giovedì 4 febbraio 2016

Verba volant (scripta manent)

LUMEN – E’ con grande curiosità che ospitiamo oggi con noi Johannes Gutemberg, il geniale inventore della macchina da stampa.
GUTEMBERG – Danke.

LUMEN – Herr Gutemberg, incominciamo dall’inizio e parliamo della cultura umana dei primordi, quando ancora non solo non c’era la stampa, ma neppure la scrittura.
GUTEMBERG – Le culture orali erano caratterizzata da una costante perdita di contatto tra l’uomo e il proprio passato. Esse non conoscevano la storia come noi la conosciamo, in quanto occorrono testimoni oculari per raccogliere il resoconto degli eventi presenti. Eventi molto distanti nel tempo possono essere conservati solo nella memoria del singolo, dopodiché sono avvolti dalla leggenda.

LUMEN – Con tutte le inevitabili imprecisioni.
GUTEMBERG - Anche se l’uomo dell’età “orale” ha una storia millenaria, in realtà non conosce nulla del suo passato, se non quello che è immagazzinato nel suo ricordo e che deve continuamente reiterare. Solo con lo sviluppo della scrittura, è possibile un parziale recupero del passato. Inoltre, in una cultura orale, basata sull’ascolto e sulla parola, l’apprendimento non avviene tramite una ricerca oggettiva. Per scoprire qualcosa che non si è osservato, si deve chiedere naturalmente ad una persona viva che ricorda l’evento e, in sua assenza, la conoscenza viene persa.

LUMEN – Poi è arrivata la scrittura.
GUTEMBERG - La scrittura ha rivoluzionato il nostro modo di pensare, decretando la fine dell’età orale: si trattò di uno sviluppo tardo nella cultura umana, e, paradossalmente, l’alfabeto fu l’evento più complesso in cui ci si è imbattuti. Pensate che l’Homo Sapiens esiste sulla Terra da circa 30 mila anni, eppure per quasi tutta la sua esistenza non ha mai goduto di una reale scrittura.

LUMEN – E le pitture rupestri ?
GUTEMBERG - La realizzazione di rappresentazioni visuali degli oggetti – figure, ritratti, modelli di argilla o di pietra, e così via – è naturalmente molto antica, le sue origini si perdono nella remota preistoria. Ma la scrittura non può essere paragonata al disegno o all’immagine.

LUMEN – Qual è la differenza più profonda ?
GUTEMBERG - Che le immagini rappresentano essenzialmente cose o oggetti. Mentre per “scrittura” si intende un sistema di rappresentazione concentrato sull’affermazione, più che sugli oggetti; sull’enunciazione e sui concetti espressi, piuttosto che sulle cose. La scrittura, infatti, è in grado di registrare esattamente il discorso di un individuo e rende possibile una totale predeterminazione, da parte dello scrittore, delle parole che il lettore leggerà.

LUMEN – Però crea anche una separazione.
GUTEMBERG – Sì. La scrittura allontana l’enunciato dal suo autore. Ma in tal modo il testo prodotto, essendo esterno allo scrittore, può essere portato a migliaia di chilometri di distanza, mantenendo la propria integrità. Quando leggiamo un libro, inoltre, non fa differenza se lo scrittore sia vivo o morto. La scrittura sottrae l’espressione al mondo umano contingente e la trasforma in qualcosa di fisso, in un oggetto visibile e permanente.

LUMEN – A quando risalgono le prime forme di scrittura ?
GUTEMBERG - Il primo tipo di scrittura, quella cuneiforme mesopotamica, nacque attorno al 3.500 A.E.V., quindi meno di 6.000 anni fa. La più antica, e unica, forma alfabetica, fu diffusa dai Fenici nella regione mediterranea attorno al 1500 A.E.V. L’alfabeto ebraico, che è una forma molto antica di alfabeto, e tutte le altre specie nel mondo (Greco, Romano, Cirillico, Sanscrito, Coreano) derivano dall’alfabeto primitivo del Mediterraneo.

LUMEN – Volete dire che tutti gli alfabeti derivano da un unico modello originario ?
GUTEMBERG – Pare proprio di sì. Il fatto che l’uomo sia vissuto così a lungo senza l’alfabeto e che lo abbia inventato solo una volta è perfettamente concepibile se si considera la natura peculiare del suono. Il suono, fonte di tutte le forme di comunicazione verbale, è fondamentalmente deperibile, evanescente, in quanto non si può fermare (come si può fare con le pagine di un libro), perché, altrimenti, produce solo silenzio. L’invenzione dell’alfabeto, invece, consente una permanenza spaziale della parola mai sperimentata prima.

LUMEN – La scrittura ebbe quindi un impatto senza precedenti sul pensiero umano.
GUTEMBERG – Certamente, anche se l’evoluzione fu molto lenta. L’antico mondo Romano e Greco, per esempio, conobbe l’alfabeto ma conservò una fortissima inclinazione verso l’ascolto e la parola parlata. L’ideale dell’educazione liberale degli antichi Greci e Romani era la formazione dell’oratore. La lettura ad alta voce, d’altra parte, era molto frequente, anche se una persona leggeva per sé.

LUMEN – E nel Medioevo ?
GUTEMBERG – Anche qui la cultura manoscritta non riuscì ad affermarsi completamente e l’approccio orale mantenne una forza notevole. Così, ad esempio, nelle università europee non esistevano gli esami scritti, né compiti, esercizi o relazioni scritte. Gli insegnanti organizzavano le loro lezioni a partire dai testi, ma trascrivevano le loro lezioni solo dopo averle presentate agli studenti. Inoltre gli esami erano solo orali, e si trasformavano in veri e propri dibattiti altamente organizzati.

LUMEN – Da non credere.
GUTEMBERG – Le cose però stavano cambiando, perché il sistema educativo era pur sempre basato sui commenti ai testi scritti e quindi l’importanza dei manoscritti finì per superare le culture antiche. L’uomo Medievale dipendeva fortemente dalla tradizione Greca e Romana, così come dalla Bibbia, ed utilizzava i testi molto più assiduamente di quanto non facessero le precedenti generazioni.

LUMEN – Ed infine, grazie a voi, arrivò l’arte della stampa.
GUTEMBERG - Spesso si pensa alla stampa esclusivamente come ad un modalità rapida di produrre in gran quantità copie di libri già esistenti. In realtà si tratta di qualcosa di radicalmente nuovo: la stampa ha cambiato i metodi dell’apprendimento, le strategie di acquisizione e recupero della conoscenza e la concezione dei processi mentali.

LUMEN – In effetti, la stampa a caratteri mobili può essere considerata un’estensione o un’intensificazione dell’invenzione stessa dell’alfabeto.
GUTEMBERG – Appunto. Il carattere alfabetico della stampa “costringe” la parola nello spazio di più di quanto faccia la scrittura. La scrittura forgia le parole creando segni su una superficie; la stampa alfabetica fa di più, perché assembla delle cose preesistenti – i mattoncini su cui sono incisi i caratteri - e ottiene delle forme nuove, come dai mattoni si produce una casa.

LUMEN – La stampa aprì, quindi, nuovi orizzonti.
GUTEMBERG - L’affermazione della tipografia alfabetica andò di pari passo con l’intensificazione della coscienza spaziale nella cultura europea. Ed infatti dal XV secolo in poi si verificarono una serie di innovazioni fondamentali.

LUMEN – Sentiamo.
GUTEMBERG – Anzitutto la preminenza della vista e dell’osservazione sugli altri sensi e l’utilizzo della stampa per veicolare informazioni piuttosto che semplicemente disegni o immagini. Poi l’affermazione della prospettiva lineare nella pittura ed un incremento massiccio nella fabbricazione delle mappe, cui conseguì un grande sviluppo del senso della superficie terrestre, vista come area esplorabile. Infine l’avvento della cosmologia Copernicana e della fisica Newtoniana, che tracciarono l’universo mediante carte.

LUMEN – E la cultura orale, che fine fece ?
GUTEMBERG - Nell’antichità, nel Medioevo e in buona parte del Rinascimento, il funzionamento della mente veniva studiato in termini logici, ma la logica era spesso assimilata alla dialettica e comunemente definita arte del discorso. Il pensiero tendeva ad essere concepito in termini comunicativi e sociali. Dopo l’invenzione della stampa, la logica cominciò ad essere sempre più definita come l’arte del pensiero, e il concetto stesso di pensiero trovò la sua perfetta collocazione nella sfera privata di ogni individuo, al di là del contesto sociale di appartenenza. Parole e idee divennero, sempre più, due facce della stessa medaglia

LUMEN – Quindi ?
GUTEMBERG – La stampa promosse una modalità di trasmissione e conservazione del sapere con un’affidabilità totalmente nuova: la conoscenza non veniva più “richiamata” alla mente attraverso modi di dire, formule, come era necessario nel mondo orale per facilitare la memorizzazione, ma diveniva sempre più oggetto di una ricerca, e quindi sottoponibile ad un processo di recupero. La pagina scritta assunse, sempre più, una funzione sostitutiva rispetto alla memoria individuale e la stampa incoraggiò la tendenza alla riproduzione di un’opera in migliaia di copie e alla collezione di libri.

LUMEN – Con quali conseguenze ?
GUTEMBERG – Che la conoscenza veniva percepita in modo nuovo, come un insieme di oggetti che dovevano trovare una loro collocazione, o come un complesso di fatti autonomi, svincolati dagli individui che li avevano realizzati.

LUMEN – Come nel moderno concetto di enciclopedia.
GUTEMBERG – Esatto. Dove il sapere è organizzato mediante una sequenza di eventi spazialmente e cronologicamente ordinati. Ma anche qui il processo fu lungo e lento.

LUMEN – Me lo immagino.
GUTEMBERG - Gli educatori e i pensatori del 1500 e 1600 non erano interamente coscienti di questo straordinario processo di riorganizzazione del mondo e della vita umana che si stava verificando nella loro coscienza: una prova è data dal fatto che essi continuarono ad essere convinti di formare oratori latini, quando, invece, come dato di fatto, stavano producendo scrittori.

LUMEN – Questa è divertente.
GUTEMBERG - A partire dal 1700, poi, la diffusione della stampa su larga scala modificò ancora più profondamente l’approccio dell’uomo nei confronti dei propri processi cognitivi. Se l’antica cultura verbale era stata altamente personale, non analitica, retorica e conservativa, la nuova cultura chirografica - sviluppatasi appunto grazie alla tipografia - supportò il processo di spersonalizzazione e oggettivizzazione del mondo.

LUMEN – Per esempio ?
GUTEMBERG – Per esempio si svilupparono teorie della comunicazione e del linguaggio organizzate in termini fortemente spaziali e altamente schematici, provocando un declassamento del suono e della voce, come elementi portanti della società. Ed anche il sentimento religioso ne risultò modificato.

LUMEN – In che modo ?
GUTEMBERG – Il 1700 si configura come la grande epoca del “deismo”, in cui Dio stesso assume, agli occhi umani, la configurazione di soggetto silenzioso. Al posto della concezione di Dio come comunicatore, si sostituì quella di un “Grande Architetto” e gli uomini dimenticarono la predominanza dell’aspetto orale, vocale, aurale all’interno della rivelazione, a favore dei racconti scritti sulla creazione.

LUMEN – Molto interessante. Grazie Herr Gutemberg e buon ritorno a Magonza.
GUTEMBERG – Guten tag a tutti voi.

13 commenti:

  1. Veramente interessante, sono cose su cui non ho mai riflettuto. Spontaneamente mi viene da chiedermi cosa sia cambiato con il computer che ha rivoluzionato la nostra vita. Non si diceva già vari decenni fa che la "galassia Gutenberg" stava tramontando? Non diceva Primo Levi già trent'anni fa che chi non avesse saputo usare il computer (all'epoca un arnese piuttosto rozzo rispetto ad oggi, con una memoria risibile - il mio primo computer non aveva che 40 MB di memoria!) sarebbe rimasto tagliato fuori dal mondo? "Non sa nemmeno nuotare" sembra dicessero i Greci per indicare una persona inetta. Oggi invece è quasi un analfabeta chi non sa usare il computer.
    Ma il computer e l'enciclopedia universale sempre aggiornata e a disponsizione di tutti non stanno cambiando anche il nostro modo di pensare? L'uomo ha sempre allenato la memoria perché era la forma più pratica di conservazione delle informazioni. Ma oggi sembra che non ci sia più questo bisogno perché abbiamo memorie esterne infinitamente più ricche, quasi tutto lo scibile umano a disposizione. Ma lo stesso l'operazione di pensare presuppone conoscenze depositate, memorizzate nel nostro cervello. O forse non ce n'è più così bisogno visto che il nostro hard disk, il cervello, ha una capacità limitata e incomparabilmente inferiore alla memoria esterna? Dunque davvero Gutenberg addio?

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    1. Questo tema e' trattato in Ivan Illich, "Nello specchio del passato", riporto una parte dell'indice per incuriosirvi:

      161 Invito a una ricerca sull'alfabetizzazione laica;
      162 La mente alfabetizzata; 164 Irrilevanza della scuola nella formazione della mente alfabetizzata; 167 Costituzione ed evoluzione di una sfera mentale; 169 La rivoluzione dell'alfabeto; 171 La rivoluzione del testo; 176 Sé laico, coscienza laica, memoria laica; 179 L'esilio della mente alfabetizzata;
      185 Mnemosine: lo stampo della memoria
      185 Modalità del passato; La cultura come Mnemosine; 187 La scrittura come ponte; 188 La fine del «vecchio passato» nel XII secolo; 192 La memoria sta morendo come le foreste; 193 Confronto fra tre «pagine»; 194 La fine della cultura del libro ; 197 granchio di Kuchenbuch;
      206 L'alfabetizzazione informatica e il sogno cibernetico

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  2. @ Sergio

    << Dunque davvero Gutenberg addio? >>

    Ma no, ma no, non scherziamo.
    Il libro, inteso come oggetto, non morirà mai e questo per un semplice banale motivo: se manca la corrente o finisce la batteria cosa te ne fai di un PC o di un Kindle ?
    E te lo dice uno che senza PC non sa resistere per più di 24 / 48 ore.
    Ma continuo a leggere anche i libri di carta, visto che ne ho ancora un bel po' (e sono quelli a me più cari), e non ho nessuna intenzione di buttarli via.

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  3. @ Diaz

    Ivan Illich si legge sempre volentieri.
    Un po' provocatorio a volte, soprattutto su certi temi, ma sempre interessante, stimolante e mai banale.
    Dovrei cercare sul web qualche suo passo da pubblicare qui.

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    1. http://www.altraofficina.it/ivanillich/default.htm

      Poi trovate il resto, fra cui il testo citato (di cui a suo tempo comprai il cartaceo), su emule, che si installa con pochi clic:
      http://www.emule-project.net/home/perl/general.cgi?l=18&rm=download

      Suppongo che Illich non abbia mai posto copyright sui suoi scritti.

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  4. Ivan Illich? Chi era costui?, chiederebbe oggi un giovane. Mi sembra completamente sparito. Io invece ho un ottimo ricordo di lui. Un gesuita spretato, già questo me lo rendeva simpatico (ma non credo fosse anticlericale o sputasse nel piatto da cui aveva mangiato). Ma la sua "descolarizzazione della società" fu per me una rivelazione, mi sembrava una evidenza e a portata di mano. E non c'era ancora il computer a quei tempi! Invece continua la scolarizzazione, anche se col supporto del computer. Anzi, la preoccupazione massima delle autorità continua a essere la scolarizzazione. Pensate, i poveri bambini siriani non possono più andare a scuola: che disgrazia, una tragedia! La scuola sembra dunque avere ancora una funzione importante in barba alle teorie di Illich (immagino un certo controllo sociale, la trasmissione dell'ordine gerarchico più del sapere). Ma io ricordo Illich con simpatia e mi chiedo che fine abbia fatto la descolarizzazione.

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    1. Piccola citazione di Illich trovata sul web:
      << Molti studenti, specie se poveri, sanno per istinto che cosa fa per loro la scuola: insegna a confondere processo e sostanza. Una volta confusi questi due momenti, acquista validità una nuova logica; quanto maggiore è l'applicazione, tanto migliori sono i risultati; in altre parole, l'escalation porta al successo. In questo modo si «scolarizza» l'allievo a confondere insegnamento e apprendimento, promozione e istruzione, diploma e competenza, facilità di parola e capacità di dire qualcosa di nuovo. Si «scolarizza» la sua immaginazione ad accettare il servizio al posto del valore. >>

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    2. Dev'essere l'inizio di "descolarizzare la societa'".
      Ancora piu' adatto ai nostri tempi e' "esperti di troppo".
      Il secondo lo trovate su emule, il primo su altraofficina.

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    3. << Dev'essere l'inizio di "descolarizzare la societa'" >>

      Esatto. Complimenti.

      Un'altra carina è questa:
      << I sociologi utilizzano la danza della pioggia come termine tecnico per un rito che crea il mito, un evento mitopoietico che genera una credenza e conferma un dogma sociale. Max Gluckman parla di queste cerimonie come di un modello sociale che acceca tutti i partecipanti (sia sacerdoti sia fedeli) nella contraddizione fra l'obiettivo asserito del rito e i suoi effetti. (...)
      Lo sciamano prepara la danza annuale che dev’essere celebrata nel villaggio, ma possiede anche l'autorità di spiegare perché la pioggia non arriva, nonostante la cerimonia. Non piove perché qualcuno non si è impegnato al massimo durante la danza. >>

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    4. E' la categoria a cui va ascritto il "recupero dell'evasione". :)
      Del resto altri studiosi oltre ad Illich hanno riconosciuto la natura religioso-mitologica della forma di Stato nata dalla rivoluzione francese, un nostro studioso, Emilio Gentile, ci ha scritto un interessante testo che vi raccomando, mi pare si intitoli "le religioni della politica".

      Un appunto preventivo: ci si accorge solo dei miti degli altri, solo quelli vengono riconosciuti come tali.

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    5. Quello del "mito" che non esiste, ma funziona benissimo (nel senso che guida e condiziona i comportamenti umani), è anche il tema centrale del bellissimo libro di Yuval Harari "Da animali a dei", di cui già abbiamo parlato qui.

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    6. Sul "non esiste" avrei delle riserve... prova a non rispettare le convenzioni sociali sanzionate dalla legge e vediamo se "non esistono"...

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    7. Esistono certamente le reazioni della gente, ma per le convenzioni continuo a pensarla come Harari.
      D'altra parte anche Dio non esiste, eppure la sua "idea" può muovere (nel bene e nel male) una grande quantità di persone.

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