venerdì 16 ottobre 2015

La fine del sogno

Ho già parlato, in un post precedente, dell’impatto devastante che avrà sull’Europa occidentale la gestione incosciente del fenomeno migratorio.
Ma la “Casa Europea”, quella che tecnicamente viene definita UE, è già largamente in crisi per conto suo, anche se i giornali ed i media main-stream, prudentemente, sembrano ignorare il problema.
Ma i segnali della fine del “Sogno Europeo” (tanto per rifarsi al famoso libro di Jeremy Rifkin) sono molti, evidenti ed importanti.
Ce ne parla Aldo Giannuli in questo breve ma interessante post, tratto dal suo sito. 
LUMEN


<< La stanca riproposizione del mantra dell’unità politica del continente [europeo] scansa accuratamente di misurarsi con l’esame clinico obiettivo delle condizioni del progetto. Si tratta di qualcosa di ancora vitale o no ?

Perché, a sessanta anni dal fallimento del primo progetto di unificazione politica dell’Europa, la CED, si è sviluppata una crescente integrazione economica e poi monetaria, ma l’unificazione politica si è definitivamente insabbiata ? Ci sono stati certamente fattori oggettivi (per tutti: l’irrisolto problema linguistico), ma ci sono stati anche ostacoli soggettivi. Ed allora, chi sono stati (e chi sono tutt’ora) i nemici dell’unione politica europea ?

Iniziamo dai nemici interni.

In primo luogo, ovviamente i ceti politici nazionali, a parole tutti europeisti ferventi (Inghilterra a parte), ma in concreto preoccupatissimi di perdere potere e ridursi al rango di ceto politico regionale. Ed al primo posto c’è il governo tedesco che con questi equilibri fa quello che vuole, ma con un potere centralizzato vedrebbe fatalmente ridursi il suo potere e, soprattutto, a quel punto la moneta sarebbe davvero la moneta dell’Unione e non il “marco” in uno dei suoi più riusciti travestimenti.

A partire dalla bocciatura della Comunità Europea di Difesa (CED), decretata dal Parlamento francese nel 1955, le classi politiche nazionali hanno costantemente ostacolato qualsiasi progetto di integrazione politica e militare. Persino cose innocue e simboliche come la brigata franco-tedesca, sono state lasciate morire nel silenzio.

In questo quadro i più attivi affossatori del progetto europeista sono stati i diplomatici che hanno speso le loro migliori energie per costruire una cattedrale barocca priva di qualsiasi slancio vitale e la riprova venne con il c.d. Trattato che adotta una Costituzione Europea, di cui si parlò come di “una costituzione senza Stato” (quindi sempre con l’idea di non dare vita ad uno stato europeo), il che, se ci si pensa su, è una cosa di totale inutilità.

Per di più era un testo illeggibile, lunghissimo (600 pagine: non esiste nessuna costituzione così lunga in tutto il sistema solare), incoerente, complicato e fatto in modo che non avrebbe mai potuto funzionare. Un capolavoro di sabotaggio riuscitissimo. Poi la cosa fu completata dai referendum di Francia e Paesi Bassi.

E si capisce perché: in una Europa unita politicamente, non ci sarebbe alcun bisogno di 27 ministeri degli esteri, centinaia di ambasciate reciproche e migliaia nel Mondo, basterebbe un’unica diplomazia europea ed uffici di rappresentanza degli ex stati membri. Cioè un trentesimo dell’attuale personale diplomatico. E gli altri 29 che fanno?

E che dire dei comandi militari? Di 28 Stati maggiori dovremmo farne uno, poi anche la distribuzione delle forze nazionali sfuggirebbe alle dinamiche delle singole corporazioni militari. E questi sono nemici particolarmente forti, perché trovano nella NATO uno strumento di condizionamento in più. Il minimo che ci si possa attendere è che anche loro cerchino di sabotare il sabotabile. Allora diciamo che questi sabotaggi sono stati un aspetto della nobile lotta in difesa dell’occupazione.

Poi, dalla diplomazia e dagli apparati tecnocratici nazionali è sorta l’“eurocrazia”, l’enorme e pagatissimo apparato che fra Bruxelles, Strasburgo e Francoforte, ha in mano gli affari dell’Unione. Un apparato che, naturalmente, non ha nessun interesse ad avere alcuna autorità politica che lo controlli e diriga la politica europea. La commissione è praticamente ostaggio di questo apparato che fa il bello ed il cattivo tempo e del Consiglio, con le sue presidenze semestrali, non parliamo nemmeno. E questo apparato, ovviamente, è un altro nemico giurato dell’unità politica del continente.

Poi c’è il caso particolare della BCE, un ente di natura privatistica che raccoglie le banche centrali, che, a loro volta, hanno board in buona parte composti dai rispettivi grandi enti bancari. Insomma la creme del ceto finanziario europeo, che può fare quel che gli pare senza dar conto a nessuna autorità politica, salvo il governo di Berlino. E dunque, un altro ente interessatissimo a non avere fra i piedi un potere politico centrale.

All’elenco, ovviamente, non può mancare quella specie di circo equestre del Parlamento di Strasburgo che se la spassa fra doratissimi ozi.

Ma si può tenere un Parlamento che dedica il suo tempo a stabilire quale debba essere il diametro minimo delle vongole, quale la misura media dei cetrioli, o le misure standard e la posizione dei bagni delle case di civile abitazione in tutta Europa ? Un Parlamento terreno di pascolo di tutte le lobbies continentali che decidono che si possa fare il cioccolato senza cacao e l’aranciata senza succo d’arancia e come debba essere la confezione dei farmaci, perché occorre fare favori alle grandi industrie alimentari tedesche e francesi, o alla lobby del design industriale.

Ogni tanto si affaccia qualche scandalo, subito assopito perché non c’è una magistratura europea che possa vigilare sulla corruzione a Strasburgo, ma state tranquilli che il giorno in cui fosse possibile farlo, il centro del malaffare europeo sarebbe individuato a Strasburgo e persino le amministrazioni di Napoli o Marsiglia sembrerebbero fulgidi esempi di oculata amministrazione. A leggere l’elenco delle decisioni del Parlamento europeo ci sarebbe da ammazzarsi dalle risate, se non ci fosse da piangere.

Dunque c’è una grande alleanza fra ceti politici nazionali, tedeschi e inglesi in testa, stati maggiori, tecnocrazia, BCE, Parlamento Europeo il cui grande nemico è l’unione politica europea, ma, siccome non sarebbe carino dirlo, tutti continuano a recitare la parte di ferventi fautori del sogno di Altiero Spinelli, di Cattaneo, di Mazzini, di Monnet…

Tutto quello che è stato fatto è all’insegna del finto: come per l’”inno muto”, i disegni delle banconote che riproducono opere d’arte inesistenti, la finta integrazione universitaria ecc. L’Unione Europea, oggi è solo un’immensa scenografia di tela e cartapesta.

Poi ci sono i nemici esterni ed, ovviamente in primo luogo, gli americani che hanno interesse ad una Europa immenso mercato unificato utile ad operazioni come il TTIP, ma che ovviamente non hanno alcun interesse ad una Europa politica che si mette in testa di giocare la partita in proprio e magari scioglie la Nato.

Credo possa bastare, questo è il quadro dei nemici che hanno fatto la guerra all’unità politica d’Europa. L’hanno fatta e l’hanno vinta. Non c’è più niente da fare. >>

ALDO GIANNULI

44 commenti:

  1. Non capisco però se Giannuli deplori la mancata unione politica europea: sembra di sì. Accenna per es. all' «irrisolto problema linguistico». Buona questa: e come si deve risolvere? A un certo momento sembrava che si fossero adottate tre lingue di comunicazione (inglese, tedesco e francese - l'italiano era ovviamente è trascurabile, anche lo spagnolo). Lo risolviamo forse con l'inglese lingua franca? Dei tentativi ci sono, il Politecnico di Zurigo offre corsi in inglese, è persino possibile dare gli esami di maturità in inglese. Si sta abolendo la storia nei licei: materia apparentemente inutile, anzi deleteria: conoscere la storia patria può indurre anche un amor di patria che può sfociare nel nazionalismo. Di fatti si sta lavorando a una storia europea, basta con le storie dei singoli paesi. Non voleva già Napoleone creare un'Europa unita? Non parliamo poi dell'esercito europeo invocato da Juncker "per risparmiare" (assurdo che esistano ancora una trentina di eserciti europei, che spreco - giusto). Mah! L'Europa non è gli Stati Uniti in cui tutti hanno parlato sempre e solo inglese (eppure anche loro se le sono suonate: 600'000 morti nella guerra di secessione).
    Ma l'Europa unita era davvero un sogno? Forse delle elite, dei comunisti alla Spinelli. Intanto continua a essere un balocco nelle mani degli USA che grazie alla Nato sono e agiscono in casa nostra (l'Italia è un arsenale, ovviamente anche atomico, degli USA). Un'Europa unita, forte e indipendente agli USA non aggrada. Potrebbe diventare alleata della Russia e approfittare del suo armamento atomico di tutto rispetto: questo matrimonio non s'ha da fare ovviamente.
    In fondo bastava una confederazione di Stati economicamente interdipendenti (sul modello elvetico: i cantoni elvetici battevano tutti una propria moneta e pur confederandosi in un unico stato nel 1848 mantengono ancora proprie prerogative a cui tengono moltissimo). Ma il modellino svizzero funziona forse per le sue modeste dimensioni (dimensioni della Lombardia, otto milioni di abitanti).
    Questa fantomatica e apparentemente impossibile Unione politica europea era poi davvero un sogno, un ideale bellssimo, la meta agognata dei popoli europei? Un progetto di pace eterna? Un progetto inutile perché due guerre mondiali disastrose hanno vaccinato per sempre gli europei contro la guerra, Germania e Francia non si odiano più. Per non parlare poi della partecipazione degli europei alle avventure imperialiste degli Americani (mentre i nostri soldati combattevano in ... Afghanistan lasciavano sguarnite le nostre coste prese d'assalto dai cosiddetti migranti sobillati ora persino dal papa: niente muri, siamo tutti fratelli).
    Eppure Renzi continua a riempirsi la bocca di Stati Uniti d'Europa. Ci vuole più Europa, ripetono tutti. E magari meno Europei vecchia maniera, bianchi e cristiani. Più Maometto in Europa. Però ce l'hanno fatta gli islamici a entrarci in casa. Dimentichiamo Lepanto e Vienna. A lezione di Corano, come ieri a Montecitorio, reggicoda la Boldrini.
    Ma vaffanculo Unione Europea islamica! L'Arabia saudita si è lamentata di una certa critica all'islam in Svezia, e la Svezia ha calato subito le braghe.

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  2. << Un'Europa unita, forte e indipendente agli USA non aggrada. Potrebbe diventare alleata della Russia e approfittare del suo armamento atomico di tutto rispetto: questo matrimonio non s'ha da fare ovviamente.>>

    Ottima osservazione, Sergio.
    E direi che oggi, dopo la triste parentesi sovietica (durante la quale, per fortuna, eravamo dalla parte giusta), l'Europa occidentale e la Russia hanno probabilmente più elementi ed interessi che li uniscono, che cose che le dividono.
    Ma come si fa a convincere lo zio Sam (che dobbiamo ringraziare per il passato, ma ora, insomma...) ?

    << Ma il modellino svizzero funziona forse per le sue modeste dimensioni (dimensioni della Lombardia, otto milioni di abitanti). >>

    Lo credo anche io.
    Un modello simile, se fosse esteso alle nazioni della comunità europea, con il loro numero spaventoso di abitanti (mi pare mezzo miliardo, senza contare i migranti in arrivo), come potrebbe mai funzionare ?
    Beati voi...

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  3. Amici, fosse questo il problema allora potremmo tirare il classico sospiro di sollievo. Ci vuole un segnale, qualcosa di forte contro Bruxelles. Avrebbe potuto essere la Grecia fuori dall'euro, ma quell'ometto di primo ministro non ha voluto, e alla fine i greci, gabbati dopo il referendum, gli hanno rimesso in mano il paese. Bisogna aspettare che falliscano di nuovo. Non credo invece che la possibile uscita del Regno Unito farebbe molta differenza.
    Ci vuole una nuova classe politica senza quel sogno, che porti via dall'UE il proprio paese, che difenda la propria produzione nazionale da quelle del terzo mondo, che difenda i propri cittadini dagli invasori e così via. E siamo lontanissimi da tutto questo. L'UE può vivacchiare intanto per decenni e decenni...

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    1. "L'UE può vivacchiare intanto per decenni e decenni..."

      Non credo (cioè: spero di no). La Magli diceva che una vera unione è impossibile vista l'eterogeneità dei componenti (lingua, cultura, forza economica ecc.). Ma si sta cercando di modificare la natura dei componenti con massicce iniezioni di allogeni che per forza muteranno i paesi. La zoccola tedesca non ha ancora detto che la Germania ne accoglierà un milione "all'anno" (perché anche il più mite e accogliente crucco la rispedirebbe all'est). Gli ineffabbili svedesi ammettono già che le massicce dosi di africani (tutt'altro che integrati e integrabili) modificheranno il paese. il socialdemocratico tedesco Sarrasin pubblicò un paio d'anni fa un libro dal titolo "La Germania si autodistrugge" (Deutschland schafft sich ab). Poveraccio, l'hanno espulso dal partito, passa - e te pare - per islamofobo e fascistoide. Ma perché la sinistra odia tanto il proprio paese, anche in Italia? La zoccola del Manifesto, l'antropologa e "antirazzista" Annamaria Rivera dice che i morti annegati nel Mediterraneo (30'000 in una quindicina d'anni) ce li ha sulla coscienza la Fortezza Europa che si ostina a respingerli o li obbliga a trasferimenti micidiali. Dovremmo andarceli a prendere forse con le navi da crociera? Ma ancora ieri nel Giornale - in cui si legge di tutto - pur avendo fatto della questione migranti o invasori il suo cavallo di battaglia - sosteneva che questa gente sarà per noi una "risorsa". Ah be'! Ci pagheranno infatti le pensioni, oltre a produrre e consumare per produrre.
      Si parla ormai apertamente di alloggiare questi graditissimi ospiti nelle nostre seconde case (magari con un pensierino anche alle prime troppo grandi per uno o due gatti che ci abitano). Se questa non è espropriazione! Ah, sì, lo Stato verserà un contributo (versato da noi). E la demolizione degli immobili chi la pagherà?
      La Merkel è stata però sincera: "Accoglierne uno in casa mia? Non riesco proprio a immaginarmelo." E te credo, culona! Sta a vedere che mi metto in casa uno sconosciuto dai modi non proprio raffinati. Persino un italico prete si oppone, nonostante le raccomandazioni del babbeo argentino ("ogni parrocchia adotti una famiglia"). E la mantenga? A tempo indeterminato?

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  4. @ Francesco

    << L'UE può vivacchiare intanto per decenni e decenni. >>

    A livello politico senz'altro, non vedo forze che - nel breve periodo - la possano seriamente demolire.
    Però ci sono le crisi demografiche ed ambientali che incombono e contro quelle l'Europa non ha difese (probabilmente neppure a livello di ipotesi o di piano B).
    E queste crisi sono in grado di travolgere tutto.

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  5. @ Sergio

    << Ma perché la sinistra odia tanto il proprio paese, anche in Italia? >>

    Perchè la sinistra marxista ha una ideologia profondamente internazionale, che si basa su un concetto di classe a livello mondiale.
    Non per nulla la loro organizzazione si chiamava (se non mi sbaglio) "internazionale socialista" ed uno dei loro slogan preferiti era: "Proletari di tutto il mondo unitevi".
    Non c'è da stupirsi se il benessere collettivo della singola nazione sia l'ultimo dei loro pensieri.

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    1. Mah, (per quel che può valere) personalmente ritengo che di sovranità assoluta degli Stati-nazione & di retorica (vetero) nazionalista continui ad essercene anche troppa: teniamo presente che pressochè tutti gli Stati-nazione, retaggio ormai in larga misura anacronistico del pensiero politico idealistico-romantico ottocentesco, da sempre propugnano & propagandano attivamente (sebbene con differenti sfumature, a seconda dei vari contesti storico-sociali) il natalismo più sfrenato, per "dare più braccia alla Patria" ed (eventualmente) sopraffare quelle confinanti... Sinceramente continuo a preferire l'approccio federalista illuministico-kantiano, ispirato ad una "ragionevole follia" anzichè alla tradizionale e muscolare "volontà di potenza" tipica delle principali ideologie economico-politico-religiose...

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    2. Discorso molto interessante, che vorrei provare un po' ad approfondire, considerando come punti di riferimento imprescindibili la qualità dell'ambiente e della vita.
      In teoria un piccolo Stato può essere un inferno, strapieno di individui ed ecodisastrato, e una grossa federazione sovranazionale può rivelarsi invece un ottimo luogo in cui vivere; Bangladesh e Canada, come esempi rispettivi, per passare alla realtà.

      Ma, in linea di principio, quando si tratta di percepire danni ambientali e problemi socioeconomici e provare a porre rimedio, le due dimensioni non si equivalgono.
      Un uomo dalla coscienza avvertita è capace di pensare correttamente in termini globali, ma è e sarà sempre in minoranza. Quanto più grande è la scala territoriale di riferimento, tanto meno un problema salta all'occhio. Il disastro di qualche anno fà alle Galapagos colpiva almeno una parte dell'opinione pubblica, quello del pianeta Terra no, o meglio, colpiva e colpisce una parte assai minore.

      Consideriamo l'invasione che l'Europa sta subendo adesso. Ci siamo sempre lamentati (si sono) che l'Italia era lasciata da sola. E questo perché gli altri stati non ne volevano sapere di accogliere, cosa per me ovvia, logica, inappuntabile. Se nessuno accoglie, va bene per tutti. Ma i liberaloni dell'UE hanno sempre preteso che accogliessimo. E questa è la cosa esiziale.

      Tu stesso poni un termine concreto nella tua analisi ("continui ad essercene anche troppa"), ma l'altro, quelli che auspichi, non lo è. E' appunto una tua preferenza. E non è che Van Rompooy o Juncker lo incarnino (a meno che per te non sia così, e io allora pietrificato mi ritirerei subito in buon ordine).

      Personalmente io non stravedo per lo Stato-nazione. Ho annoiato abbastanza Lumen e Sergio con le mia predilezione per il modello imperiale: dopo il '45 il mondo aveva e ha tuttora bisogno di una guida (e sottolineo *una*). Gli USA avrebbero dovuto esserlo, sono venuti meno a questo dovere. Il risultato è che superemo i 10G di popolazione, con la benedizione dell'Onu, che, prima ancora che io nascessi, già benediceva la procreazione selvaggia.

      Dico però che nella sfera del possibile, lo Stato-nazione è ancora il meglio che abbiamo. Per me sei troppo severo a giudicarlo ormai anacronistico. Magari con queste immissioni massicce di mustafà vari ci riusciranno a farne un anacronismo, ma ancora non lo è. Ed è stato l'esito di processo secolare di sviluppo delle istituzioni politiche assai predominante per importanza rispetto al pensiero ottocentesco che pure certo ha molto contribuito per promuoverlo.

      Non mi spaventa questa formula poi a proposito del natalismo; è sempre la cultura di fondo che io considererei. In Europa, quanto alla muscolarità, l'unica preoccupazione possibile è per me opposta alla tua. Non è che ne abbiamo troppa, è che non ne abbiamo più. Gli immigrati che delinquono appena arrivati, che ci tengono in scacco, che pretendono, ti danno torto (e dico purtroppo). Meglio qualche muscolo in più che non averne proprio.

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    3. Cari amici,
      certamente, per funzionare, una società moderna deve avere una sua base territoriale, stabile e ben definita.
      Ma quale potrebbe essere la dimensione ottimale ?

      C'è quella imperiale, quella federativa, quella nazionale e quella regionale (per non parlare di quella cittadina di ateniese memoria).
      Tutte hanno i loro 'pro' e i loro 'contro', tenuto conto che "big is better" per certe cose, ma non per altre.

      La mia modesta convinzione è che sono i flussi di energia a guidare (magari inconsapevolmente) questi percorsi storici.
      E se davvero il futuro sarà guidato, come pare, dalle energie rinnovabili, la dimensione vincente dovrebbe essere quella regionale.
      Staremo a vedere.

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    4. Che lo Stato-Nazione sia un modello superato e anacronistico proprio non riesco a capirlo (e ad accettarlo). È indubbio che gli Stati siano ormai interdipendenti e lo saranno probabilmente sempre più. E tuttavia una certa indipendenza, diversità e identità la conserveranno, almeno lo spero (culturale, linguistica, anche economica, forse anche religiosa anche se la religione è chiaramente in declino). La Spinelli che considera ridicolo il concetto di sovranità degli Stati europei desidera pur sempre una difesa europea (immagino degna di questo nome, non una difesa da operetta). E da chi dovrebbero difendersi militarmente gli Stati Uniti d'Europa? Immagino da altri Stati o coalizioni di Stati.
      Non c'è un solo Stato della vecchia Europa che abbia mire espansionistiche (a parte che in economia) e aspiri all'egemonia. Dire che lo Stato-Nazione è anacronistico e superato è come dire che è superato l'individuo (e anche la proprietà privata! Sì sì, il nesso c'è tra cancellazione dell'individuo e abolizione della proprietà privata esiste). Chi non possiede nulla non è nessuno.
      Il natalismo in Europa è un sogno degli economisti e dei fondamentalisti religiosi, ma la gente è molto più saggia di loro e non non ha nessuna voglia di imitare i conigli (persino col supporto, per quanto contraddittorio, del papa). Le gerarchie cattoliche italiane minacciano persino: non volete far figli? E allora cuccatevi i migranti, immigrati, rifugiati, clandestini, invasori. Ma i religiosi non amano l'Italia, sono - per forza - internazionalisti o mondialisti come i vecchi e nuovi comunisti.
      Infine un'osservazione banale: il sapiens sapiens ha sviluppato una corteccia cerebrale che fa faville, indubbiamente. Ma il suo stato di benessere psico-fisico dipende in gran parte dalla componente rettiliana del suo cervello, la più arcaica, che ha sede nell'amigdala. Nonostante la corteccia il sapiens sapiens appartiene al regno animale. E non c'è un solo animale che non abbia il suo territorio in cui si procura il cibo e si sente relativamente al sicuro (e che difende dagli intrusi). Pretendere che l'animale umano debba saper fare astrazione del territorio perché è evoluto (e ha magari un'anima immortale) mi sembra un po' troppo, anzi direi che è contro natura. C'è chi dice che la natura dell'uomo è proprio di non avere una natura ben definita per la plasticità del suo cervello. Sarà in parte vero. Però ognuno di noi torna ogni sera nel suo covile (anche se modernamente accessoriato), possiede certe cose (anche tante) e un conto che non intende assolutamente condividere con altri, solo con familiari, amici e persone fidate (da cui si aspetta corresponsione e anche aiuto e difesa).
      Per la Spinelli sono un reazionario e un poveraccio. Sarà. Ma io penso che lo Stato-Nazione ha ancora un bell'avvenire (anche perché non so come si possa sostituire). Non credo che una persona possa sentirsi a suo agio in una folla di 8--9-11 miliardi di individui sconosciuti (che possono in ogni momento scipparmi il portafoglio o sfondarmi il cranio). Home, sweet home. Patria, dolce patria. Douce France.



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    5. E se non esistesse UNA dimensione ottimale della società ma TUTTE QUANTE (da quella cosmopolitica a quella condominiale...) potessero (dovessero?) proficuamente interagire & reciprocamente integrarsi tendenzialmente "au pair" a seconda della dimensione dei problemi che via via si presentano, sulla base del vecchio (sebbene spesso strumentalizzato7travisato) principio della Sussidiarietà? Quanto allo Stato-nazione, è la maggior parte degli analisti ad affermare che la 'globalizzazione' (qualunque cosa se ne possa pensare) ha "de facto" spiazzato/superato la tradizionale sovranità nazionale: ad es. davvero pensiamo che il drammatico problema delle attuali e caotiche migrazioni di massa dai Paesi afro-asiatici in Italia/Europa sia non dico risolubile ma semplicemente gestibile a livello dei vari "recinti" nazionali anzichè in ambito euro-federale (opportunamente riveduto & corretto)? Senza contare che, in un'ottica "illuminista" & "liberale", in generale occorrerebbe puntare molto più sugli individui anzichè sullo Stato centralista/dirigista di antica matrice hegeliana, con tutte le ben note degenerazioni di destra & di sinistra di quest'ultimo!

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    6. << E se non esistesse UNA dimensione ottimale della società ma TUTTE QUANTE (da quella cosmopolitica a quella condominiale...) potessero (dovessero?) proficuamente interagire & reciprocamente integrarsi tendenzialmente "au pair" a seconda della dimensione dei problemi che via via si presentano, sulla base del vecchio (...) principio della Sussidiarietà? >>

      Concetto interessante, senza dubbio.
      Però di difficilissima attuazione, perchè è assai problematico trovare i giusti confini di competenza tra i vari livelli (e lo vediamo anche qui in Italia, nel nostro piccolo, con la pasticciata gestione degli enti locali).

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    7. "... proficuamente interagire & reciprocamente integrarsi tendenzialmente "au pair" "

      Sì, ma chi interagisce e si integra? Dei soggetti, degli individui, dei gruppi con una loro personalità e individualità (individuo significa indivisibile). Ben vengano l'interazione e l'integrazione, ma senza fusione e annullamento (= sopraffazione) dell'altro (a cui aspirano i fondamentalisti di tutte le risme, i religiosi, gli economisti, gli imperialisti).
      Può anche darsi che "de facto" la globalizzazione abbia spiazzato/superato la tradizionale sovranità nazionale - ma a vantaggio di chi? Davvero di tutti? A me sembra che gli imperialisti americani vogliano fare la parte del leone (sì, sono un veterocomunista ancora allergico agli USA). Chiedo troppo se pretendo un minimo di libertà (che significa sovranità, a partire proprio dalla tua individuale, dall'habeas corpus)?

      "... il drammatico problema delle attuali e caotiche migrazioni di massa dai Paesi afro-asiatici in Italia/Europa sia non dico risolubile ma semplicemente gestibile a livello dei vari "recinti" nazionali anzichè in ambito euro-federale (opportunamente riveduto & corretto)?"

      Che significa "in concreto"? Il casino attuale secondo me dipende proprio dal non riconoscimento del diritto. Il concetto di limite è per me fondamentale (e dei suoi sinonimi: confine, frontiera ecc.). Senza riconoscimento del limite (e cioè del diritto) è inutile ogni discussione: al di là del limite c'è la legge della giungla, del più forte.
      Dicono i globalisti: la libertà di circolazione è un diritto umano, ognuno ha il diritto di stabilirsi e vivere dove vuole. Davvero? Immagino che l'aspirazione di tutti sia di vivere dove scorre latte e miele - che purtroppo scorrono (almeno per adesso e anche in un prossimo futuro) solo in certi posti.
      Intanto non ti puoi scegliere né i genitori, né la lingua, né il paese di nascita: hai detto niente, già questi sono dei limiti (ma sono così terribili, ti fa così schifo l'italiano?).
      Si sta cercando di sradicare l'individuo, di distruggere la famiglia ("Familles, je vous hais" - dicevano i comunisti prima maniera e persino un intellettuale grande borghese come André Gide nella sua "fase socialista" - poi scrisse "Retour de l'URSS" e i sovietici, che volevano pubblicare tutte le sue opere, lo misero all'indice).
      Collaborazione, cooperazione vanno benissimo, ma anche il rispetto dell'altro, il riconoscimento della sua sovranità. Dei limiti, del diritto, del territorio.
      L'Europa ha dominato e sfruttato il mondo. Ma senza quel dominio e sfruttamento non staremmo qua a discutere, non esisteremmo nemmeno. Deve restituire il maltolto? Be', vediamo, discutiamone, ma senza fare o aumentare la confusione.

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    8. La globalizzazione e' un "de facto" tecnologico, cui e' giocoforza adattarsi. La discussione puo' vertere solo sul come, ammesso e per niente concesso che qualsiasi forma di pianificazione sia altro che un narcisistico esercizio masturbatorio.

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    9. Infatti: piaccia o non piaccia, la globalizzazione è già 'qui & ora', si tratta solo di elaborare laicamente adeguate "strategie di adattamento" individuali e collettive...
      Quanto al senso del LIMITE, anch'io lo ritengo fondamentale, a cominciare dal problema demografico: non a caso, uno dei miei testi di rifer.to è il classico Rapporto MIT-Club di Roma sui LIMITI DELLA CRESCITA (1972 e suoi aggiorn.ti successivi)... Aggiungo solamente che è proprio il tradizionale "dogma" stato-nazional-patriottardo a indurre l'establishment economico-politico-religioso a benedire il massiccio afflusso di migranti afro-asiatici "grazie" ai quali la popolazione residente sul territorio italiano aumenta costantemente (cfr. la periodica pubblicazione dei dati economico-socio-demografici ISTAT)...

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    10. << è proprio il tradizionale "dogma" stato-nazional-patriottardo a indurre l'establishment economico-politico-religioso a benedire il massiccio afflusso di migranti >>

      Sì e no.
      Il dogma Stato-Nazione prevede la massima prolificità, ma solo dei propri cittadini e - in genere - vede di cattivo occhio l'immigrazione (soprattutto se etnicamente e culturalmente diversa).
      Quindi l'attuale resa dell'Europa potrebbe essere figlia più dello sfaldamento della mentalità nazionalistica, che non della sua applicazione.,

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    11. Osservazione sensata, ad ogni modo mi riferivo in partic.re al diffuso entusiasmo per i "nuovi italiani" e/o per le favolose "risorse umane" fondamentali (???) per far ripartire la famosa/famigerata 'crescita' economica nazionale e/o al tetragono ossequio al tradizionale refrain "il numero (purchessia) è potenza"...

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    12. Caro Claudio, con l'arrivo delle nuove "risorse umane" una bella crescita ci sarà di sicuro: peccato che non sarà economica, ma di ben altre cose.

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    13. "Sì e no.
      Il dogma Stato-Nazione prevede la massima prolificità, ma solo dei propri cittadini e - in genere - vede di cattivo occhio l'immigrazione (soprattutto se etnicamente e culturalmente diversa).
      Quindi l'attuale resa dell'Europa potrebbe essere figlia più dello sfaldamento della mentalità nazionalistica, che non della sua applicazione.,"

      Dunque no. Quoto tutto perché mi sembra tutto inappuntabile. I nazionalismi spingono per la prolificità dei propri connazionali, non certo per farsi sopraffare da quella altrui. L'espressione "nuovi italiani" fa appunto riferimento a questi ultimi, cercando di legittimare un'operazione che mira a distruggere l'identità nazionale, non a rilanciarla. Insomma, se il bersaglio fosse stato, ad es. la Meloni (la trovo insopportabile), quella che vorrebbe politiche natalistiche, sarei d accordo; ma non è lei o chi la pensa come lei a parlare di nuovi italiani.

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    14. claudio: "è proprio il tradizionale "dogma" stato-nazional-patriottardo a indurre l'establishment economico-politico-religioso"

      Oggi come oggi e' soprattutto la consapevolezza che l'attuale sistema economico non puo' stare in piedi senza la crescita continua. O cresce, o collassa.
      Tieni conto che la maggior parte delle matricole universitarie non si ha piu' a "scienza della comunicazione" o legge, ma a economia... quindi pessimi tempi attendono i posteri. Cazzi loro, onestamente.

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  6. Ogni qualvolta sento parlare di fortezza Europa, rischio il collasso. Con tutto quello che sta entrando, hanno pure il coraggio di lamentarsi, la riserva di sentimento autolesionistico di tanti è infinita. Ho visto che "l'antirazzista" insegna all'università di Bari, fantastico davvero. Ha 70 anni, ormai dovrebbe essere lì per uscirne, e poi magari ci sarà qualcuno ancora peggio.

    In effetti scrivendo vivacchiare pensavo proprio a quello, Sergio, che non sarà mai una vera unione; andranno avanti per anni e anni così, col piccolo cabotaggio, i grandi disastri li hanno già fatti. Le porte agli invasori sono già belle che aperte, la pena di morte non esiste più da una vita, l'euro l'hanno fatto, il diritto di famiglia squinternato, e che altro possono fare? Portare dentro la Turchia, e poi?
    Aspettiamo che la Natura ci presenti il conto della libera procreazione e dei diritti concessi a tutti, non c è altro, così sembra anche a me.

    "Non c'è da stupirsi se il benessere collettivo della singola nazione sia l'ultimo dei loro pensieri"

    E' quello a cui penso quando gruppi di operai vanno in tv perché occupano una fabbrica o bloccano una strada, col lavoro ormai andato. Di questo io mi stupisco, prima li votano e poi protestano. In quelle ben note regioni italiane, la sinistra potrebbe candidare pure Goebbels, quelli lo voterebbero, voterebbero tutti quello che direbbero loro di votare. Belano soltanto quando sono dentro al macello.

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  7. Credo che, in Italia (o comunque in occidente), la differenza di bandiera politica sia molto più sentita tra gli elettori che tra gli eletti.
    I quali rappresentano, in fondo, una consorteria di simili, i quali, una volta al potere (ed anche presumendo che siano onesti) fanno quel poco che possono per mandare avanti la baracca, senza troppe differenze tra una parte e l'altra.
    Per cui rimango sempre molto perplesso, quando vedo la gente scendere in piazza a sventolare le bandiere, in caso di vittoria del proprio partito.
    Cosa si credono di festeggiare ?

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  8. Un bell'articolo. L'europa a quanto pare, dopo un secolo esatto dal suo inizio convenzionale, non ha nessuna intenzione di rallentare la sua corsa nella discesa agli inferi.

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    1. Si, però "vivacchiando" (e facendo danni) ancora per qualche decennio (copyright Francesco).

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    2. A fare danni enormi, immensi, in europa e nel mondo, sono stati i nazionalismi europei.

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    3. << A fare danni enormi, immensi, in europa e nel mondo, sono stati i nazionalismi europei. >>

      D'accordo, ma non credo che sia solo un problema di "cattiveria" ideologica.
      Il nazionalismo ha fatto danni soprattutto perchè si è rivelato più efficiente degli altri sistemi.
      Ma l'aggressività e l'avidità dell'uomo mi sembrano pressapoco gli stessi, dappertutto e in tutti i tempi.


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  9. "A fare danni enormi, immensi, in europa e nel mondo, sono stati i nazionalismi europei"

    Ogni anno il pianeta "guadagna" un numero di esseri umani superiore a quelli perduti durante tutta la II guerra mondiale; le città distrutte sono state ricostruite, anche se con parecchie mostruosità; i nazionalismi sono stati rimpiazzati dalle democrazie liberali, da queste meraviglie di governi. Nell'ottica del XXI sec, è' stato tutto riparato.
    I danni immensi li sta facendo l'UE adesso. Fai entrare milioni di islamici,
    abituali a farsi mantenere a spese pubbliche, lascia che facciano tutti i loro comodi. Fra un po' forse rivedrai la tua idea di immensità.

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    1. Se ce ne fossimo stati a casa nostra, l'esplosione demografica del resto del mondo non ci sarebbe mai stata: siamo stati noi a promuoverla insegnandogli come aumentare l'efficienza della produzione ma non come non approfittarne troppo, anche perche' non lo abbiamo saputo fare neanche per noi stessi. Qui se la crescita demografica e' contenuta e' solo perche' allevare dei piccoli e' diventato eccezionalmente oneroso, non solo in termini economici, per i genitori, non perche' e' ragionevole.

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    2. Quindi in sostanza abbiamo sostituito alla scarsita' delle risorse come limite alla crescita della popolazione, la vita di merda.

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    3. << Se ce ne fossimo stati a casa nostra, l'esplosione demografica del resto del mondo non ci sarebbe mai stata: siamo stati noi a promuoverla insegnandogli come aumentare l'efficienza della produzione >>

      Una teoria interessante.
      Da cui si avrebbe ulteriore conferma che, nei rapporti internazionali, è sempre preferibile farsi i fatti propri, ovvero limitarsi ad un nazionalismo difensivo e non aggressivo o invasivo (e se ti mancano le materie prime, ti butti sulla tecnologia).

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    4. "è sempre preferibile farsi i fatti propri"

      Credo sia un'utopia, specialmente con la attuale globalizzazione tecnologica.
      Inoltre, sono sempre piu' convinto che l'essere umano sia, degli animali superiori, quello dotato della socialita' istintiva di genere tribale (a cambiare e' solo la dimensione della tribu') di gran lunga piu' potente e morbosa, alla pari solo con le societa' degli insetti. Lo mostra in ogni momento la nostra faziosita' partitica, quella nei blog, il campanilismo-nazionalismo, lo sport di squadra e il tifo in tutte le sue forme, la guerra, la chiacchera da blog o da bar (avete notato peraltro che e' rarissima la presenza femminile nelle discussioni che interessano ai maschi, e, presumo, il contrario)...

      L'articolo dell'ultimo "le scienze" che vi avevo citato tratta piu' o meno anche questo argomento (mi pare che la chiama, pomposamente, iperprosocialita'), leggetelo se avete interesse, soldi e tempo, sebbene non aggiunga granche'.

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    5. << l'essere umano sia, degli animali superiori, quello dotato della socialita' istintiva di genere tribale >>

      Caro Diaz, la socialità tribale è importante ma non è l'unica, perchè esistono anche forme di socialità che - non essendo basate sui legami di sangue - non possono essere definite tribali in senso tecnico (anche se tu probabilmente ti riferivi al tribalismo in senso culturale).

      Comunque sto giusto preparando un post sull'argomento e tra qualche settimana ne riparliamo.

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    6. @Diaz: mi sembra quasi strano, ma condivido i tuoi due commenti sottostanti al mio al 100%. Manca solo un dettaglio: *perché* abbiamo fatto tutto questo? Perché abbiamo esportato molta sanità, molti vaccini, un po' di sviluppo? Certo non si tratta di nazionalismo. Sono quelle ottime intenzioni che lastricano la via da qui all'inferno.

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    7. Credo che il colonialismo, e quindi indirettamente l'esportazione del nostro modello di vita, sia cominciato fondamentalmente per cercare nuove risorse materiali e territoriali all'eccesso di popolazione che c'era in europa. La colonizzazione d'america da parte degli inglesi fu fatta da esuli scappati dalla madrepatria in cerca di un posto dove vivere meglio e piu' liberi (i puritani, per ironia della sorte...). Fino alla rivoluzione industriale, ci pensavano le carestie e le pestilenze a tenere la popolazione europea stabile. In ogni caso, quindi, le risorse erano scarse, appena sufficienti, e duramente contese. Nel nostro piccolo, conosco anch'io gente che e' alla disperata ricerca di un posto qualsiasi nel mondo per scappare dalla vita che trova ormai insopportabile nel nostro paese. Lo spread della popolazione avviene perche' dopo un po', anche fra parenti stretti, non ci si sopporta piu' e si cercano nuovi spazi. Figuriamoci se scarseggiano pure le risorse.
      Nel caso dell'italia, la "grande proletaria", era dichiarato che avremmo avuto bisogno di nuove terre in africa per la popolazione in grave eccesso per la tecnologia dell'epoca, dal volgere del secolo. A cavallo del '900 mi pare che emigro' nelle americhe una decina di milioni di persone dall'italia, circa un terzo della popolazione totale di allora...
      I pochi abitanti originari dell'america del nord vennero surclassati, sommersi, dall'immigrazione europea.

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    8. Bravo W. Diaz, condivido in larga parte i tuoi ultimi commenti... Aggiungiamoci i progressi igienico-sanitari degli ultimi due secoli e (rig.do all'Italia) la sciagurata politica iper-natalista nazional-patriottarda del Ventennio, che peraltro ancor oggi immarcescibilmente si ripresenta (ovv.te in forma più "silenziosa" & strisciante) sotto forma dei vari 'bonus bebè'...

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    9. << Aggiungiamoci i progressi igienico-sanitari degli ultimi due secoli >>

      Progressi meravigliosi e altamente desiderabili, ma ai quali, a livello "macro", non abbiamo saputo trovare i giusti contrappesi (leggi: controllo demografico).
      Un vero paradosso.

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    10. "Progressi meravigliosi e altamente desiderabili"

      @Lumen: Vero, pero' va fatta la tara del fatto che e' anche aumentata a dismisura la consapevolezza della malattia. Da questo punto di vista oggi ci sono piu' "malati" di quanti ce ne siano mai stati.
      Come pure e' aumentata a dismisura la consapevolezza della disonesta', del brutto, dell'inquinamento, del clima, eccetera...

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    11. Insomma, uno si sposta perché cerca nuove risorse per problemi di sovraffollamento e di esaurita capacità di sopportazione del prossimo e "perciò" esporta anche quello che serve ai locali per crescere spaventosamente di numero e ricreare la folla da cui fuggiva. Quando si dice un vero cretino.

      "Credo che il colonialismo, e quindi indirettamente l'esportazione del nostro modello di vita..." detto così il nesso è troppo semplice.
      Per esempio, la colonizzazione del continente americano in età moderna non ha portato ad esportare il modello di vita del colonizzatore presso i nativi, e ha dato luogo ad un genocidio. Dico questo perché nella frase quotata leggo "il colonialismo", così, tout court.
      La crescita demografica di cui oggi paghiamo le conseguenze si è verificata negli ultimi 70 anni, dopo la seconda guerra mondiale: 5 miliardi di esseri umani in più, almeno il doppio del massimo possibile rapportato ad un livello di vita da europeo medio, e con altri 2,5 che a quella data già popolavano il mondo. Il colonialismo è un fenomeno più risalente, e non aveva portato a queste grandi crescite di popolazione. L'esplosione avviene sotto l'opposta tendenza (decolonizzazione), perché Stati Uniti e Banca Mondiale hanno fatto del loro meglio per provocarla, sulla basi di una cultura umanitaria, non coloniale. Il colonizzatore (il suo erede) è da criticare non per malvagità ma all'opposto per buon cuore, per i suoi valori del cavolo, di cui poi la Natura gli presenterà il conto.
      Ora Lumen giustamente sottolinea il paradosso originato dalle conseguenze di quei progressi, che è quanto sto dicendo io: tu vai per fare del bene e ti esplode poi una bomba sulla faccia. Più consapevolezza (o paranoia), più spostamenti verso ogni possibile centro di cura, più inquinamento, maggiore assunzione di farmaci, agenti patogeni che si fanno via via più resistenti e così via. Pertanto la desiderabilità dei progressi trova sì questa tara nella psicologia di ciascuno, mentre purtroppo aggrava ancora di più l'impronta ecologica. Paradosso dentro al paradosso.

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    12. Il fatto è che nessuna azione umana ha una sola conseguenza e spesso è davvero difficile immaginarle (e valutarle) tutte.
      Da qui la lista lunghissima di "eterogenesi dei fini" di cui è costellata la nostra storia.

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  10. "anche se tu probabilmente ti riferivi al tribalismo in senso culturale"

    senz'altro, e anzi l'articolo che vi citavo sostiene proprio questo, che il grande successo dell'homo sapiens e' dovuto alla sua illimitata capacita' di collaborazione al di la' dei legami genetici. D'altra parte e' piuttosto evidente che alla rivalita' genetica si e' sostituita quella culturale, con grande incremento della aggressivita' relativa, anch'essa virtualmente illimitata. I gruppi umani in rapporto conflittuale quindi sono ridefinibili a volonta', ma cio' che non e' ridefinibile e' la loro molteplicita' e la conflittualita', piu' o meno ritualizzata. Ce l'abbiamo davanti ogni minuto della nostra vita.

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    1. "anche se tu probabilmente ti riferivi al tribalismo in senso culturale"

      Dimenticavo che qua avete la fissa del "gene egoista" ;)
      Come vedi invece, probabilmente sbagliero', ma e' l'ultima cosa cui io penso, come non penso che i musulmani abbiano l'islam iscritto nel patrimonio genetico. :)

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    2. << Dimenticavo che qua avete la fissa del "gene egoista" >>

      Non per vantarmi, ma Dawkins, il suo famoso libro, l'ha scritto praticamente sotto la mia dettatura (eh, eh, eh... :-)).

      Parlando seriamente, continuo ad essere convinto che il tribalismo culturale non sia altro che una versione "distorta" di quello genetico, e poi tollerato dall'evoluzione in quanto comunque utile alla coesione sociale.
      Ma, come si dice,: ognuno ha i suoi "pallini".

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    3. IMHO, l'evoluzione culturale surclassa e rende irrilevante e di sottofondo quella genetica in tutti i sensi. Segue le stesse regole, ma si e' liberata del vincolo fisico.
      Poi ovvio che ha una base genetica.

      Tieni presente poi che, volendo allargarsi, e' molto piu' interessante vedere l'evoluzione naturale come un processo di apprendimento (Lorenz e altri, ma dovrebbe essere un luogo comune tanto e' banale), che non il contrario cioe' l'apprendimento come oggetto alle regole della selezione naturale.

      Se non erro peraltro Dawkins ne e' ben consapevole, ma qui sei tu l'esperto, e' lui che per primo, sotto tua dettatura ;), ha reso popolare il concetto di meme (che e' un'idea di Cavalli Sforza degli anni '60).

      Sul numero di Le scienze di ottobre che vi dicevo c'e' anche una bella recensione a un libro sul quel presunto enigma evoluzionistico che e' l'altruismo, recensione che finisce con la citazione: "All'interno di un gruppo l'egoismo batte l'altruismo. Ma i gruppi altruisti battono quelli egoisti. Il resto e' commento".

      Io aggiungerei, per specificare, che nel momento in cui c'e' la formazione di gruppi nella societa' umana, l'unita' di "azione egoistica" si sposta a livello del gruppo. Da cui la problematicita' e significativita' della definizione del perimetro del gruppo (famiglia, tribu', squadra di calcio, razza, classe, dipartimento accademico, nazione, umanita' intera). Ennesimo esempio di ricorsione (e ricorrenza).

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  11. << All'interno di un gruppo l'egoismo batte l'altruismo. Ma i gruppi altruisti battono quelli egoisti. >>

    Bella frase, in effetti.

    Quanto al concetto di Meme ti confermo che è stato proprio Dawkins a lanciarlo in grande stile, come possibile meccanismo di evoluzione non biologica.
    Una sua "allieva", Susan Blackmore, gli ha dedicato un intero libro, piuttosto interessante.

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