sabato 28 giugno 2014

Pax Romana - 1

Le lezioni che, ancora oggi, si possono trarre dal quel grandioso fenomeno che è stato l’ascesa ed il declino dell’Impero Romani sono sempre moltissime.
Gli studiosi più attenti sanno che i grandi imperi, come tutti i sistemi sociali complessi, crollano principalmente per una crisi profonda dei propri flussi energetici; e questo è stato sicuramente vero anche per la Città Eterna.
Ma qualcuno, analizzando la parabola dell’Impero Romano in un’ottica meno convenzionale, è riuscito a trovare un collegamento – che mi pare molto interessante e curioso – tra il declino della potenza militare di Roma e l’esaurimento dei metalli preziosi.
Ce ne parla Ugo Bardi in questo lungo articolo, tratto da Effetto Risorse.
LUMEN


 
<< Quando ho sentito dire per la prima volta che l'Impero Romano è caduto a causa dell'esaurimento delle sue miniere di argento ed oro ero scettico.
In confronto alla nostra situazione, in cu affrontiamo l'esaurimento dei combustibili fossili, il caso Romano mi sembrava completamente diverso.
Oro e argento non producono energia, non producono niente di utile. Perché quindi l'Impero Romano è caduto a causa di qualcosa che potremmo chiamare “picco dell'oro”?
 
Eppure, quando ho approfondito l'argomento, ho notato quanto fosse evidente la correlazione della disponibilità in declino di oro e argento col declino dell'Impero Romano.
Abbiamo dati scarsi sulla produzione delle miniere Romane, dislocate principalmente in Spagna, ma comunemente si crede che la produzione raggiunse il picco ad un certo momento durante il primo secolo EV (o forse all'inizio del secondo secolo). In seguito, è rapidamente diminuito a quasi zero, anche se l'estrazione mineraria dell'oro non si è mai fermata completamente.
 
La perdita della produzione del prezioso metallo è riflessa nel contenuto di argento della moneta Romana. I Romani non avevano la tecnologia necessaria per stampare banconote, quindi hanno semplicemente deprezzato la loro moneta d'argento, il “denarius” aumentando il suo contenuto di rame.
Per la metà del terzo secolo, il denarius era costituito quasi da puro rame: “denaro forzoso”, se ce ne è mai stato uno. Durante quel periodo, le monete d'oro non furono deprezzate, ma scomparirono di fatto dalla circolazione. (…)
 
La scarsità progressiva dei metalli preziosi si collega bene coi vari eventi che ebbero luogo durante la fase di declino dell'impero e con la sua scomparsa finale. Naturalmente, correlazione non significa causazione ma, qui, la correlazione è così forte non si può pensare che sia solo una questione di fortuna.
Col tempo, mi è sembrato chiaro che ci fossero collegamenti chiari anche fra diversi fattori nel collasso dell'Impero.
 
In generale, i sistemi complessi tendono a crollare in maniera complessa e l'Impero Romano non cadde semplicemente a causa della mancanza della sua fonte primaria di energia che, a quel tempo, era l'agricoltura.
Energia (e potenza) sono inutili senza controllo e per i Romani controllare l'energia generata dall'agricoltura richiedeva investimenti di capitale per truppe e burocrazia. Entrambe furono colpite dal declino della produzione di metalli preziosi. Col tempo, la ridotta efficacia militare dell'impero ha distrutto la capacità di controllare il sistema agricolo. Ciò condannò l'Impero al collasso.
 
Questa è una storia enormemente complessa, (…) ma credo sia possibile esporre gli elementi principali dell'interazione fra oro, potenza militare e cibo ai tempi dei Romani in uno spazio relativamente ridotto.
In definitiva, ciò che crea e tiene insieme gli imperi è la forza militare. L'Impero Romano era così grande e di successo perché era, probabilmente, la più grande potenza militare dei tempi antichi.
 
I Romani hanno avuto tanto successo in questo non a causa di particolari innovazioni militari. La ricetta del loro successo era semplice: pagavano i loro combattenti con moneta di metallo prezioso.
La tecnologia combinata dell'estrazione dell'oro e del conio di monete aveva consentito ai Romani di creare uno dei primi eserciti regolari della storia.
Ancora oggi, chiamiamo i nostri uomini arruolati “soldati”, un termine che deriva dalla parola Romana “Solidus”, il nome della moneta d'oro del tardo impero.
 
Non solo i soldi possono creare un esercito regolare, possono anche farlo crescere fino a grandi dimensioni.
Arruolarsi nelle legioni – la spina dorsale dell'esercito – era privilegio dei cittadini Romani, ma chiunque poteva arruolarsi nelle “auxilia”, le truppe “ausiliarie”. (…)
Gli “auxilia” erano notoriamente un po' indisciplinati, (…) ma ai tempi di Traiano erano diventati una parte fondamentale dell'esercito Romano e sarebbero rimasti tali per il resto della vita dell'Impero.
 
Oro e argento erano elementi essenziali per i Romani nel pagamento delle truppe e questo era particolarmente vero per quelle straniere.  
Mettetevi nei panni di un combattente germanico. Perché dovreste mettere la vostra lancia al servizio di Roma se non perché vi pagano? E voleva essere pagati in soldi veri; le monete di rame non venivano accettate.
Si, volevano le monete d'oro e d'argento che si sapeva potevano essere riscattate ovunque in Europa e in particolare in quel gigantesco emporio di ogni sorta di beni di lusso che era la città di Roma, la più grande del mondo antico.
 
E, a proposito, da dove venivano quegli articoli di lusso? In gran parte erano importati. Seta, avorio, perle, spezie, incenso e molto altro provenivano da India e Cina.
Importare quegli articoli non era solo un hobby stravagante per l'élite Romana, era una manifestazione tangibile della potenza e della ricchezza dell'impero, qualcosa che costituiva un fattore importante nel convincere la gente ad arruolarsi nelle auxilia.

Ma i cinesi non avrebbero spedito a Roma la seta in cambio di monete di rame senza valore – volevano l'oro e lo ottennero.
Poi, quell'oro è stato perso per sempre dall'Impero che, fondamentalmente, poteva produrre solo due cose: grano e truppe, nessuna delle quali poteva essere esportata a lunghe distanze.
Questa situazione spiega il graduale declino militare dell'Impero Romano. Col declino delle miniere di metallo prezioso, divenne sempre più difficile per gli imperatori reclutare le truppe.
 
La mancanza di un forte potere centrale portò l'Impero ad essere inghiottito in guerre civili; con l'esercito principalmente impegnato a combattere pezzi di sé stesso e l'Impero che si divise in due parti: l'Oriente e l'Occidente.
Durante questa fase, il numero di truppe non era ridotto, ma la loro qualità era fortemente declinata. Dopo la riforma militare dell'Imperatore Diocleziano durante il terzo secolo DC, l'esercito Romano era formato principalmente di limitanei; non proprio un esercito ma una polizia di frontiera incapace di fermare qualsiasi tentativo serio da parte di stranieri di bucare i confini.
 
Per mantenere insieme l'Impero, gli Imperatori si affidarono ai “comitatenses” (chiamati anche con altri nomi), truppe mobili scelte che avrebbero tappato (o cercato di tappare) i buchi nel confine appena si formavano.
La combinazione di limitanei e comitatenses ha funzionato nel mantenere i barbari al di fuori dell'Impero per un po'. Ma l'emorragia di oro e argento continuava.
 
Così, durante l'ultimo decennio dell'Impero, le paradigmatiche truppe Romane erano i “bucellarii”, un termine che significa “mangiatori di gallette”. Il nome si può interpretare come se implicasse che quelle truppe combattessero in cambio di cibo. Naturalmente questo poteva non essere sempre vero, ma è una chiara indicazione della scarsità di soldi del tempo
 
Ci sono anche rapporti di truppe pagate con ceramica e in qualche caso con della terra (questa seconda pratica potrebbe essere stata un fattore nella creazione del sistema feudale che ha sostituito l'Impero Romano in Europa).
In un certo senso, i Romani erano condannati dal loro “picco dell'oro” (ed anche dal “picco dell'argento”). A causa della perdita della fornitura del loro prezioso metallo, i Romani persero la loro capacità di controllare le proprie truppe e di conseguenza le loro risorse. E la potenza è niente senza controllo.
 
Ma l'Impero Romano non cadde solo perché fu invaso da stranieri o perché si spaccò in molteplici settori. Sperimentò un collasso sistemico che non era solo un collasso militare, coinvolgeva l'intera economia e anche i sistemi sociale ed economico. >>
 
UGO BARDI
 

(continua)

23 commenti:

  1. Una storia interessante, non ne avevo la più pallida idea. Così a prima vista però non mi sembra del tutto credibile. Le cause o ipotesi della caduta dell'impero romano sono circa 200. Per Edward Gibbon una delle principali fu il cristianesimo. A me sembra anche l'eccessiva estensione dell'impero ormai ingestibile: le invasioni barbare non potevano essere fermate, anche se spesso i barbari erano solo alcune migliaia.
    Neanche gli USA riescono a tenere sotto controllo il mondo intero come vorrebbero, pur avendo 700 basi militari ovunque.

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  2. << Per Edward Gibbon una delle principali fu il cristianesimo. >>

    Caro Sergio, so che Gibbons fu un grande storico e che si occupò molto dell'Impero Romano, ma questa non mi convince proprio per nulla.
    Le religioni in genere - quando sono molto diffuse - sono il cemento culturale degli imperi: non li fanno cadere, ma li rafforzano.
    Tenderei quindi a rovesciare il rapporto di causa ed effetto: prima venne la crisi dell'Impero (per altri motivi) e poi, come conseguenza, la diffusione del Cristianesimo,

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    1. Secondo alcuni, il cristianesimo non e' una religione normale, e' la religione che per prima (almeno in occidente) ha messo in discussione le religioni precedenti nel loro fondamento di "idola tribus", il Dio che scende fra il suo popolo per farsi mettere in croce e' quanto di piu' polemico ci possa essere verso la religione come cemento statuale, in cui Dio e' il garante della potenza della tribu'.
      Il cristianesimo e' la religione della decrescita, della rinuncia, degli schiavi che rifiutano il concetto di gerarchia, della obbedienza a Dio e non allo Stato, quindi potrebbe benissimo essere concausa dell'indebolimento e fine dell'impero, sfido che Bardi quindi sia alla ricerca di altre cause ;) (le soluzioni piu' ovvie e semplici quasi sempre sono quelle vere)

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    2. Caro Diaz, credo che sia molto difficile interpretare correttamente, a distanza di 2.000 anni, le caratteristiche ideologiche del cristianesimo delle origini.
      Inoltre non va dimenticato che, all'epoca, di cristianesimi ce ne erano moltissimi e solo dopo lotte feroci (nel senso letterale del termine), una si è affermata come dottrina dominante, distruggendo tutte le altre come perfide e pericolose "eresie".
      Ma è difficile dire se sia stata la dottrina poi risultata vincente a guidare gli eventi storici dell'Impero o non magari l'inverso.

      Comunque apprezzo molto il tuo riferimento finale al "rasoio di Occam" che è sempre una guida eccellente per interpretare gli eventi.

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  3. A volte sono un cemento, caro Lumen, e a volte un solvente.
    Che il cristianesimo abbia contribuito a far perdere l'antico spirito battagliero di italici e provinciali romanizzati, è ovvio. Altrettanto il fatto che la Chiesa abbia sacrificato al proprio culto il concetto classico di Romanitas. Se i Vandali, quattro gatti, sottomisero l'Africa romana, è perché non c era neanche la volontà di resistere, non c era senso civico, niente attaccamento a Roma.
    E' vero, come dici tu, che una crisi per altre ragioni era venuta prima, quella che travaglia l'impero nel III sec., ma bene o male era stata superata; l'impero era stato ristrutturato e ne era venuto fuori. Il fatto è che il pacchetto della ristrutturazione conteneva un ingrediente marcio, quella schifezza di religione che ci troviamo ancora fra i piedi. Tu guarda come hanno combattuto in Giappone il cristianesimo, dove sarebbe finita la società giapponese tradizionale sotto l'influenza degli occidentali cristiani? La differenza è che lì hanno combattuto i cristiani sul serio, mentre i Romani hanno scherzato, senza capire la minaccia mortale.

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    1. Caro Francesco, è vero: le religioni, come dici tu con una bella immagine, sono "a volte cemento e a volte solvente".
      Io però nell'interpetare il declino di una civiltà mi trovo in genere a dare la prevalenza agli elementi più oggettivi (energia, ambiente, agricoltura, burocrazia, esercito) che non a quelli culturali.
      Certo, quando una civiltà declina anche il suo spirito guerriero se ne va, magari infiacchito da una nuova religione più imbelle della percedente. Ma io tendo a vedere le due cose più come collegate che come causali.

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    2. Rilevando i limiti della storiografia d'indirizzo marxista, Momigliano spiegava che "la malattia, la morte, l'amore, la crudeltà e la follia sono altrettanto reali fatti storici quanto l'ingiustizia sociale". Non credo si possa ritenere arbitrario questo elenco, perché i fattori culturali tendono non solo a essere determinati da quelli materiali, ma anche a determinarli a loro volta (se l'impero ottomano ha cominciato la strada della modernizzazione con tre secoli di ritardo rispetto all'Europa occidentale, è stato ovviamente per via della sua religione, per esempio. Continuo a fare paragoni esorbitanti, porta pazienza...). Così, per un verso la crisi del III secolo ha senz'altro favorito la proliferazione dei cristiani (Ewa Wipszycka, moglie di Benedetto Bravo, metteva bene in chiaro il punto nel suo testo sulla storia della chiesa antica; poche conversioni fino a quando resse l'economia; poi una pioggia, di fronte allo scontento sormontante, dal III sec. in poi), dall'altro l'affermazione del cristianesimo ha cambiato volto alla civiltà romana, interferendo con gli elementi più oggettivi. Hai ragione senz'altro nel dire che venne prima la crisi per altri motivi.

      @Sergio, la crisi inflazionistica c era già prima rispetto a Diocleziano; continuò sotto di lui, e il suo editto dei prezzi per risolverla è stato il suo fallimento più grande (dopo la persecuzione contro i cristiani, ovviamente).
      Quella serie è splendida, mi dispiace non abbiano più fatto una terza stagione, mi trovo del tutto d'accordo con te.
      Sulla ricezione del cristianesimo, direi che l'ipocrisia cristiana si è manifestata fin da subito, già in quel momento. Per cui è singolare sì che l'abbiano accettato, molto meno il modo in cui l'hanno recepito.

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    3. "Quella serie è splendida, mi dispiace non abbiano più fatto una terza stagione, mi trovo del tutto d'accordo con te."

      Davvero, anche a me sarebbe piaciuta la continuazione. Io mi sono visto prima tutta la serie su Arte (canale culturale franco-tedesco, tre puntate a settimana il mercoledì - per otto settimane!), poi mi sono comprato i DVD e me la sono rivista tutta. Nonostante qualche sbavatura e falsificazione della storia (Cesarione figlio di Tito Pullo, Cesarione che sfugge a Ottaviano, l'uccisione "estetica" di Cicerone, qualche concessione di troppo al pubblico ecc.), veramente un grande spettacolo. Ci sono scene davvero forti, come l'assassinio di Cesare ("ista quidem vis est" - ma questa è violenza, dice all'assassino). Splendidi attori quelli che hanno interpretato Cesare, Antonio e Ottaviano, e Ottavia, Atia, Voreno, Pullo.

      Credo che i costi fossero eccessivi. Fra parentesi ci sono episodi "rifatti" per gli spettatori italiani, perché troppo crudi per la violenza e il linguaggio da trivio o taverna! Mica era uno scherzo rifare un episodio! Ma mamma RAI deve educare!
      Piacere del tuo apprezzamento (di un intenditore!)

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    4. Intenditore come chiunque altro, caro Sergio, però grazie davvero. La scena della morte di Cesare l'ho vista solo una volta, trovandola finanche commovente. Anche quella della fine di Bruto, che hanno chiaramente voluto rendere simmetrica, forse come una sorta di storico contrappasso. Mi è sembrato un riflesso dell'America liberale: contro la personalità di Cesare, il tiranno, hanno calcato parecchio la mano, mentre Bruto è stato nobilitato ad arte nella morte.
      Non so se la ricordi, ma quel passaggio - ora non saprei dire se è tutto un episodio o no - con la terribile fine di Duro (e il modo in cui Timone si sbarazza del corpo), e la tortura di Servilia, mi è sembrato quasi insostenibile.
      In effetti la Rai è nota per "rieditare", la censura si chiama così, al giorno d'oggi.

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    5. "... e la tortura di Servilia, mi è sembrato quasi insostenibile."

      Sì, una cosa orribile. Anche la fine di Duro. Chissà quanto di vero ci sia in questi episodi e se i Romani fossero davvero capaci di tali barbarie (penso di sì, del resto crocifiggevano i colpevoli - anche se non furono gli "inventori" di questa pena. Tito, delizia del genere umano per la sua mitezza, fece crocifiggere 1000 ebrei in Palestina in un solo giorno).
      A me Cesare è piaciuto molto. Sì, Bruto è idealizzato e la sua morte eroica (invece si suicidò).
      Sembra che fosse davvero il figlio di Cesare e di Servilia (quel "tu quoque fili mi" dunque ci stava ...).
      Divertene e inventata Azia, per me sorprendente Ottavia che mi ero sempre rappresentata diversa, "lanifica, domiseda". Ottavia arrivò ad Atene e tornò indietro perché Antonio le scrisse una lettera di ripudio. Una lettera, la parola: bastava, niente scenate o avvocati. Ammirevole comunque, si prese persino cura dei figli di Antonio e Cleopatra. Ho letto un libro favoloso, di Fulvio Sampoli: "Le grandi donne di Roma antica", Newton&Compton 2003.

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  4. Caro Lumen,
    credo che tu Gibbon lo conosca per sentito dire, mentre per me Gibbon è .... Gibbon (diciamo un autore importante). Gibbon non era credente e il suo capolavoro, "Storia della decadenza e caduta dell'impero romano" è ovviamente un po' di parte, non del tutto obbiettivo. Comunque il cristianesimo sarebbe solo una concausa dello sconquasso. Il cristanesimo diventa comunque ideologia fondante dell'impero solo a partire da Costantino, cioè nel quarto secolo. L'impero però era andato incontro a grandi crisi già prima, per es. con la spaventosa inflazione sotto Diocleziano (284-305). In che misura l'opera corrosiva del cristianesimo avesse già intaccato (non dico minato) le basi del sistema è impossibile dire. Forse in misura minima. Ma Costantino trovò nel cristianesimo un'ideologia su misura per lui: Un solo Dio in cielo, un solo Dio in terra (ovviamente lui). Penso che il cristianesimo abbia trovato in lui l'alfiere ideale per espandersi e infettare l'intero organismo.
    È singolare che un popolo come i Romani, guerrieri imperialisti banditi ecc., abbia potuto far sua un'ideologia da smidollati come il cristianesimo. Che oltretutto valeva per il popolo bue, mentre nelle alte sfere si intrallazzava, rubava, uccideva, insomma si agiva come sempre, come prima più di prima.
    C'è una serie di 25 puntate, "Rome" (vedi Wikipedia), che mi sono "gustato" per ben due volte (25 ore x 2). Copre il periodo 58 a.C - 31 a.C.
    (conquista della Gallia - sconfitta di Antonio e Cleopatra ad Azio). Il racconto è in parte fedelmente storico, in parte fantastico o romanzato. Una cosa però salta agli occhi ed è verosimilmente autentica: l'incredibile brutalità dei Romani. Che però conoscevano anche loro valori intramontabili come l'onore, la fedeltà, l'amicizia, il coraggio, l'amor di patria (oggi superato sembra), i rapporti familiari. E la "parola data". Ida Magli non esclude che il famoso "il vostro dire sia sì sì, no no" di Gesù sia di ascendenza romana.

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  5. << È singolare che un popolo come i Romani, guerrieri imperialisti banditi ecc., abbia potuto far sua un'ideologia da smidollati come il cristianesimo. >>

    E' vero, Sergio; si tratta di una cosa davvero singolare.
    D'altra parte io credo che gli smidollati un po' idioti che andavano al martirio sorridendo fossero solo la faccia iniziale del cristianesimo.
    Non appena, grazie ai calcoli politici di quell'opportunista di Costantino, i creistiani presero la guida dell'impero, ecco che tutte le crudeltà e le efferatezze di cui erano capaci i Romani (cultori della legge, ma non del perdono), ritornarono subito fuori, ed il cristianesimo se ne impossessò rapidamente per combattere i suoi eretici.
    Pare impossibile che crudeltà e buonismo possano convivere in una stessa religione, ma è proprio quello che è avvenuto col cristinesimo.

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    1. Scusami se spezzo una lancia per "gli smidollati un po' idioti che andavano al martirio sorridendo". Erano povere vittime dell'ideologia, e anche se sorridevano sicuramente tremavano pure dalla paura. Lessi una volta in Gorki che i cosiddetti martiri in fondo erano dei testardi: non volevano mollare, volevano averla vinta loro, anche a costo di lasciarci le penne!
      Però io vedo in loro soprattutto delle vittime, non tanto dei carnefici romani, quanto delle loro idee fisse e della certezza del paradiso. Chissà quanti avranno avuto dei dubbi mentre affrontavano la prova! Non si può però nemmeno escludere che l'ideologia li avesse perfettamente immunizzati contro il dolore e la paura della morte, vedi tutti gli islamici che si fanno saltare in aria o si sono schiantati esaltati contro le torri gemelle.

      Certo è singolare il voltafaccia dei cristiani: prima rifiutavano il servizio militare (non uccidere!) e una volta al comando non hanno esitato a far fuori gli avversari. Singolare in quanto contraddice la loro ideologia (porgi l'altra guancia, perdona settanta volte sette, ama il prossimo tuo come te stesso).
      Ma come sarebbe stata la storia del mondo senza il cristianesimo? Forse meglio (meno fanatismo, meno guerre di religione e proselitismo aggressivo), forse peggio (qualcosa di buono il cristianesimo pur predicava). Non possiamo purtroppo avere la controprova. Un pensiero di Stendhal mi colpì quando lo lessi da ragazzo: che anche senza il cristianesimo i costumi si sarebbero naturalmente addolciti in virtù del progresso e della civilizzazione. Possibile, ma anche qui manca la controprova.

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  6. << Un pensiero di Stendhal mi colpì quando lo lessi da ragazzo: che anche senza il cristianesimo i costumi si sarebbero naturalmente addolciti in virtù del progresso e della civilizzazione. >>

    Un pensiero molto profondo, che condivido anche io.
    Credo che il cristianesimo, come ideologia guida del mondo occidentale, sia stato parecchio sopravvalutato: forse non ne è stata la guida, ma solo lo specchio.

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    1. A mio modesto parere, il cristianesimo estende l'idea, originale dei romani, di Legge che e' al di sopra di tutti, anche dell'imperatore, innalzandola come Dio. Quindi e' di fatto estensore della romanita', allargandone il dominio a tutti gli uomini (che sono uguali di fronte a Dio = la Legge), proseguendone cosi' la prevalenza in occidente fino ai giorni nostri.
      L'innovazione e' totale e fondamentale per il nostro occidente, non e' una malattia dello spirito come sembrate considerarla.

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  7. << il cristianesimo estende l'idea, originale dei romani, di Legge che e' al di sopra di tutti, anche dell'imperatore, innalzandola come Dio. >>

    Una considerazione molto interessante, caro Diaz, che - devo ammetterlo - mi convince parecchio.
    In effetti, uno dei concetti più importanti di cui può fregiarsi l'occidente è proprio quello della superiorità della legge su tutto e su tutti, come alternativa all'arbitrio soggettivo del tiranno.

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    1. Esatto, l'idea di partenza e' innovazione romana (lo Stato moderno lo inventano loro), ma e' il cristianesimo che la estende dalla cittadinanza romana all'umanita' tutta, superando in ambito religioso il tradizionale giudaismo del Dio visto come protettore della tribu' eletta (cosa tipica di tutte le religioni peraltro, che nell'islam, di ascendenza anch'esso adamitica, ritorna, e che nel cristianesimo stesso ha ritorni di fiamma - ma questa e' una costante antropologica). In questa ottica, si puo' considerare il cristianesimo legittimo erede della romanita', la cui idea fondamentale cosi' estesa domina per almeno altri 1000 anni oltre la data fatidica che la Storia ci insegna. E sempre dalla stessa citta'.

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    2. Quello che dici va bene (forse) in una storia della filosofia. La storia invece è un'altra cosa. Costantino fece assassinare la moglie e il figlio e non fece altro tutta la vita che uccidere i suoi nemici. La chiesa (ortodossa) l'ha elevato agli onori degli altari. Questo è poco noto. Santo è un altro grande guerriero, Carlo Magno, perché favorì la Chiesa. Anche lui non fece che ammazzare gente tutta la vita. Queste canonizzazioni sono dimenticate e rimosse perché piuttosto imbarazzanti. Ma la Chiesa si è macchiata di molti altri delitti anche perché è durata molto più a lungo, quasi due millenni. Karlheinz Deschner, recentemente scomparso, ha raccolto in dieci volumi la storia dei crimini del cristianesimo (titolo ufficiale infelice: Storia criminale del cristianesimo, però calco fedele del titolo tedesco). Non si è naturalmente inventato nulla: ha attinto alle fonti ufficiali, fatti noti e stranoti, ma ora messi in fila facilmente reperibili nella sua opera alla quale ha atteso per 27 anni (il primo volume è del 1986, l'ultimo è uscito l'anno scorso).
      Se la mettiamo sul piano filosofico possiamo discorrere all'infinito e in termini, per il povero credente cristiano, assolutamente incomprensibili. Se invece badiamo ai fatti - incontrovertibili - allora il discorso si fa più semplice, chiaro e comprensibile. Del resto lo stesso Gesù diceva se non sbaglio: "li conoscerete dai frutti". Frutti amari, nonostante le opere caritative con cui la Chiesa ha cercato e ottenuto consensi. Ma ormai è finita: la carità non la vuole nessuno, ci sono diritti da rispettare e a questo deve pensare lo Stato, non è compito della Chiesa. E con ciò la Chiesa, nonostante Francesco, ha chiuso perché la teologia ormai è defunta, non interessa più nessuno. Nemmeno i preti parlano più della fede, di inferno e paradiso (i novissimi: morte - giudizio - inferno - paradiso). Perché sanno che fanno ormai ridere (sì, ci sono ancora dei pazzi, tipo Radio Maria, ma sono fuori dal mondo).

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    3. E' da un bel pezzo che lo Stato si e' sostituito alla Chiesa in tutti i suoi aspetti, quindi dall'osservazione che "la Chiesa, nonostante Francesco, ha chiuso" passerei a concentrare la mia attenzione su cio' e come l'ha sostituita, che e' l'emergenza concreta e attuale, e che purtroppo comincia a far ridere anch'essa tanto sta degenerando, nell'indifferenza generale. Nel passato non sono mai esistiti strumenti di controllo e dominio burocratico totali come quelli che abbiamo adesso, se ci sono (forse) meno morti e' solo per questo: non servono, il controllo e' molto piu' subdolo e completo, e' all'origine.
      Ne' vale dire che l'attualita' e' "espressione democratica": anche la Chiesa lo era a suo modo, era espressione del mondo in cui stava.

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    4. "Nel passato non sono mai esistiti strumenti di controllo e dominio burocratico totali come quelli che abbiamo adesso."

      È vero, ma ciò dipende da due fattori: la rivoluzione tecnologica e l'esplosione demografica che si condizionano a vicenda. Il continuo aumento della popolazione rende necessario un maggiore controllo, che è sempre più invadente, anzi capillare (manca ormai solo il chip incorporato, magari già alla nascita). L'incremento demografico ha però anche favorito la rivoluzione tecnologica (più mercati, più innovazione, più attori sulla scena, più nuove scoperte). I risultati di questo mix non sono però esaltanti, anzi si può temere il peggio, sui due versanti (Orwell al cubo, collasso ecologico). Non c'è praticamente soluzione (a meno che "color che sanno" - probabilmente pochissimi - non abbiano l'asso nella manica da calare al momento giusto. Magari un paio di atomiche per semplificare il discorso.

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  8. << la teologia ormai è defunta, non interessa più nessuno. Nemmeno i preti parlano più della fede, di inferno e paradiso >>

    E' vero, caro Sergio, ed anche sorprendente per certi versi, ma solo sino a un certo punto.
    In fondo, sono i migliori esperti di marketing del pianeta e sanno benissimo quali corde toccare, a seconda dei momenti storici che attraversano.
    Nel medioevo trionfava l'infermo, poi fu la volta del paradiso; adesso fanno i buonisti minimalisti (domani chissà ?).

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    1. Ma ormai nemmeno il marketing li può salvare: tutti ormai - compresi i preti - vogliono una buona vita "quaggiù", e direi a ragione. Io penso che in cuor suo Bergoglio sappia che la partita è perduta, ma deve tener duro, anche per compiacere l'Unione Europea e Napolitano che contano sulla Chiesa per tenere a freno le masse comprensibilmente scontente. A volte m'immagino che Bergoglio si affacci su Piazza S. Pietro e dichiari bancarotta. Poi, finalmente, potrebbe banchettare e amoreggiare anche lui, è suo diritto, anzi è un diritto umano rallegrarsi dell'esistenza. Una persona allegra rallegra anche gli altri - che si può volere di più? Non ci dicevano sempre i preti che un cristiano non può esser triste? La tristezza e il pessimismo infatti contagiano e creano un'atmosfera da incubo, rendono depressi. E si sa che i depressi non "rendono". Allora allegri, chi vuol esser lieto sia!

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  9. << A volte m'immagino che Bergoglio si affacci su Piazza S. Pietro e dichiari bancarotta. >>

    Dal punto di vista ideologico, può anche darsi che siano vicini al tracollo (ma ne dubito); dal punto di vista economico, invece, siamo ancora molto, ma molto lontani.
    Prima di finire il tesoro di San Pietro, questi, possono andare avanti per secoli....

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