sabato 1 agosto 2015

Il Dawkins egoista - 5

Continuo a pubblicare alcune pagine di uno dei libri fondamentali per capire il mondo degli esseri viventi, e quindi dell’uomo, ovvero IL GENE EGOISTA di Richard  Dawkins. Le parti precedenti sono state pubblicate nell’aprile 2014 (1 e 2) e nel novembre 2014 (3 e 4). Buona lettura. LUMEN


<< Noi siamo macchine di sopravvivenza [dei geni], ma “noi” non significa solo le persone. Comprende tutti gli animali, le piante, i batteri, e i virus. Il numero totale di macchine di sopravvivenza sulla terra è molto difficile da contare, ed è ignoto persino il numero totale di specie viventi. Considerando i soli insetti, il numero di specie viventi si stima a circa 3 milioni, e il numero di singoli insetti potrebbe essere un milione di milioni di milioni.

I vari tipi di macchine di sopravvivenza sono molto diversi tra di loro, sia nella parte esterna che negli organi interni. Un polipo è molto diverso da un topo, ed entrambi sono molto diversi da una quercia. Eppure nella loro chimica fondamentale sono piuttosto uniformi e, in particolare, i replicatori che hanno al loro interno, i geni, sono fondamentalmente lo stesso tipo di molecole in tutti noi — dai batteri agli elefanti.

Siamo tutti macchine di sopravvivenza per lo stesso tipo di replicatore — molecole chiamate DNA — ma ci sono molti modi diversi di sopravvivere nel mondo, e i replicatori hanno costruito una vasta gamma di macchine per sfruttarli. Una scimmia è una macchina che preserva i geni stando sugli alberi; un pesce è una macchina che preserva i geni stando in acqua; c’è persino un vermicello che preserva i geni nei sottobicchieri di birra tedeschi. Le vie del DNA sono misteriose.

Per semplicità ho dato l’impressione che i geni moderni, fatti di DNA, siano molto simili ai primi replicatori che si trovavano nel brodo primordiale. Non è importante per i nostri scopi, ma questo potrebbe non essere vero. I replicatori originali potrebbero essere stati molecole imparentate col DNA, o potrebbero essere stati del tutto diversi. Nel secondo caso potremmo dire che le loro macchine di sopravvivenza devono essere state catturate dal DNA in un tempo successivo.

Se è così, i replicatori originali sono andati del tutto distrutti, poiché non resta alcuna traccia di essi nelle moderne macchine di sopravvivenza. Lungo queste linee, A. G. Cairns Smith ha avanzato l’intrigante ipotesi che i nostri antenati, i primi replicatori, potrebbero non essere stati affatto molecole organiche, ma cristalli inorganici — minerali, pezzettini d’argilla. Usurpatore o meno, il DNA è indubbiamente al potere oggi, a meno che, come suggerisco nel capitolo 11, non stia avvenendo proprio adesso un nuovo passaggio di potere.

Una molecola di Dna è una lunga catena di blocchi costitutivi, piccole molecole chiamate nucleotidi. Proprio come le molecole di proteine sono catene di aminoacidi, le molecole di Dna sono catene di nucleotidi. Una molecola di Dna è troppo piccola per essere vista, ma la sua forma esatta è stata scoperta ingegnosamente per vie indirette. Consiste di una coppia di catene di nucleotidi attorcigliate insieme in un’elegante spirale; la “doppia elica”; la “spirale immortale”. Il blocchi costitutivi di nucleotidi possono essere solo di quattro tipi diversi, i cui nomi posso essere abbreviati in A, T, G, C.

Sono gli stessi in tutti gli animali e le piante. Ciò che cambia è l’ordine in cui sono attaccati insieme. Un blocco costitutivo G in un uomo è identico a un blocco costitutivo G in una lumaca. Ma la sequenza di blocchi costitutivi in un uomo non solo è diversa da quella in una lumaca; è anche diversa — sebbene in minor misura — dalla sequenza presente in ogni altro uomo (tranne nel caso dei gemelli identici).

Il nostro Dna vive dentro il nostro corpo. Non è concentrato in un punto particolare del corpo, ma è distribuito tra tutte le cellule. Ci sono circa mille milioni di milioni di cellule in un corpo umano medio, e, con alcune eccezioni che possiamo ignorare, ognuna di queste cellule contiene una copia completa del Dna di quel corpo. Questo DNA si può considerare come un insieme di istruzioni per costruire un corpo, scritte nell’alfabeto A, T, G, C dei nucleotidi. È come se, in ogni stanza di un gigantesco edificio, ci fosse una libreria contenente i piani architettonici dell’intero edificio.

La “libreria” in una cellula è chiamata nucleo. I piani architettonici sono divisi in 46 volumi nell’uomo — questo numero è diverso in altre specie. Questi “volumi” si chiamano cromosomi. Sono visibili con il microscopio e hanno l’aspetto di lunghi filamenti, e i geni sono incastonati su di essi in un preciso ordine. Non è facile, anzi potrebbe essere persino privo di senso, decidere dove finisce un gene e dove comincia il successivo.
Fortunatamente, come mostrerà questo capitolo, ciò non è importante per i nostri scopi.

Farò uso della metafora dei piani architettonici, mescolando liberamente il linguaggio della metafora con il linguaggio della cosa reale. “Volume” sarà usato intercambiabilmente con “cromosoma”. “Pagina” sarà temporaneamente usato intercambiabilmente con “gene”, sebbene la divisione tra i geni sia meno netta della divisione tra le pagine di un libro. Questa metafora ci accompagnerà per molto tempo. Quando finalmente cadrà, introdurrò altre metafore. Tra parentesi, non c’è ovviamente alcun “architetto”. Le istruzioni nel Dna sono state assemblate dalla selezione naturale.

Le molecole di Dna fanno due cose importanti. Prima di tutto si replicano, cioè fanno copie di se stesse. Questo è avvenuto incessantemente sin dall’inizio della vita. E le molecole di DNA oggi sono davvero molto abili a far ciò. Da adulti, voi siete fatti di 1.000 milioni di milioni di cellule, ma quando siete stati concepiti eravate una cellula sola, dotata di una copia master dei piani architettonici. Questa cellula si è divisa in due, e ognuna delle due cellule ha ricevuto la sua propria copia dei piani. Le divisioni successive hanno portato il numero di cellule a 4,8,16,32, e così via fino ai miliardi. Ad ogni divisione, i piani del Dna venivano copiati fedelmente, quasi senza errori.

Una cosa è parlare di duplicazione del Dna. Ma se il DNA è in realtà un insieme di piani per costruire un corpo, come vengono messi in pratica questi piani? Come si traducono nella fabbricazione del corpo? Questo mi conduce alla seconda cosa importante fatta dal DNA: sovrintende indirettamente alla produzione di un diverso tipo di molecola — la proteina. L’emoglobina che ho menzionato nell’ultimo capitolo è solo un esemplare di una vastissima gamma di molecole di proteine.

Il messaggio codificato nel Dna, scritto nell’alfabeto di quattro lettere dei nucleotidi, viene tradotto con un semplice meccanismo in un altro alfabeto. Questo è l’alfabeto degli aminoacidi che descrive le molecole di proteina. Produrre proteine potrebbe sembrare una cosa molto diversa da produrre un corpo, ma è il primo piccolo passo in quella direzione. Le proteine non solo costituiscono la maggior parte della struttura fisica del corpo; esercitano anche un controllo sensibile su tutti i i processi chimici dentro la cellula, attivandoli e disattivandoli selettivamente in precisi momenti e in precisi luoghi.

Agli embriologi occorreranno decenni, o forse secoli, per decifrare in dettaglio come tutto ciò porti allo sviluppo di un bambino. Ma è certo che lo fa. I geni controllano davvero, indirettamente, la produzione dei corpi, e l’influenza è strettamente unidirezionale: le caratteristiche acquisite non vengono ereditate. Non importa quanta conoscenza e saggezza voi acquisiate durante la vita, neanche un pezzettino di essa passerà ai vostri figli per vie genetiche. Ogni nuova generazione riparte da zero. Il corpo è il modo usato dai geni per preservare se stessi inalterati.

Il fatto che i geni controllino lo sviluppo embrionale ha un’enorme importanza evolutiva: significa che i geni sono almeno in parte responsabili della loro sopravvivenza nel futuro, perché la loro sopravvivenza dipende dall’efficienza dei corpi in cui vivono e che loro hanno aiutato a costruire. Tanto tempo fa, la selezione naturale consisteva nella sopravvivenza differenziata di replicatori liberamente fluttuanti nel brodo primordiale.

Oggi, la selezione naturale favorisce replicatori che sono bravi a costruire macchine di sopravvivenza, geni che sono bravi nell’arte di controllare lo sviluppo embrionale. Nel far ciò, i replicatori non sono più consci o dotati di scopi di quanto lo fossero prima. Avviene ancora lo stesso vecchio processo di selezione automatica tra molecole rivali in base alla loro longevità, fecondità, e fedeltà di copiatura; ed avviene tanto ciecamente e inevitabilmente quanto avveniva in quel tempo lontano. I geni non hanno lungimiranza. Non fanno dei piani per il futuro. I geni semplicemente esistono, alcuni più di altri, ed è tutto qui.

Ma le qualità che determinano la longevità e la fecondità di un gene non sono così semplici come erano una volta. Tutt’altro. Negli anni recenti — gli ultimi 600 milioni circa — i replicatori hanno conseguito notevoli trionfi nella tecnologia delle macchine di sopravvivenza, “inventando” cose come i muscoli, il cuore, e l’occhio (che si è evoluto indipendentemente molte volte). Prima di questo, alterarono radicalmente alcune caratteristiche fondamentali del loro modo di vivere come replicatori, e dobbiamo comprendere questa cosa prima di procedere nell’argomento.

La prima cosa da capire di un moderno replicatore è che è altamente sociale, gregario. Una macchina di sopravvivenza è un veicolo che contiene non un solo un gene ma molte migliaia. La produzione di un corpo è un’opera di cooperazione talmente intricata che è quasi impossibile isolare il contributo di un gene da quello di un altro.

Un dato gene avrà tanti effetti diversi in parti del corpo molto diverse. Ogni parte del corpo sarà influenzata da molti geni, e l’effetto di ciascun gene dipende dall’interazione con molti altri. Alcuni geni agiscono come geni “master”, controllando il funzionamento di un gruppo di altri geni. Usando l’analogia di prima, ogni data pagina dei piani si riferisce a molte diverse parti dell’edificio; e ogni pagina ha senso solo in termini dei riferimenti incrociati a numerose altre pagine.

Questa intricata interdipendenza dei geni potrebbe farvi domandare perché mai usiamo la parola “gene” in primo luogo. Perché non usare un nome collettivo come ” gruppo di geni”? La risposta è che per molti scopi quest’ultima cosa è davvero conveniente. Ma se guardiamo le cose in un altro modo, ha senso anche pensare al gruppo di geni come diviso in tanti replicatori discreti, o geni. Questo avviene a causa del fenomeno del sesso.

La riproduzione sessuale ha l’effetto di mescolare i geni. Questo significa che ogni singolo corpo è solo un veicolo temporaneo per una combinazione di geni che ha vita breve. La combinazione di geni che costituisce un singolo individuo può avere vita breve, ma i geni stessi sono potenzialmente molto longevi. Le loro strade si incrociano e ri-incrociano costantemente nell’arco delle generazioni. Un gene si può considerare come un’unità che sopravvive per un gran numero di corpi individuali successivi. >>

RICHARD DAWKINS

(continua)

8 commenti:

  1. Mamma mia, che barba. Sono riuscito ad arrivare in fondo all'articolo, ma che fatica. All'inizio ero un po' concentrato, volevo dunque "capire". Ma man mano che leggevo oltre ad annoiarmi capivo sempre meno (mi annoiavo perché non capivo più molto) ed ero quasi tentato di abbandonare la lettura. Invece ce l'ho fatta ad arrivare in fondo, ma che fatica. E in più inutile perché adesso ne so quanto prima. Ci sono cose, penso, per cui uno non è tagliato. E io non lo sono credo per questi discorsi. E credo persino di essere in numerosa, anzi numerosissima compagnia. Ma si sa che il mondo è dominato da un'oligarchia, da "color che sanno". Frustrazione.

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  2. << E in più inutile perché adesso ne so quanto prima. >>

    Caro Sergio, mi dispiace per la tua fatica, ma credo proprio che non sia stata inutile.
    Qualcosa rimane sempre e si tratta di concetti talmente basilari che nessuna persona di vasta cultura - quale tu sei - può farne completamente a meno.
    In ogni caso, preparati, perchè la prossima settimana ci sarà il seguito (poi basta).

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  3. Mah! Riletto attentamente (per simpatia). E inizialmente capivo (abbastanza) e ciò m'invogliava a leggere il seguito. Ma di nuovo, a partire da circa la metà, le cose cominciavano a confondersi (nella mia testa), mi sembrava tutto un po' (troppo) complicato, con la sensazione che tutte queste informazioni non mi servivano, non mi sarebbero servite (a capire qualcosa della mia vita e del mondo). Lo stesso sono arrivato un po' stanco e frustrato in fondo all'articolo (troppo lungo pure).
    Se ho ben capito ci sono questi geni o molecole (nate chissà come in tempi antichi) che hanno un solo scopo: replicarsi, a qualunque costo. E allo scopo si servono di macchine di sopravvivenza costituite da tutte le specie viventi e dai singoli individui di queste specie (giusto?). Sarà. Anzi è così. Ma a che mi serve saperlo? Che cosa ha a che fare questo gene replicatore con la Nona di Beethoven o di Mahler, L'infinito di Leopardi, una terzina di Dante, la Grande Guerra, la conquista della Luna o di Marte, i prezzi del pesce al mercato, la dannazione dell'euro, gli Stati Uniti d'Europa, lo scudetto della Juve ecc. ecc. Ammesso (ma non del tutto concesso) che la realtà ultima - almeno della vita - non sia l'atomo ma il gene egoista che si replica in tutti gli esseri viventi - che cosa se ne deve dedurre per la mia, la nostra vita? Certo ci sono i geni e poi gli atomi e poi i quark i bosoni la particella di Dio ecc. che danno luogo nelle loro interazioni alla specie h. sapiens. Ma la cosa non mi entusiasma oltremodo, non mi pare fantastica o rivelatrice.

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  4. << Che cosa ha a che fare questo gene replicatore con la Nona di Beethoven o di Mahler, L'infinito di Leopardi, una terzina di Dante, la Grande Guerra, la conquista della Luna..... >>

    Sì, lo so, pare incredibile.
    Eppure io sono convinto (ed è in fondo il senso ultimo di questo blog) che il nostro comportamento quotidiano nasce da lì, e che tutte le grandi opere umane che tu citi (nel bene come nel male) derivino proprio dalla continua tensione (DI CUI NON SIAMO CONSAPEVOLI) tra le spinte automatiche del gene e gli imperativi morali della cultura.
    le altre specie animali, in genere, seguono gli impulsi del gene, e si fermano lì.
    Noi invece no, perchè abbiamo anche la cultura, ed è questa la causa di quasi tutte le nostre infelicità, delle nostre contraddizioni e, per contrasto, delle nostre grandezze.

    Caro Sergio, io non so se anche tu, come tanti, hai un libro specifico la cui lettura (magari casuale) abbia cambiato per sempre la tua vita.
    Io ce l'ho, ed è appunto il Gene Egoista di Dawkins. Per questo ci sono così affezionato.

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  5. "...un libro specifico la cui lettura (magari casuale) abbia cambiato per sempre la tua vita. Io ce l'ho, ed è appunto il Gene Egoista di Dawkins. Per questo ci sono così affezionato."

    Be', questo l'avevo - l'avevamo capito che quel libro è stato per te fondamentale. Sinceramente io non saprei indicare quale opera mi ha colpito, entusiasmato al punto di cambiare la mia vita (ma non credo che il libro di Dawkins abbia davvero cambiato la tua). Ho letto tanti bei libri, ad alcuni sono particolarmente affezionato (La presidentessa di Clarín, La certosa di Parma di Stendhal, I Promessi Sposi di un certo Manzoni, Le affinità elettive di Goethe, le opere di Ortega y Gasset, tante tante poesie di vari autori a te assolutamente sconosciuti - hai già sentito parlare di Mörike? No, appunto). Poi i libri del teologo ex cattolico Drewermann, ma in quanto psicologo non teologo. Insomma, tanti bei libri, autori, pensieri che hanno allietato la mia vita, ma non sono proprio stati il colpo di fulmine sulla via di Damasco.
    Questa storia del gene egoista non mi convince. Che cosa significa in fondo altro che siamo prodotti della natura? Ma quale spirito e anima immortale! Già Dio padre ci creò dal fango e fangosi siamo rimasti, anche se dicono che quel bel tomo di Dio ci insufflò l'anima immortale. Se ci ha fatti a sua conoscenza deve essere proprio un ... . E pensare che il grande filosofo Leibniz era arrivato alla conclusione che questo è il migliore dei mondi possibili (ahahahah!). Micidiale e semrpe divertente la replica di Voltaire (e carina la variante di Candide di Sciascia).
    Siamo esseri complessi, complicati e a volte persino "geniali" (to', il genio non si chiamerà così per via del gene - consultare dizionario etimologico!).
    Sì, il nostro cervellone (più piccolo di quello del Neandertal) ha creato la cultura che si oppone alla natura apparentemente. Ma sono davvero contrapposti? La cultura non è la risultante necessaria dei processi biochimici? E allora anche la cultura è natura. Purtrroppo la cultura - come già diceva il buon papa polacco, subito "cannonizzato" - a volte ha dei cortocircuiti e diventa - mammamia - "cultura di morte".
    Ma io sono un letterato (o qualcosa di simile) e di scienza capisco poco (ma anche Benedetto Croce di scienze esatte non capiva un tubo, anzi riteneva la filosofia superiore a tali scienze, e tuttavia non era da buttare).

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  6. << La cultura non è la risultante necessaria dei processi biochimici? E allora anche la cultura è natura. >>

    Beh, in un certo senso sì.
    Però questo vorrebbe dire che il binomio gene/natura vince sempre, in tutti i casi, mentre io mi illudo che la nostra specie abbia pur sempre qualche possibilità di "ribellione".
    Da cui il famoso concetto di "libero arbitrio", su cui ci si accapiglia da secoli (ma senza troppo successo, direi).

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    1. È chiaro che le interazioni di tutti i processi possono dar luogo ad effetti indesiderati e persino letali per l'individuo e la specie. La cultura moltiplica quasi all'infinito gli effetti che è difficile se non impssibile tenere tutti sotto controllo. Sul libero arbitrio siamo d'accordo: è una chimera, in quanto non conosciamo tutti i fattori dei nostri comportamenti, solo alcuni e i più appariscenti.
      Una "certa responsabilità" è lo stesso attribuibile ai soggetti per i loro comportamenti, e ciò giustifica anche le sanzioni, persino la pena capitale (che la Chiesa vuole oggi abolire dopo averla difesa per oltre un millennio e mezzo, persino nel Nuovo Catechismo di Ratzinger).
      La causa ultima di tutti i nostri comportamenti è Deus sive natura. Ma per far funzionare la società ci vogliono per forza il bastone e la carota. E poi ci sono sempre le attenuanti ...

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  7. << persino la pena capitale (che la Chiesa vuole oggi abolire dopo averla difesa per oltre un millennio e mezzo), >>

    Alla faccia della coerenza e dei valori eterni ed immutabili !
    Questi predicano male e razzolano peggio; ma dopo duemila anni sono ancora lì.

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