domenica 7 dicembre 2025

Liberi Tutti

La morale sessuale della Chiesa Cattolica e sempre stata molto rigida e piena di divieti. Le cose però potrebbero cambiare con il nuovo papa Leone XIV, le cui aperture lasciano intravedere sviluppi inaspettati.
A queste aperture, che suscitano molta apprensione nei cattolici tradizionalisti, è dedicato il post di oggi, scritto da Chris Jackson per il blog (tradizionalista) Duc in Altum (LINK).
LUMEN


<< Torniamo su “Una caro. Elogio della monogamia”, la “Nota dottrinale sul valore del matrimonio come unione esclusiva e appartenenza reciproca” diffusa dal Dicastero per la dottrina della fede con l’approvazione di papa Prevost. Il documento si presenta come una meditazione sulla carità coniugale e in superficie suona abbastanza bene: linguaggio biblico su “una sola carne”, riverenti cenni a Giovanni Paolo II, qualche inchino d’obbligo all’”Humanae vitae” e all'”apertura alla vita” degli sposi cristiani.

Sotto la patina pia, il documento compie però un’operazione che va sottolineata. Sposta silenziosamente il centro del matrimonio dal legame divinamente istituito tra sesso e procreazione a una visione essenzialmente psicologica della “carità coniugale”, vissuta secondo un’antropologia fluida e terapeutica mutuata dalle più recenti sperimentazioni della Pontificia accademia per la vita.

Una volta osservato il modo in cui il testo cita Karol Wojtyła e riformula l'”apertura alla vita”, diventa chiaro cosa sta succedendo. “Una caro” non è un attacco frontale alla dottrina cattolica. È il cavallo di Troia parcheggiato appena dentro i cancelli: ancora avvolto nel vocabolario di Wojtyła, ma intriso della logica di cui gli ingegneri morali dell’Accademia avranno bisogno per giustificare la contraccezione artificiale e, in ultima analisi, le sterili “unioni” sessuali di ogni tipo. (...)

Invece di un muro a protezione del matrimonio, questa lettera è una porta sapientemente progettata. Il magistero più antico trattava il matrimonio in termini soprannaturali. (...) La “Casti connubii” di Pio XI parlava chiaramente: Dio ha attribuito all’atto coniugale un fine primario, la procreazione e l’educazione della prole, e un fine secondario, l’aiuto reciproco e il rimedio alla concupiscenza.

In questa tradizione, l’amore non è un sentimento libero di fluttuare e che crea il proprio significato. L’amore è ordinato dalla natura e dalla grazia. La carità coniugale abbraccia i figli perché è radicata nel disegno del Creatore. “Una caro” eredita il lessico, ma non la struttura portante. Parla con calore di carità coniugale e di “fecondità responsabile”, ma tratta costantemente la procreazione come un aspetto tra i tanti, un simbolo inserito in una narrazione più ampia di autorealizzazione, sostegno emotivo e “accompagnamento”.

Il cambiamento decisivo si manifesta nel paragrafo 145, la sezione in cui i ghostwriter di Leone si affidano a Karol Wojtyła per superare i limiti senza dare l’impressione di farlo. Ecco il nocciolo della questione. La lettera afferma: “L’unione sessuale, come espressione della carità coniugale, deve naturalmente rimanere aperta alla comunicazione della vita, anche se ciò non significa che questa debba essere una finalità esplicita di ogni atto sessuale. Possono infatti verificarsi [delle] situazioni legittime:

a) Che una coppia non possa avere figli. Karol Wojtyła lo spiega magnificamente quando ricorda che il matrimonio ha «una struttura interpersonale, è un’unione e una comunità di due persone […]. Per molte ragioni, il matrimonio può non diventare una famiglia, ma la mancanza di questa non lo priva del suo carattere essenziale. Infatti, la ragione interiore ed essenziale dell’esistenza del matrimonio non è solo quella di trasformarsi in una famiglia, ma soprattutto di costituire un’unione di due persone, un’unione duratura fondata sull’amore […]. Un matrimonio in cui non ci sono figli, senza colpa degli sposi, conserva il valore integrale dell’istituzione […] non perde nulla della sua importanza».

b) Che una coppia non ricerchi consapevolmente un certo atto sessuale come mezzo di procreazione. Lo afferma anche Wojtyła, sostenendo che un atto coniugale, che «essendo in sé un atto d’amore che unisce due persone, non può necessariamente essere considerato da loro come un mezzo di procreazione consapevole e desiderato».

Letto velocemente, il paragrafo può sembrare ortodosso. La Chiesa ha sempre riconosciuto i matrimoni sterili come veri matrimoni, e non ha mai preteso che gli sposi elaborassero nella loro immaginazione un’intenzione esplicita di avere un bambino prima di ogni abbraccio. Ma “Una Caro” non si limita a ricordarcelo. Il periodo “l’unione sessuale… deve naturalmente rimanere aperta alla comunicazione della vita, anche se ciò non significa che questo debba essere un obiettivo esplicito di ogni atto sessuale”, sposta già il baricentro. Dice in effetti: la storia generale dell'”apertura alla vita” della coppia è sufficiente, anche se atti particolari non vengono vissuti, qui e ora, in quell’orizzonte procreativo.

Il problema non è solo la cornice che circonda quella frase. La frase stessa viene utilizzata per introdurre un nuovo standard. Invece di chiedersi se questo atto concreto rispetti la struttura procreativa voluta da Dio, “Una caro” ci invita a chiederci se la relazione di coppia, considerata nel suo complesso, possa ancora essere descritta come “aperta alla vita”, anche quando i singoli atti sono chiusi nella pratica. Poi canonizza questo cambiamento elencandolo come una delle tre “situazioni legittime”.

Anche la clausola sul non “cercare consapevolmente” la procreazione in ogni atto diventa tossica in questo contesto. Nel contesto originale di Wojtyła potrebbe essere letta come un semplice promemoria del fatto che gli sposi non sono obbligati a formulare un’intenzione procreativa esplicita prima di ogni abbraccio. In “Una caro” la stessa frase viene strappata dal suo contesto e riproposta. Viene inserita come una delle “situazioni legittime” proprio per suggerire che il significato procreativo dell’atto può recedere in secondo piano, purché la narrazione interiore della coppia sulla “carità coniugale” rimanga intatta. (…)

La stessa logica che attenua la contraccezione finisce per minacciare l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità. Se il peso morale degli atti sessuali risiede principalmente nella loro capacità di esprimere “amore”, e se “l’apertura alla vita” non è più legata alla struttura intrinseca dell’atto ma a un atteggiamento diffuso di generosità e cura, allora l’argomentazione contro le “unioni” omosessuali è già indebolita.

Cosa impedisce a un teologo formatosi in questa nuova scuola di affermare che due uomini o due donne possano vivere una “carità coniugale” di reciproco dono di sé, servizio e “fecondità” intesa come adozione, impegno sociale o sostegno psicologico? Se l’orientamento procreativo dell’atto è stato ampiamente assorbito in una metafora di “generatività”, e l’uso concreto dei poteri generativi può essere bloccato per gravi motivi, quale barriera di principio rimane?

Documenti come “Fiducia supplicans” hanno già giocato su questo terreno benedicendo le coppie omosessuali in astratto, pur insistendo sul fatto che non stanno benedicendo l’unione “in quanto tale”. La nuova teologia morale dell’Accademia fornisce una giustificazione più profonda: l’attenzione è rivolta alla storia interpersonale, alla “gioia di vivere”, al discernimento della coscienza, non alla specie morale oggettiva degli atti.

Una volta abbandonato l’antico insegnamento di “Casti connubii”, secondo cui ci sono atti che, per loro natura, costituiscono gravi violazioni della legge del Creatore, indipendentemente dalle circostanze, il resto si disfa rapidamente. Il cavallo di Troia che introduce clandestinamente la contraccezione in città non si fermerà qui. >>

CHRIS JACKSON

martedì 2 dicembre 2025

Sensi di colpa

LUMEN - "Will Hunting - Genio ribelle" è un film che ho apprezzato molto, sia per la recitazione di Robin Williams che per la storia in sè

COPILOT - È un film che lascia il segno, vero? “Good Will Hunting” riesce a coniugare profondità emotiva, brillantezza intellettuale e una straordinaria umanità.

La performance di Robin Williams — intensa, misurata, piena di compassione — è uno dei ritratti più autentici di uno psicologo sul grande schermo. Il suo personaggio, Sean Maguire, non è solo un terapeuta: è un uomo ferito che riesce a incontrare Will proprio nel punto in cui entrambi sono vulnerabili.

La scena in cui dice “It’s not your fault” (Non è colpa tua) — ripetuta più volte finché Will crolla — è diventata quasi un archetipo del momento terapeutico di rottura e liberazione. E il film stesso è un inno alla possibilità di trasformazione attraverso la relazione, non solo attraverso l’intelletto.

LUMEN - Quella in effetti è proprio la frase risolutiva del film ed è fondamentale. Però vorrei che tu me la spiegassi bene. Per cosa avrebbe dovuto sentirsi in colpa il ragazzo ?

COPILOT - È una domanda cruciale, Lumen — e la risposta tocca il cuore del film. Quando Sean (Robin Williams) ripete a Will “It’s not your fault”, non sta semplicemente cercando di consolarlo. Sta smontando un meccanismo psichico profondo: la convinzione radicata che Will sia responsabile del dolore che ha subito.

= Il senso di colpa di Will: da dove nasce
Will Hunting è un ragazzo brillante, autodidatta, ma profondamente ferito. È cresciuto in un ambiente abusivo, con violenze fisiche e psicologiche. Come spesso accade nei bambini traumatizzati, Will ha interiorizzato l’idea che se è stato maltrattato, dev’essere colpa sua.
Questo è un meccanismo noto in psicologia infantile: il bambino preferisce pensare “sono cattivo” piuttosto che “il mondo è cattivo”, perché così mantiene un senso di controllo.

= Difese e maschere
Per proteggersi da quel dolore, Will ha costruito:
> Una corazza di sarcasmo e aggressività;
> Una fuga nell’intelligenza, usata come barriera emotiva;
> Relazioni superficiali, per evitare il rischio di ess ere ferito di nuovo.
Ma sotto tutto questo, c’è un nucleo di vergogna e colpa non elaborata.

= La frase risolutiva: “It’s not your fault”
Quando Sean glielo ripete, non è solo una frase. È un atto terapeutico: una ripetizione che scava, che sfida le difese, che cerca di far crollare il muro. Will inizialmente resiste, poi si spezza. E in quel momento, il trauma viene riconosciuto come ingiusto, esterno, non colpa sua.
È il momento in cui Will può finalmente perdonarsi, accettare di essere amato, e scegliere di vivere.

= Conclusione
Will non doveva sentirsi in colpa per essere stato abusato, per essere stato abbandonato, per aver sofferto. Ma la sua mente lo aveva convinto del contrario. La frase di Sean è il grimaldello che apre quella prigione interiore.

LUMEN – Hai detto: << Will ha interiorizzato l’idea che se è stato maltrattato, dev’essere colpa sua. Questo è un meccanismo noto in psicologia infantile: il bambino preferisce pensare “sono cattivo” piuttosto che “il mondo è cattivo”, perché così mantiene un senso di controllo. >>. Davvero la mente umana funziona così ? E' terribile.

COPILOT - Sì, Lumen, è terribile — e al tempo stesso profondamente umano. Quel meccanismo psicologico, noto come colpa introiettata, è una strategia di sopravvivenza mentale che molti bambini adottano in situazioni di abuso, trascuratezza o trauma. Non è razionale, ma è funzionale: meglio sentirsi colpevoli che impotenti, perché la colpa dà l’illusione di poter cambiare le cose.

= Perché il bambino sceglie la colpa
Il bambino dipende totalmente dagli adulti. Se l’adulto è violento o assente, ammettere che il mondo è cattivo sarebbe insopportabile.
Pensare “sono io il problema” permette di mantenere un senso di ordine: se mi comporto meglio, forse mi ameranno.
È una forma di magia difensiva: attribuire a sé il potere di influenzare ciò che in realtà è fuori controllo.

= Ma questa strategia ha un costo
La colpa introiettata diventa una ferita identitaria: il bambino cresce sentendosi sbagliato, indegno, invisibile.
Da adulto, può sviluppare:
> Paura dell’intimità (per non essere ferito di nuovo);
> Auto-sabotaggio (per confermare la propria indegnità);
> Difficoltà a ricevere amore o fiducia.

= La terapia come atto di liberazione
Frasi come “Non è colpa tua” non sono solo parole: sono atti di disinnesco psichico, che aiutano a riscrivere la narrazione interna. Ma ci vuole tempo, fiducia, e spesso una relazione terapeutica che sia diversa da tutte le altre vissute prima.

= Conclusione
Sì, la mente umana può funzionare così — e proprio per questo la psicanalisi, la psicoterapia, la narrazione e la relazione diventano strumenti di salvezza. Riconoscere quel meccanismo è già un passo verso la guarigione.

giovedì 27 novembre 2025

Eccezziunale veramente !

Prendo a prestito il titolo di un vecchio film goliardico con Diego Abatantuono per parlare invece di un argomento molto serio e scabroso, ovvero l'autoassoluzione che i popoli (praticamente tutti) concedono a se stessi quando commettono violenze ed atrocità, sulla base di un loro presunto 'eccezionalismo'.
Ce ne parla Uriel Fanelli in questo pezzo (tratto dal suo blog – LINK), che parte dall'attuale situazione socio-politica degli Stati Uniti, per allargarsi a considerazioni più generali.
LUMEN


<< Mentre in Europa lo si descrive con la solita etichetta preconfezionata — “divisivo” — Trump, in realtà, porta avanti un set di idee che hanno la funzione opposta: uniscono il paese sotto una sorta di comun denominatore che la stampa europea non riesce, o non vuole, ammettere. Alcuni americani militano nei repubblicani, altri militano nei democratici, ma TUTTI, o quasi, hanno le idee di Trump.

Prendiamo, per esempio, l’eccezionalismo americano. È quella convinzione infantile — ma rivestita da solenni discorsi e manuali di geopolitica — di essere, come popolo e come nazione, al di sopra del normale giudizio della storia, e perfino della morale. Una sorta di immunità diplomatica applicata alla coscienza.

Così, se le bombe al napalm sui villaggi sono cattive, quelle sganciate a stelle e strisce diventano improvvisamente buone. Se il genocidio è universalmente riprovevole, ma quello degli indiani d’America diventa una simpatica “espansione verso Ovest”. Se le armi di distruzione di massa sono il Male Assoluto, scopriamo che le atomiche su Hiroshima e Nagasaki si trasformano in atti di “necessità storica”. Una partita truccata, insomma, dove l’arbitro coincide con il giocatore. 

Seguendo il filo dell’eccezionalismo ci si accorge che non è un’invenzione americana, ma una vecchia abitudine umana.

Lo troviamo nei discorsi di Himmler alle SS, quando rivendicava per la “razza eletta” il diritto di riscrivere la storia col sangue degli altri. Lo troviamo in Israele, con il suo eccezionalismo ebraico per cui il mantra “muh la Shoah” diventa il lasciapassare universale per qualsiasi azione politica o militare, mentre chiunque osi criticare finisce relegato al rango di goyim, cioè spettatore irrilevante della Storia.

Ogni genocidio, a ben guardare, ha sempre avuto dietro il proprio eccezionalismo di riferimento: l’idea che “noi” siamo unici, indispensabili, giustificati, mentre “gli altri” non contano abbastanza da meritare diritti, memoria o pietà. È il carburante ideologico che alimenta i massacri e li rende non solo possibili, ma addirittura presentabili.

Quello che Trump spaccia con lo slogan “America First” non è altro che eccezionalismo travestito da buonsenso economico. Non si capisce, infatti, per quale ragione egli debba avere il diritto — a colpi di dazi — di pretendere che le aziende europee, o cinesi, o indiane, trasferiscano la produzione negli Stati Uniti, creando lavoro in Ohio o in Pennsylvania, ma cancellando quello di migliaia di operai sul posto. La logica è sempre la stessa: il lavoro americano vale più del lavoro di chiunque altro, perché loro sono “eccezionali”, giusto?

E qui viene il bello: se provate a mettere in discussione questa logica, parlando sia con un repubblicano che con un democratico, scoprirete che le obiezioni non toccano mai il cuore del problema. Nessuno vi dirà che si tratta di una forma di sciovinismo imperialista, sbagliata in sé.

No, quello è un tabù. L’unico piano di discussione ammesso è quello tecnico: funziona o non funziona? Porterà davvero più posti di lavoro in America? Danneggerà troppo i consumatori? È un approccio da contabili geopolitici: non si giudica la legittimità del principio, ma solo il rendimento della macchina.

Così, l’eccezionalismo rimane il dogma di fondo, accettato da tutti e sottratto al dibattito pubblico. Che a predicarlo sia Trump o un qualsiasi democratico in giacca e cravatta poco cambia: la fede nell’America “più uguale degli altri” resta intatta. (...)

Prendiamo Israele. Se aveste proposto agli ebrei di proclamarsi “razza ariana” e di predicare apertamente lo sterminio dei palestinesi, si sarebbe alzata più di una voce di dissenso. Ma se lo stesso discorso lo confezionate come eccezionalismo — dalla religione del “popolo eletto” al mantra “siamo figli della Shoah” — allora il cittadino medio lo beve senza fatica. (...)

Ecco perché l’eccezionalismo è tanto pericoloso; [perchè] non viene quasi mai riconosciuto come tale, né denunciato come un male in sé. Anzi, si traveste da privilegio, da giustificazione storica, da identità culturale. È zuccherato come un veleno che si scioglie nel caffè: lo bevi senza accorgertene, e quando te ne rendi conto è troppo tardi.

Questa caratteristica dell’eccezionalismo la si ritrova dappertutto, sempre mascherata con la salsa locale. I musulmani che dicono: “a noi i diritti umani fanno schifo perché siamo musulmani”. Bene: provate a dare fuoco a un imam con tutta la sua famiglia, e scoprirete all’istante quanto “disumani” siete davvero. L’eccezionalismo funziona così: finché toglie diritti degli altri, diventa un principio nobile; quando invece tocca il tuo orticello, si trasforma di colpo in un crimine imperdonabile. (...)

E non riguarda certo solo il mondo islamico. In Russia si parla della “Terza Roma”: Mosca avrebbe una missione storica, unica e irripetibile, che le consentirebbe di fregarsene di qualsiasi regola internazionale perché, si sa, i russi “salvano la civiltà”. In Cina il vecchio “mandato celeste” è stato aggiornato in versione comunista: Pechino non opprime, realizza il proprio destino millenario, che guarda caso passa per campi di rieducazione, censura totale e capitalismo di Stato. (...)

Ma l’Europa non è da meno. In Ungheria Orbán ripete ossessivamente che il suo paese è “diverso” perché cristiano e tradizionale, quindi non soggetto alle stesse regole democratiche che si applicano altrove: un’eccezione culturale, naturalmente. In Polonia il cattolicesimo diventa scudo identitario: loro difendono la “vera Europa”, quindi ogni intrusione di Bruxelles è un attentato alla civiltà. Risultato: leggi liberticide e censura giustificate come “peculiarità storiche” da rispettare. >>

URIEL FANELLI

sabato 22 novembre 2025

Com'è profondo il Mare

L'inquinamento progressivo dell'ambiente, anche se appare più evidente sulla terraferma, non risparmia neppure gli oceani, nonostante la loro vastità.
A questo inquietante argomento è dedicato il post di oggi, tratto dal blog 'Un Pianeta non basta' dell'amico Agobit (LINK).
LUMEN


<< Il grande business della produzione e vendita nei prossimi anni di un miliardo di vetture elettriche, di miliardi di batterie, di accumulatori, di motori magnetici per pale eoliche e di milioni di pannelli solari, e di tutto ciò che è connesso alla economia green (ma non solo, anche di microchip e di armi di precisione) sta portando all'inizio della grande corsa verso i fondali oceanici, dove gli elementi nobili titanio, cobalto, manganese, litio ecc. e le terre rare necessarie alla nuova produzione, abbondano in modo superiore agli attuali giacimenti terrestri in Congo o in Cile.

Come sempre ai primi posti nella corsa all'accaparramento c'è la Cina con le sue industrie di Stato, ma non solo: le multinazionali con sede a Bruxelles, l'americana Lokheed per le armi, la Tesla ecc.

Nel silenzio generale dei media, con le bocche tappate dei movimenti verdi che al riguardo tacciono in modo assoluto, si sta per realizzare la piu grande devastazione ambientale a livello planetario con operazioni di scavo, di estrazione, di sommovimento (anche con esplosivi), di abbattimento, di trascinemento, di frantumazione e di immissione di sostanze chimiche nei fondali oceanici, con la distruzione senza precedenti della biodiversita' e la rovina dell'ecosistema oceanico di assorbimento del carbonio e della liberazione di ossigeno (circa il 50 % dell'ossigeno in atmosfera viene dai fondali oceanici).

E' una opèerazione che fa impallidire tutti gli altri tipi di inquinamento e devastazione industriale della terra e dei mari degli ultimi decenni.

Le grandi multinazionali che hanno deciso la svolta green nell'economia, tra cui i colossi produttori delle rinnovabili, hanno avviato le procedure per iniziare l'esplorazione e i primi sbancamenti delle profondita oceaniche : una regione di pianure abissali ampia quanto gli Stati Uniti continentali, situata in acque internazionali e che si estende dalla costa occidentale del Messico al centro del l'Oceano Pacifico, appena a sud delle Isole Hawaii.

Allo scopo hanno ottenuto dall'ISA (agenzia Onu composta da circa 50 persone che ha autorita' su tutti i fondali in acque internazionali) i permessi per iniziare lo scavo dei fondali e l'inizio della estrazione del prezioso fondo oceanico che, oltre a contenere nelle proprie viscere i metalli rari preziosi per la produzione delle batterie, dei microchip, dellle armi e dei motori elettrici, costituiscono l'ambiente che supporta migliaia di nuove specie ancora sconosciute avviate alla distruzione senza neanche essere catalogate e studiate (con importanti perdite non solo per la biodiversita, ma anche per la medicina e la biochimica, derivando molti farmaci e prodotti utili dalle componenti fisiologiche che sono il prodotto sintetizzato da innumerevoli specie naturali).

In nome della nuova religione green con i suoi idoli (Riscaldamento Climatico, Rinnovabili, Sostenibilità ecc.) si prepara così l'ennesima distruzione ambientale politicamente corretta. Il massacro degli oceani è ovviamente accompagnato dal solito silenzio: quello sulla responsabilità della crescita della popolazione umana senza limiti, cioè la vera causa di tutte le devastazioni ambientali del pianeta.

E' proprio di questi giorni (giugno 2023 - NdL) la notizia che le grandi multinazionali che guidano l'economia verde, sotto la guida di una holding controllata da Singapore, stanno preparando il piano per co-finanziare con 150 miliardi di dollari la costruzione di 123 megalopoli in Africa, tutte alimentate - secondo i progettisti - con "energia sostenibile" (sic!), servizi idrici, trasporti e infrastrutture comprese, con buona pace (eterna) delle foreste e delle selve africane e della loro biodiversità. >>

AGOBIT


Aggiungo, a completamento, un breve stralcio dell'articolo di riferimento riportato da Agobit in calce al suo post (Giovanni Brussato - “Salvare la Terra. Oceani Esclusi ?" - da L'Astrolabio). Lumen

<< Conosciamo meglio la superficie di Marte che i fondali oceanici, l'oceano profondo costituisce oltre il 95% dello spazio dove c'è vita sul pianeta, ma solo circa lo 0,0001% dei fondali marini profondi è stato studiato.
I biologi scoprono nuove specie in quasi ogni spedizione di esplorazione scientifica, ci sono temi di assoluta rilevanza, come il ruolo degli oceani nel ciclo del carbonio planetario e le potenziali risorse per la medicina umana presenti nella vita biologica da comprendere compiutamente.
L'attività mineraria rischia di modificare irreparabilmente, o distruggere, habitat che non conosciamo o di cui non abbiamo nemmeno cominciato a comprendere le caratteristiche.
Come dicono all’Ocean and Marine Wildlife Conservation Initiatives: “È importante. Perché rischiamo di perdere per sempre qualcosa di cui non abbiamo ancora nemmeno conosciuto l’esistenza”.
Eppure, su questi rischi, nel nostro paese – e negli altri paesi avanzati protagonisti della transizione – non si dice neppure una parola, quasi non ci riguardassero o forse perché toccano nervi scoperti, aspetti contraddittori di una decarbonizzazione spinta di cui non sono ancora chiari né gli esiti né i costi.
Le stesse dichiarazioni delle compagnie minerarie inconsapevolmente squarciano il velo di riservatezza sui reali costi sociali ed ambientali. Dovremo estrarre enormi quantità di metalli devastando innumerevoli ecosistemi. >>
GIOVANNI BRUSSATO

lunedì 17 novembre 2025

Pensierini – XCII

ECONOMIA IRRAZIONALE
L'economia è, in ultima analisi, psicologia applicata, e la psicologia è una scienza.
Quindi, anche se molte delle teorie economiche risultano (nei fatti) imprecise, ciò non significa che – almeno in linea di principio - non sia possibile elaborarne altre più 'centrate', che tengano conto in modo adeguato dei nostri meccanismi neurali.
Gli economisti classici, infatti, attribuivano all'agente economico il massimo della razionalità, salvo poi sorprendersi (ex post) per le mille sciocchezze irrazionali che venivano compiute dai mercati.
Oggi invece si è scoperto che anche in campo economico l'uomo si comporta molto spesso in modo irrazionale, cioè controproducente.
Come spiega Daniel Kahneman nel suo bellissimo saggio PENSIERI LENTI E VELOCI (che consiglio vivamente di leggere) il comportamento umano non e' sempre razionale, perchè esistono due sistemi diversi di pensiero, che funzionano in alternativa tra loro.
Possiamo essere razionali, quando utilizziamo il sistema del 'pensiero lento', oppure istintivi, quando utilizziamo il sistema del 'pensiero veloce',
Nel primo caso, che è più faticoso, privilegiamo la precisione della risposta, nel secondo, che è più semplice, privilegiamo la rapidità (e la comodità).
Nel campo economico, data la natura dei problemi, dovrebbe dominare il 'pensiero lento', ed invece ci troviamo spesso ad utilizzare quello istintivo.
Con le conseguenze irrazionali che si possono facilmente vedere, soprattutto nei mercati finanziari.
LUMEN


IL PARADOSSO DEL CONTROLLO
TESI: Per controllare e ridurre la popolazione mondiale (obiettivo indispensabile, per salvare l'ecosistema), è necessaria una grande ed attenta pianificazione a livello mondiale.
ANTITESI: Ma una maggiore pianificazione aumenta ulteriormente la complessità del sistema antropico, e quindi, come insegnao gli esperti, accelera la corsa verso il collasso.
SINTESI: O la popolazione diminuisce da sola, oppure siamo fregati.
LUMEN


BIOETICA
Ogni tanto si sente parlare di Bioetica, e certamente i progressi della scienza, soprattutto medica, rendono questa disciplina sempre più importante ed ineludibile.
Sicuramente quello della Bioetica è un campo molto delicato, nel quale serve prima di tutto equilibrio e consapevolezza, ma anche una certa apertura mentale. 
E' una disciplina in cui ci sono mille domande, spesso difficili, ma nessuna risposta sicura.
Per questo mi chiedo (ma seriamente, senza polemica) come fanno gli esponenti delle religioni tradizionali ad avvicinarsi correttamente a questi problemi, visto che loro, per definizione, hanno già tutte le risposte (ovviamente sbagliate).
Eppure, anche nelle nazioni laiche, quando si discute di Bioetica, vengono sempre immancabilmente coinvolti.
LUMEN


SINISTRA INCLUSIVA
La sinistra si vanta di essere 'inclusiva' con tutte le altre culture, ma, a bene vedere, lo è solo a parole, cioè quando non è al potere, perchè in tal caso le rogne sono di qualcun altro.
Quando prende il potere (come nei paesi comunisti) diventa 'esclusiva' esattamente come gli altri.
Ma non per cattiveria: solo perchè una società inclusiva (più in senso culturale che etnico) non può funzionare bene.
Nei secoli passati avevano inventato la regola del CUIUS REGIO EIUS RELIGIO, per evitare la commistione delle religioni; e funzionava.
Poi però sono stati travolti dagli eventi.
LUMEN


SPRECO DI INTELLIGENZA
Il famoso romanziere Raymond Chandler diceva che "Gli scacchi sono il più cospicuo spreco di intelligenza umana che si possa riscontrare, al di fuori di un'agenzia di pubblicità".
Forse ha ragione (e lo dico da scacchista dilettante), ma - come spreco di menti eccelse - anche la teologia fa ampiamente la sua parte.
E, come se non bastasse, fa anche più danni.
LUMEN


MOTIVAZIONI
A proposito delle "motivazioni psicologiche", e della loro importanza a livello soggettivo, eccovi un bell'aneddoto che ho trovato sul web:
Peter Schultz, l’inventore delle fibre ottiche, raccontava di aver incontrato una volta tre operai che lavoravano in un cantiere edile. Avvicinandosi chiese loro: “Cosa state facendo?”
Avevano il medesimo compito, ma le loro risposte furono completamente diverse: “Spacco pietre” rispose il primo. “Mi guadagno da vivere” rispose il secondo. “Partecipo alla costruzione di una cattedrale” disse il terzo.
Chissà, forse il terzo era più felice dei primi due.
LUMEN

mercoledì 12 novembre 2025

Appunti di Geo-Politica – (7)

Tutti i testi sono tratti dalla pagina FACEBOOK 'Termometro Geopolitico'. LUMEN


LE DUE EUROPE
Per l'Europa occidentale, le priorità sono economiche e industriali, con particolare attenzione alle opportunità commerciali e alla risoluzione dei problemi, mentre si cerca di arginare l'emigrazione di massa e l'aumento della criminalità in alcune città.
Nell'Europa orientale, l'attenzione è rivolta alla lotta contro i russi, con ogni discorso dei leader locali rivolto a loro, guidati da baltici e polacchi. Forse si sentono minacciati, e questo giustifica un'isteria totale, ma non è esattamente questo l'argomento di cui parlerò qui.
Ciò ha creato due Europe con priorità nettamente divergenti, aggiungendo un'ulteriore frattura a un continente già alle prese con radicati problemi di autonomia.
Germania e Francia, i precursori naturali in qualsiasi impresa del genere, hanno temporeggiato, ma alla fine sono state travolte dall'infinita ondata di isteria. Oggi, si trascinano nella scia della retorica anti-russa, senza tuttavia offrire reali alternative.
Di conseguenza, l'Europa è rimasta bloccata, congelata nel tempo, incapace di elaborare politiche di sviluppo unificate per l'intero continente.
Il nucleo economico dell'Europa oscilla ora tra l'essere trascinato dall'Oriente e l'essere trainato dagli Stati Uniti.
L'interruzione dell'approvvigionamento energetico russo ha scatenato gravi problemi industriali che rimangono irrisolti, ma le frecciatine alla Cina potrebbero infliggere un colpo ancora più duro. La Cina fornisce quasi la metà delle terre rare di cui l'Europa si nutre.
In questa scommessa ad alto rischio, l'Europa rischia di scavare una fossa ancora più profonda. Il ruolo dell'Europa si riduce a quello di un mercato ribelle, alla deriva proprio a causa dell'assenza di strategie politiche ed economiche coese. (...)
Senza priorità fondamentali al timone, l'Unione Europea è sull'orlo dell'implosione e non vedo soluzioni rapide all'orizzonte, se non l'emergere di una leadership audace e decisa.
PATRICIA MARINS


LO STATUS DELL'UCRAINA
L’Ucraina non è più uno stato sovrano dal 2014 quando è passata, col golpe di piazza Maidan, sotto la sovranità NATO-USA con il supporto delle milizie banderiste neonaziste e di un governo indicato dall’Ambasciata americana a Kiev, vera regista del golpe. Il governo Zelensky è un governo fantoccio, utile per dare una parvenza di democraticità a quello che è a tutti gli effetti un regime militarizzato e repressivo sotto il tallone delle formazioni neonaziste e della polizia.
Eletto con la promessa di pacificazione con la Russia e di risolvere la questione del Donbass rispettando gli accordo di Minsk e le autonomie di quelle regioni, dopo le elezioni ha cambiato linea di condotta ed ha abbracciato la causa della guerra infinita alla Russia aderendo a tutta l’impostazione nazionalista dell’estremismo ucraino russofobo, fagocitato dagli ambienti NATO e intimidito dalle milizie banderiste.
Tutta l’opposizione politica è stata decapitata, messa al bando o incarcerata, ridotta al silenzio o fuggita dal paese. L’Ucraina non è più una democrazia, è un paese fallito, con una economia fallita, che vive dei sussidi europei e di economia di guerra.
L’informazione è militarizzata e i dissidenti, anche giornalisti stranieri che operano nel Donbass, sono iscritti in un albo con tutti i riferimenti anagrafici personali e resi pubblici sulla rete: una vera e propria lista di proscrizione che mette a rischio la loro vita.
L’esercito è sotto il comando NATO-USA. Il suo nerbo è costituito dai reparti speciali addestrati dalla NATO e da milizie occidentali camuffate da volontari e mercenari.
Il compito assegnato dalla NATO – angloamericana e antieuropea – al popolo ucraino è quello di fare guerra alla Russia e di sacrificarsi per questa crociata fornendo carne da cannone.
ANTONIO CASTRONOVI


TRA ECONOMIA E POLITICA
Il confronto "fra civiltà" non e` fra "democrazie Liberali" e "autocrazie", ma tra "plutocrazie liberali" (governo dei ricchi) e "autocrazie".
Volendo andare ancora piu` in profondita`, fra "economia che governa la politica" e "politica che governa l'economia".
Quale sia da preferire dipende dagli obiettivi di ciascuno, cioe` da cio` che vuole veramente per se`, la propria famiglia, il proprio Paese.
Ma in questo confronto le cose da "sfatare" sono molte, specie se si tende a definire le "democrazie liberali (leggi => plutocrazie) "il Bene" e le "autocrazie" "il Male".
Mentre per la liberta` di pensiero spazi ancora percorribili ci sono ovunque, per la "liberta` di parola" ( => liberta` di espressione, cioe` la liberta` di comunicare all'esterno il proprio pensiero) ci sono delle restrizioni.
- In qualsiasi "regime" (come lo sono sia le plutocrazie che le autocrazie) se cio` che vuoi comunicare "all'esterno", diffondere, propagandare, promuovere coincide con le posizioni governative godi di molta liberta`.
- In qualsiasi "regime" (vedi sopra) se cio` che vuoi "comunicare" (diffondere, propagandare, promuovere) contraddice "pesantemente" le posizioni governative sarai soggetto a "restrizioni" che vanno dalla marginalizzazione (ti vedono e leggono in pochi), al "soffocamento", cioe` ti ritrovi senza risorse finanziarie, spesso senza lavoro, talvolta in stato di arresto. (...)
Quindi rimane il dilemma: e` preferibile che sia l'economia (cioe` chi detiene quel potere) a "comandare" la politica, o e` preferibile che sia la politica (chi detiene quel potere) a "comandare" l'economia.
Con tutte le posizioni intermedie possibili e plausibili, perche` in ogni caso non si "comanda in due" (...), e gli strumenti di controllo e potere di cui lo Stato si dota (Parlamento, Governo, Magistratura, Esercito, Polizia, Servizi di sicurezza...) saranno gestiti "da chi comanda".
LORIS ZECCHINATO