domenica 30 marzo 2025

L'altra Bibbia

Ho già parlato, in alcuni post precedenti, dei libri di Mauro Biglino e della sua interpretazione letterale della Bibbia.
Un'interpretazione che non solo rivoluziona il significato degli eventi narrati, ma, soprattutto, trasforma la Bibbia da libro sacro, che parla di un unico Dio, in una narrativa epica, ricca di personaggi e di avventure, come accade per l'Iliade, l'Odissea e gli altri testi leggendari delle culture antiche.
Portata alle sue estreme conseguenze, la storia della Bibbia sarebbe il racconto della discesa sulla Terra di una civiltà aliena molto progredita e della sua interazione con gli esseri che ci vivevano.
A questo argomento è dedicato il pezzo di oggi, che mi è stato mandato dall'amico Roberto Duria.
Io, personalmente, non credo a questa teoria, perchè la presenza degli alieni è scientificamente molto improbabile, ma è certo che la versione ufficiale della Bibbia, oltre che incoerente, è ancora più improbabile.
La mia conclusione pertanto, (usando il rasoio di Occam), è che la Bibbia sia semplicemente un'opera di fantasia.
LUMEN


<< Nel 2009 Gian Antonio Stella pubblicava un libro in cui ho trovato un accenno alla doppia creazione, quella meglio conosciuta e descritta nel primo libro della Bibbia e quella sottaciuta, di molto anteriore ma che ha una sua precisa ragion d’essere. Quando Caino fu maledetto per aver ucciso suo fratello e fu allontanato dal recinto in cui i suoi genitori erano stati creati, si lamentò dicendo: “Chiunque m’incontrerà potrà uccidermi”. Se fossero stati solo in quattro sulla Terra, anzi in tre visto che Abele era appena stato tolto di mezzo, chi avrebbe potuto uccidere Caino? Sembra ovvio che dovevano esserci altre popolazioni umane, da qualche parte, non precisamente amichevoli verso gli occupanti del recinto sacro chiamato Giardino dell’Eden.

Che ci siano state due creazioni anziché una, l’ho imparato da Mauro Biglino, anche se non saprei dire quando sia avvenuta la seconda, quella che conosciamo meglio, né tanto meno la prima, che probabilmente risale alla notte dei tempi. Ad operare tali interventi di manipolazione genetica erano sempre gli stessi, quegli Elohim che i sumeri chiamavano Anunnaki e che, letteralmente, “caddero dal cielo”. Tra di essi non c’erano solo militari, ingegneri e piloti, ma anche scienziati genetisti, ed è a questi ultimi che si deve attribuire la presenza della specie umana su questo pianeta, poiché strutturalmente siamo mezzi Dei e mezze bestie, una via di mezzo, un ibrido umano-alieno.

Siccome per me, come metodo d’indagine, sono importanti i “riscontri incrociati”, ovvero che ci siano due fonti, diverse e separate, che giungono alle stesse conclusioni, mi sembra altamente verosimile che le manipolazioni genetiche atte a creare bipedi senzienti siano state due, e non una sola. L’idea non se l’è inventata Biglino, ma nasce già nel Diciassettesimo secolo, o forse anche prima, e viene così riportata da Gian Antonio Stella:

“Nel 1655 il francese Isaac La Peyrère, un protestante discendente da ebrei, fornì la prima esposizione completa della teoria che Adamo non fosse il primo uomo ma solo il primo ebreo. La teoria della poligenesi, o delle origini umane multiple, sfidava la dottrina ortodossa di una creazione unica e di “un solo sangue” per tutta l’umanità, e poteva dar luogo ad applicazioni di carattere decisamente razzista. Se Adamo ed Eva dovevano essere ritenuti semplicemente bianchi piuttosto che specificamente ebrei, e se i predecessori di Adamo venivano considerati neri e inferiori (da collocarsi in una posizione intermedia tra i discendenti di Adamo e le bestie del campo create in precedenza), gli africani potevano essere privati delle prerogative di esseri umani in maniera ancor più efficace che evocando la maledizione camitica”.

L’ipotesi poligenetica fu respinta dai padri della Chiesa perché poteva fornire una base razzista a quanti volessero trarre profitto dalla schiavitù, ma nella vita reale del mondo, sia cattolico che protestante, non servì a nulla ribadire che l’umanità fu creata una sola volta e che dunque siamo tutti fratelli, perché il soldo comanda e quando ci fu da guadagnare, gli schiavisti non si tirarono indietro per motivi morali, ma trattarono i negri alla stregua di bestie, spesso anche con l’avallo del clero cristiano.

E in fatto di razzismo, più o meno convalidato dalle Sacre Scritture, non c’era differenza tra ebrei, cristiani e musulmani, i primi perché si consideravano popolo eletto, i secondi perché hanno sempre fatto dell’ipocrisia la loro colonna portante in quanto a dottrina e i terzi, i musulmani, perché anche Maometto aveva servi, serve, dromedari, asini, pecore, capre e altre risorse umane, in maniera del tutto coerente con la visione del mondo allora conosciuto, greco e romano.

E’ noto quanto Aristotele, il più grande scienziato filosofo dell’antichità, fosse favorevole all’uso degli schiavi. Nulla di scandaloso, dunque, se degli uomini rendevano schiavi altri uomini e a ben guardare, se facciamo un giro nelle campagne del Meridione d’Italia, potremmo informarci su cosa sia il cosiddetto Caporalato e su quanto guadagnano all’ora i contadini di colore impiegati nei campi di pomodori.

Ma torniamo alla doppia creazione. Che scopo aveva la prima, quella non descritta nella Bibbia ma che sicuramente deve esserci stata? Si dice che agli alieni appena sbarcati serviva mano d’opera e per i loro scienziati non ci fu niente di più facile che sbizzarrirsi con gli incroci tra scimmie, magari immettendo in esse parte dei loro stessi geni. E’ probabile che tali manipolazioni siano andate avanti per un bel po’, attraverso tentativi ed errori. Pasticciando con i geni, facendo con essi taglia e cuci, non si sapeva cosa sarebbe saltato fuori, se prole funzionale o inadatta a sopravvivere, cioè se nascevano bambini con tutti gli organi a posto o dei mostri che erano destinati a morire entro breve tempo.

Di passaggio, volendo sperimentare a casaccio, per non dire ludicamente, avrebbero potuto creare ibridi mezzi umani e mezzi bestie, tipo centauri o minotauri, fauni o cinocefali. Avrebbero potuto strafare con le dimensioni, tipo giganti di varie misure, oppure anche grandi come puttini, quegli amorini alati che ritroviamo in molti dipinti dei pittori venuti secoli dopo. Si dice, riguardo a questi ultimi, che non sapessero parlare, ma che erano sempre fra i piedi e sempre in movimento come cagnolini. Che fine hanno fatto, ammesso e concesso che siano esistiti? Probabilmente, la stessa fine che hanno fatto tutti gli altri, ma se del Minotauro o dei centauri non sono mai stati trovati scheletri, che io sappia, dei giganti ne sono stati trovati parecchi, in varie parti del mondo, Sardegna compresa.

Abbiamo detto che lo scopo della prima creazione fu quello di produrre mano d’opera bruta, ma allora quale fu lo scopo della seconda, quella che ebbe per protagonisti una coppia ben precisa, ma che secondo Biglino non era l’unica, bensì una di diverse coppie di cavie? Sembra che lo scopo fosse quello di creare una casta di eletti più intelligenti dei precedenti, da utilizzare come gruppo privilegiato e da guidare alla conquista dei territori, come successivamente si legge nella Torah.

In questo senso, gli ebrei hanno, o per meglio dire avevano, ragione a considerarsi il popolo eletto. Gli Elohim che s’impegnarono nella loro creazione avevano bisogno di rapportarsi con gente dotata di intelletto, non di ottusi minatori che erano avvezzi solo ai lavori di fatica. Considerato che uno degli Elohim scelse una famiglia di discendenti da Adamo ed Eva, quella di Giacobbe, si capisce perché li addestrò militarmente allo scopo di conquistare la maggiore estensione di territorio possibile.

Ciò che Geova fece nel Medio Oriente, forse altri Elohim fecero nelle altre parti del mondo, dato che la guerra fra tribù e gruppi etnici è una costante della Storia, nonché patrimonio culturale di tutti i popoli, dai più selvaggi, che vivono nudi nelle foreste, ai più civilizzati che si sono organizzati in società gerarchiche, dotati di tecnologia militare sofisticata e micidiale. La guerra, insieme all’agricoltura, alla metallurgia e alla medicina, ce l’hanno insegnata gli Dei, i quali, dopo esser passati dal politeismo al monoteismo, hanno avuto la faccia tosta di presentarsi come un... d’amore. Niente di tutto ciò. Gli Dei hanno sempre fatto i loro propri interessi. >>

ROBERTO DURIA

lunedì 24 marzo 2025

Uomini e Donne - (4)

COPPIE IDEALI
Ma le coppie coniugali funzionano meglio se le due persone sono simili tra loro o se sono diverse ?
La saggezza popolare non aiuta molto, perchè ci sono proverbi in entrambi i sensi. Si dice infatti che “chi si somiglia si piglia”, ma si dice anche che “gli opposti si attraggono”.
Io penso che possano essere validi entrambi i principi, ma con una diffenza nel campo di applicazione.
Nel senso che è meglio che le due persone si assomiglino per quanto riguarda i valori fondamentali della vita, in modo da poter avere una priorità di valori simile, mentre è utile che siano diversi nelle loro abilità pratiche, in modo che ciascuno abbia bisaogno dell'altro, e lo possa apprezzare per questo.
LUMEN


IL PARADOSSO DELL'AMORE
A proposito dei tanti paradossi che complicano la vita dell'uomo (e della donna), mi viene in mente la riflessione sconsolata, a metà fra la tristezza e l'ironia, di un noto miliardario americano:
<< Non so quanto pagherei per un amore disinteressato >>.
E' un paradosso senza soluzione, che però può spiegare molte cose.
A cominciare dal fatto che, come diceva il titolo di una famosa telenovela, “anche i ricchi piangono”.
LUMEN


DONNE INFELICI
Leggo sul Corriere della Sera che, secondo lo psicologo Raffaele Morelli, “le più infelici sono le donne belle dopo i 40 anni”.
L'affermazione non è solo plausibile, ma anche inevitabile.
Se è vero che la felicità e l'infelicità sono legate al nostro senso di superiorità, è anche vero che gli uomini e le donne perseguono la superiorità in modi diversi.
Le donne cercano principalmente la superiorità nella bellezza, gli uomini nella ricchezza e nel potere.
Purtroppo la bellezza, per quanto abbagliante, è destinata a sfiorire verso la mezza età, mentre la ricchezza ed il potere, salvo sfortunati imprevisti, possono accompagnare un uomo per tutta la vita.
E' vero che le donne belle possono avere lunghi anni di intensa fecilità, ma poi, purtroppo, ne pagano il prezzo.
LUMEN


L'APPETITO DELLE DONNE
A proposito del diverso appetito sessuale della maggioranza delle donne, considerato inferiore a quello, decisamente bulimico, degli uomini, ho letto sul web questa divertente metafora (di Uriel Fanelli):
<< Entrano nell'argomento sesso come una persona senza appetito entra in un ristorante. Se il cibo e' buono ne mangiano un pochino, ma anche un panino a casa andava bene. >>.
Chissà cosa ne pensano le signore....
LUMEN


MADRI E FIGLI
La lingua italiana (come tutte le lingue) è ricchissima di epiteti ingiuriosi, che hanno spesso una storia etimologica complicata, ma con una certa logica. 
Ci sono però le eccezioni. 
Riporto pari pari dal dizionario Treccani online: «Figlio di Puttana: Persona disonesta, corrotta, spregiudicata, capace di qualsiasi azione.»
L'epiteto è entrato talmente nell'uso comune, che nessuno ci fa più caso, ma pochi insulti appaiono più ingiusti ed ingenerosi di questo.
Anzitutto, una donna che fa quel mestiere non è una persona cattiva: può farlo perchè costretta dalle circostanze della vita o anche per una scelta autonoma, ma in ogni caso, nonostante il disprezzo sociale, non fa del male a nessuno, anzi.
In secondo luogo, gli eventuali figli di queste donne non hanno nessuna colpa per il mestiere della madre e, una volta venuti al mondo, non possono farci nulla.
Quindi, la prossima volta che ci viene in mente questo insulto, pensiamoci bene.
LUMEN

mercoledì 19 marzo 2025

Punti di Vista – 40

MILIARDARI SOCIAL
I social [media] non sono un posto neutro, un secchio infinito in cui riversare pareri, invettive, riflessioni, articoli e approfondimenti, foto di gattini e tutto il resto. No.
Sono uno strumento di guadagno e di consenso in mano a quattro-cinque soggetti che monopolizzano la circolazione planetaria delle informazioni, soggetti miliardari, per la precisione, e quindi, diciamo così, una specie di ufficio stampa planetario dell’oligarchia (soprattutto americana), che si avvale di alcuni miliardi di collaboratori a titolo gratuito: noi.
E basta una minuscola modifica di codici, un soffio informatico, a cambiare limiti e margini di libertà, a stringere o aprire, a consentire o vietare, a dirigere il flusso.
ALESSANDRO ROBECCHI (Sito personale)


IL CONSERVATORE CONTROCORRENTE
In un mondo in cui i rapporti di forza sono totalmente squilibrati a vantaggio di un capitalismo finanziario del quale tutti, a chiacchiere, riconoscono l’instabilità e l’irrazionali, in un sistema che fa dello sradicamento degli individui e della distruzione delle istituzioni (da quelle create nel secondo dopoguerra, come lo stato sociale, a quelle di tradizione più antica, come la famiglia) uno strumento di dominio delle masse, di rimozione della loro identità, (…) vendendoci questa nostra sconfitta come un elemento di progresso, in un mondo, in estrema sintesi, che moltiplica i diritti civili da barattarci in cambio dei nostri diritti sociali e politici, in nome di una ipocrita liturgia del “progresso”, in questo mondo credo che esista un unico modo di schierarsi a difesa di quella che la nostra Costituzione chiama “un’esistenza libera e dignitosa”: essere conservatore. (…)
Mi è chiaro il progresso che la rivoluzione industriale ha recato (se pure al costo di compromettere gli equilibri ecologici): siamo passati da un mondo in cui mangiare e vestirsi non erano cosa scontata a un mondo in cui questi e altri problemi, sia pure con enormi disparità geografiche, sono risolti, o almeno sarebbero risolvibili.
Ecco: sarebbero risolvibili, se si capisse che certi processi non sono meramente tecnici, ma intrinsecamente politici, e come tali vanno compresi e gestiti. Vale per il progresso tecnologico, e vale per l’immigrazione.
Non gestirle espone al rischio di reazioni irrazionali (luddismo, razzismo), nonché al rischio di tornare a un mondo in cui mangiare e vestirsi non siano cosa scontata.
ALBERTO BAGNAI (Sollevazione)


CUM GRANO SALIS
Che cosa ci insegna l'elezione al Parlamento europeo dI Ilaria Salis (avvenuta nel giugno 2024 - NdL), [già] condannata in Italia per alcuni reati ed ultimamente reclusa in attesa di processo a Budapest, dove la si accusava di avere preso parte ai pestaggi di due cittadini ungheresi?
Nulla di nuovo, ma ce lo insegna con rara chiarezza.
Le persone che hanno scritto il suo nome sulla scheda elettorale (sembra più di 175 mila) non possono essere state persuase dal suo programma: non ne aveva uno, o se lo aveva non poteva esporlo agli elettori, trovandosi in arresto. Né dai suoi trascorsi mandati, non avendo mai ricoperto la carica.
Perché allora hanno votato proprio lei?
Per tanti immaginabili motivi: per la sua storia, per gli ideali che incarna, per salvarla da un procedimento giudiziario considerato ingiusto o comunque troppo severo, per fare dispetto a un governo ritenuto ostile e agli avversari politici che si auguravano una condanna esemplare.
Tutte ottime ragioni per chi l'ha votata, sennonché c'è un dettaglio: che nessuna di esse ha a che fare con ciò che ci hanno raccontato essere la democrazia.
In quest'ultima, ci hanno detto, gli eletti rappresentano la volontà, non l'identità degli elettori. Entrambe le condizioni possono verificarsi, ma la prima è necessaria, la seconda accessoria.
Ciò che distingue l'eletto da uno qualsiasi dei suoi elettori dovrebbe essere il fatto di avere non solo la «giusta» visione delle cose, ma specialmente la capacità di tradurla prima in un programma e poi in provvedimenti, o alla peggio in un'azione di contrasto ai provvedimenti contrari. (...)
L'operazione Salis dice che si vota per essere, non per agire.
IL PEDANTE (Il Pedante)


CRITICA OCCIDENTALE
C’è un video che ossessiona tutti, dappertutto, in cui [Federico] Rampini dice che soltanto l’Occidente parla male di se stesso nei corsi di storia e di sociologia delle sue università.
Rampini descrive questo fatto come sommamente anti-occidentale senza rendersi conto che è sommamente filo-occidentale.
L’uso critico delle fonti storiche è tipicamente occidentale. Se un professore universitario spiega in aula che l’Occidente ha commesso massacri e genocidi, questa è una cosa occidentalissima.
L’illuminismo, che invita a usare la ragione in modo critico, è nato in Occidente mica in Arabia Saudita.
Con molto rispetto, vorrei capire che tipo di università Rampini vorrebbe per l'Italia e per l’Occidente. Se Rampini vuole un’università in cui si parli dell’Occidente come ne parla il Corriere della Sera - faziosamente e con i paraocchi a fini apologetici (...) - allora Rampini vuole un’università anti-occidentale. (...)
Il liberalismo italiano, purtroppo, ha sempre subito questa fascinazione autoritaria. È una cosa di cui i liberali italiani non riescono proprio a liberarsi.
ALESSANDRO ORSINI (Facebook)

venerdì 14 marzo 2025

I tempi dell'evoluzione (Dawkins vs. Gould)

Una delle questioni più interessanti di cui si occupa il darwinismo moderno è quella della scala temporale.
Ovvero: il ritmo dell'evoluzione è stato lento e sostanzialmente costante (come sostiene Dawkins) oppure ha avuto lunghi periodi di stasi intervallati da brevi periodi di accelerazione (come sostiene invece Gould) ?
Ce ne parla Aldo Piombino in questo interessante post tratto dal suo blog 'Scienza-e-dintorni' (LINK).
LUMEN


<< Richard Dawkins e Steven Jay Gould sono due dei principali pensatori sull'evoluzionismo degli ultimi 50 anni. Entrambi grandissimi scienziati ed appassionati divulgatori (ho avidamente letto molti dei libri che hanno scritto) - biologo l'inglese, paleontologo l'americano - hanno spesso polemizzato pubblicamente. Tempo fa mi sono dichiarato un Darwinista di stretta osservanza, (…) di confessione Dawkinsiana ('Il gene egoista'), ma che nel contempo strizza l'occhio agli equilibri punteggiati Gouldiani.

Su alcune cose non la penso come Darwin, ma semplicemente perchè la Scienza fa il suo corso e io ho accesso a una quantità di informazioni enormemente più grande di quella che aveva il naturalista inglese. Quindi andare “oltre Darwin” significa adeguare l'evoluzionismo con le conoscenze attuali, non che l'impianto fondamentale di “l'evoluzione delle specie” sia da buttare!

Ricordo alcuni "errori" di Darwin. In primis il grande naturalista inglese pensava alla mescolanze dei caratteri: è uno sbaglio ma all'epoca non aveva a disposizione né gli studi di Mendel né tantomeno conosceva l'esistenza del DNA: pertanto arrivare a capire che o prendi quel gene da un genitore o lo prendi dall'altro era molto improbabile.

Inoltre pensava che l'evoluzione procedesse in maniera lenta e continua. Invece gli equilibri punteggiati gouldiani prevedono dei momenti in cui l'evoluzione accelera il suo corso in mezzo a periodi di poche variazioni.

Gould, pensando a questi due aspetti, traeva delle conclusioni completamente differenti: non si riteneva (purtroppo è morto nel 2002) un darwinista di stretta osservanza e questo ha portato alcuni creazionisti a dire, forzando il significato di alcune sue frasi prese a caso, che Gould abbia sconfessato Darwin e – implicitamente – che sia stato un antievoluzionista. Roba da ricovero alla neurodeliri.

A questo punto mi dovrei porre il problema se sono un darwinista di stretta osservanza o no. Propendo per il “si”, nella convinzione che secondo me i messaggi principali sono “l'evoluzione è avvenuta, ma non grazie all'ereditarietà dei caratteri acquisiti”, ma grazie alla “sopravvivenza del più adatto”. 

Quanto alla velocità lenta e costante dell'evoluzione, Darwin nella sua formulazione è decisamente un gradualista estremo, forse anche un po' troppo. Però succede spesso che le nuove teorie quando vengono alla luce siano piuttosto semplici e successivamente, durante le ricerche in merito, il quadro, valido nell'impianto generale, si complichi un pò. E' il caso per esempio della Tettonica a zolle Crostali.

Poi bisogna calarsi nella sua epoca per capirlo. A parte che non conosceva ancora l'esistenza del DNA, l'immenso naturalista inglese nel suo gradualismo “totale” era forse anche condizionato dalla polemica fra “gradualisti” e “catastrofisti”: i gradualisti, capofila Lyell sostenevano che la Storia della Terra si era sempre svolta ad una certa velocità, quando invece i catastrofisti sostenevano degli scossoni che provocavano improvvisamente sollevamenti di montagne e estinzioni di massa.

Oggi i creazionisti puntano molto sul catastrofismo, come già nel XIX secolo. (...) Essendo ovviamente schierato dalla parte dei gradualisti, forse proprio per reazione ai catastrofisti, Darwin non poteva sicuramente pensare che ad una estrema gradualità dell'evoluzione. Oddio, ormai le idee gradualistiche stavano decisamente trionfando, ma nella concezione di uno scienziato c'è sempre un imprinting dettato dall'ambiente e dalle polemiche in cui si è svolta la sua formazione iniziale. 

Dopodichè appartengo alla “confessione” Dawkinsiana. Richard Dawkins sostiene una visione un po' estrema secondo la quale, alla fine, noi esseri viventi siamo semplicemente delle macchine che consentono ai geni di perdurare. Quindi procreiamo non per perpetuare la specie, ma perchè sono i nostri geni che ci dicono di farlo in modo che loro si possano perpetuare. Una visione estremistica ma che mi trova piuttosto d'accordo.

Il “gene egoista” è abbastanza chiaro e semplice: i geni sono i replicatori che sono sopravvissuti nel tempo e per sopravvivere (per propagarsi come replicatori) hanno costruito dei veicoli, cioè delle macchine di sopravvivenza (animali, vegetali, uomo): noi siamo macchine da sopravvivenza programmate per permettere ai nostri geni di replicarsi.

E' ovvio che solo i geni che danno le forme più adatte (spesso in coabitazione fra più geni) si riproducono. Anzi, i geni sono unità che sopravvivono "passando attraverso un gran numero di corpi successivi". I geni quindi vivono “milioni se non miliardi di anni”.

Veniamo ora agli equilibri punteggiati: l'idea parte dalle dinamiche della genetica ed in particolare dalla rapida evoluzione tipica di piccole popolazioni alla conquista di un nuovo ambiente.

Lo si vede sia in grande scala nel caso delle grandi radiazioni adattative (come quella dei primi placentati o quella delle forme nordamericane in Sudamerica alla formazione dell'istmo di Panama) o in piccola scala citando il classico esempio delle lucertole di Pod Mrcaru [che si modificarono notevolmente in pochi decenni, solo passando da una isoletta all'altra].

Si vede quindi che in effetti grandi cambiamenti possano avvenire in periodi di tempo limitati. E' questo il senso degli equilibri punteggiati Gouldiani: grandi salti in brevi lassi di tempo, mentre in periodi “normali” l'evoluzione procede con grande lentezza. Un andamento opposto all'estremo gradualismo darwiniano, ma che, ovviamente, non è uno scarico di Darwin e dell'evoluzione da parte di Gould. Anzi, direi tutt'altro. E' semplicemente una migliore precisazione di quello che succede. (...)

Io penso che, alla fine, Gould e Dawkins abbiano descritto due facce dello stesso problema. Gould parte dalla visione del paleontologo, che ha pochi reperti a disposizione, studia l'anatomia comparata, e cerca di capirne perchè vede pochi “anelli di congiunzione”. Dawkins è un biologo, nella cui visione i geni sono il sistema per leggere il passato. (...)

I geni sono sempre in lotta per la loro sopravvivenza contro altri geni e le mutazioni genetiche [lente] si sono dimostrate fondamentali non solo nella competizione preda/predatore, ma anche in risposta alle pressioni ambientali: se i geni non si fossero modificati nel tempo, difficilmente sarebbero sopravvissutiai tanti cambiamenti della Terra dalla loro apparizione.

Quindi, potersi modificare [lentamente] è stata una tattica vincente. Ma tutto questo non impedisce certo una evoluzione gouldiana: i geni specialmente in fasi di modifica ambientale o di conquista di nuovi ambienti sono molto “in pressione”, [e questo accade] quando sono più favoriti quelli che consentono dei cambiamenti anziché quelli che dimostrano tendenze più conservative. >>

ALDO PIOMBINO

sabato 8 marzo 2025

Pensierini – LXXXIV

VIVA GLI HOBBY
Dedicarsi al proprio Hobby preferito rappresenta, dopo il sesso, il passatempo più piacevole, quasi un vero 'scopo' della vita.
L'oggetto dell'hobby, di per sé, è irrilevante e può essere il più vario, perchè ognuno, in queste cose, deve seguire il proprio istinto naturale.
E' necessario però che l'hobby, per poter essere davvero piacevole e rilassante, rispetti queste 4 regole auree:
= Non deve essere competitivo, per tenere fuori lo stress che avvelena la vita di tutti i giorni.
= Non deve essere costoso, per non costringere a sacrifici economici o a rinunce
= Non deve avere conseguenze per gli altri, per non essere condizionati dalle loro esigenze.
= Non deve imporre scadenze o impegni, perchè il 'tempo libero' deve essere veramente libero.
Gli hobby che non rispettano queste condizioni potranno anche essere piacevoli, ma lo saranno solo in alcuni momenti, che non possiamo controllare; mentre un vero hobby deve essere piacevole sempre.
LUMEN


IPOCRITI INCONSAPEVOLI
Come esistono gli ipocriti per calcolo, che tutti ben conosciamo, così esistono anche gli ipocriti inconsapevoli.
Sono quelle persone che ammirano e sostengono determinati comportamenti sociale, teoricamente virtuosi ma potenzialmente dannosi, solo perchè non ne hanno mai subito le conseguenze sulla propria pelle.
Questo è il ritratto impietoso che ne ha fatto Marcello Veneziani: “ama i lontani e detesta i vicini, accoglie i migranti e respinge i residenti, idealizza l’umanità e schifa il popolo”.
Non si poteva dire meglio.
LUMEN


LA CORSA DELLA MODA
La moda non è altro che una corsa ad inseguimento che non ha mai fine,
Le persone ricche scelgono il loro look allo scopo specifico di distinguersi dalle persone comuni.
Queste, però, cercano di copiare il look dei ricchi per sentirsi come loro.
A quel punto, i ricchi decidono di cambiare il proprio look per distinguersi, ma le persone comuni li copiano nuovamente, e si continua così, all'infinito.
Non per nulla, in certi periodi storici, i vestiario era strettamente collegato al rango sociale ed era espressamente vietato dalla legge indossare gli abiti di un rango superiore.
LUMEN


POVERO MARX
C’è una famosa affermazione di Karl Marx che dice: “I filosofi hanno solo interpretato il mondo, ora si tratta di cambiarlo”.
E' una frase a suo modo affascinante, ma che risulta – ahimè – completamente errata.
Anzitutto i filosofi non hanno interpretato il mondo ma hanno solo cercato di farlo, senza però riuscirci (per riuscirci c'è voluta la scienza).
Ma soprattutto, cambiare il mondo (sottinteso: con la politica) non è possibile, perchè le uniche cose che cambiano davvero il mondo (nei limiti in cui può essere cambiato) sono le innovazioni tecniche.
La politica può solo gestire lo status quo, oppure aggiungere altre tragedie a quelle che già ci dispensa la natura.
Povero Marx. Lui è stato molto bravo nell'intuire che sono i rapporti economici a guidare la storia (il famoso 'materialismo storico'), ma avrebbe dovuto fermarsi lì.
LUMEN


AU CONTRAIRE
Una delle cose più tristi della politica italiana (ma forse non solo italiana) è che le opposizioni, salvo rarissime eccezioni, sono sempre contrarie alle proposte ed alle decisioni della maggioranza.
La cosa può sembrare ovvia, ma non lo è, perchè la maggioranza non può sbagliare sempre; le opposizioni invece sembrano contrarie per principio (a prescindere, come diceva Totò), qualunque sia il contenuto della proposta.
E questo vale per ogni legislatura, qualunque sia la parte politica che si trova al governo oppure all'opposizione, dando l'impressione che i partiti stiano badando più ai propri interessi elettorali (futuri) che a quelli della nazione.
Viene in mente quel tizio che, intervistato su quale fosse la propria opinione su un certo argomento, rispose candidamente: “sono di opinione contraria”.
LUMEN

lunedì 3 marzo 2025

Rondò Veneziani

Pensieri e riflessioni varie di Marcello Veneziani (giornalista e saggista di grande chiarezza), tratti dal suo sito personale (LINK della Homepage).
LUMEN



MALESSERE SOCIALE
Perché gli americani e il resto del mondo avvertono il declino nonostante i fattori economici, sociali, demografici, biologici dicano il contrario? (…)
Avvertono che la vita ha meno senso e valori, meno fondamenti, meno prospettive, meno sicurezze, meno legami e meno relazioni sociali.
Ovvero la decadenza di cui avvertono il sentore, non dipende da quei fattori, non è un fatto quantitativo, economico, materiale, ma è uno stato psicologico, esistenziale, spirituale. E questa diagnosi può allargarsi dagli Stati Uniti all’Europa, insomma all’Occidente più benestante.
È la solitudine, il nichilismo, l’insensatezza del vivere, la paura di subire violenza, di ammalarsi, d’invecchiare e di morire, a rendere la vita occidentale così piena di ombre, fantasmi, malesseri.
Quel che chiamano benessere è solo 'benavere': non è uno star bene ma un disporre di beni. Senza legami, senza fiducia, senza sicurezza, senza comunità. (…)
La comunità non va nella direzione in cui è andato il progressismo, almeno dagli anni sessanta a oggi.
Il progressismo liberal, e anche radical, ha sposato una serie di battaglie per i diritti civili e per l’emancipazione che minano i legami sociali più che saldarli o inventarne di nuovi, salvo occasionali movimenti e mobilitazioni.
Lo spirito progressista è individualismo libertario, liberazione dai legami comunitari, emancipazione da ogni orizzonte sociale, religioso e tradizionale.
MARCELLO VENEZIANI


ARTE E BANANE
Non è un pazzo né un cretino Justin Sun, il collezionista cinese che ha comprato per oltre 6 milioni di dollari la [famosa] 'Banana di Cattelan'.
Ha comprato in realtà uno spazio pubblicitario su tutti i media globali per quella cifra, ha avuto una notorietà e una rilevanza internazionali che gli daranno un ritorno, un profitto e una fama planetaria.
E non è un pazzo né un cretino Cattelan, che vende banane a così caro prezzo e aggiunge fama a fama, con quel che segue sulle quotazioni di mercato.
Il problema è il pianeta delle scimmie che abitiamo, che non sa più distinguere l’arte dal suo contrario, riconoscono solo per decreto mediatico un’opera d’arte anche in un comune frutto venuto dalla natura e sospeso nel nulla.
Gli ingredienti dell’operazione sono elementari, l’unico prerequisito è la riconoscibilità globale dell’artista; a un fruttivendolo non sarebbe andata altrettanto bene. (…)
Con la banana attaccata al vuoto siamo al nulla assoluto, il nirvana dell’arte, bananità come inanità. La bananità del male, per parafrasare Hannah Arendt.
Io non discuto l’operazione, la trovata, la libertà d’impresa, la notorietà derivata e perfino la vendita a quel prezzo. Discuto solo che si possa definire opera d’arte, e che possa essere affiancata o semplicemente denominata allo stesso modo della Pietà di Michelangelo o all’Ultima cena di Leonardo.
No, è un'operazione meta-commerciale. Surreale non è l’arte, ma il marketing.
MARCELLO VENEZIANI


LA NUOVA IPOCRISIA
Viviamo in un’epoca che inneggia alla libertà illimitata, elogia la trasgressione, denigra e denuncia ogni forma di autoritarismo, di costrizione, di pudore che proviene dal passato, dalla religione, dalla tradizione.
Ma poi, stranamente, è piena di censure, di squadre della buoncostume: questo non si può dire, quello non si può fare, vietato qui, proibito là.
È quello che possiamo chiamare il nuovo bigottismo dell’ipocrisia. Nascondere la realtà, omettere la verità, usare un linguaggio falso e fariseo, adottare la finzione come galateo e catechismo, cioè come norma etica ed estetica. (…)
Sappiamo bene che tante canzoni, tanti film, tanti libri in circolazione fino a pochi anni fa, oggi non sarebbero possibili con le nuove cataratte della censura woke.
Altro che la censura ai tempi della Rai di Bernabei, delle parrocchie al tempo di Pio XII o delle commissioni censura di Scalfaro e Andreotti; è molto peggio. (…)
Ma poi che demenza questa ossessione che dobbiamo tenere lontani i cittadini, come bambini permanenti, da ogni scena, da ogni canzone, da ogni testo o pagina di storia, reputate scabrose o violente, per non turbare la loro fragile mente e la loro fragilissima coscienza…
Ma è così deficiente il popolo sovrano?
MARCELLO VENEZIANI


L'OSSESSIONE DEL FASCISMO
Perché questa ossessiva necessità di maledire continuamente il fascismo?
[Perché] è l’unico modo, tramite la narrazione del male assoluto, per fondare, legittimare, giustificare la presente società come bene assoluto inconfutabile e per ricacciare nel male chi non è conforme al mainstream.
Ma il male non può identificarsi solo in un regime o un dittatore: nella storia dell’umanità, anche limitandosi alla sola modernità, male fu la dittatura della virtù tramite il Terrore giacobino, male fu lo sterminio e la persecuzione di popoli e dissidenti sotto il comunismo in tempi e mondi più vasti; male furono i genocidi di cui è costellato il novecento e questo primo quarto di secolo; male fu la bomba atomica sganciata sulle popolazioni civili; male è il fanatismo islamico, il terrorismo e ogni altro fanatismo; male è lo sfruttamento capitalistico dell’umanità e del mondo, l’asservimento di popoli, l’alienazione di massa, la riduzione dell’uomo, della donna, della natura a mezzi, strumenti, cose, attraverso varie ideologie e tecnologie, regimi e sistemi.
Il male è apparso nella storia in varie forme, indipendenti dal fascismo, se non opposte ad esso. E i mali d’oggi appartengono all’oggi, non al fascismo di ottant’anni fa o al patriarcato dei secoli passati.
MARCELLO VENEZIANI