giovedì 28 gennaio 2016

Falso come Giuda

Quello che segue è il terzo dialogo virtuale con il professor Bart Ehrman, grande esperto di letteratura cristiana e di critica neo-testamentaria. Questa volta parleremo di un personaggio apparentemente marginale, ma a suo modo fondamentale nella narrazione evangelica, quello di Giuda, il traditore. E troveremo le solite, inevitabili, incongruenze. Lumen
 


LUMEN – Professor Ehrman, anzitutto bentornato. 
EHRMAN – Grazie.
 
LUMEN – Quello di Giuda è uno dei personaggi evangelici più noti, quanto meno come simbolo negativo, ma di lui sappiamo piuttosto poco.
EHRMAN – Sì, i passi dei Vangeli che parlano di lui non sono molti.
 
LUMEN - Quali sono le motivazioni riportate dai testi ufficiali per il tradimento di Giuda ?
EHRMAN – I quattro vangeli canonici, come spesso accade, non dicono tutti la stessa cosa.
 
LUMEN – Non mi stupisce.
EHRMAN – Incominciamo con i tre sinottici. Il collegamento tra i testi è evidente: in tutti e tre Giuda si reca dai sommi sacerdoti, in tutti e tre questi si «rallegrano» e gli promettono del denaro, in tutti e tre Giuda inizia a cercare l'occasione propizia per tradire Gesù. Le differenze riguardano, per l’appunto, la motivazione che spinge Giuda a tradire.
 
LUMEN – Che sarebbero ?
EHRMAN - Il Vangelo di Marco non ne fa esplicita menzione. Nel Vangelo secondo Matteo, invece, si dice espressamente che fu Giuda a chiedere del denaro per il suo tradimento. L'autore del Vangelo di Luca, infine, è l'unico ad informarci del fatto che, prima che Giuda si rechi dai sommi sacerdoti, Satana entra dentro di lui.
 
LUMEN – E Giovanni ? 
EHRMAN – Giovanni si discosta, come suo solito, dai sinottici, e racconta di una rivelazione che Gesù fa ai propri apostoli: << Rispose Gesù: «Non ho forse scelto io voi, i Dodici ? Eppure uno di voi è un diavolo !». Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici. >>. In Giovanni, dunque, Giuda è definito "diavolo" da Gesù: verosimilmente l'autore vuol farci capire che Giuda è cattivo e tradisce per questo motivo.
 
LUMEN – E passiamo alla morte di Giuda.
EHRMAN – Com’è noto, Giuda tradisce Gesù consegnandolo ai suoi nemici, ed iniziando così una catena di eventi che porta alla morte di Gesù. Ma cosa accade poi a Giuda ? Il Vangelo secondo Marco e il Vangelo secondo Giovanni non menzionano il suo destino.
 
LUMEN – E gli altri ?
EHRMAN – Nel Vangelo secondo Matteo si narra: << Allora Giuda, il traditore, vedendo che Gesù era stato condannato, si pentì e riportò le trenta monete d'argento ai sommi sacerdoti e agli anziani 4 dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «Che ci riguarda ? Veditela tu !». Ed egli, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò ad impiccarsi. Ma i sommi sacerdoti, raccolto quel denaro, dissero: «Non è lecito metterlo nel tesoro, perché è prezzo di sangue». E tenuto consiglio, comprarono con esso il Campo del vasaio per la sepoltura degli stranieri. Perciò quel campo fu denominato "Campo di sangue" fino al giorno d'oggi. Allora si adempì quanto era stato detto dal profeta Geremia: E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato, e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore. >> 

LUMEN – E questa è la versione comune, che tutti conoscono.
EHRMAN – Ma non è l’unica, c’è anche Luca.
 
LUMEN – Il vangelo di Luca ?
EHRMAN – No. Anche nel Vangelo secondo Luca non vi è traccia del destino di Giuda, ma l'autore di Luca scrisse anche gli Atti degli apostoli.
 
LUMEN – Giusto. E cosa dice qui Luca ? 
EHRMAN – Negli Atti degli Apostoli è narrata un'altra versione dei fatti. << Giuda comprò un pezzo di terra con i proventi del suo delitto e poi precipitando in avanti si squarciò in mezzo e si sparsero fuori tutte le sue viscere. La cosa è divenuta così nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme, che quel terreno è stato chiamato nella loro lingua Akeldamà, cioè Campo di sangue. >> 

LUMEN – Una differenza notevole, direi. 
EHRMAN – Appunto. In Matteo, Giuda si pente, va dai sommi sacerdoti per restituire loro il denaro, poi va ad impiccarsi. Negli Atti, Giuda non si pente, non va dai sommi sacerdoti a restituire loro il denaro e non si suicida impiccandosi.
 
LUMEN – Cosa dobbiamo pensare, quindi ?
EHRMAN – Che, come spesso accade, non possiamo giungere a nessuna conclusione certa. Le differenze sono rilevanti e inconciliabili, e non possono essere composte.
 
LUMEN – Possiamo però fare qualche riflessione al riguardo. 
EHRMAN – Certo. La prima è che dopo la stesura di Marco, il più antico dei canonici, gli evangelisti successivi hanno sentito il bisogno di spiegare le ragioni del tradimento di Giuda, soprattutto Matteo e Luca, i quali hanno indipendentemente l'uno dall'altro proposto un movente legato al denaro e la possessione satanica, rispettivamente.
 
LUMEN – Che però sono in contraddizione.
EHRMAN – Non solo. Queste spiegazioni non sembrano neppure soddisfacenti, specie alla luce del fatto che il tradimento di Giuda sembra essere un evento necessario della passione, senza il quale la morte e la risurrezione di Gesù non sarebbero potute avvenire. Un indizio di questa insoddisfazione è l'esistenza del Vangelo secondo Giuda, un testo gnostico in cui Giuda tradisce Gesù, ma lo fa per ordine del suo stesso maestro, in quanto a Giuda è destinata una conoscenza superiore.
 
LUMEN – In effetti Giuda era vittima del suo destino. 
EHRMAN - La seconda riflessione riguarda l'erroneo riferimento alla profezia di Geremia contenuto nel racconto del Vangelo secondo Matteo. Il problema deriva dal fatto che Matteo qui cita una profezia ("E presero trenta denari d'argento, il prezzo del venduto, che i figli di Israele avevano mercanteggiato, e li diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore") che nel libro di Geremia non esiste.
 
LUMEN – Questa poi… 
EHRMAN – Qui, i commentatori cristiani hanno dovuto compiere acrobazie esegetiche di altissimo livello. 

LUMEN – Me lo immagino. E come ne sono usciti ? 
EHRMAN – Affermando che Matteo, in questo passo, non si riferiva in realtà a Geremia, come ha scritto, ma a Zaccaria: << Poi dissi loro: «Se vi pare giusto, datemi la mia paga; se no, lasciate stare». Essi allora pesarono trenta sicli d'argento come mia paga. Ma il Signore mi disse: «Getta nel tesoro questa bella somma, con cui sono stato da loro valutato !». Io presi i trenta sicli d'argento e li gettai nel tesoro della casa del Signore >>.
 
LUMEN – E’ come si spiega un errore simile ? 
EHRMAN – Perché l'autore di Matteo, come fa spesso, cerca di dimostrare che nella vita di Gesù sono soddisfatte le profezie dell'Antico Testamento, ma anche questa volta fa un po' di confusione, dato che la profezia di Zaccaria riguarda il gettare il denaro nel tesoro, mentre Matteo la considera soddisfatta quando con quel denaro, non accreditabile al tesoro del Tempio per motivi di purità, viene acquistato il campo del vasaio.
 
LUMEN – Quindi più si leggono i Vangeli, meno si capisce e si comprende.
EHRMAN – A volte è proprio così.
 
LUMEN – Grazie professore.

15 commenti:

  1. Sappiamo che Giuda è un personaggio fondamentale nella mitologia cristiana. Gesù "doveva" morire per riscattare l'umanità dal peccato originale, e ovviamente non morire nel suo letto ma essere ucciso con l'aiuto di un "traditore". Tutto previsto dall'onniscienza di Dio. Dunque Giuda assolve un compito utile e necessario: senza Giuda, niente tradimento, niente passione di Cristo, sua morte e resurrezione. Quasi quasi bisognerebbe erigergli un monumento o - more romano - canonizzarlo. È un'altra delle vistosissime contraddizioni dei vangeli sulle quali si sorvola (per forza, perché se si considerano attentamente tali contraddizioni si rischia di uscire pazzi).
    Per i cristiani l'adempimento delle profezie scritturali è una prova che Gesù è il messia tanto desiderato dagli ebrei (che come sappiamo stanno invece ancora aspettandolo - ogni tanto credono di averlo individuato in qualcuno, ma poi è una bufala). Questa storia del realizzarsi delle profezie "a posteriori" è un po' buffa. Lo stesso Gesù ama dire: "Sta scritto e mo' lo faccio o mo' avviene nella mia persona." Bisogna pur dirlo: Gesù "copia". Era imbevuto di nozioni bibliche e le profezie le attribuiva a se stesso (modestamente). Le storie cavalleresche avevano fatto uscire di senno il povero don Chisciotte, e similmente la frequenza dei sacri testi deve aver agito sul povero Gesù (i cristiani si riterranno profondamente offesi nei loro sentimenti religiosi per queste blasfeme parole - che un Galileo mai avrebbe pronunciato essendo un buon cattolico: si limitò a dire che era il sole che girava intorno alla terra... e rischiò grosso.
    Ma per tornare a Giuda, la prima teologa ufficiale cattolica - la tedesca Uta Ranke-Heinemann - sostiene che non è mai esistito, che è un personaggio costruito a tavolino e funzionale alla drammaticità del racconto evangelico.

    P.S. Fra le altre cose buffe del racconto: Giuda dice ai sacerdoti: "Colui che bacerò è lui, prendetelo." Ma Gesù era un personaggio pubblico ben noto, non c'era affatto bisogno che Giuda lo indicasse alle guardie venute ad arrestarlo. Ma evidentemente "il bacio del tradimento" è un motivo troppo bello per non servirsene.
    Nessuno sa chi fosse davvero Gesù. Gli storici anche non cristiani propendono per la sua reale esistenza e la sua morte in croce (sulla resurrezione invece ovviamente sorvolano). Qualcosa di vero ci sarà nei racconti evangelici, come in ogni mito. Ma vorrei insistere sulla parola "racconto". Che cos'è un racconto? Una storia, vera o falsa, ma soprattutto una storia che riferisce solo alcuni fatti di un evento, di un periodo, tralasciando tutto il resto che non serve all'economia del racconto (del resto non si può raccontare tutto, ogni parola, ogni gesto, ogni foglia caduta). Un racconto ha una funzione: in genere l'intrattenimento e divertimento, ma spesso anche un insegnamento. Vuole rivelare un aspetto particolare della vita, le sue leggi.
    In conclusione: i vangeli sono semplicemente dei racconti morali, delle costruzioni letterarie. E il povero Giuda deve fare la parte del
    cattivo perché Gesù sia messo in croce ... C'è gente che ancora ci crede a queste storielle ...

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  2. << Fra le altre cose buffe del racconto: Giuda dice ai sacerdoti: "Colui che bacerò è lui, prendetelo." Ma Gesù era un personaggio pubblico ben noto, non c'era affatto bisogno che Giuda lo indicasse alle guardie venute ad arrestarlo. >>

    Questo, in effetti, è uno dei passi che ho sempre trovato più incomprensibili.
    Mi piacerebbe chiedere una spiegazione a un teologo e vedere come ne esce.
    Ma da questo blog, di teologi, temo che ne passino pochini...

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    1. "Mi piacerebbe chiedere una spiegazione a un teologo e vedere come ne esce."

      Ne esce, ne esce, e alla grande, stai tranquillo: ne sanno una più del diavolo. Quel Ravasi, per es., che avrebbe fatta una figura più decente del "parroco di campagna" argentino. Anzi, un figurone. Ricordo come spiegò detti contraddittori di Gesù in modo convincente e plausibile, tanto che mi dissi: però, mica male questo Ravasi. Ma adesso tutto il castello teologico crolla miseramente nel disinteresse generale. Non si proclamano più dogmi, le encicliche contengono solo raccomandazioni o discorsi vaghi e inutili come "della dignità della donna" di Wojtyla.
      La Chiesa si propone oggi come agenzia di misericordia e ciò fa abbastanza presa sulle masse.
      Tempo fa fu scoperto e /o pubblicato un cosiddetto "Vangelo di Giuda" che naturalmente non contiene niente di eccezionale o rivoluzionario. Mangosi ci fece una vignetta su questo evento che purtroppo non posso pubblicare qui. Te la mando per email.

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    2. Beh, certo, i bravi teologi sono capaci di rivoltare qualsiasi frittata.

      Quello che mi chiedo (e che non saprò mai) è se ci riescono per mestiere (senza crederci fino in fondo) o per una effettiva profonda convinzione (e quindi in buona fede).
      Vista la sottigliezza di certe contorsioni, propenderei per la prima soluzione.

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    3. Una delle caratteristiche identificative degli idioti e' nel non saper fare di meglio che prendere tutto "alla lettera".
      Quindi non starei troppo a criticare il "rivoltare la frittata", avviene non molto di meglio dal lato oposto...

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    4. @ Lumen

      Sono schierati come qualsiasi uomo politico e devono difendere la propria fazione, persino con argomenti che ad altri appaiono detti in perfetta malafede (cioè non ci credono fino in fondo o non ci credono affatto, ma fanno la loro parte). Non escluderei però che alcuni sono in buona fede, cioè ci credono davvero. Del resto la fede - lo dicono loro stessi - è un salto nel buio, e nell'abbracciarla sta il merito. Devi rinunciare in parte alla ragione, aderire senza garanzie, "abbandonarti" alla grazia di Dio (in realtà aderisci al principe, al gruppo, a un'idea o ideale). I teologi bravi sono preparatissimi e sanno rintuzzare qualsiasi attacco (ricordo benissimo che per entrare in seminario dovevi essere "intelligente", la cosiddetta vocazione non bastava - i deficienti o scarsi non servono al potere). Ma un S. Tommaso ci credeva o no? Penso di sì.
      Figurati che per S. Tommaso era "indubitabile" che la bibbia fosse la parola di Dio. E su questa falsa premessa ha costruito poi quel po' po' di summae ancora oggi in parte ammirevoli. Perché nelle summae spacca davvero il capello in quattro, applica la logica in modo feroce, quasi disumano, dimostrando di saper ragionare. Ma poi alla fine del percorso devi abbassarti, umiliarti, accettare ciò che non è dimostrabile (per la gioia non di Dio ma del papa, di vescovi, cardinali, e preti e del "popolo di Dio" - pronto a tagliarti la testa se non ci credi. Uno dei trucchi più raffinati è l'ammissione del dubbio di fede. Se non dubiti che fede è. È normale dubitare, ma non perché la ragione ha le sue leggi, ma perché è il demonio che ti tenta. Ma il dubbio, ovvero la tentazione, devono essere rigettati. Il perseverare nel dubbio è una brutta china che ti può far perdere la fede. E questo è già un peccato (credo mortale - anche se oggi spopola il detto "chi sono io per giudicare?").
      Ma forse siamo un po' tutti faziosi, anche gli scienziati.

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  3. << È normale dubitare, ma non perché la ragione ha le sue leggi, ma perché è il demonio che ti tenta. >>

    Questa, probabilmente, è la più geniale di tutte.
    Unitamente a quell'altra perla assoluta, secondo la quale << la più grande abilità del demonio è di far credere che non esiste» >>.

    Buon vecchio Demonio: come farebbero, senza di lui, a conciliare l'inconciliabile ?
    Invece, la sua oscura, inafferrabile e indefinibile presenza, può spiegare (quasi) tutto.

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    1. Pero' resta la questione, insuperabile, che il demonio non puo' che dipendere dalla volonta' dell'onnipotente.

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    2. Ma è evidente. Dio lascia al demonio una certa libertà, ma poi lo sistema. È in fondo una sua creatura, l'angelo ribelle. A meno che, arzigogola il filosofo Cacciari, il male non sia in Dio stesso. Un dio bifronte dunque, sommo bene e sommo male. Mah, questi filosofi.
      "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio." Ma se è tutto di Dio, anche ciò che è di Cesare!Gesù lasciò gli ebrei che volevano fregarlo con un palmo di naso, però fu solo una furbata.

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    3. Vaben, si finisce col riconoscere che il tutto e' il tutto, finisce un giro della giostra, e avanti il prossimo.
      Se ci si diverte nel frattempo puo' anche valere la pena, e' che non ci si diverte poi tanto.

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  4. << A meno che, arzigogola il filosofo Cacciari, il male non sia in Dio stesso. ><

    Caro Sergio, quasi quasi mi trovo d'accordo con Cacciari (e quindi con un filosofo !!!!).
    E' il monoteismo, bellezza.
    Col politeismo potevi ancora svicolare, dicendo che era in atto una lotta tra gli dei buoni e quelli cattivi, ma con un dio unico, onniscente ed onnipotente, non hai alternative.
    A chi mai puoi attribuire il male, in ultima analisi, se non a lui ?

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    1. A questo si puo' facilmente replicare dicendo che senza il male non potrebbe esistere il bene. ;)

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    2. Certo, ma la coesistenza di questi 2 concetti non è assolutamente un problema, per gli atei.
      E nemmeno, credo, per le religioni politeistiche.
      Lo diventa, ed è insormontabile, solo per i monoteismi.

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    3. Male, bene. Dal nostro punto di vista umano: cioè che ci nuoce o ci procura dolore è per noi male, ciò che procura piacere o felicità è bene. E su queste nostre sensazioni abbiamo creato tutta una mitologia, teologia, filosofia. Senza polarità non ci sarebbe sviluppo, evoluzione, vita. La particella di Hinggs, i quanti, i bosoni e tutte le altre fottute particelle se ne strafottono delle nostre sensazioni.
      Comunque vale sempre: primum vivere. Poi si vedrà (forse). In gergo: deinde philosophari. Anche Hitchens desiderava una sola cosa: un altro giorno di vita, e poi ancora uno. Ma il cancro disse: stop, c'è a tutto un limite.
      Ne "L'ultimo sigillo" di Bergman la morte si presenta al povero giullare e gli dice: è ora. Il giullare: aspetta, ancora un momento. La morte: Dicono tutti così ...

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  5. << E su queste nostre sensazioni abbiamo creato tutta una mitologia, teologia, filosofia. >>

    Ci siamo "allargati" un bel po', in effetti.

    Come diceva Leopardi (rivolgendosi all'umanità):
    << Che te signora e fine
    Credi tu data al Tutto, e quante volte
    Favoleggiar ti piacque, in questo oscuro
    Granel di sabbia, il qual di terra ha nome,
    Per tua cagion, dell'universe cose
    Scender gli autori, e conversar sovente
    Co' tuoi piacevolmente >>

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