sabato 8 agosto 2015

Ma anche

Per i politici italiani fare affermazioni contraddittorie è una cosa abbastanza normale, ma ce ne sono alcuni che hanno fatto del “cerchio-bottismo” (orrido neologismo che però rende perfettamente l’idea) una vera e propria arte, come per esempio l’ex leader PD Valter Veltroni, noto per i suoi ineffabili “ma anche”.
Scendendo dall’empireo della politica al semplice divertimento enigmistico, ritroviamo il “ma anche” in un gioco di grande effetto linguistico, che una volta si chiamava (un po’ oscuramente) CRITTOGRAFIA MNEMONICA e che oggi viene invece definito, più semplicemente, FRASE BISENSO.
Eccone alcune, tra le più divertenti ed argute, che ho trovato sul web.
LUMEN


ARMATURA D’UNA VOLTA
(una vecchia corazza – ma anche una struttura edile)


ARTICOLO MASCHILE SINGOLARE
(un termine grammaticale – ma anche il kilt scozzese)


BASE PER ALTEZZA
(una formula geometrica – ma anche una pedana per il Re)


CAPOVOLGIMENTO DI FRONTE
(un contrattacco – ma anche mettersi a testa in giù)


COMPRESSA PER IL TIFO
(una medicina - ma anche una grande folla allo stadio)


EROINA TAGLIATA
(una droga adulterata – ma anche Anita Garibaldi ferita)


FARE I PROPRI PORCI COMODI
(ignorare il decoro – ma anche risistemare il porcile)


FATTORE DI POTENZA
(una grandezza elettrica – ma anche un contadino lucano)


LA CAMPAGNA DI LODI
(una zona della Lombardia - ma anche un battage pubblicitario)


L’AVANZATA DI UNA DIVISIONE
(la manovra di un esercito – ma anche l’ultima fetta di torta)


LEGAMENTO CROCIATO
(una parte del ginocchio – ma anche la cintura di castità)

 
LENTE A CONTATTO
(uno strumento ottico – ma anche l’incontro di due tartarughe)


LETTO AD UNA PIAZZA
(un tipo di giaciglio - ma anche declamato in pubblico)


MEZZO MINUTO DI RACCOGLIMENTO
(un momento di meditazione – ma anche un cucchiaino)


MITI PRELATINI
(antiche leggende – ma anche religiosi inoffensivi)


ORDINATA ALL’ORIGINE
(un termine matematico – ma anche una suora novizia)


PARTITA DI GOLF
(una gara sportiva – ma anche uno stock di maglioni)


PASSO SPEDITO
(un modo di camminare – ma anche la cartolina di un valico)


POLPACCIO SINISTRO
(una parte della gamba – ma anche una piovra)


PRESA DI CORRENTE CON MESSA A TERRA
(un accessorio dell’elettricista – ma anche il placcaggio di un rugbista)


PRIMA CONIUGAZIONE
(una forma del verbo – ma anche la coppia Adamo ed Eva)


PROVVISTE DI BORDO
(i viveri della nave - ma anche fornite di orlo)

 
RETTA GENERATRICE
(un termine geometrico – ma anche la vergine Maria)


SCRITTI DI GENTILE SU CROCE
(testi filosofici – ma anche la scritta INRI)


SOMMA NON ESATTA
(un importo impreciso – ma anche un credito insoluto)


SONO LE DUE PASSATE
(un’indicazione dell’orologio - ma anche il pelo e contropelo)


TANGENTE IPERBOLICA
(un termine trigonometrico – ma anche una bustarella esagerata)


TRA SETTE MINUTI
(un breve intervallo di tempo – ma anche Biancaneve in mezzo ai nani)


TOSCANO SUL LASTRICO
(un poveraccio fiorentino - ma anche un sigaro per terra)


UNA FUNZIONE DEL SENO
(un termine trigonometrico – ma anche l’attività di allattamento)


12 commenti:

  1. Alcune sono veramente spassose. È il bello della lingua con la sua ambiguità e doppiezza di sensi di cui ci serviamo spesso - per ridere e anche per offendere. I doppi sensi non si contano. È anche il motivo per cui non esiste ancora un traduttore automatico perfetto - nonostante le mirabilie della tecnologia (provare il traduttore di Google per convincersene).
    Chissà quante volte riderebbe un supercomputer a leggere queste frasi bisenso! Non troppe, credo. Per quanto raffinato e potente è limitato (non ha letto i Promessi Sposi e il Decameron - per cui prenderà lucciole per lanterne). E meno male.

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  2. Concordo con Sergio, c è una bella vena fantastica dietro alcune di esse. E dire che mi ero incupito leggendo il nome di Veltroni e quei suoi magnifici "ma anche", santo cielo che politici abbiamo, o abbiamo avuto.

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    1. Caro Francesco, quando cercavo il titolo per il post, e mi è venuto in mente "ma anche", la citazione di Walter Veltroni diventava assolutamente obbligatoria, non ti pare ?
      Si potrebbe quasi dire che lui, su questa espressione, abbia una specie di copyright...

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  3. Una neolingua orwelliana potrebbe far comodo: significherebbe semplificazione e impoverimento del linguaggio, ma che importa se ci capiremo(m)o meglio? Si dice che una persona "normale" (?) usi non più di 300 parole per comunicare (e sembra che Reagan non ne usasse di più, e però sconfisse l'Impero del male).
    La ricchezza di linguaggio segnala "cultura" (ma non per forza intelligenza). Ma le classi colte hanno fatto il loro tempo, non servono più, potremmo chiudere tranquillamente molte facoltà (hanno forse ancora la funzione d'intrattenere i giovani, così non fanno casini - ma li fanno lo stesso proprio perché quelle facoltà non hanno sbocchi, non servono).
    Il computere gradirebbe la semplificazione del linguaggio, la neolingua.
    Perché così tanti sinonimi o parole dello stesso significato, inutili, ridondanti, usate dalle persone colte per ostentare la loro cultura?
    Viva l'incultura allora? Ma nemmeno per sogno. Però semplicità e chiarezza le apprezziamo tutti, i barocchismi e il parlare difficile (con dieci subordinate) ci danno l'orticaria. Nessuno si carica più qualcosa sull'omero (non basta la spalla?). E poi perché buono migliore ottimo, quando è molto più logico lineare semplice e computer-friendly buono, plusbuono, plusplusbuono? Per non parlare della coniugazione dei verbi, un osso durissimo per chi voglia imparare le lingue neolatine. Nous disons, vous dites, ils disent. I bambini invece molto più logicamente recitano analogamente: nous disons, vous disez, ils disent. E se non torniamo bambini non entreremo nel regno dei cieli (disse un tale).

    P.S. Sto scherzando ovviamente (ma mica tanto).

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    1. Caro Sergio, quello delle lingue umane è davvero uno dei paradossi più incomprensibili.

      E' evidente, e direi incontestabile, che le lingue sono nate per consentire agli uomini di comunicare e di comprendersi, e quindi logica vorrebbe che fossero quanto di più semplice, chiaro e regolare fosse possibile.
      Invece - e questo vale credo per tutte le lingue - a fianco di alcune regole semplici e fondamentali, ne abbiamo altre molto complesse (per non dire cervellotiche), e tutta una serie di eccezioni e di anomalie.

      E quando qualcuno - come Zamenhof con l'esperanto - prova ad inventare la lingua perfetta, ovvero una lingua semplice e priva di eccezioni, si scopre che, semplicemente, non funziona...
      Che strano.

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    2. Eppure c'è ancora gente che parla o impara l'esperanto (ma ormai l'esperanto è l'inglese). A me l'esperanto è sembrato sempre una cosa un po' buffa (certo è stato creato come al solito "con le migliori intenzioni", appunto di comprendersi facilmente). All'esperanto manca(va) la letteratura, la grande letteratura, cioè la storia, le esperienze, i sentimenti di un popolo. Cioè di cose che vanno oltre la semplice comunicazione, buona per le cose quotidiane e basta.

      Quanto alle tante e troppe e strane anomalie ed eccezioni penso che siano dovute a uno sviluppo naturale della lingua che in un primo momento "accumula" e poi semplifica. Tuttavia molte stranezze restano e ci piacciono pure (per il semplice fatto che le abbiamo imparate ed è più comodo conservarle, oltre che divertente - l'abitudine è una seconda natura).

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  4. << Quanto alle tante e troppe e strane anomalie ed eccezioni penso che siano dovute a uno sviluppo naturale della lingua che in un primo momento "accumula" e poi semplifica >>

    E' una teoria interessante.
    Però il meccanismo mi pare involontario.
    Probabilmente, all'inizio, certe regole e certe eccezioni vengono disattese , semplicemente per ignoranza.
    E poi col tempo le regole ufficiali si adeguano.

    Ma poi, a pensarci bene, esiste una Corte Suprema della lingua (sto parlando di quella italiana ovviamente), che stabilisce ex cathedra cosa è giusto e cosa è sbagliato ?
    Probabilmente sì: penso a certe accademie, o fondazioni prestigiose.
    Ma con quale autorità formale ?

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  5. OT

    @ Diaz

    Leggo solo ora questo tuo commento sul libero arbitrio in un post precedente. Rispondo qui perché probabilmente non consulterai di nuovo quel post. Dunque, scrivi:

    "Solo dal punto di vista (forse) teoretico: a tutti gli effetti pratici, e' come se lo avessimo, potete scegliere in ogni momento se uccidere o no chi vi sta di fronte ed e' antipatico."

    Appunto no! Né tu né io siamo liberi di uccidere uno che ci è antipatico. I freni inibitori sono fortissimi, sia quelli "naturali" che quelli culturali (l'educazione). Né tu né io rapineremo mai una banca, ma non perché siamo migliori dei rapinatori. E se troviamo un portafogli pieno di bigliettoni lo porteremo subito all'ufficio oggetti smarriti (anche se potrebbe essere di Berlusconi). Ma di nuovo: questi comportamenti socialmente lodevoli non sono meritori. Almeno noi due siamo programmati per comportarci così. I delinquenti che scassinano e uccidono sono evidentemente programmati in modo diverso, non hanno goduto delle cure e dell'educazione che abbiamo ricevuto noi.
    Ciò non toglie che i delinquenti vadano puniti ovvero messi in condizione di non nuocere ulteriormente. La società o il gruppo si danno delle regole che vanno rispettate se no saltano il gruppo e la società. Chi infrange le regole lo fa per debolezza, per un vantaggio immediato che gli ottenebra la mente (non "respicit finem").
    Ci "sentiamo" ovvero ci consideriamo liberi se nessuno c'impedisce di fare qualcosa o se non sentiamo il peso di un condizionamento esterno. Ma ogni azione, e persino ogni pensiero, è sempre la "sintesi" di innumerevoli premesse in parte sconosciute. Almeno così la vedo io. A posteriori ammettiamo che non potevamo agire che così, prima dell'azione però ci sentiamo liberi di scegliere. Ma stiamo soppesando e inevitabilmente sceglieremo ciò che in quel momento preferiamo (non senza contraddizioni interne e possibilità di errore). Ho comprato a volte un disco attratto dall'illustrazione della busta (non per niente Karajan curava anche questi particolari infimi e ridicoli per vendere). La pubblicità punta notoriamente su certe inclinazioni dell'individuo persino socialmente riprovevoli.
    E tuttavia possiamo dire che il futuro non è ancora scritto, non sarà per forza una ripetizione del passato (nonostante i ricorsi della storia). Ci sarà o non ci sarà una guerra nucleare o l'islamizzazione dell'Europa? Non lo sappiamo, ma faremo in modo che ciò non avvenga perché queste due possibilità non ci piacciono. Ma non ci piacciono per motivi ben noti (non desideriamo la fine nostra e dell'umanità né la vittoria dell'islam che dal nostro punto di vista occidentale sarebbe una ricaduta nell'oscurantismo).

    Per il filosofo Severino invece il futuro è già scritto (guerra nucleare o vittoria dell'islam), solo che non lo sappiamo (e ovviamente c'impegneremo per evitare queste due catastrofi - ma questo impegno, che risulterà forse inutile, è il frutto delle nostre concezioni su una buona vita, a sua volta "sintesi" del nostro passato).
    "Libertà vo' cercando ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta." Ma libertà dall'oppressione, dalla tirannia. Logico. Ma "tout se tient", la catena di causa e effetto non si spezza (ma mi dicono che la fisica quantistica la spezza, non so se è vero, non ci arrivo).

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    1. Ovviamente "Libertà va cercando ..."

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    2. << Né tu né io siamo liberi di uccidere uno che ci è antipatico. I freni inibitori sono fortissimi, sia quelli "naturali" che quelli culturali (l'educazione). Né tu né io rapineremo mai una banca, ma non perché siamo migliori dei rapinatori. (...) Almeno noi due siamo programmati per comportarci così. I delinquenti che scassinano e uccidono sono evidentemente programmati in modo diverso>>

      Sottoscrivo in pieno.

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    3. Poscritto

      Goethe, Faust: "Ich sehe des Geistes keine Spur, und alles ist Dressur."

      Estrapolazione mia e anche mia traduzione molto libera:

      "Non vedo alcun segno d'intelligenza, è tutta meccanica."

      Dressur è più propriamente addestramento, dressage (dei cavalli). Insomma: condizionamento. E noi c'illudiamo di esser liberi. Seeee .... Ma le illusioni aiutano, sono seducenti, non se ne può fare a meno ...

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    4. << Ma le illusioni aiutano, sono seducenti, non se ne può fare a meno >>

      Vero anche questo, anche se talvolta - con il loro dolce inganno - portano alla rovina.

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