piacere immediato come ballare (Moretti in "Caro diario": "Il mio sogno è sempre stato di saper ballare."). Non siamo solo esseri raziocinanti, vogliamo anche divertirci, cioè proprio non pensare (pensare davvero è faticoso). Il pensare troppo può in effetti anche nuocere al benessere. L'odiosa Litizzetto fece una volta una battuta che mi fece ridere perché un po' vera. Parlando delle donne intellettuali osservò: stanno sul c... perché hanno la f... secca! È noto anche l'altro detto: il c... non vuole pensieri (se no non funziona).
    Per questo la contrapposizione tra fede e ragione può essere anche falsa. La ragione serve a risolvere problemi, a orientarsi, a capire, ma non ci rende necessariamente felici. Il benessere, la felicità dipendono da altre cose. Un bambino per es. è felice (se non è malato e non ha genitori mostri). Poi deve andare a scuola e ... buona notte (diceva il nostro Dürrenmatt: "Mostro, diventa maestro!"). La famosa "crisi religiosa" di una volta consisteva nella ricerca di senso. Ora si cerca disperatamente un senso alla propria vita quando si è persa la gioia (chi svolge un lavoro gratificante o s'innamora non si pone certo domante sul senso della vita). Ciò che procura gioia serve, anche se poco razionale o apparentemente stupido. Il canto gregoriano a me piace immensamente. Ci saranno delle spiegazioni scientifiche a questo fenomeno (perché provo piacere a sentire il gregoriano). Ma per carità, non rompetemi adesso i coglioni con le spiegazioni razionali del piacere che provo ascoltando il gregoriano.

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  2. << E poi non è che i problemi uno se li cerca proprio, si presentano da soli, e il risolverli ci procura soddisfazione e può migliorare la nostra vita. >>

    Certamente.
    Gli esseri viventi, e gli uomini in particolare, devono essere delle macchine da 'problem solving' di notevole efficacia, altrimenti non resterebbero vivi.
    Quindi risolvere problemi è una attività che, senza dubbio, ci appaga.

    Ma che dire di coloro che, scioccamente, i problemi (seri) se li vanno a cercare ?
    Se proprio vogliamo tenerci in esercizio (e io sono d'accordo su questo) limitiamoci agli hobby.
    Ci sono tantissime attività che richiedono del buon 'problem solving' senza nessun rischio e pericolo (dai giochi enigmistici al giardinaggio, ecc. ecc.).

    Ma per i problemi seri, per favore,lasciamo fare alla (cattiva) sorte: il rischio di restare senza mi pare alquanto remoto.

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  3. << Per questo la contrapposizione tra fede e ragione può essere anche falsa. La ragione serve a risolvere problemi, a orientarsi, a capire, ma non ci rende necessariamente felici. (...) La famosa "crisi religiosa" di una volta consisteva nella ricerca di senso. >>

    Bella questa contrapposizione. Mi piace.

    La ragione aiuta a risolvere i problemi, ma non dà un senso alla vita.
    La religione non risolve i problemi, ma può dare un senso alla vita (per chi si accontenta).

    Quindi, con la ragione restiamo vivi, ma infelici.
    Con la religione (se siamo fortunati) possiamo avere entrambe le cose.

    Sarà per questo che la religione non è ancora tramontata e, forse, non morirà mai ?

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    1. Tra le cose che mal sopportiamo c'è proprio la mancanza di senso, l'insensatezza. Il lavoro stupido e persino inutile che ci tocca talvolta fare per rimediare lo stipendio. Chi è totalmente assorbito da un lavoro interessante, utile e magari necessario e ben difficilmente ha problemi esistenziali tipo: che senso ha la mia vita? I ricercatori sono in genere gente positiva (non sempre, non tutti).
      La religione pretendeva di avere "la" risposta al dramma della vita ed era di un grande aiuto a sopportare una vita grama. La vita era una preparazione a quella beata che bisognava pure meritarsi. Le disgrazie e le osservazioni potevano far dubitare delle verità di fede, ma con la preghiera si potevano tacitare i dubbi e continuare a sperare nella eterna felicità. Era un fattore di riequilibrio, di stabilizzazione nel mare delle avversità. Penso lo sia tuttora nell'islam in cui il dubbio non è permesso e la fede è ben salda, anzi non è nemmeno fede, è certezza assoluta.
      Non direi però che con ragione siamo vivi, ma infelici. Dico che la ragione non è sufficiente a sentirsi felici (ma una scoperta scientifica rende un istante felici). Penso che per vivere bene ci vogliano ragione e passione. Harald Bloom, critico letterario, definisce così il genio letterario: è un autore che ti entusiasma, non semplicemente piace.
      Penso che la religione sia destinata a tramontare (non so quando ciò avverrà) perché sarà sempre più difficile credere in cose inverosimili o assurde. Ma qualcosa dovrà prenderne il posto: il rito collettivo è utile è forse necessario. O anche un grande progetto può dar senso: chi credeva nel comunismo e aveva la tessera del partito si sentiva protagonista di una grande battaglia. Anche il comunismo era una fede e il partito una chiesa. Oggi siamo piuttosto disincantati, nessun progetto sociale ci entusiasma più. Certo, la democrazia, l'uguaglianza, l'occupazione, la lotta alla fame ecc. ecc. sono ottime cose, ma proprio entusiasmo non suscitano più (almeno per noi che abbiamo lo stato sociale che gli Italiani amano chiamare con termine inglese "uelfer" perché è più chic di stato assistenziale (in ambito germanofono il "uelfer" non esiste, ma si pratica ovviamente, e si chiama "Sozialstaat".

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    2. << Penso che la religione sia destinata a tramontare (non so quando ciò avverrà) perché sarà sempre più difficile credere in cose inverosimili o assurde. >>

      Caro Sergio, non ne sarei così sicuro.
      La credulità umana è sempre stata notevole (e pare che abbia contribuito al successo evolutivo della nostra specie), ad anche oggi, nonostante i progressi enormi ed innegabili della scienza e del pensiero razionale, mi sembra che goda ancora di buona salute.

      D'altra parte, tu stesso aggiungi che << Ma qualcosa dovrà prenderne il posto: il rito collettivo è utile è forse necessario. >>

      Io credo che la crisi ambientale che stiamo vivendo, con l'inevitabile peggioramento delle condizioni medie di vita, potrebbe portare - per reazione - ad un ritorno in grande stile del fantastico e del magico.
      Perchè, più aumentano i limiti e gli ostacoli materiali, più aumenta il desiderio di superarli, anche solo in modo illusorio.

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    3. No, non credo. Anche grazie alla tecnologia, a Internet, le idee, le informazioni viaggiano alla velocità della luce e si diffondono ovunque. È quasi impossibile impedire la diffusione delle conoscenze (al momento Cina e Corea del Nord possono ancora bloccare Internet, anche altri Stati, forse persino l'Italia può bloccare Internet - forse basta togliere la corrente o intervenire sui gangli vitali del sistema).
      Penso perciò che anche la credulità diminuirà. Sui tempi non so, forse sono troppo ottimista. Comunque vedi che anche le vocazioni sono scemate e persino uomini di chiesa ti dicono che Gesù non è davvero risorto e non è stato concepito di Spirito Santo, dunque anche la verginità di Maria è una balla.
      Bergoglio è chiaramente un eretico, ha messo praticamente da parte dogmi e dottrina, punta sulla ... misericordia. E riscuote successo, ma non da ... Ferrara (tifoso per quanto ateo del conservatore Ratzinger).
      Un teologo tedesco parla apertamente di scisma inevitabile. Insomma un gran pasticcio.
      I riti della modernità - che ti fanno sentire parte di una comunità - ci sono già, anche se frivoli: partite di calcio, gay pride, happenings vari, tutti al Circo Massimo o in Piazza S. Pietro o a piazza S. Giovanni. Per i più raffinati c'è il concerto che ha anche questa funzione e si ascolta in religioso silenzio ...

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    4. << Comunque vedi che anche le vocazioni sono scemate >>

      Questo è vero, ma qui i motivi possono essere anche altri, che non la progressiva laicizzazione della società.
      Un tempo entrare nel clero dava accesso a cultura, benessere e prestigio; adesso tutte queste cose possono essere ottenute (anche meglio) in altri campi, e senza le ben note rinunce che il ruolo religioso richiede.

      Oggi molte delle nuove vocazioni vengono dal terzo mondo e non è un caso.
      Ma non può bastare.
      Per questo, non mi stupirei se la Chiesa Cattolica, prima o poi, aprisse qualche spiraglio a livello "coniugale".
      Visto che non si tratta di un dogma, io al posto di Papa Bergoglio un pensierino ce lo farei.

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    5. Be', la carriera ecclesiastica non garantiva proprio benessere e prestigio. Sicuramente la pagnotta, non per niente molti seminaristi venivano dalla campagna e per loro e i loro familiari era quasi una fortuna. È vero poi che i sacerdoti nei paesi godevano di un certo prestigio, anzi talvolta erano punti di riferimento fondamentali (mi viene in mente un parroco di un paesino del Ticino che "resse con pugno di ferro per cinquant'anni le sorti del paese" come narra Plinio Martini nel bellissimo "Il fondo del sacco"). Tuttavia non potevano scialare, avevano una misera paga.
      Ma il mondo è proprio cambiato, almeno da noi. Il benessere ha spazzato via la fede, non si va più in chiesa la domenica (che era appunto uno di quei riti della comunità che creano senso, anche senso di appartenenza).
      L'opposizione della Chiesa cattolica ai preti sposati è stata netta fino ad oggi, nonostante la carenza di parroci. Qualcosa cambierà per forza. Ma nei paesi protestanti dove i parroci si sposano la situazione non è molto migliore. Non c'è più fede, non c'è più religione!

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  4. << Ma nei paesi protestanti dove i parroci si sposano la situazione non è molto migliore. >>

    Questo non lo sapevo e mi stupisce un poco.
    Ma è la conferma che, come dici tu, la laicizzazione della società è un fenomeno molto profondo e difficile da rallentare (almeno per ora).
    Ci vorrebbe, cinicamente parlando, un bel crollo del benessere diffuso (cosa che potrebbe anche essere dietro l'angolo).

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    1. Il protestantesimo è in ritirata e in una situazione persino peggiore della Chiesa cattolica. Intanto non hanno un capo e un'autorità indiscussa, Chiesa anglicana, svedese, tedesca si fanno i cavoli propri. In più i protestanti europei sono ormai quattro gatti e il numero conta. Non hanno dunque nella società quella visibilità, presenza e forza di contrattazione come la Chiesa cattolica, almeno in Italia. Insomma, non si vedono quasi. E tu sai quanto conti la visibilità. Tanto che certi protestanti sono quasi invidiosi dell'apparato scenico cattolico. Pensa alle esequie di GP II o all'habemus papam per Bergoglio, con piazza S. Pietro stracolma per salutare il nuovo papa (che stavolta si è fatto attendere ben tre quarti d'ora). Sono "spettacoli" che il protestantesimo non conosce. O pensa alle messe papali in Africa, nelle Filippine, con persino milioni di fedeli presenti.
      I parroci protestanti hanno poi una vita familiare che li rende da un lato uguali a tutti gli altri fedeli e dall'altro li assorbe pure, non possono "darsi" completamente ai fedeli come i parroci italiani; hanno appunto una vita privata (e stipendi rispettabili, al livello di un professore di liceo, 10-12'000 euro mensili che i nostri parroci si sognano.

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  5. << Tanto che certi protestanti sono quasi invidiosi dell'apparato scenico cattolico. >>

    Li capisco.
    Così come sono d'accordo sul fatto che l'assenza di un capo unico, indiscutibile e ben visibile (il papa) sia un handicap a livello religioso.
    Ma, d'altra parte, non potrebbe essere che così, visto che il protestantesimo è nato, storicamente, proprio in fiera opposizione a tutte queste cose.

    E poi, i popoli protestanti hanno la loro mentalità, il loro carattere ed i loro costumi: proprio non ce li vedo ad abbandonarsi ai bagni di folla ieratici.
    Cuius mos, eius religio.

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    1. "proprio non ce li vedo ad abbandonarsi ai bagni di folla ieratici"

      Le tedesche ai comizi di hitler erano com le ragazzine che, una generazione dopo, si strappavano le mutande piangendo ai concerti dei beatles (letteralmente, sentire le testimonianze).

      Ci sono popoli che si sfogano un po' alla volta, e altri che lo fanno tutto in una volta con gli interessi.

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    2. Giusto, giusto.
      Ma forse c'entra anche la componente anagrafica.
      Gli adolescenti sono facili preda delle esaltazioni collettive, in tutti i tempi ed in tutti i paesi.
      I bagni di folla cattolici, invece, sembrano più un rituale per adulti (ed anziani).

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    3. E non dimentichiamo gli stadi di calcio e le relative tifoserie del nord europa (specie inglesi e olandesi). Quando ci si mettono sono molto peggio delle bestie (e non per modo di dire). Esperienza che poi tipicamente utilizzano quando partono in guerra.

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    4. Beh, quando si considerano le fasce di età, davvero tutto il mondo e paese.
      La fascia dei giovani maschi tra i 15 e i 30 anni è ben nota agli antropologi come quella più, diciamo così, esuberante.

      E sul punto, non posso che richiamarmi alla illuminante teoria del prof. Gunnar Heinsohn, di cui ho già parlato altre volte in questo blog (Baby boom).

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    5. Esatto, molto esplicativa, dovrebbe essere ricordata piu' spesso!
      Dalla quale si deve evincere pero' anche che le societa' con molti giovani hanno piu' "successo", cosi' come lo si intende di solito, tipo crescita del pil e vittoria in guerra contro un nemico qualunque esso sia, perche' sono molto piu' aggressive e bestialmente animalesche.

      En passant sto leggendo dopo tanti anni, a scopo di aggiornamento, qualcosa sugli ultimi sviluppi della fisica: si', vi confermo che il principio di causalita' e determinismo e' stato messo in crisi nei primi decenni del '900 e tuttora la situazione rimane la stessa: quella che all'inizio era un'ipotesi azzardata e inconcepibile ma unica in grado di spiegare i dati sperimentali, ha avuto solo e sempre conferme, finora, nonostante l'enorme miglioramento delle apparecchiature sperimentali. L'argomento e' di frontiera, e appartiene a quella specie in cui scienza e filosofia, fisica e metafisica, tornano ad essere la stessa cosa.

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    6. Caro Diaz, anch'io ho letto qualcosa sull'argomento (da perfetto profano) ed in effetti devo convenire che la fisica quantistica ha evidenziato degli aspetti di NON CAUSALITA' e di NON LOCALITA' che fanno vacillare qualsiasi precedente spiegazione del mondo.
      Ma, se mi permetti, la scienza resta la scienza, e la metafisica resta la metafisica. :-)

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