giovedì 7 gennaio 2016

Pensierini – XIX

ANTICRISTO
Ormai non passa mese che non si leggano notizie sugli illeciti e le scorrettezza (soprattutto finanziarie) commesse da uomini di chiesa.
Non credo che i religiosi di oggi siano molto peggio di quelli di una volta (sono uomini come noi, nel bene e nel male), solo che una volta da quel mondo non usciva niente e ti potevi illudere che non succedesse niente.
Oggi invece viene fuori tutto e, probabilmente, quello che sta davvero distruggendo la Chiesa, più che la modernità in sè, è questo flusso incontrollato di informazioni, che non è più possibile bloccare e che ne scopre (dopo tanti silenzi) le piccole miserie quotidiane.
Alla fine si potrebbe dire che l'anticristo è arrivato, ma ha preso le sembianze virtuali di internet. Chi l'avrebbe mai detto.
LUMEN


ARTE ED EMOZIONE
Ma che cos'è un'opera d'arte ? Tutti siamo convinti di saperlo, ma dare una definizione precisa non è assolutamente facile.
La mia personale definizione di ARTE - semplice e concisa - è questa: "qualsiasi prodotto umano privo di scopo, che suscita emozioni piacevoli".
L’assenza di scopo, secondo me, è fondamentale; per cui, per esempio, un bel mobile lavorato, che non è sicuramente privo di scopo, può essere “arte” solo nei suoi elementi non funzionali (gli intarsi, gli abbellimenti, ecc.).
In ogni caso, l'arte è soggettiva (sta - come la bellezza - negli occhi di chi guarda), perché soggettive sono le emozioni di ciascuno.
LUMEN


COMUNISMO
E’ incredibile la quantità di speranze e di aspettative che ha saputo creare il comunismo nel mondo, probabilmente più di qualsiasi altra ideologia non religiosa.
Eppure si tratta di un sistema di potere come tutti gli altri, con le élites da una parte e i sudditi dall’altra.
Come ha detto acutamente qualcuno, con corrosiva ironia: << Il Capitalismo è lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Il Comunismo, invece, è il suo contrario >>.
LUMEN


PAROLA DEL SIGNORE
Il mondo è pieno di persone che - nei luoghi e nelle forme più impensate - sono pronte a dichiarare, con grande sicurezza ed altrettanta faccia tosta, di parlare “in nome di Dio”.
Ma, come dice il bravo Edoardo Boncinelli in uno dei suoi libri: “Se Dio c’è, non riesco proprio a capire come possa permettere a qualcuno di parlare in suo nome”.
Ecco appunto. Ma se invece non c’è, tutto si spiega.
LUMEN


DISUNIONE EUROPEA
L'Unione Europea continua ad essere un 'ircocervo' di difficile identità, troppo integrata per rispettare le sovranità nazionali, ma non abbastanza per una vera gestione comune.
Dice lo storico Aldo Giannuli: << Salta agli occhi la crescente disomogeneità politica, economica e sociale del [nostro] continente, nel quale continua a non esserci un sistema organizzato comune di interessi sociali, ma tanti quanti sono i paesi che compongono l’Unione. Non c’è un magnete centrale rispetto al quale i singoli interessi si organizzano subendone la forza gravitazionale, ma altrettanti spettri magnetici nazionali che la crisi economica allontana ancora di più. La Germania resta un paese creditore e la Grecia (come l’Italia, la Spagna ed il Portogallo) debitore e, a quanto pare, non serve a molto fare appello al buon cuore degli ordinatissimi tedeschi. >> 
Purtroppo la sensazione è che si debba restare  a metà del  guado ancora per molto tempo.
LUMEN


GENERAZIONE DI MEZZO
Il giornaista Alessandro Gilioli, che è nato nel 1962 (pochi anni dopo il sottoscritto), non ha difficoltà ad ammettere, molto sinceramente, la propria fortuna generazionale:
<< Da ultra-cinquantenne che per una vita è stato garantito, - dice Gilioli -  [a volte] mi sento in colpa. In colpa perché ho vissuto nel cuscino più privilegiato del secolo, forse del millennio.
Tra i miei genitori che mentre andavano all'università mungevano le mucche in una fattoria della North Carolina, emigrati dall'Italia; ed i miei figli che quando si affacceranno alla vita adulta si troveranno nei marosi tristi della precarietà.
Con la differenza che i miei genitori erano poveri, ma pieni di speranza e di futuro, mentre ai nuovi adulti di oggi il futuro è stato rubato, e li hanno convinti che ogni speranza è un privilegio, un colpo di culo o (peggio) un'utopia irraggiungibile. >>
Ed io, da quasi coetaneo, mi trovo perfettamente d'accordo con lui. 
LUMEN
 

37 commenti:

  1. Caro Lumen,

    mi èpiaciuta la tua definizione di arte. Soggettiva? Forse (e chi se ne frega!). Diceva la stessa cosa tanti anni fa Alberto Moravia: l'arte non ha uno scopo, fini di utilità. Però sembra lo stesso una necessità vitale e in quanto tale ... ha una sua utilità (soddisfa un bisogno innato dell'uomo). Ma bisogno di cosa? Forse di rifare il mondo a nostra immagine e somiglianza (dare un'impronta personale all'ambiente - anche come ammobiliamo le nostre case, arte infima probabilmente, ma pur sempre artificio, cioè arte).
    Però lo stesso certe opere d'arte che affascinano e toccano tantissime persone esprimono qualcosa di veramente speciale per cui meritano particolare attenzione, magari anche uno studio. Ma senza feticismi e sdilinquimenti. Ricorderete la vignetta di Novello (che purtroppo non posso riprodurre). Al museo un gruppo di persone ammira estasiato un quadro di Raffaello, alcuni sono persino in ginocchio. Ma la didascalia dice: non si sono accorti che il Raffaello è in un'altra sala ...

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  2. Gilioli:

    "Con la differenza che i miei genitori erano poveri, ma pieni di speranza e di futuro."

    C'è un'espressione di Max Weber che ha avuto grande successo: il
    "disincanto" (Entzauberung). Ma quando la usò c'era forse ancora motivo di sperare qualcosa. Oggi invece il disincanto è davvero totale e - sembra - definitivo. Tanto che non si fanno più figli ... (almeno in Italia, ma anche nel resto d'Europa che sembra per questo condannata senza l'innesto di nuova linfa, dei "nuovi Italiani" mattarelliani).
    Direi che sono spariti gli ideali, le grandi visioni di un mondo più bello, più giusto. Ma il mondo di una volta, diciamo anche solo mezzo secolo fa, era ancora un mondo povero, ricco d'immensi spazi (eravamo anche molti meno ...). Un film degli anni Cinquanta aveva per titolo "Poveri ma belli" (con Maurizio Arena). Impensabile oggi un titolo del genere. Siamo più ricchi, anche i poveri hanno lo smartphone, ma più poveri di fantasia, di sogni, d'ideali (ma forse qeuste sono solo le parole di un vecchio disilluso).

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  3. << Direi che sono spariti gli ideali, le grandi visioni di un mondo più bello, più giusto. >>

    Considerazione ineccepibile, caro Sergio, e che però non saprei come valutare.
    Io sono convinto, da vecchio cinico materialista, che i suddetti "grandi ideali" sono, in realtà, cose inesistenti, "fatte della stessa materia dei sogni", direbbe Amleto.
    Ma quante energie e quante speranze hanno saputo suscitare nell'umanità.
    E però anche, quanta violenza e quanta sopraffazione hanno finito per provocare.
    Quindi, in conclusione, dobbiamo essere lieti o dispiaciuti del tramonto dei "grandi ideali" ?
    Onestamente, non te lo so dire.

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  4. Gli artisti pero' di solito sono estremamente orgogliosi della loro opera, la compiono in competizione con altri artisti, per "farsi notare", e godono supremamente quando "funziona", cioe' gli da' visibilita' e possibilmente preminenza sociale.

    Da questo punto di vista spesso sono personaggi bizzosi e infantili, da un punto di vista umano, che e' meglio perdere che incontrare... (a me fa molto ridere quando su qualsiasi argomento viene chiesto il parere dell'artista: spesso al di fuori della sua arte egli e' un perfetto idiota).

    Quindi definire priva di scopo l'arte mi pare un po' una forzatura, specialmente considerando che per un uomo avere l'approvazione sociale e' lo scopo piu' importante nella vita.

    Per cui, vedrei l'arte piuttosto come uno dei modi che ha l'uomo di cercare la primazia sociale "dandosi da fare" per impressionare gli altri, per scalare la gerarchia sociale, non stando mai fermo.

    Non stare mai fermo, non essere mai soddisfatto di cio' che ha e fa: questo e' l'uomo. Il quale per soprammercato non manca poi di incolpare il mondo della sua insoddisfazione congenita.

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    1. Mah, mi piace quello che dici e che reputo anche vero (la bramosia di successo, il narcisismo, il bisogno di primeggiare, di essere ricordato - quasi tutti i grandi scrittori del secolo scorso o ignoravano i colleghi o ne sparlavano, incredibile). Tuttavia c'è anche l'artista che con la sua opera semplicemente "si esprime", sente il bisogno di dire o fare qualcosa di bello e magari di grande. Ma anche i grandissimi (per me) - diciamo Mozart e Voltaire - ambivano al riconoscimento. Uno spirito libero come Voltaire voleva il riconoscimento, la patente regale. Invece il re - Luigi XVI - passando da Ferney (oggi Ferney-Voltaire) non si fermò, lo ignorò: che smacco!
      C'è poi da dire che imporsi all'attenzione ed essere ammirato rafforza non solo l'autostima, ma è una specie di assicurazione sulla vita: il riconoscimento pubblico - almeno in teoria - sarà monetizzato (certo non sempre, per questo c'è la legge Bacchelli che però io non approvo). L'ammirazione, l'affetto del pubblico sono un bell'elisir, ti fanno sperare e credere di avere tutti ai tuoi piedi (e di cavarne magari qualche vantaggio economico).

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  5. @ Diaz e Sergio

    Quindi l'arte come attività di auto-affermazione, con contorno di narcisismo ?
    Sì, mi piace e mi convince.
    Il che conferma l'assenza di utilità sociale, se non per l'artista stesso :-)

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    1. Non direi. Intanto se esiste questo desiderio di creare oggetti artistici, non presenti in natura, questo desiderio deve essere soddisfatto procurando all'artista piacere e soddisfazione, sono dunque utili. Ma se poi l'oggetto artistico procura piacere anche agli altri risulta che l'arte ha anche un'utilità sociale. Un mondo senz'arte sarebbe sicuramente più povero, perciò ci teniamo tanto alle opere artistiche (almeno noi evoluti occidentali). Forse potresti fare un post sulla funzione dell'arte, apparentemente superflua eppure utile, persino necessaria (in qualche modo siamo tutti artisti, tendiamo a modificare e ad abbellire il nostro ambiente).
      Un tempo l'arte aveva probabilmente anche una funzione propiziatoria (penso alle pitture preistoriche di Lascaux e altri posti).
      Insomma, non sottovalutiamo l'arte (ma forse non dobbiamo nemmeno sopravvalutarla, farne un feticcio). Un giorno nemmeno troppo lontano tutte le mirabili opere d'arte saranno spazzate via da cataclismi naturali o, estintosi il sapiens, non significheranno più nulla. Ma abbellirono la vita di quella curiosa specie animale, così industriosa e ammirevole ma anche un po' pazza (qualcuno la definì un errore dell'evoluzione).

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  6. << Insomma, non sottovalutiamo l'arte (ma forse non dobbiamo nemmeno sopravvalutarla, farne un feticcio) >>

    Caro Sergio, è giusto quello che dici sull'utilità sociale dell'arte che, in fondo, ha una funzione estetica importante e forse insostituibile.
    Ma io credo che corriamo più facilmente il rischio di sopravvalutarla, che non di sottovalutarla.

    Sai, quando leggo le cifre che vengono sborsate per l'acquisto di alcune opere d'arte, io rabbrividisco.
    Perchè anche quando siamo di fronte a quadri molto belli (il che non è affatto ovvio, essendoci quadri ignobili ugualmente costosi) siamo pur sempre di fronte ad una immagine, una semplice immagine, tra le mille che continuamente i nostri occhi inviano al nostro cervello.
    Ma forse è solo il business che si è infilato nel mondo dell'arte modellandolo a suo vantaggio.

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    1. "Ma forse è solo il business che si è infilato nel mondo dell'arte modellandolo a suo vantaggio."

      E' il meme egoista, che sfrutta il fatto che la valutazione del valore e' arbitrariamente soggettiva.

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    2. Unito alla credulità infantile della gente, ricconi compresi.
      Non è possibile investire soldi (tanti soldi) in oggetti privi di valore intrinseco, solo perchè qualche furbacchione ha certificato così.

      Pensare che un manufatto di Lucio Fontana (la banalità fatta furberia) possa valere 21 milioni di euro è una cosa priva di qualsiasi senso.
      (qui il link dell'articolo: http://www.corriere.it/foto-gallery/cultura/15_ottobre_16/lucio-fontana-nuovo-record-fine-dio-forma-uovo-f41ddfde-73d4-11e5-846d-a354bc1c3c5e.shtml)

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    3. P.S. per Diaz
      Bella la definizione di "meme egoista".
      L'hai inventata tu ?

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    4. Be' non e' che ci vuole molta fantasia... che le idee si scontrino per prevalere mi pare piuttosto evidente specialmente a chi frequenta i blog... e per il resto, quale migliore prova del "fontana" che il valore e' frutto di valutazione arbitraria e soggettiva? (e motivo per cui le idee si scontrano? le due cose sono molto collegate...)

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    5. CI sono fior di teorie che vedono nello sviluppo del design tecnico o artistico di qualsiasi manufatto umano forme di evoluzione per mutazione e selezione. Diciamo che il design tecnico e' sottoposto a vincoli esterni che quello artistico non ha. Potremmo vedere la pulsione artistica creatrice come quella che fornisce, per mutazione casuale, il materiale alla selezione del confronto con la realta' esterna al mondo delle idee che poi in qualche modo opera. In questo senso per me l'arte e' espressione dell'incapacita' dell'uomo di stare fermo e di essere soddisfatto di cio' che e', e ha. L'arte e' l'insoddisfazione allo stato puro.

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    6. << Diciamo che il design tecnico e' sottoposto a vincoli esterni che quello artistico non ha. Potremmo vedere la pulsione artistica creatrice come quella che fornisce, per mutazione casuale, il materiale alla selezione del confronto con la realta' esterna al mondo delle idee che poi in qualche modo opera. >>

      Un ottimo parallelo, che aiuta a comprendere meglio le similitudini tra gene e meme.

      << L'arte e' l'insoddisfazione allo stato puro. >>

      Ed ottimo anche questo concetto.
      Complimenti.

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    7. C'e' un libro che non ho mai letto, mi pare "la conquista dell'inutile", di herzog, ne sapete qualcosa?

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    8. No, mai sentito.

      Dal sito di IBS: << Questo testo raccoglie il lungo diario tenuto da Werner Herzog durante i due anni e mezzo di lavorazione del suo film "Fitzcarraldo" nella giungla amazzonica, tra il giugno 1979 e il novembre 1981. Protagonisti di queste pagine sono, come nel film, la lussureggiante foresta pluviale e le sue popolazioni di indios che a centinaia lavorarono come comparse nella pellicola, oltre a Klaus Kinski, l'attore preferito di Herzog. Nel descrivere la quotidianità di un'impresa che non ha nulla di quotidiano, Herzog arriva a ripensarsi radicalmente come artista e come uomo, riflettendo sul ruolo dell'arte, sul concetto di civilizzazione, sul senso della violenza e sull'ineluttabile crudeltà della natura. >>

      Personalmente non ho molta simpatia per i diari "intellettuali".
      Preferisco un bel saggio strutturato.

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  7. << L'arte e' l'insoddisfazione allo stato puro. >>

    Una definizione che non mi piace, puramente negativa. L'uomo ha sempre modificato l'ambiente in vista di miglioramenti (soggettivi e magari nefasti). Oggi sappiamo che anche vari animali sanno creare degli strumenti per sfruttare meglio l'ambiente (soprattuto i primati, ma non solo). Nessuno però ha la capacità (non per forza l'intelligenza) di sviluppare metodi e strumenti come gli individui della nostra specie. Nel bene e nel male. Ciò sarà dovuto allo sviluppo della corteccia cerebrale. Non so se siano mai esistiti gruppi di sapiens sapiens pacifici, contenti, insomma soddisfatti.
    Comunque "grazie" all'insoddisfazione che alcuni singoli individui o gruppi umani hanno risentito ha avuto luogo ancho lo sviluppo tecnico, è fiorita la cultura (religione, filosofia, tecnica, letteratura, arte). Non è escluso che salteremo tutti in aria per qualche atomica, che insomma la cultura ci porti all'estinzione. Ma credo nessuno possa condannare la cultura in blocco. Oggi godiamo di una vita incomparabilmente meno faticosa di un tempo (almeno noi in occidente). Anche la vita si è allungata (anche se ciò non significa necessariamente maggiore felicità, benessere). È un fatto però che tutti - noi compresi, immagino - vogliamo vivere il più a lungo possibile e naturalmente bene. E ciò è possibile grazie al progresso.
    Perché c'è progresso? Perché niente ci soddisfa pienamente. Quindi la ricerca continua, e anche l'arte è ricerca (ripensamento del vissuto, interpretazione, proiezione, anticipazione). Oggi la ricerca è demandata quasi unicamente alla scienza, ma l'uomo - credo - ha ancora bisogno di immagini, sogni, bellezza.
    Credo Pascal dica da qualche parte che l'insoddisfazione dell'uomo deriva dalla sua incapacità di starsene tranquillo tra le quattro pareti di una stanza. Anche questa è una definizione negativa che può anche piacere (specialmente considerando la mania dei viaggi odierna, l'iperattività già dei bambini, quasi sempre indotta dai genitori). Insomma, direi che l'arte è una delle tante possibilità dell'uomo di esprimere se stesso, caratteristica della nostra specie soprattutto (forse un giorno si scoprirà che anche i primati nel loro piccolo sono artisti). Può essere anche un mestiere per fare soldi, tanti soldi, perché no (dice Cipolla che finché c'è uno che acquista un tal prodotto quel prodotto non è inutile, ha una sua ragion d'essere).

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  8. << Perché c'è progresso? Perché niente ci soddisfa pienamente. Quindi la ricerca continua, e anche l'arte è ricerca >>

    Sono d'accordo, caro Sergio.

    L'artista e l'inventore "trovano" perchè "cercano", e cercano perchè sono insoddisfatti dello status quo.
    Ed anche se ottengono grandi risultati, cessano presto di contentarsene e ripartono per nuove ricerche.
    Si potrebbe dire che sono (molto spesso) degli infelici di successo.

    E nel frattempo, proprio grazie a loro, la gente comune si gode il progresso tecnico e culturale.
    Ma io, a livello umano, non mi sento di invidiarli.

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    1. Invidiarli no, d'accordo, anche se fanno - immeritatamente - soldi a palate. Ma rallegrarsi con loro dell'opera se riuscita, se ci piace, magari moltissimo, perché no? Quanto opere del passato popolano il nostro immaginario, fanno in qualche modo parte della nostra vita. Perciò ci dispiace la distruzione dei monumenti antichi da parte dei nuovi barbari. Che - se insedieranno in casa nostra - distruggeranno anche i nostri. Noi non ci saremo più, ma questa prospettiva (mi) disturba. Pensa se faranno saltare il Pantheon! Chi se ne frega, potrebbe dire qualcuno, potrebbero dire centinaia di milioni, anzi miliardi di esseri umani. Ma io sono italiano, discendente dei Romani, e mi dispiacerebbe ...
      La ricerca e la produzione artistica non debbono comunque essere necessariamente dovute all'eterna insoddisfazione dell'uomo. Una volta assicuratosi il cibo e il territorio l'uomo ha finalmente avuto un po' di tempo libero per fare altro. Ma che cosa? Perché stare con le mani in mano non si può, s'impazzisce (siamo fatti per agire, muoverci, pensare -noi sapiens). Donde le varie passioni (viaggiare, navigare, leggere, studiare, ballare, chiacchierare - e manipolare gli oggetti, dare una forma speciale al legno, alle pietre, usare i pennelli ecc.). Passatempi per ammazzare il tempo, ma a volte ne vengono fuori cose curiose, anche bellissime, che si chiamano opere d'arte - che fanno a volte anche schifo!

      Da "L'Etimologico" di Nocentini:

      àrte s.f. [seconda metà sec. XIII]
      ~ attività umana frutto dell’inventiva.
      FORMAZIONE LATINA DI ORIGINE INDOEUROPEA: lat. arte(m) (nomin. ars) ► fr. occit. cat. art, sp. port. arte.
      ◆ Il lat. ars è un astratto della radice verbale ie. [indoeuropea] *er- ‘adattare, articolare’ (da cui anche ARMA, ARTO), che indicava l’abilità acquisita con lo studio e l’esercizio, opposta alla capacità naturale.

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  9. << La ricerca e la produzione artistica non debbono comunque essere necessariamente dovute all'eterna insoddisfazione dell'uomo. Una volta assicuratosi il cibo e il territorio l'uomo ha finalmente avuto un po' di tempo libero per fare altro. >>

    Sì, hai ragione, l'insoddisfazione intellettuale è sicuramente una delle motivazioni artistiche, ma non l'unica.
    Forse sono stato sviato dall'immagine, tipica dell'ottocento romantico, dell'artista come individuo "inquieto" o "infelice" o addirittura "maledetto".
    Ma la storia dell'arte, pur avendo visto moltissimi di questi personaggi (la lista è piuttosto lunga, anche tra i sommi) non è stata fatta solo da loro.

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  10. "Una volta assicuratosi il cibo e il territorio l'uomo ha finalmente avuto un po' di tempo libero per fare altro"

    Non credo, e anzi direi che l'unico animale che non ha mai tempo libero "per fare altro" e' l'uomo, perche' comunque si mette nelle condizioni di dover fare di piu', e di non farsi bastare il tempo che ha. Non saremmo mai diventati uomini se non fossimo cosi', e' nella nostra natura, per noi il superamento del limite precedente, pena l'insoddisfazione, e' un imperativo a prescindere, e non sta nei geni, bensi' nei memi.

    I geni rispondono alle necessita', i memi invece le creano.

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    2. Nel senso che nel nostro spazio mentale, o spirituale che dir si voglia, si crea o meglio ricrea memeticamente una simulazione dell'ambiente naturale con tutte le sue competizioni e selezioni che evolvono per conto loro, ma, occhio, si riversano, come risultati dell'elucubrazione, nel mondo reale. Non invento niente, e' la teoria dei tre mondi di popper, c'e' il mondo della realta', il mondo del pensiero, e il mondo della realta' che viene prodotta dal mondo del pensiero. I filosofi precendenti avevano grossi problemi nel distinguere il primo dal terzo, quando non tendevano a negarne uno dei due (idealisti o materialisti), assolutizzando l'altro.

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  11. "Con la differenza che i miei genitori erano poveri, ma pieni di speranza e di futuro, mentre ai nuovi adulti di oggi il futuro è stato rubato"

    questa pero' e' una affermazione disonesta, e tipica della cattiva fede di quella generazione: i suoi genitori erano felicissimi di mungere vacche e guardavano con speranza al futuro perche' prima avevano visto e sperimentato il terrore della guerra: chi sopravvive ad una terribile esperienza e viene fuori da un periodo pessimo, gli basta ben poco per andare in meglio e quindi essere felice, gli va bene tutto, agli altri invece, che stando gia' benissimo non potranno migliorare, non gli andra' invece mai bene nulla. Questa e' la differenza fra le due, anzi tre generazioni.

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    1. Questo è vero: basta poco per essere felice a chi è povero e non ha quasi nulla. Ne "Il fondo del sacco" di Plinio Martini, ticinese,
      che descrive la durissima vita dei Ticinesi di inizio Novecento, costretti a emigrare (in America, in Australia) perché non avevano letteralmente da mangiare (si facevano una minestra con l'erba dei prati), bastava niente perché un bambino sgranasse gli occhi sorridendo felice: un'arancia a Natale! Il panettone poi: roba da ricchi, come il caviale!
      Noi abbiamo tutto o quasi tutto, è difficile desiderare qualcosa.
      E ciò può effettivamente frustrare. Noi anziani invece che veniamo o abbiamo conosciuto tempi duri o di privazioni ci consideriamo oggi contenti o abbastanza contenti con ciò che abbiamo. L'unico desiderio è di conservare ciò che abbiamo, forse faticosamente, raggiunto.
      I giovani invece, tutti armati di smartphone ... (ma anche il loro futuro appare oggettivamente incerto, nuove e cupe nubi all'orizzonte):

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  12. @ Sergio e Diaz

    Certamente, per chi è venuto da una esperienza terribile come la guerra, basta poco per essere felice ed anche pieno di fiducia nel futuro.
    Lo so bene, perchè quella era la generazione dei miei genitori.

    Però poi c'è anche la mia, di generazione (anni '50 come Gilioli), la quale pur non avendo mai sperimentato nessun trauma simile alla guerra, era ancora fiduciosa nel progresso della società e nel conseguente, inevitabile, aumento del proprio benessere individuale.

    Sono i giovani di oggi, invece, (ventenni e trentenni) a cui hanno davvero rubato il futuro, perchè vivono un presente precario (che gli aiuti parentali possono alleviare sino a un certo punto), con un outlook decisamente negativo.
    Il tutto a causa dei famosi limiti ambientali ed energetici di cui tanto ci preoccupiamo noi picchisti.

    E' vero che la felicità è spesso la semplice cessazione di un patimento passato, ma anche l'aspettativa del futuro ha un peso importante.

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  13. "Il tutto a causa dei famosi limiti ambientali ed energetici"

    Limiti a cui la "generazione disonesta", avendo perso il capitalismo come babau principale, dato l'innegabile fallimento della sua proposta alternativa (ma ci ritorna continuamente, il primo odio non si scorda mai), si e' convertita. In questo senso ruba il futuro, perche' trasmette le sue assurde paranoie. Anzi mica tanto assurde, in quanto interessate, a fini di dominanza e potere.

    Quella generazione di merda (cui appartengo abbastanza anch'io) che quando era giovane ha rifiutato qualsiasi limite, diventata adulta e raggiunte le leve del potere non ha saputo fare altro che inventare e imporre limiti, di cui l'ecologismo catastrofista e', assieme alla follia burocratica e legislativa, una delle espressioni principali.

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    1. Fra l'altro si tratta di una generazione tanto dominante che, man mano che si estingue, lascia il vuoto: una desolazione sterile.

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    2. Un vuoto pieno di automatismi burocratici con cui spera di sopravvivere alla sua morte per un futuro rigidamente prestabilito di durata infinita.

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  14. << Quella generazione (...) che quando era giovane ha rifiutato qualsiasi limite, diventata adulta e raggiunte le leve del potere non ha saputo fare altro che inventare e imporre limiti, di cui l'ecologismo catastrofista e' (...) una delle espressioni principali. >>

    Ma no, dai.
    L'ecologismo picchista come "instrumentum regni" ?
    Ma se siamo calpesti e derisi da tutto l'establishment dominante.
    Mi pare un'ipotesi po' troppo ardita.

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    1. Assolutamente no (imho ovviamente): se conosci l'ambiente di lavoro "vero", constati quotidianamente, ora per ora, che la legislazione e la normazione italiana e' totalmente permeata, e letteralmente pervertita, dallo spirito di quella generazione, di veri e propri alienati, cosa di cui quella generazione non si rende assolutamente conto, si illude ancora di essere vittima, mentre e' diventata, e da un bel pezzo, carnefice.

      Personalmente per singolari vicissitudini esistenziali ho avuto modo di conoscere bene la questione dai suddetti vari punti di vista, e ti assicuro che, preso atto di quei vari punti di vista, la si vede cosi'.

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    2. Caro Diaz, posso confermarti (avendone contezza per motivi di lavoro) che "la legislazione e la normazione italiana" attuali sono assolutamente pessime (non solo come contenuti, ma anche proprio tecnicamente), ma non so se sia lecito darne una spiegazione generazionale.
      Però devo riconoscere che si tratta di uno spunto di riflessione interessante, a cui non avevo mai pensato.

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    3. "ma non so se sia lecito darne una spiegazione generazionale"

      poiche' sono gli uomini a fare le leggi, almeno un po', necessariamente, si' ;)
      e la mia sensazione e' che il principale responsabile dell'alienazione sia il mastodontico e autoreferenziale apparato di istruzione (pubblica o privata non conta): leggi e norme sembra sempre di piu' che siano puri esercizi teorici di bella scrittura e ragionamento astratto (peraltro malissimo riusciti) di studentelli vari, che quando, ricevuto il pezzo di carta, passano dall'altra parte del vetro dello sportello continuano imperterriti nella loro attivita'.

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    4. Specifico, per non essere frainteso, anche da me stesso, che non attribuisco la colpa al "tipo" di sistema di istruzione, ma al semplice fatto che sia mastodontico e totalizzante: non va bene, non fa bene, andare a scuola in una scuola industrialmente e tecnologicamente organizzata, a mo' di catena di montaggio, per trent'anni o piu', gli anni piu' formativi peraltro, quelli in cui un po' di elasticita' mentale (da castrare...)ancora ci sarebbe.

      Se temiamo il formicaio-termitaio-alveare, dovremmo preoccuparci anche e soprattutto di questo: non importa cosa insegna la scuola, ma come lo insegna, dato che i giovani imparano molto di piu', e piu' facilmente e velocemente, per emulazione che per insegnamento formale e distaccato.

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    5. Sulla scuola hai ragione, anche se è davvero difficile ideare un sistema di istruzione ottimale: probabilmente ogni sistema ha i suoi pregi e i suoi difetti.

      Quanto alla (pessima) iper-normazione, potrebbe essere il frutto involontario della convergenza di due diverse tendenze: quello delle elites a tenere sotto controllo la società (avendo poi comunque la possibilità, per se stessi, di eludere le norme più scomode); e dall'altra la richiesta dei sudditi di sicurezza e protezione sociale anche oltre i limiti del sostenibile (e del buon senso).
      Non dimentichiamo infatti che molte delle norme peggiori emanate in Italia negli ultimi decenni sono state scritte sull'onda emotiva di una richiesta popolare.

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  15. Io mi sono fornito da
    riserva-shop.it
    Tanti cari saluti

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    1. E' un sito che non conosco.
      Puoi raccontarci qualcosa di più ?

      (P.S. benvenuto tra noi).

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