mercoledì 1 marzo 2017

Pensierini – XXXI

PATTO COL DIAVOLO - 1
Un giorno il signor Mario Rossi, stufo di una vita piena di tristezze e di tribolazioni, evocò il Diavolo, che subito gli comparve davanti.
Il Diavolo chiese: Cosa vuoi da me, misero mortale ?
Mario Rossi rispose: Voglio farti la più classica delle proposte. Sono disposto a venderti la mia anima, se tu mi renderai felice per tutta la vita.
Il Diavolo accettò la proposta e predispose il contratto, che venne regolarmente firmato da entrambe le parti.
Mario Rossi allora disse: Ecco, ho accettato di venderti l’anima. Adesso adempi al tuo impegno.
Il Diavolo rispose: Certamente. Da domani e per tutta la vita, tu ti chiamerai Felice Rossi.
E se ne andò sghignazzando.
LUMEN


PATTO COL DIAVOLO - 2
Giunto al termine della sua vita, tutta piena di tristezze e di tribolazioni, il signor Rossi ricevette la visita del Diavolo, ben deciso a prendersi quello che gli era stato promesso.
Il Diavolo disse: Il contratto parla chiaro. Io ti ho reso Felice per sempre, ora la tua anima spetta a me. E di sotto c’è l’inferno che ti attende.
Ma il signor Rossi, che aveva riflettuto a lungo sulla questione, rispose: caro il mio Diavolo, ti sbagli. Quel contratto non vale per me. Non mi riguarda.
Il Diavolo scoppiò in una fragorosa risata: Certo che ti riguarda. E’ firmato da te in calce. Proprio qui.
Ma il signor Rossi scosse la testa: Niente affatto. Il contratto è stato firmato da Mario Rossi. Ma io mi chiamo Felice Rossi.
E se ne andò sorridendo.
LUMEN


EQUILIBRIO
Appare sempre più probabile che l'attuale economia capitalista, essendo fondata sul debito e quindi sulla necessità di una crescita continua (ormai insostenibile), sia destinata a crollare, magari aiutata dalla crisi ambientale e da quella demografica, che sono già in atto.
La prospettiva è guardata (giustamente) con grande preoccupazione, perché, dopo la fine del capitalismo che conosciamo, si entrerebbe in una terra incognita, nella quale nessuno sa bene cosa potrebbe accadere.
Il problema, però, non è se l'economia troverà un nuovo punto equilibrio: lo troverà sicuramente.
L'equilibrio, infatti, (a tutti i livelli, dalla fisica in giù) è una delle poche cose che avvengono comunque da sé, senza che nessuno debba fare niente.
La tragedia è che ci piacerebbe gestire la transizione senza che nessuno si faccia troppo male, ed è questo che sarà assolutamente impossibile.
LUMEN


DENIGRARE IL PROSSIMO
Un fenotipo consapevole sa bene che l'impulso alla sopraffazione del gene egoista può portare facilmente, tra le altre cose, ad una grande quantità di commenti denigratori.
Denigrare il prossimo, infatti, fa “sentire bene” molte persone, perché rivaluta, per contrasto, quello che loro sono o possiedono.
Come reagire ad un commento denigratorio ?
La reazione migliore è sempre quella di un silenzio sorridente, ma a volte potrebbe non bastare. 
Cosa dire allora, senza abbassarsi al livello del denigratore ? 
Secondo me, basta accontentarlo e gratificarlo di una risposta fintamente accomodante del tipo: << Che ci vuoi fare ? Non possiamo essere tutti dei 'fenomeni' come te. >>
Forse la sottile ironia può disorientare il cafone di turno.
LUMEN


CAMBIARE IDEA
Ma cambiare idea è socialmente ammirevole o criticabile ?
Secondo  il giornalista Alessandro Gilioli bisogna distinguere se il cambiamento avviene per semplice convenienza o per sincero convincimento.
<< Cambiare idea a seconda della convenienza - dice Gilioli - è disdicevole, quindi è giusta causa di sbertucciamento in politica e altrove. La pratica alternativa, è al contrario saggia - sapientis est mutare consilium - e propria di chi interpreta la vita come una continua domanda.  Trattasi di pratiche diverse, spesso opposte: perché la prima ha come suo motore la convenienza a dispetto del proprio miglioramento e la seconda l'auto-miglioramento a dispetto della convenienza. Saperle distinguere bene - negli altri, ma prima di tutto in se stessi - è un lavoro quotidiano di chi ha cura del mondo. >>
Per tutto il resto - conclude ironicamente Gilioli - ci sono le assemblee di partito.
LUMEN


MURI E PONTI
Ho letto che Papa Francesco è direttamente intervenuto nella campagna presidenziale statunitense, dichiarando (dal Messico nel febbraio 2016) che “una persona che pensa di fare muri, chiunque essa sia, e non di fare ponti, non è cristiano”.
<< La cosa - commenta Piergiorgio Odifreddi - avrebbe forse avuto senso se Trump avesse parlato di muri in maniera metaforica. Ma la proposta dell’allora candidato era letterale, ed egli non ha avuto difficoltà a rimandare al mittente la critica, ricordando che il Vaticano è appunto completamente circondato da alte e solide mura, che non sono affatto metaforiche: basta provare a penetrarle alla porta canonica di Sant’Anna, o in qualunque altro punto meno canonico, per accorgersene. >>
<< E’ vero - continua Odifreddi - che a volte, nel passato, le mura del Vaticano sono servite a impedire a chi era dentro di uscire, ma in genere sono servite a impedire a chi era fuori di entrare, dai saraceni ai bersaglieri; compresi, oggi, gli immigrati clandestini, nonostante i ripetuti proclami e richiami all’accoglienza del pontefice. >>
Perchè il buonismo va bene, ma solo se viene praticato in casa d'altri.
LUMEN

29 commenti:

  1. "La tragedia è che ci piacerebbe gestire la transizione senza che nessuno si faccia troppo male, ed è questo che sarà assolutamente impossibile"

    Pienamente d'accordo: chi tuttora propaganda a gran voce la CRESCITA ILLIMITATA (a partire da quella demografica) non riesce a/non vuole rendersi conto di pretendere "botte piena, moglie ubriaca e pure uva nella vigna", ovvero sta seminando vento e quindi raccoglierà (forse meglio: farà raccogliere a noialtri comuni mortali, alle altre specie animali & all'ambiente in gen.le) tempesta...

    Infine: un plauso (anche) al brano di Odifreddi, inconfutabile sul piano logico.

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    1. Caro Claudio, il principio della crescita continua a piacere perchè è facile da gestire concettualmente: basta applicare i principi teorici che sono stati elaborati in questi decenni dagli economisti (e dalle altre discipline connesse).

      Per gestire l'inversione di tendenza, invece, (al di là delle innumerevoli difficoltà oggettive) sono necessari nuovi strumenti teorici che, allo stato, praticamente non esistono.
      In altre parole: si continua con il "piano A" perchè il "piano B", semplicemente, non esiste.

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    2. "sono necessari nuovi strumenti teorici"

      Ma quanto la facciamo difficile... per scoprire la futilita' della vita superstressata che la maggior parte della gente conduce per tentare di arrivare non tanto al'impossibile quanto all'inutile serve cosi' tanta intelligenza?

      Crescita non vuol dire NIENTE se prima non si definisce cosa sia il valore che meriti di venir accresciuto ( e lo stesso per la decrescita, ovviamente). Cosi' come non ha senso alcun discorso economico che ne prescinda. L'errore di base, che rende privi di senso questi discorsi e' che si da' per scontato che esista una misurazione oggettiva del valore, quante volte l'abbiamo detto... essi' che qui dovremmo essere in una culla del vituperato relativismo.

      A Odifreddi ricorderei che il papa e' l'erede millenario della carica di pontifex maximus, e che la chiesa, come l'impero da cui deriva, ha sempre avuto vocazione universale.

      Per quanto riguarda il valore, la migliore definizione moderna e' probabilmente quella data da Carl Menger.
      https://it.wikipedia.org/wiki/Carl_Menger

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    3. L'errore di partenza, gia' nell'articolo uno dela costituzione, e' nel lavoro, il lavoro non e' un valore in se', come invece ritenuto dalla concezione borghese della vita. L'agitarsi privo di senso e' idizia, non e' valore.

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    4. "il lavoro non e' un valore in sé"

      E se invece lo fosse? Ovviamente un lavoro sensato, utile, non massacrante, degradante ecc.". Per es. procurarsi ciò che serve a vivere. È persino indispensabile all'equilibrio psicofisico. Se non lavori, se non t'impegni a fare qualcosa (anche a cercare farfalle) ti annoi, deperisci, arrivi al taedium vitae. Insomma, il lavoro, l'attività è ... salute (fisica e mentale). La vita da playboy è riservata a pochi, per noi non sarebbe sicuramente il massimo. Certo la componente afflittiva o penosa del lavoro non potrà mai essere completamente eliminata, ma se ridotta al minimo o ben retribuita può essere anche tollerata. L'etimologia di travail - tripaliu(m) 'tre pali', strumento di tortura - rivela il carattere penoso, faticoso del lavoro. La vita dei campi - che uno s'immagina idilliaca - era durissima. Oggi non ci si deve più rompere la schiena, ma i muscoli bisogna lo stesso tenerli in esercizio.
      "Lavorare stanca" è il titolo di una poesia di Pavese. Direi soprattutto il lavoro senza senso, inutile, frustrante. Sudare fa bene (anche "le sudate carte" danno soddisfazione).

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    5. << Ovviamente un lavoro sensato, utile >>

      Appunto.
      Anche qui, come accade spesso, occorre mettersi d'accordo sul significato delle parole.
      Il lavoro dovebbe essere, per definizione, una attività utile, mentre spesso è considerato un mero sinonimo di attività retribuita, in cui l'utilità si presume solamente.
      Infatti un volontario è uno che "non lavora", mentre un impiegato pubblico, magari assenteista, è sempre uno che "lavora"

      Non basta la fatica da sola per creare un lavoro, così come non basta un salario.
      Chissà a quale tipo di "lavoro" si riferivano i nostri padri costituenti ?
      O i redattori della Bibbia, quando citavano il sudore della fronte ?

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    6. "Il lavoro dovebbe essere, per definizione, una attività utile, mentre spesso è considerato un mero sinonimo di attività retribuita, in cui l'utilità si presume solamente."

      Ben detto, proprio così. Si lavora per il ventisette, che cosa si faccia non importa. Sfido poi che la vita fa schifo.
      Detto questo però bisogna pur dire che tanti, troppi, forse la maggior parte della gente fa lavori di scarsa, scarsissima soddisfazione, lavori di cui si ignora l'effettiva utilità e che si possono dunque fare alla carlona. Ben diverso è invece l'atteggiamento del lavoratore indipendente che ha almeno la voglia di soddisfare il cliente e s'impegna all'uopo traendone anche orgoglio e soddisfazione. Il piastrellista che mi sta rifacendo l'appartamento è tutto contento di vedermi contento del suo lavoro. Da un lato è pubblicità che gli farò, ma anche un certo orgoglio del lavoro ben fatto.

      I redattori della Bibbia e il sudore che ci prospettavano? Dei sadici, come il capo. I costituenti? O ingenui o scemi (che è poi la stessa cosa). Anche gli idealisti possono essere le due cose: ingenui o scemi.

      Certo che ci aspettano tempi duri. E pensare che potevamo finalmente godercela (in meno però), altro che valle di lacrime, advocata nostra.

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    7. "E se invece lo fosse? Ovviamente un lavoro sensato, utile, non massacrante, degradante ecc.". Per es. procurarsi ciò che serve a vivere."

      "Appunto.
      Anche qui, come accade spesso, occorre mettersi d'accordo sul significato delle parole."

      Appunto appunto appunto: se dico che e' stupido considerare il lavoro un valore in se', intendo OVVIAMENTE dire che deve avere uno scopo e un senso intelligibile.
      ESEMPIO: io quando pedalo faccio fatica, il che fisicamente e' un lavoro (L=F.s, lavoro uguale forza per spostamento) e pure appunto faticoso, fra l'altro INFINITAMENTE meno DANNOSO di certi impiegati del comune e dell'agenzia delle entrate, eppure non pretendo, magari con l'uso della forza, che qualcuno mi paghi per questo.

      Per favore...

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    8. "Chissà a quale tipo di "lavoro" si riferivano i nostri padri costituenti ?"

      Questo sinceramente credo abbia a che vedere col principio, assolutamente borghese e quindi post-rivoluzionario (francese), che il lavoro in se' sia un valore, a prescindere dal suo frutto e dal suo significato, che trova in se'.
      Per questo mi sono permesso di esprimere forti dubbi e contrarieta' sulla santificazione dello spirito borghese di Ricossa. Ricossa non la racconta tutta, tira acqua al suo mulino (cosa che peraltro credo abbia ricusato prima di morire: s'e' salvato in extremis ;)

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    9. << col principio, assolutamente borghese e quindi post-rivoluzionario (francese), che il lavoro in se' sia un valore, a prescindere dal suo frutto e dal suo significato >>

      Davvero è un principio borghese ?
      Io l'avrei detto piuttosto un principo marxista.
      Salvo che tu non voglia concludere che anche il marxismo è figlio del pensiero borghese (cosa che potrebbe anche avere una sua logica).

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    10. Certo che il marxismo e' figlio del pensiero borghese, credi che il marxismo sarebbe stato possibile senza la rivoluzione borghese per eccellenza, che e' quella francese? Lo e' anche nel senso che e' un pensiero scientista, figlio piu' o meno legittimo ma comuque figlio dell'illuminismo, senza il quale sarebbe impensabile.

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    11. Lo immaginavo.
      Quindi, la negazione del pensiero borghese quale sarebbe ?
      A livello politico potrebbe essere l'anarchismo.
      Ma a livello economico ?
      Confesso di non avere una risposta pronta e chiara.

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    12. "Ma a livello economico?"

      A livello economico credo sia ormai chiaro a tutti, nei fatti ma non nelle parole, che la celebrazione del lavoro autoreferenziale, utile solo a se stesso (quale e' ad esempio quello degli ormai maggioritari burocrati di ogni specie ad ogni livello), e' tossica per la societa'.

      Il problema e' che il lavoro e' cambiato, la celebrazione del lavoro che aveva un senso quando il 90 per cento della popolazione serviva a produrre il necessario, non ha piu' senso in un mondo in cui basta il 20 per cento per produrre anche l'inutile (specie nei servizi), per ottenere il consumo del quale e' spesso necessario sfornare continuamente leggi che lo obblighino con la forza.
      Su questo, siamo gia' in crisi da un pezzo.
      Piu' importante ancora, come gia' detto, e' il fatto che se solo il 20 per cento produce cio' che il restante 80 consuma, e' inevitabile o una tassazione dell'80 per cento o un accumulo in sempre meno mani del frutto del reddito complessivo (o una combinazione delle due cose). Cio' che non ci si vuole rassegnare ad ammettere e' che in entrambi i casi si hanno effetti sociali devastanti.

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    13. << in entrambi i casi si hanno effetti sociali devastanti. >>

      Effetti che, per l'appunto, stiamo già incominciando a vedere.
      Ma come se ne esce, credo che non lo sappia ancora nessuno...

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    14. "Ma come se ne esce"

      Non se ne esce proprio, tutto sommato si sta avverando la prima parte della profezia di marx, quella secondo la quale la capitalizzazione avrebbe concentrato in pochissime mani l'intera produzione. Cio' che non era previsto pero' e' che la enorme efficienza produttiva, costretta anche dalla esuberante tassazione, avrebbe implicato la redistribuzione del prodotto di sempre meno produttori al resto maggioritario della popolazione, il che avrebbe reso intrinsecamente necessaria la schiavizzazione dei pochi produttori rimasti.

      Cioe' a rendere schiavi i produttori non sono piu' i capitalisti, sono i... consumatori!

      E a chiudere il circolo vizioso, molti consumi sono obbligati dalla legge al solo scopo di poter mantenere in attivita' i produttori. Il famoso "consumare per produrre", che a sua volta schiavizza i consumatori in favore dei produttori (vedi ad esempio la scuola nei confronti dei produttori del "servizio istruzione", ma ci sono mille altri esempi nel campo della sicurezza, della salute, dell'ambiente, dell'inquinamento, che oggi come oggi sono chiaramente usate come pretesti per imporre consumi che altrimenti nessuno si sognerebbe di fare ...).

      Questo credo non fosse proprio previsto.

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    15. << Non se ne esce proprio >>

      Mi permetto di contraddirti.
      Se ne esce, se ne esce !
      Se ne dovrà uscire per forza di cose.
      E' che non sappiamo cosa troveremo "dopo".

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    16. Se ne esce se ne esce ma per cosa? Solo per entrare da qualche altra parte.
      L'assurdita' e' in ogni caso rovinarsi di paure la vita presente, cosa che adesso stiamo indubbiamente facendo, per qualche improbabile premio o punizione futuri, che stanno solo nella nostra fantasia.
      Fra l'altro, trovo sempre piu' preoccupanti somiglianze fra il millenarismo religioso e quello ecologista, giocano sugli stessi sentimenti e debolezze. Non che non ci siano sempre state, e' solo che adesso le noto di piu'.

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    17. << trovo sempre piu' preoccupanti somiglianze fra il millenarismo religioso e quello ecologista >>

      Su questo punto, non sono molto d'accordo con te.
      Può darsi che le paure e le suggestioni siano simili, ma, così ad una prima analisi, ci trovo almeno 2 differenze sostanziali:

      a - la prima era una paura irrazionale e priva di basi oggettive, mentre questa è una paura razionale e scientificamente fondata.

      b - la prima era una paura passiva e nichilista (il mondo finirà e non c'è nulla da fare), mentre questa è attiva e propositiva (anche troppo...).

      Ma avremo modo di riparlarne in qualche prossimo post.

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    18. Mah, e' piu' o meno lo stesso che dicevano loro.

      a: la paura "razionale e scientificamente fondata" a me pare che, nel caso dei nostri blog in questione (escluso questo!) assomigli un po' troppo alla verita' di fede con tanto di caccia alle streghe; basta leggere, oltre agli articoli, i commmenti, da cui gli autori si guardano bene dal prendere le distanze, anzi sono contenti di fomentare...

      b: come non c'era nulla da fare? bastava pentirsi e si sarebbero aperte le porte del paradiso, ricordiamoci che per la loro "scienza" questa vita era solo di preparazione per quella "vera"; anche in questo aspetto, volendo, si puo' riconoscere una certa concordanza.

      I meccanismi mentali sono gli stessi, la scienza di base che da' gli indizi serve solo da pretesto.

      Invece, la caratteristica principale della scienza dovrebbe stare nello scetticismo (che loro infatti chiamano spregiativamente "negazionismo"), che e' quanto di piu' lontano ci sia dalla "scienza" degli ecologisti (anche quando scienziati), che assomiglia molto di piu' ad una verita' di fede, il cui scopo principale e' giustificare una certa visione moralistica del mondo (che fra l'altro non contesto a priori, posso anche condividerla, anzi di solito di tutta quella gente sono io l'unico che la pratica invece di sostenerla a chiacchere e pensare solo ad imporla con la forza agli altri come fanno loro, ma almeno la riconosco come tale).

      A suo tempo ci fu un grande dibattito sul libro di crichton "Stato di paura" che tratta proprio di questi argomenti (gia' dal titolo e' chiaro dove voglia andare a parare), e gli venne dedicato addirittura mezzo numero di le scienze. E' l'unico libro di quel genere che ho letto, dopo diversi anni dall'uscita, e secondo me e' tuttora da leggere, descrive a perfezione, esagerando solo di poco, il mondo di cui stiamo parlando. Sono molto belle le appendici, una ottima lezione di storia della scienza e sul metodo scientifico.

      La materia di cui sono fatti gli uomini e' sempre la stessa.

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    19. << come non c'era nulla da fare? bastava pentirsi e si sarebbero aperte le porte del paradiso >>

      E' vero.
      Però si trattava comunque di una attività interiore, sostanzialmente passiva.
      Ti pentivi e poi ti sedevi lì ad aspettare la fine del mondo.

      E credo che, nonostante il miraggio radioso dell'aldilà, la gente continuasse a morire malvolentieri... ;-)

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    20. "Ti pentivi e poi ti sedevi lì ad aspettare la fine del mondo"

      Mica tanto, il pentimento molto spesso veniva estorto col ferro e col fuoco.

      Ma succede anche adesso, attraverso l'amministrazione della giustizia, ad essere cambiati sono solo i pretesti, cioe' la definizione del bene e del male, ma non certo la convinzione che un bene e un male esistano, e il tipo di violenza praticata, che oggi forse e' piu' sottile e pervasiva.

      Nelle dinamiche antropologiche di base, non cambia mai nulla.

      Al posto degli inquisitori, oggi abbiamo i commercialisti e gli agenti delle delle entrate.

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  2. << io quando pedalo faccio fatica, il che fisicamente e' un lavoro (...), eppure non pretendo (...) che qualcuno mi paghi per questo. >>

    Dipende.
    Se usi la bici per farti solo una bella passeggiata sotto il sole fai fatica e basta,
    Ma se la usi come mezzo di trasporto risparmi il costo dei mezzi alternativi.
    Quindi la tua fatica in biciletta può essere assimilata ad un lavoro utile.

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    1. Cosa sia lavoro utile e cosa no e' questione estremamente dubbia e controversa, quindi dire che una cosa e' "lavoro utile" non chiude un problema, lo apre.

      In ogni caso cio' che intendevo rimarcare e' che non basta che una cosa sia faticosa, cioe' sia "lavoro" in senso fisico, perche' possa essere considerata un "valore". Credo che su questo siamo pienamente d'accordo noi tutti qui dentro (ma in disaccordo con marx, evidentemente, che questo problema non se lo poneva neppure).

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    2. Credo che siamo l'unico animale sulla terra che distingue fra lavoro e gioco, e mentre per il primo esige di essere pagato, per il secondo e' disposto a pagare.
      Follia.

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  3. Mi pare interessante, in tema con molte discussioni:

    Pelagio e Pico della Mirandola, ovvero dell’autentica Riforma

    www.laconfederazioneitaliana.it/?p=5378

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  4. Lumen, dovresti fare un articolo con questo come oggetto (l'ho appena riguardato, bello, e meglio ancora se l'avessero terminato senza alcun consiglio, parla da solo):

    https://www.youtube.com/watch?v=PUwmA3Q0_OE

    Human Population Through Time
    American Museum of Natural History

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    1. A guardare il video, mi veniva da pensare che l'umanita' e' cosi' come e' soprattutto perche' l'uomo e' un animale molto fragile, il piu' fragile, che senza complessa organizzazione sociale non sopravvive a lungo se non in piccole popolazioni e luoghi ristretti (cosa che ha fatto per quasi tutta la sua storia).
      Il solo fatto che abbiamo bisogno di abiti, di vestiti, mette in moto un tipo di evoluzione che non puo' che portare li' dove siamo adesso.
      Non possiamo piu' farne a meno, ma d'altra parte l'evoluzione dei vestiti, che procede per conto suo, ci mette in grado di sopravvivere anche nello spazio.
      Il bello e' che stiamo diventando sempre piu' fragili e dipendenti da tecnologie artificiali per sopravvivere, specialmente in cosi' grande numero, e forse ecco perche' le tecnologie hanno questo sviluppo esponenziale: perche' non abbiamo scelta.

      Che ne dite?

      Boh.

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    2. Cioè, sintetizzando, siamo diventati dominanti perchè siamo deboli.
      Sì, mi convince.

      (deboli e pure creduloni, secondo Harari)

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