giovedì 3 marzo 2016

Status quo - 2

Concludo qui l’articolo di Virginia Abernethy sullo stretto rapporto tra ottimismo sociale e sovrappopolazione. Lumen


(seconda parte)
 
<< La retorica della modernizzazione, dello sviluppo internazionale e dell’uguaglianza sta perdendo il suo potere di inganno. Man mano (…) che i Paesi ricchi si dimostrano impotenti nell'aiutare le innumerevoli moltitudini lontane, diviene difficile credere nel recupero.
 
Ora, com’è successo molte volte nella storia dell’umanità, la riscoperta dei limiti sta risvegliando le motivazioni a ridurre le dimensioni delle famiglie. In Irlanda nei primi anni del XIX secolo, quando i terreni divennero insufficienti la popolazione in rapida crescita, la fecondità cominciò ad abbassarsi ai livelli dell’epoca precedente all'introduzione della patata.
 
Nel 1830 i due terzi circa delle donne si sposavano prima dei venticinque anni d’età. Nel 1851 solo il 10% di esse si sposava così giovane — un drastico rinvio del matrimonio fu la risposta alla carestia della patata del 1846-1851. Dopo una breve ripresa, non più del 12% si sposava prima del venticinquesimo anno d’età. L’uso di contrarre matrimoni tardivi resistette dal 1890 circa fino alla Seconda Guerra Mondiale.
 
Negli Stati Uniti l’esplosione demografica terminò all'incirca nel momento in cui il mercato del lavoro cominciò ad essere saturo. Dopo lo shock petrolifero del 1973 il tasso di fecondità crollò al di sotto dei livelli di sostituzione e molti dei redditi reali degli Americani cessarono di crescere.
 
Nella Cina post-rivoluzionaria, l’incremento della popolazione proseguì fino a quando la carestia. Impose un confronto con i limiti oggettivi. Nel 1979, consapevole delle gravi carenze alimentari, il governo istituì la politica del “un-figlio-per famiglia”, riproponendo così i controlli delle restrittive abitudini matrimoniali e riproduttive pre-comuniste.
 
A Cuba, l’esplosione demografica ispirata da Castro, lasciò il posto a una fecondità al di sotto del tasso di sostituzione, quando fu evidente che il comunismo non forniva la prosperità. Nei Paesi dell’Europa Orientale, compresa la Russia, la ristrutturazione economica, lo svanire dei sussidi governativi e la percezione pubblica di una mortalità infantile in crescita, hanno portato a tassi di fecondità minori.
 
Nello Zimbabwe, spinto dalla crisi economica dei tardi anni ‘80, il governo cominciò a sostenere la pianificazione familiare. (…) Il tasso di fecondità è in calo in Nigeria, per una combinazione del ritardo nei matrimoni e dell’accettazione della moderna contraccezione. Due terzi delle donne che hanno risposto ad un recente sondaggio hanno detto che “la principale causa della posposizione del matrimonio e dell’uso della contraccezione era l’attuale difficile situazione economica”.
 
Anche altrove, la richiesta della moderna contraccezione è in crescita. La ragione sembra essere che le coppie percepiscono che un matrimonio precoce e una famiglia numerosa sono economicamente insostenibili. (…)
 
George Moffett riporta che, in Messico, una madre su due difese, davanti al prete di un villaggio, il suo ricorso alla contraccezione spiegando: “Le cose sono difficili, qui. La maggioranza della gente sta attraversando tempi duri. Il lavoro è difficile da trovare”. In modo simile, un lavoratore giornaliero in Tailandia, secondo Moffett, “vorrebbe avere un figlio in più, ma è consapevole che andrebbe al di là dei propri mezzi”. Senza motivazione a limitare le dimensioni della famiglia, la contraccezione moderna è pressoché irrilevante.
 
Per sei anni, negli anni ‘50, un progetto condotto dal ricercatore inglese John Wyon fornì a diversi villaggi dell’India Settentrionale istruzione sulla pianificazione familiare, accesso alla contraccezione e cure mediche. Gli abitanti dei villaggi erano ben disposti nei confronti di chi forniva le cure mediche e la mortalità infantile si ridusse notevolmente. Ma il tasso di fecondità rimase invariato.
 
Il gruppo di Wyon capì il motivo: gli abitanti dei villaggi apprezzavano le famiglie numerose. Essi erano entusiasti del fatto che ora, con una minore mortalità infantile, potevano avere i sei figli che avevano sempre desiderato. Il ben finanziato progetto di Wyon potrebbe anche avere rinforzato la predilezione per le famiglie numerose, avendo contribuito a rendere possibili quei figli in più.
 
L’errore nell'individuare le cause dell’esplosione demografica, ha portato a strategie poco efficaci o addirittura controproducenti, nel cercare di aiutare il Terzo Mondo ad un equilibrio tra le dimensioni della popolazione e le risorse disponibili. Nei tardi anni ‘40 e negli impetuosi decenni successivi, il commercio, i movimenti indipendentisti, le rivoluzioni populiste, gli aiuti stranieri e le nuove tecnologie portarono ovunque la gente a credere nell'abbondanza e nella fine dei limiti naturali imposti dagli ambienti famigliari.
 
Sarebbe un passo avanti se le nazioni industrializzate, che vedono la loro ricchezza diminuire, ricalibrassero e indirizzassero gli aiuti con maggiore oculatezza. La loro ricchezza residua non deve essere sprecata nell'armare fazioni guerriere, con assistenza avventata, o nel sostegno alle migrazioni internazionali che impoveriscono e alla fine incattiviscono — fino alla violenza — le popolazioni residenti.
 
Con una nuova, informata comprensione delle risposte umane, certi tipi d’aiuto rimangono appropriati: micro-prestiti che rafforzano l’imprenditoria di base, dove il successo è sostanzialmente mirato allo sforzo; l’assistenza con servizi di pianificazione familiare, non perché la contraccezione sia una soluzione di per sé, ma perché la moderna contraccezione è un modo umano per ottenere una famiglia di ridotte dimensioni, quando c’è questo desiderio.
 
Questa modesta lista di cose da fare è ancora nelle possibilità dei Paesi industrializzati, nel momento in cui essi devono prestare attenzione alle necessità dei sempre più numerosi propri poveri. E non inganna né danneggia involontariamente coloro che ne sarebbero i beneficiari.
 
La politica degli aiuti internazionali degli ultimi cinquant'anni si basa sull'idea che lo sviluppo economico sia la chiave per mettere un freno alla crescita della popolazione. Tali presupposti non stanno in piedi di fronte ad un’analisi “storica / antropologica” e le politiche che hanno prodotto hanno invece contribuito a potenziare la crescita della popolazione.
 
La capacità umana di avere una risposta di tipo adattivo si è evoluta nell'ambito d’interazioni faccia-a-faccia. La forza dell’umanità è la sua capacità di rapida reazione agli stimoli ambientali, una risposta che è più probabilmente appropriata quando l’ambiente che conta è quello ravvicinato e locale. L’orizzonte mentale è qui ed ora.
 
I nostri antenati si sono evoluti e hanno dovuto trarre il loro successo tra i piccoli gruppi che si muovevano su territori relativamente ristretti. Essi dovevano riuscire a sopravvivere giorno per giorno, o non sarebbero divenuti i nostri antenati. Quindi non ci deve sorprendere se i segnali che vengono dall'ambiente locale siano fortemente motivanti.
 
Mettiamo da parte la globalizzazione: le soluzioni basate su un mondo unificato non funzionano, le soluzioni locali, sì. Ovunque la gente agisce secondo la personale percezione dei propri interessi.
 
Le persone sono portate a interpretare i segnali locali per la prossima mossa da fare. In molti Paesi e comunità di oggi, dove le condizioni sociali, economiche e ambientali stanno indubbiamente peggiorando, la domanda per una moderna contraccezione è in crescita, il matrimonio e l’iniziazione sessuale vengono posticipati e le dimensioni della famiglia si stanno riducendo.
 
Gli individui che reagiscono con una bassa fecondità ai segni del raggiungimento dei limiti hanno trovato la soluzione locale. C’è da pregare che i venditori di uno sviluppo inappropriato non mettano sottosopra questa situazione. > >
 
VIRGINIA ABERNETHY

41 commenti:

  1. Piccola obiezione (forse). Ma le famiglie numerose non erano tante anche in Italia (e prima del fascismo con la politica d'incentivazione delle nascite)? Famiglie con sei e persino dieci figli non erano rare, e non erano famiglie di ricchi. I figli venivano, non si potevano evitare, e in qualche modo campavano, un po' come ancora in Africa oggi. Comunque la "piaga del figlio unico" aveva cominciato a diffondersi già nell'anteguerra: i salesiani ce lo ripetevano sempre (a noi ragazzini che non capivamo cosa significasse - ma l'ammonizione è rimasta nella nostra memoria).
    Con ciò voglio dire che la correlazione tra risorse e dimensioni della famiglia non è tanto chiara. Pur essendo poveri gli Italiani si riproducevano - per usare le parole del papa - come conigli (al pari degli odierni Africani). La vera mutazione antropologica è avvenuta col boom del dopoguerra: è bastata la Cinquecento per far cambiare radicalmente mentalità alla gente (poi anche la pillola). Oggi in Italia solo i ricchi e gli "spostati" (in genere cattolici all'antica) mettono al mondo tanti figli. Tornare al tasso di sostituzione sembra quasi impossibile. È bastato un po' di benessere diffuso per narcotizzare gli Italiani, devitalizzarli. E ormai non si torna indietro, siamo un popolo decadente e forse addirittura in via di estinzione. Pazienza, non è poi un gran male per l'umanità intera che ne ha viste (e ne vedrà!) di ben altre.

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    1. Non c'entra, ma mi piace ricordarlo: i tre anni dai salesiani a Caserta (1955-58) sono stati forse i più belli della mia vita, nonostante un gran ceffone immeritato di Don Lioy che ancora mi brucia. Sullo stesso campo da gioco si giocavano simultaneamente tre o quattro partite di calcio (è chiaro che ogni tanto uno che non c'entrava con la tua squadra ti era tra i piedi o deviava il pallone). La domenica però si giocava "a campo libero": c'erano solo due squadre in campo che si affrontavano per il campionato. Che tempi.

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    2. << nonostante un gran ceffone immeritato di Don Lioy che ancora mi brucia. >>

      Ossignur...
      Ma i religiosi non dovrebbero essere buonisti per definizione ?
      Oppure cercavano di insegnarti il principio evangelico del 'porgere l'altra guancia' a modo loro ? :-)

      A parte gli scherzi, è possibile che molto del buonismo ecclesiastico sia solo di facciata ?
      Io non conosco per nulla il loro mondo, ma tu li hai frequentati (almeno in gioventù).
      Che ne pensi ?

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    3. "è possibile che molto del buonismo ecclesiastico sia solo di facciata".

      Mah, non credo. Io penso che i religiosi fossero (siano) in gran parte sinceri (ossia vittime del contesto che li ha spinti a divenire tali). A parte la disciplina militare - che pur si accettava senza mormorare - non ho fatto esperienze negative. Forse le suore erano insopportabili (loro doppiamente vittime), persino odiose. Un mio compagno di liceo divenuto sacerdote era assolutamente integerrimo, metterei la mano nel fuoco. Però anche lui vittima (del sistema, del contesto, dei genitori, degli insegnanti ecc.).
      Certo che fra i religiosi, specie forse fra gli altolocati (penso a Bertone, Marcinkus ecc.) ci devono essere dei veri marpioni, cinici, doppiogiochisti, con tanto di pelo sullo stomaco. Ma la troupe è brava gente, forse non molto intelligente. Padre Pio penso fosse un marpione (lo pensava anche Giovanni XXIII). Lo vidi pure una volta, facemmo la passeggiata scolastica a S. Giovanni Rotondo. Non mi fece né caldo né freddo. Rimasi però di stucco vedendo la Casa divina della sofferenza (o qualcosa del genere) tutta marmi, sbalorditiva (costruita con le donazioni ...).

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    4. "Corrigetimi se sbaglio." ( Woityla)

      Si chiama "Casa sollievo della sofferenza". Che lusso, una reggia.

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    5. "Piccola obiezione (forse). Ma le famiglie numerose non erano tante anche in Italia (e prima del fascismo con la politica d'incentivazione delle nascite)? Famiglie con sei e persino dieci figli non erano rare, e non erano famiglie di ricchi".

      Hai ragione, ma qual è l'obiezione?
      Come dici più basso, la nostra situazione era appunto paragonabile a quella dell'Africa attuale.

      La correlazione fra risorse e dimensioni familiari: la Abernethy ti (ci) sta dicendo che il fattore correlante è l'ottimismo, la percezione che le risorse ci siano e che avere più figli sia conveniente. Famiglie povere anche in Italia sì, ma vedevano un avvenire migliore del loro presente.
      Sulla base dello stesso principio, si spiega anche perché la fecondità si possa ridurre a distanza di tempo in uno stesso territorio dove prima era cresciuta, l'ottimismo che viene meno.
      Credo che questa parte sia la più importante: "La politica degli aiuti internazionali degli ultimi cinquant'anni si basa sull'idea che lo sviluppo economico sia la chiave per mettere un freno alla crescita della popolazione. Tali presupposti non stanno in piedi di fronte ad un’analisi “storica / antropologica”

      I popolazionisti non capiscono che lo sviluppo funziona da contraccettivo solo oltre una certa soglia, attraversata la quale si entra nel primo mondo e svanisce "l'ottimismo delle nascite". Al di sotto, c è solo più popolazione e più miseria. Che è, con esattezza cristillina, quello che aveva detto Malthus. Veramente brillante, tanto più se consideri che oggi tanti neomaltusiani ti dicono: i ricchi fanno pochi figli, i poveri tanti, il contrario di quello che diceva Malthus. Non lo hanno mai letto, per forza dicono questa assurdità.

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    6. In realta' le famiglie potenzialmente numerose sono SEMPRE stata la norma: solo che in tutti gli altri tempi precedenti il nostro, la mortalita', specialmente perinatale, era altissima. Secondo me bisogna riconoscere che preoccuparsi della sovrappopolazione in un mondo in cui la vita umana e' estremamante precaria e' oggettivamente una stranezza da eccentrici. Ma ad un certo punto della storia e' diminuita la mortalita'. Ad un certo altro punto, che di solito segue, in termini storici, di poco, e' cominciata la contraccezione. Gli ultimi due punti riguardano l'un millesimo della storia dell'uomo sapiens sulla terra, cioe' gli ultimi 200-20 anni su 100.000. In alcuni paesi la trasformazione e' ancora in corso.

      Sarebbe interessante sapere quando l'autrice ha scritto l'articolo sopra, negli ultimi decenni le cose sono cambiate anche radicalmente di anno in anno, tanto che spesso ci si riferisce (e si riferiscono i governanti/decisori stessi) a un mondo che non esiste gia' da un pezzo.

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  2. @ Francesco

    << I popolazionisti non capiscono che lo sviluppo funziona da contraccettivo solo oltre una certa soglia, attraversata la quale si entra nel primo mondo e svanisce "l'ottimismo delle nascite". Al di sotto, c è solo più popolazione e più miseria. >>

    Una considerazione molto interessnte, questa, che mi sento di condividere.

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  3. @ Diaz

    << Sarebbe interessante sapere quando l'autrice ha scritto l'articolo sopra >>

    La Abernethy, oggi, ha circa ottant'anni e l'articolo che ho riportato dovrebbe essere stato scritto negli anni novanta.
    Può darsi quindi che alcuni passaggi non siano più attualissimi, però le considerazioni generali, soprattutto l'ultima sulle dimensioni locali (e non globali) del problema, mi sembrano sempre valide.

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    1. "Le persone sono portate a interpretare i segnali locali per la prossima mossa da fare. In molti Paesi e comunità di oggi, dove le condizioni sociali, economiche e ambientali stanno indubbiamente peggiorando, la domanda per una moderna contraccezione è in crescita, il matrimonio e l’iniziazione sessuale vengono posticipati e le dimensioni della famiglia si stanno riducendo. "

      A me paiono totalmente sbagliate, la contraccezione avviene dove la gente e' responsabile e vede che le sue scelte possono in qualche modo influenzare il suo futuro verso il meglio. Mica dappertutto e' cosi'. Dove guardando avanti si vede solo miseria e disperazione fare qualcosa per scansare cio' che si percepisce come ineluttabile non ha nessun senso nemmeno dal punto razionale, anzi soprattutto dal punto di vista razionale (poi l'istinto di sopravvivenza se ne frega della razionalita'). Cosa che peraltro e' abbastanza diffusa e comune fra i catastrofisti, enfatizzano ed esagerano i problemi in un modo tale che una mente razionale potrebbe solo darsi alla crapula (e alla copula). Su questo punto non li capisco, sono totalmente illogici come direbbe il dottor Spock. O meglio li capisco benissimo, si tratta di personalita' con tendenza sado-maso e alla manìa, alcuni in posizioni accademiche tali da renderne difficilmente ipotizzabile la buona fede.

      Scherzi a parte, conosco personalmente persone, caratterialmente deboli e insicure, che vivono nell'angoscia e hanno la vita rovinata da tutto questo allarmismo che potrebbe essere del tutto ingiustificato (e fattualmente ha gia' dimostrato di esserlo a dire il vero, non solo nessun sfracello di quelli promessi avviene, ma la tendenza e' piuttosto al contrario. Patetico ad esempio il virare dal global warming al global change quando i dati non sembrano suffragare abbastanza.
      La sensazione che l'unica cosa che importi sia allarmare e diffondere paura per guadagnare esposizione mediatica, esattamente come hanno sempre fatto i profeti della fine del mondo, e' legittima.
      Poi, sicuro che qualsiasi orologio rotto segna l'ora giusta una volta al giorno.

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    2. Se posso aggiungere un'osservazione, la situazione soggettivamente tragica dell'italia di oggi, che si trasforma in oggettiva, e' che siamo ormai convinti piu' o meno tutti, dal sud al nord, al pari dei sudditi-schiavi dell'ex unione sovietica (sudditi-schiavi che possono essere anche democratici, di se stessi, non cambia molto), che nulla potra' mai cambiare in meglio.

      In questo contesto gli strali ai gufi del premier suonano peraltro patetici non tanto per la loro falsita', quanto per l'ipocrisia comunist-democristiana ovvero piddina che li intride, che sta nel fatto che vengono da uno dei massimi rappresentanti dell'istiuzione che questo clima ha creato e alimenta in ogni minuto secondo della nostra ormai ineluttabilmente prostrata esistenza.

      Cio' ha di positivo, secondo la Aberneti, prodotto il crollo della fertilita'? Be' grazie al c.....
      :)

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  4. @ Sergio

    << Padre Pio penso fosse un marpione >>

    Padre Pio era SICURAMENTE un marpione ed infatti in Vaticano non lo vedevano di buon occhio.
    Ma aveva una capacità davvero incredibile di attirare soldi e fedeli, per cui, alla fine, hanno accettato di fare buon viso a cattivo gioco.

    Oltretutto, non mi pare che avesse un carisma così evidente (cosa che invece alcuni uomini di chiesa hanno), per cui non so davvero spiegarmi il suo enorme successo (che dura tutt'ora).
    Boh.

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    1. Già, il successo di Padre Pio. Credo che sia più popolare della Madonna e di Gesù (non lo "adorano" perché l'adorazione è riservata alla Santissima Trinità, ma in pratica è come se l'adorassero, vanno pazzi per lui). Qualche miracolo deve averlo fatto già da vivo (ma ne sono capaci anche altri santoni non cattolici sparsi per il mondo). Poi c'è (ancora!) molta gente ingenua, semplice (dovrei dire stupida) che ha bisogno di personaggi simili. Spesso dico che il cristianesimo è morto o moribondo, ma poi constato di nuovo non senza stupore che la fede tira ancora, anche leggendo certi commenti di lettori (persino sul Foglio) per me incomprensibili. In un'intervista a Ida Magli l'intervistatrice le chiede del suo rapporto con l'eucaristia. La Magli era agnostica e risponde da agnostica, deludendo l'intervistatrice che le spiega che per lei la consustanziazione è un fatto reale, si tratta proprio del sangue e del corpo di Cristo. La Magli nega che il Cristo abbia potuto fare una tale affermazione propagando l'antropofagia. E ancora: la resurrezione è realmente avvenuta, è un fatto storico. Come pensa anche Ratzinger, e apparentemente tanti altri ancora.
      Spiegare a questa gente che la verità storica è una pura convenzione è impossibile, non capirebbero. La cosiddetta verità storica non è mai, non può essere mai l'intera verità. È sempre un racconto più o meno credibile e sempre incompleto. Io non dubito delle Idi di marzo, nessuno storico ne dubita - perché esiste accordo che quel fatto avvenne, in base alle fonti note. Mi scuso per queste ovvietà (ma diceva Voltaire che la verità va ripetuta molte volte - ovviamente ciò che uno intende per verità). E che la resurrezione di Cristo sia una verità incontestabile o incontrovertibile, come dicono i filosofessi, è da ridere. Tanto è vero che ci vuole la fede, la quale a sua volta è un dono (non puoi arrivarci con le tue forze, la ragione, ci vuole un aiutino divino). Però poi "che bella cosa la fede!" (diceva il papa buono).

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  5. Ammetto - senza vergognarmene - di essere anch'io un "credente" come forse la quasi totalità dell'umanità. E in che cosa credo? Mah, in un sacco di cose, anche strane, irrazionali. E credo in queste cose ovviamente per i miei limiti (intellettuali, professionali ecc.), per la mia ignoranza, i pregiudizi ecc. Chi l'ha detto che un premio Nobel, dunque una persona d'indubbia intelligenza, almento settoriale, non abbia pregiudizi, anzi non si comporti talvolta stupidamente, e in modo plateale, quasi inconcepibile? Diceva Eco: un segno d'intelligenza potrebbe essere che una persona intelligente ha almeno qualche volta dubbi in merito alla propria intelligenza, anzi tema di essere stupido.
    Fatte queste dovute concessioni mi sento tuttavia di dire che le cose in cui io credo hanno, se non sempre e tutte, un fondamento nella realtà, non sono campate totalmente in aria (almeno lo spero). E sono inoltre sempre disposto ad accettare argomenti più convincenti dei miei (Popper: "Sono sempre il primo a rallegrarmi se qualcuno mi convince di avere torto"). Il mio motto è quello di Wojtyla: "Corriggetemi se sbaglio. Grazie."

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  6. << E sono inoltre sempre disposto ad accettare argomenti più convincenti dei miei >>

    Caro Sergio, in effetti la differenza è tutta lì.
    Certo che anche noi 'miscredenti' crediamo in qualcosa. Come potremmo fare diversamente ?
    Ma siamo sempre disposti a cambiari idea se la realtà delle cose ce lo richiede.

    A volte, magari, con rammarico, perchè la vecchia idea ci piaceva tanto (anche noi 'razionali' siamo un po' sentimentali...), altre volte con sommo piacere, perchè ci rendiamo conto di aver fatto un passo in avanti nella comprensione della realtà.

    I veri fedeli (religiosi o ideologici), invece, non possono permetterselo e sono costretti, di fronte ai fatti che non quadrano, a negarli o a distorcerli con ridicoli contorsionismi intellettuali.

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    2. P.S. - qualcuno potrebbe osservare che anche noi catastrofisti, decrescisti, picchisti, ecc, cadiamo talvolta nello stesso errore.
      Ma, suvvia, avremo diritto anche noi a qualche debolezza, no ? :-)

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    3. Si, qualcuno... ;)

      Comunque scherzi a parte, riguardo quello di cui state disquisendo sopra ed e' meglio non nominare per scaramanzia, c'entra molto, moltissimo, la superstizione, che credo sia la nostra forma elementare ed istintiva, che quindi abbiamo tutti, conndividendola peraltro con gli animali, di percepire i rapporti di causalita' e tramandare la tradizione, cosi' fondamentalmente importanti ai fini della sopravvivenza.
      Alla base del pensiero magico credo ci sia cio' detto sopra, di cui il pensiero scientifico e' erede: quindi mi guarderei bene dal deridere troppo, cosi'come di definire "stupidi" coloro che lo praticano magari in ambiti confinati e ristretti della loro esistenza. In fin dei conti la chiesa, storicamente, ha rappresentato una forma di istituzionalizzazione e contenimento delle forme di superstizione popolari, tant'e' che oggi come oggi i sacerdoti lottano contro di esse, permettendone solo alcune, assorbite appunto dall'istituzione.

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  7. << la superstizione, che credo sia la nostra forma elementare ed istintiva, che quindi abbiamo tutti, conndividendola peraltro con gli animali, di percepire i rapporti di causalita' e tramandare la tradizione, cosi' fondamentalmente importanti ai fini della sopravvivenza. >>

    Una considerazione molto acuta la tua.
    Sì in effetti tutti gli animali vivono (e muoiono) di nessi causali, veri o presunti che siano.
    Noi umani vivamo un po' di più perchè abbiamo imparato ad usare la scienza per distinguere i nessi corretti da qualli sbagliati.
    Ma, purtroppo, la scienza non è apprezzata da tutti (troppo faticosa ? troppo destabilizzante ?) e la superstizione continua a passarsela benissimo.

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    1. Fra superstizione e scienza non c'e' vera opposizione, c'e' un continuum. La scienza in fin dei conti non e' altro che superstizione in attesa di smentita.

      Se per superstizione intendiamo resistenza a valutare e accogliere argomenti contrari alla nostra credenza, frequentare solo persone che ne condividono i contenuti, e considerare nemici pericolosi coloro che la mettono a repentaglio, be' i luoghi piu' superstiziosi sono proprio i siti che frequentiamo.

      COme diceva huxley e come vi ripeto, le grandi verita' cominciano come eresia, continuano come scienza e finiscono in superstizione. Uno dei tre punti l'ho aggiunto io, ma non ricordo quale.

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  8. << In fin dei conti la chiesa, storicamente, ha rappresentato una forma di istituzionalizzazione e contenimento delle forme di superstizione popolari, tant'e' che oggi come oggi i sacerdoti lottano contro di esse, >>

    Anche questo è vero.
    Però nessuno mi toglie dalla testa che, per i sacerdoti, si tratta anche di combattere la concorrenza :-)

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    1. Questo vale per tutti, il 99 per cento delle opininoni serve solo a opporsi ad altre, e non ha nessun valore in se'.

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    2. Non credo però che una verità scientifica sia solo un'opinione senza nessun valore in sé. Tra le chiacchiere e le cose serie c'è pure una differenza. Se il concetto di verità in scienza è tramontato (esistono solo verità transitorie) tuttavia le verità transitorie scientifiche sono valide fino alla prossima smentita e muovono il mondo (non sempre in meglio, d'accordo). Affermando qualcosa non intendo necessariamente oppormi ad altre affermazioni: faccio una constatazione e la comunico (certo, alcuni ci tengono ad essere i primi a fare certe constatazioni, per il premio Nobel, la gloria e i soldi). Ammettiamo pure di essere tutti in concorrenza tra di noi per cui cerchiamo d'imporre le nostre opinioni. Ma non ridurrei tutto a un discorso di chi ce l'ha più lungo. E poi anche questo può servire: chi ce l'ha più lungo diventa il capo e guida l'orda di minus habentes. Ma possibile che non ci sia niente, ma proprio niente che ti vada? Non fai che smontare, distruggere. Ma una mezza idea positiva per aiutarci a vivere non ce l'hai? E dài, cazzo, sorridi una volta.

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    3. :)

      Il mio non e' distruggere, e' cercare di vedere le cose nella loro complessita' e da un punto di vista meno egocentrico (personale e di gruppo) possibile: se cosi' sembrano meno amichevoli, e soprattutto meno accondiscendenti col nostro ego, e la nostra tribu', non e' colpa mia.

      Il fatto che tolta questa specie di fede il gioco si smascheri, la faccenda si complichi, mi pare divertente. O no?


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    4. "Ma una mezza idea positiva per aiutarci a vivere non ce l'hai?"

      Il libero arbitrio esiste!

      O no?

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  9. Cari amici,
    credo che - come quasi sempre succede - la soluzione del dilemma stia nel trovare un ragionevole equilibrio.

    Perchè va bene cercare di smontare i miti e le superstizioni, ma - come diceva acutamente Harari nel suo libro - sono proprio questi miti (inesistenti) e queste superstizioni (fasulle), che mandano avanti la baracca della società umana.
    Che è di una complessità incredibile e che NON potrebbe assolutamente funzionare senza il lubrificante del mito condiviso.

    Quindi va bene destrutturare, ma tenendo la cosa a livello di gioco intellettuale, senza smontare davvero il giocattolo.
    Comunque non è difficile: tanto gli altri (per fortuna ?) non ci danno retta.

    P.S. - Ma non sarò un pochino 'elitista', con questi discorsi ? Forse sì, ma pazienza. (Etilista invece no, per fortuna).

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    1. "sono proprio questi miti (inesistenti) e queste superstizioni (fasulle)"

      Non l'ho letto tutto, mi sono fermato alla parte relativa agli oggetti sociali, che ho riletto piu' volte (l'harari in fin dei conti e' solo un'antologia di varie scoperte degli ultimi decenni, gia' ben note, messe insieme a scopo divulgativo in un unico libro).

      L'interessante di tale parte del libro su cui mi sono soffermato e' che spiega in modo chiaro e netto che le superstizioni e i miti (in cui rientra anche il canone TV) non sono "fasulli", sono ben solidi e dirimenti "oggetti sociali" l'opporsi ai quali porta a conseguenze materiali molto gravi (tipo l'impiccagione, il rogo, la galera o la multa, a seconda dei tempi e dello sgarro).

      Per il resto, il disdicevole dei nostri tempi e' che il pensiero scientista, che e' una metafisica, non trova di meglio che accusare di vacuita' metafisica gli altri pensieri. Da tale posizione, non lo puo' fare, o meglio lo puo', ma non senza rendersi ridicolo e intrinsecamente contraddittorio.

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    2. scientista-meccanicistico, volendo precisare

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    3. << il disdicevole dei nostri tempi e' che il pensiero scientista, che e' una metafisica, non trova di meglio che accusare di vacuita' metafisica gli altri pensieri. >>

      Bisogna vedere cosa si intende per pensiero 'scientista-meccanicista', perchè a volte ci si accapiglia per semplici incomprensioni semantiche.

      Comunque mi sentirei di escludere che il pensiero scientifico serio (ovvero quello che si avvale unicamente del metodo di indagine sperimentale) possa essere una metafisica.
      Qui - a mio avviso - le picconate non funzionano.

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    4. << Non l'ho letto tutto (Harari), mi sono fermato alla parte relativa agli oggetti sociali, che ho riletto piu' volte >>

      Apprezzabile, ma non basta.
      Il libro è eccellente (ed interessante) dal principio alla fine.
      Leggilo tutto, che non te ne pentirai.

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    5. "Comunque mi sentirei di escludere che il pensiero scientifico serio (ovvero quello che si avvale unicamente del metodo di indagine sperimentale) possa essere una metafisica."

      Devi essere totalmente digiuno di filosofia della scienza (quella degli scienziati, non quella dei filosofi) per dire cosi'. Basta dare un'occhiata alla fisica del '900 per avere un'idea.

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    6. Ad esempio:

      https://it.wikipedia.org/wiki/Tacchino_induttivista

      Ma trovi questa problematica presente, gia' ben prima che la formalizzasse Popper, in molte grandi menti scientifiche del '900, tipo Einstein, Bohr, Heisenberg, Russel stesso, che qualcosa magari ne capivano.

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  10. « Non penso più come un tempo che ci sia una differenza fra scienza e metafisica, e ritengo che una teoria scientifica sia simile a una metafisica; [...] nella misura in cui una teoria metafisica può essere razionalmente criticata sarei disposto a prendere sul serio la sua rivendicazione ad essere considerata vera. »
    (Karl Popper, Congetture e confutazioni, Il Mulino, Bologna 1972)

    Se leggete la pagina su Popper di wikipedia, molto chiara, forse emerge il motivo del conflitto di fondo che mi separa dal millenarismo catastrofista picchista che, da oggi come oggi popperiano, ritengo di matrice fascio-comunista (ne abbiamo gia' parlato, ma sara' perche' siamo piu' o meno "vecchiotti", ognuno dice sisi' capisco hai ragione apprezzo, ma poi torna come un elastico alla posizione di partenza - e poi non sara' del tutto un caso se praticamente la totalita' dei movimenti ecologisti-picchisti-catastrofisti-millenaristi sia di origine di sinistra ideologica, con venature nazi-fascio nelle sue accezioni neo-malthusiane).

    La mia sensazione e' che la nostra posizione razionale in realta' sia pseudorazionale, cioe' derivi da antiche istanze emotive di fondo che POI trovano espressione razionale, a posteriori, e che sono in realta' completamente sorde a ogni tipo di dimostrazione. Ecco perche' i preti dicevano che per educarci bisogna prenderci da piccoli...

    Non c'e' bisogno di scomodare l'assenza di libero arbitrio, le nostre azioni e convinzioni, quando si raggiunge la maturita', sono dettate da meccanismi inconsci automatici che si sono formati nell'eta' dell'apprendimento, quando se non tutto, quasi era possibile.

    Riporto alcuni passi salienti:

    Democrazia e sistemi totalitari

    Karl Popper (1980)

    In La società aperta e i suoi nemici e in Miseria dello storicismo, Popper critica lo storicismo e difende lo stato democratico e liberale. Per lo storicismo la storia si sviluppa inesorabilmente e necessariamente secondo leggi razionali. Secondo Popper lo storicismo è il principale presupposto teorico di molte forme di autoritarismo e totalitarismo.[14]

    Critica dello storicismo

    Di conseguenza egli attacca lo storicismo, osservando che esso si fonda su una concezione erronea della natura delle leggi e delle previsioni scientifiche. Dal momento che la crescita della conoscenza umana è un fattore causale nell'evoluzione della storia umana e che "nessuna società può predire scientificamente il proprio futuro livello di conoscenza", non può esistere una teoria predittiva della storia umana. Popper si schiera dalla parte dell'indeterminismo metafisico e storico.

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    Risposte
    1. Critica del determinismo

      Anche il determinismo fisico è infatti duramente contestato da Popper, sia dal punto di vista scientifico, sia come presupposto epistemologico del totalitarismo.[15] Il metodo critico-deduttivo dovrebbe invece guidare non solo la scienza, ma anche l'agire politico, evitando ad esempio di confondere il piano della libertà, costituito dagli ideali delle persone, con quello della necessità, dominato dai fatti, laddove Marx ed Engels, presentando la propria ideologia come "scientifica", hanno proprio ingannevolmente sovrapposto un corso finalistico alle maglie del corso causale degli eventi. Atteggiandosi a falsi profeti, hanno ignorato la distinzione tra fatti e valori, tra cause e fini etici,[16] prospettando la società «dei liberi e degli uguali» come il traguardo inevitabile della storia. Da allora tuttavia il marxismo, anziché anticipare gli eventi, ha cercato di sopravvivere adeguandosi ad essi, configurandosi nella maggior parte dei casi come
      « una specie di sala operatoria in cui è stata praticata tutta una serie di operazioni di plastica facciale (iniezione di ipotesi ad hoc) alla teoria lacerata dalle confutazioni fattuali. »
      (Karl R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, vol. II, Hegel e Marx falsi profeti, dalla IV di copertina)

      Riformismo e società aperta

      Invece di prospettare cambiamenti radicali della società, come induce a fare il marxismo, il modo più costruttivo e conveniente per migliorare l'attuale stato delle cose è quello riformista, che adotti di volta in volta le soluzioni più adatte alla situazione contingente. Per questo occorre difendere, se necessario anche con la forza, la libertà e il pluralismo, perché solo la libera discussione critica consente di sviscerare gli errori e affrontare più efficacemente i problemi.
      « La società aperta è aperta a più valori, a più visioni del mondo filosofiche e a più fedi religiose, ad una molteplicità di proposte per la soluzione di problemi concreti e alla maggior quantità di critica. La società aperta è aperta al maggior numero possibile di idee e ideali differenti, e magari contrastanti. Ma, pena la sua autodissoluzione, non di tutti: la società aperta è chiusa solo agli intolleranti. »
      (Karl R. Popper, La società aperta e i suoi nemici, vol. I, Platone totalitario, dalla IV di copertina)

      Critica dello scientismo

      In maniera simile a von Hayek, Popper espresse una forte critica anche nei confronti del razionalismo costruttivista su cui si fonda lo scientismo, intravedendovi il presupposto del totalitarismo.[17] Lo scientismo infatti, basato su un'imitazione servile del metodo scientifico,[18] non tiene conto che la scienza non procede passivamente per induzione, ma è sempre il frutto dell'inventiva umana, e dunque occorre rivalutare il ruolo fondamentale che in essa assumono altre forme di pensiero come quello intuitivo o metafisico.[19] Popper considerava un grande pericolo la passività tecnica tipica dell'addestramento scientifico, temendo «l'eventualità che ciò divenga una cosa normale, proprio come vedo un grande pericolo nell'aumento della specializzazione, che è anch'esso un fatto storico innegabile: un pericolo per la scienza e, in verità, anche per la nostra civiltà».[20]

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    2. Occhio che Popper e Hayek sono visti come il fumo negli occhi da tutti i siti indicati a lato, ammesso sappiano chi siano, escluso Pardo che infatti e' fuori posto, in quanto unica mosca bianca liberale.

      Essi, Popper e Hayek, sono gli ideologi del demonio neoliberista, e infatti erano fra i miti della Tatcher!!!

      Per entrambi, in scienza e politica, non esiste la verita' assoluta, benche' esista la falsita'. Per Popper la democrazia e' un buon sistema di governo non perche' faccia pervenire alla societa' perfetta, ma solo perche' permette di deporre facilmente i governanti. Entrambi sono acerrimi nemici di ogni perfettismo.

      Questo di solito crea difficolta' di comprensione: che il fatto che non esista una sola verita', ma che essa sia sempre parziale e in divenire, non implica che tutto sia falso.

      La stessa identica posizione si trova in Lorenz (che infatti era coetaneo viennese e amico d'infanzia di popper, in rete emule trovate una interessante intervista comune): per Lorenz l'evoluzione e' un processo di apprendimento del genere trial and error (il metodo della scienza), in cui tutto puo' succedere tranne cio' che non sia tanto scassato da non poter sussistere, nel qual caso viene accantonato.

      All'opposto di Popper & company, c'e' la posizione marcatamente scientista-riduzionista di Dawkins.

      Popper, Karl - Lorenz, Konrad - Il futuro e' aperto - 1985.pdf

      Abbiate pazienza per gli errori, pubblico cosi' che devo anche lavorare. ;)

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    3. Caro Diaz, non conosco abbastanza Popper e Hayek, per cui non ho gli elementi per confermare (o eventualmente controbattere) le tue affermazioni.
      So per esperienza (e per onestà intellettuale) che è meglio non ingaggiare battaglia su terreni che non si conoscono (quindi non potrei mai fare l'opinionista televisivo; eh, eh, eh...).

      Però se Richard Dawkins è uno 'scientista-riduzionista' allora - evviva - lo sono pure io. Sentendomi oltretutto in ottima compagnia.

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    4. Non c'e' nessuna battaglia da ingaggiare, anche perche noi siamo solo spettatori, e sono sicuro che dati i tuoi interessi pian pianino approfondirai l'epistemologia di Popper, che pur essendo fra le piu' moderne e' purtroppo molto poco conosciuta nel nostro paese, per ragioni ideologiche attinenti alle due chiese che tuttora si contendono le nostre anime: del resto ormai e' vecchia di quasi un secolo.
      Un adecina di anni fa, leggendo "fisica e oltre", belle memorie di Heisenberg, mi stupii nel constatare che i fisici della sua generazione discutevano quelle idee gia' nei primi due-tre decenni del secolo XX.

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    5. A proposito di Popper, ecco un breve passo (trovato sul web) sui fondamenti della scienza ed i suoi limiti empirici.

      << La base empirica delle scienze oggettive non ha in sé nulla di "assoluto".
      La scienza non posa su un solido strato di roccia. L’ardita struttura delle sue teorie si eleva, per così dire, sopra una palude. È come un edificio costruito su palafitte.
      Le palafitte vengono conficcate dall’alto, giù nella palude: ma non in una base naturale o "data"; e il fatto che desistiamo dai nostri tentativi di conficcare più a fondo le palafitte non significa che abbiamo trovato un terreno solido.
      Semplicemente, ci fermiamo quando siamo soddisfatti e riteniamo che almeno per il momento i sostegni siano abbastanza stabili da sorreggere la struttura. >>
      (Karl Popper - Logica della scoperta scientifica)

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    6. "Semplicemente, ci fermiamo quando siamo soddisfatti e riteniamo che almeno per il momento i sostegni siano abbastanza stabili da sorreggere la struttura."

      D'accordissimo. Lasciamo pure da parte l'assoluto e accontentiamoci delle piccole verità relative, ma abbastanza solide da permetterci di sopravvivere. Possiamo anche dire che non conosciamo la realtà ultima, la cosa in sé, la finalità dell'evoluzione, ma lo stesso ci riesce di afferrare qualcosa con cui capiamo di più e che può esserci utile, al momento o in prospettiva (almeno dal nostro punto di vista). Poi chissà (Dio ce la mandi buona!?).

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    7. Ok, ma il succo del discorso di Popper e' che:

      1 - riguardo alla conoscenza scientifica, e' impossibile dimostrare la verita' di alcunche': "verificare" definitivamente una teoria e' impossibile; perche' la si possa definire scientifica, deve invece essere possibile falsificarla. Il criterio di validita' e inapplicabile, non funziona, mentre lo e' quello di falsificabilita'.

      Corollario: se si ha bisogno di verita', non e' alla scienza che ci si deve rivolgere, contrariamente a quello che pensano tutti coloro che non conoscendola le attribuiscono l'arroganza di avere e/o imporre conoscenze vere e certe. Questa arroganza non e' della scienza, e' di quelli che la criticano presumendo di avere loro un'altra verita', la Verita', in tasca. (provate a mettere alla prova tutti i siti a destra in alto e vediamo quanti superano questo test di scientificita'/arroganza...)

      2 - definiamo conoscenza scientifica solo quella che non solo descrive ragionevolmente bene il presente e il passato, ma permette pure di fare delle previsioni sul futuro che possano essere smentite, cioe' falsificate, da fatti: finche' queste ipotesi smentibili sul futuro non sono smentite si prendono temporaneamente per buone e ci si costruisce temporaneamente sopra.
      Ma basta una sola controprova, una sola falsificazione, per distruggere una teoria che preveda fatti incompatibili con essa: questo basta per far crollare la palafitta.

      3- una teoria costruita in modo che nulla possa farle da controprova perche' qualunque fatto puo' essere in essa inglobato, non e' smentibile e quindi non e' scientifica (categoria in cui rientrano tutte le chiacchere da bar, tutta la politica, tutta l'economia, tutta la religione, e tutta la "scienza del cambiamento climatico" da blog, quella che si da' sempre ragione sia che faccia piu' caldo che piu' freddo perche' qualunque cosa avvenga e' in qualche modo prevedibile dal "modello" (modello che peraltro si dimostra del tutto incapace di modellizzare il passato di cui abbiamo gia' i dati di fatto, non so se lo sapevate, questa cosa non e' molto pubblicizzata...).

      Questo e' il senso della metafora della palafitta.

      E questo e' il motivo per cui invito sempre, sugli argomenti che ci stanno a cuore, a dire semplicemente che ci piace cosi', e non che "e' cosi'": non esiste una verita' scientifica sul numero ottimale di uomini che possano stare bene sulla terra, o come o dove ci debbano stare, se non altro perche' il concetto di stare bene e' completamente diverso fra un misantropo e un amante dell'immersione nella folla. Pretendere di imporsi su punti di questo genere, relativi a giudizi di valore, e' solo una forma di bullismo, e il fatto che sia numeroso il gruppo sociale che lo pratica ne aumenta solo la gravita', cosi' come succede nei reati in "associazione".

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    8. Dici bene, bravo, complimenti. Credo non ci sia più niente da aggiungere. Io speriamo che me la cavo, auguro altrettanto a tutti.

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