mercoledì 29 marzo 2017

Uno sguardo dal picco - 2

La decrescita prossima ventura secondo Jacopo Simonetta (seconda e ultima parte). Lumen


<< Ma quanta sarà la decrescita nei decenni a venire ? Le ipotesi variano da una stabilizzazione dell’economia e della popolazione a livelli addirittura superiori all’attuale (la cosiddetta “stagnazione secolare” di cui parla l’FMI), fino - all’opposto - alla completa estinzione del genere umano. Due ipotesi del tutto antitetiche che hanno in comune un punto fondamentale: portare alle estreme conseguenze una serie di fenomeni in corso o previsti a breve.

Nel primo caso si spera che la popolazione si stabilizzi per una graduale riduzione della natalità, mentre la tecnologia potrebbe trovare il modo di garantire una vita decente più o meno a tutti. Nel secondo caso, si suppone invece che il collasso dell’economia globalizzata e/o il riscaldamento del clima generino delle retroazioni capaci di sterminare completamente la più resiliente e adattabile delle specie viventi.

Entrambi gli scenari non tengono conto del fatto che i cambiamenti provocati da una retroazione in un sottosistema cambiano i rapporti di questo con il meta-sistema di cui fa parte. Ciò significa che è probabile che la forza relativa delle diverse retroazioni in azione cambino in rapporto alla dimensione della popolazione, la disponibilità di risorse, la resilienza degli ecosistemi, l’evoluzione del clima e molto altro ancora. Consideriamo quindi alcuni punti solamente.

1 - La capacità di carico fantasma.

Lasciando da parte la più fantasiosa delle due ipotesi (stabilizzazione simile all’attuale), occupiamoci della seconda. Questa si basa, infatti, su di una molto verosimile retroazione positiva fra decrescita economica → minore accesso alla risorse → decrescita della popolazione. In pratica, la decrescita comporta una riduzione della capacità di estrarre a nostro vantaggio bassa entropia dall’ambiente, il che genera ulteriore decrescita.

Questo anello spinge effettivamente verso l’estinzione, ma ne esistono contemporaneamente altri. Ad esempio: maggiore mortalità → minore pressione sulle risorse residue → riduzione dell'inquinamento → parziale recupero della biosfera → minore mortalità. Questo secondo anello tende evidentemente a contrastare il precedente. Personalmente, penso che il primo (destabilizzante) sarà predominante in questo secolo, mentre il secondo (stabilizzante) acquisterà forza man mano che la pressione antropica si ridurrà.

Nessuna previsione, naturalmente. Solo l’osservazione che, probabilmente, il sistema tenderà ad un nuovo equilibrio una volta che la popolazione e l’economia si saranno contratte in misura sufficiente. Ovviamente, al netto di altre forzanti quali, ad esempio, un eventuale evoluzione del clima del tipo “sindrome di Venere” [aumento eccessivo del calore - NdL]. Possibile, ma per ora solo un’ipotesi.

2 - Gradiente energetico.

Un altro aspetto della questione, che si interfaccia strettamente col precedente, è quello dell’energia. Dal momento che la crescita economica e demografica è dipesa interamente o quasi da disponibilità crescenti di energia “pro capite”, appare evidente che al calare di questo parametro dovrà diminuire anche la popolazione. Ma non possiamo sapere di quanto, perché giocano due ordini di fattori contrastanti ed è arduo decidere quale dei due prevarrà. Non è neanche detto che la stessa cosa debba accadere in tutte le zone del mondo.

Il primo ordine di fattori è che le tecnologie e conoscenze attuali potrebbero permettere una produttività superiore a quella registrata in passato, a parità di energia “pro capite”. Il secondo è che il degrado subìto dalle risorse riduce la produttività, sempre a parità di energia utile disponibile.

Di solito, la questione dell’energia del futuro viene discussa a colpi di valutazioni circa quello che si potrebbe estrarre, dati certi parametri che variano secondo gli autori. Cambiando i parametri (ad es. se si considera o meno l’esauribilità di determinati minerali), cambiano notevolmente le stime. Personalmente non sono in grado di verificare tali valutazioni, ma vedo una difficoltà intrinseca al tipo di energie che si voglio sfruttare.

Per fare qualunque cosa, è necessario far fluire energia lungo un gradiente: cioè da dove è più concentrata a dove lo è meno. Le energie fossili di buona qualità e l’idroelettrico posizionato bene hanno una cosa in comune: sono forme di energia che hanno il grado di concentrazione, e dunque un gradiente, ottimale. Basta prenderle e dissiparle per i nostri scopi. Un gradiente minore riduce più che proporzionalmente il rendimento, mentre un gradiente maggiore aumenta il rischio di incidente.

Viceversa, sole e vento, pur essendo quantitativamente molto più abbondanti, sono estremamente diffuse. Occorre quindi prima concentrarle (dissipando altra energia già concentrata in precedenza), per poterla poi trasportare dove serve e dissipare per fare quel che vogliamo. In pratica, un doppio passaggio, che in nessun caso potrà quindi dare gli stessi risultati del passaggio singolo permessoci dalle fonti che abbiamo prevalentemente sfruttato negli ultimi 200 anni.

Ciò non significa che sole, vento eccetera siano inutili. Anzi, proprio il fatto che l’economia industriale subirà un drastico ridimensionamento, forse un collasso, rendono preziosi degli oggetti che potranno mitigare gli effetti della decrescita almeno per alcuni decenni.

3 - La ruralizzazione.

Un altro aspetto della medesima questione è rappresentato dal tipo di insediamento umano del futuro. Man mano che l’economia industriale procederà a perdere pezzi, è probabile che una massa crescente di persone cercheranno salvezza in campagna. Un fenomeno che forse sta cominciando proprio in questi anni.

Un processo possibile, ma la densità mondiale attuale è di una persona ogni circa 2.000 mq di terreno agricolo, che [però] sta diminuendo di giorno in giorno. La media europea è analoga ed anche questa in rapido calo. Un ritorno massiccio all’agricoltura ed un riallineamento a standard di vita analoghi a quelli dei contadini poveri attuali rappresenta quindi uno scenario di decrescita possibile, ma non per tutti.

Anche in questo caso, è facile prevedere almeno alcune retroazioni, di segno opposto. Un primo anello spingerebbe verso un’accelerazione della decrescita: decrescita economica → aumento della popolazione rurale → maggiore pressione sulle aree marginali e le foreste → degrado del territorio → ulteriore decrescita economica. Molti entusiasti dell’orto domestico non condivideranno questo punto, ma l’esperienza di tutte le epoche e di tutte i paesi lo conferma.

Tuttavia, anche in questo caso, sono possibili anche anelli tendenti a stabilizzare il sistema. Per esempio: riduzione degli standard di vita → contese per il controllo delle zone migliori e dell’acqua → riduzione/scomparsa dei servizi sanitari moderni → decrescita demografica → miglioramento degli standard di vita.

Sono molti i fattori che spingerebbero per una rapida decrescita demografica, cosa che a sua volta ridurrebbe la pressione sugli ecosistemi e la competitività territoriale, oltre a mitigare la miseria. In altre parole, più rapido il declino numerico, più alto il livello di relativo equilibrio che si potrebbe raggiungere, al netto di altri fattori qui non considerati (clima, guerre, epidemie, ecc.).

Conclusioni.

(…) Cercando di essere il più razionali possibile, direi che la decrescita è inevitabile ed anzi è già cominciata, ma che difficilmente condurrà il genere umano all’estinzione. A mio avviso, le difficoltà maggiori nell’indagare la decrescita sono due: la scala spaziale e quella temporale.

Per quanto riguarda la prima, abbiamo numerosissimi precedenti storici di decrescita e anche di collasso di popoli e civiltà, ma nessuno a livello globale. In un modo costituito da un mosaico di organizzazioni scarsamente comunicanti, il collasso di una di esse può trovare mitigazione (ad es. tramite emigrazione) o aggravamento (a es. tramite invasione) dai suoi rapporti con i sistemi vicini. Ma comunque non si può verificare il simultaneo collasso dell’intera umanità.

Il fatto che il collasso attuale stia avvenendo in un contesto globalizzato cambia radicalmente i termini della questione, almeno nelle fasi di avvio. Da una parte, infatti, sta consentendo di mitigarne e rallentarne considerevolmente gli effetti. Dall’altra, rischia di portare all’inferno l’intera umanità quasi contemporaneamente.

Una seconda difficoltà inerente la scala spaziale, risiede proprio nel fatto che il principale effetto della prima fase di decrescita sarà la frammentazione del sistema globale in sotto-sistemi di varia misura. Un processo che potrebbe reiterarsi fino alle estreme conseguenze, o meno, a seconda di una miriade di fattori perlopiù locali. Dunque diversi da zona a zona.

Per quanto riguarda la dimensione temporale, il problema è che avremo due curve in calo: quella della capacità di carico e quella della popolazione.

Cioè vivremo una specie di gara di corsa in cui la popolazione tenderà a stabilizzarsi su dei livelli tanto più alti, quanto più precoce e rapido sarà il decremento. Questo perché proprio la decrescita economica e la decrescita demografica sono [elementi] forzanti che tendono a “stabilizzare” il sistema, mentre il degrado della Biosfera e l'alterazione del clima sono le principali forzanti che spingono verso l’annientamento umano. > >

JACOPO SIMONETTA

16 commenti:

  1. Insomma, in un certo senso il messaggio fondamentale dell'intero Articolo potrebbe condensarsi nel saggio invito a prepararsi a Società inevitabilmente non più incentrate sul totem della Crescita infinita (economica e demografica) mitigando il più possibile gli inevitabili "danni collaterali" (ambientali e sociali) intrinseci all'ormai incipiente fase di transizione: un obiettivo fondamentale, certamente impegnativo ma non impossibile da raggiungere, specie con l'aiuto di un "illuminato" impiego delle (nuove) tecnologie...

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  2. << un obiettivo fondamentale, certamente impegnativo ma non impossibile da raggiungere >>

    Caro Claudio, anche a me l'obbiettivo pare raggiungibile, se ci limitiamo ad analizzare le cose in senso tecnico ed oggettivo.
    In fondo, come dici giustamente tu, un impiego "illuminato" delle nuove tecnologie può esserci di grande aiuto e supporto.

    Quello che mi fa più paura, però, è l'aspetto antropologico della questionem, ovvero la reazione istintiva che avrà la gente di fronte ai nuovi e difficili problemi che ci attendono ed ai quali non siamo abituati.
    Ci vuole poco a passare da un cambio di paradigma pacifico, ad una rivoluzione vera e propria, ovvero un sollevamento violento e sanguinoso.
    La storia è piena di cambi di paradigma portati da rovesciamenti violenti.
    Ecco: la speranza sarebbe di evitarne un altro.

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    1. "ovvero la reazione istintiva che avrà la gente di fronte ai nuovi e difficili problemi che ci attendono ed ai quali non siamo abituati"

      Non serve che ci siano nuovi problemi, basta che la gente si convinca (cioe' venga convinta) che ci sono. Un paio d'anni fa c'e' stato un intasamento al pronto soccorso della mia citta', di gente che stava li' per essere stata colpita da "colpo di calore". Eravamo in aprile e al massimo c'erano 25 gradi, pero' la televisione aveva parlato di "caldo eccezionale". Si', forse per quel singolo giorno dell'anno, di un paio di gradi in piu', rispetto alle medie secolari. Ma questo e' bastato perche' decine di persone intasassero il pronto soccorso... decine di imbecilli facilmente suggestionabili, ma con sintomi oggettivi, da suggestione di massa. Quelle decine fanno presto a diventare milioni, e sarebbe nella normalita' della storia.

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    2. << Non serve che ci siano nuovi problemi, basta che la gente si convinca (cioe' venga convinta) che ci sono >>

      Magari si trattassi di problemi virtuali.
      Quelli a cui penso io saranno problemi reali, molto reali.
      E la gente non potrà proprio fare a meno di reagire in qualche modo.

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    3. Anche per quelli di cui sopra i problemi erano assolutamente reali. Ad essere immaginarie erano le cause, ed e' quasi sempre cosi'.

      Le cause spesso sono solo dei pretesti per scatenare l'aggressivita' latente.

      C'e' gente che ha un centesimo del nostro reddito e della nostra "ricchezza" e vive benissimo, e gente che ne ha il doppio ed e' continuamente in guerra col mondo e/o con i suoi fantasmi(gli americani). Gli americani sono il prototipo dell'"uomo nuovo" di tipo occidentale, ne anticipano le tendenze. Quello in cui viviamo e' un mondo urbano comletamente virtuale e artefatto, tutto cio' che ci circonda e' prodotto della nostra cultura e immaginazione, e per le nuove generazioni cresciute a videogiochi, in senso anche letterale.

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  3. "Ci vuole poco a passare (...) ad un sollevamento violento e sanguinoso"

    Timore non solo comprensibile ma anche condivisibile, che tuttavia può essere attenuato dalla consapevolezza che il tendenziale invecchiamento medio della popolazione occidentale autoctona, lungi dal rappresentare quel "babau" che generalmente viene dipinto, costituisce quantomeno una forma di mitigazione del rischio di rivolte violente e sanguinose in tali aree...

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    1. "dalla consapevolezza che il tendenziale invecchiamento medio della popolazione occidentale autoctona, lungi dal rappresentare quel "babau""

      In realta' se glielo fai osservare, e si accorgono della questione, l'effetto che otterrai e' esattamente opposto a quello che credi, ti diranno che ti sbagli, e che e' quello il nuovo terribile babau da combattere. Mentre se stavi zitto non se ne accorgevano nemmeno. Esattamente come il perspicace Al Gore quando si e' accorto che col global warming poteva costruirsi una grande carriera politica (anche ammesso che il GW sia IL problema che portera' alla distruzione della terra, cosa di cui dubito _fortemente_, AL Gore di certo non ha abbracciato la causa per questo, se non esteriormente).

      Dare alla gente la consapevolezza che sulla terra ci si sta stretti, servira' solo a scatenare in anticipo le lotte per il "lebensraum", tanto e' forte il potere dell'immaginazione e la voglia di menare le mani che si scatena periodicamente a prescindere dal resto, e anzi si scatena quando la gente sta meglio, come sta succedendo oggi. Tant'e' che i gruppi ecologisti sono sempre piu' spesso infestati da paleonazisti "blut und boden", se non ve ne siete accorti. E se non ve ne siete accorti, facciamo un esamino di coscienza, se non stiamo diventando anche noi un po' cosi'.

      Terrorizzare coi collassi e le catastrofi imminenti e' il modo che hanno sempre usato i piu' sanguinari demagoghi e dittatori per assugere al trono in qualita' di salvatori del mondo.

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  4. << il tendenziale invecchiamento medio della popolazione occidentale autoctona (...) costituisce quantomeno una forma di mitigazione del rischio di rivolte violente e sanguinose in tali aree. >>

    Sono d'accordo.
    E' la famosa teoria dello Youth Bulge, lanciata dal prof. Gunnar Heinsohn, che ho trovato molto illuminante e di cui ho parlato parecchie volte nel mio blog.

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    1. Non sarei cosi' ottimista: poiche' l'invecchiamento differenziale crea squilibri, non credo che mitighi alcunche'. Guardate al nazionalismo arrabbiato montante nel nostro paese, fra l'altro molto piu' diffuso fra i vecchi, che fino a ieri l'altro sono stati essi stessi migranti in tutto il mondo, e fra i quali non pochi sono stati fra i peggiori delinquenti nei paesi di arrivo, dove hanno ricostituito le associazioni criminali del paese di partenza.

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    2. << Guardate al nazionalismo arrabbiato montante nel nostro paese, fra l'altro molto piu' diffuso fra i vecchi >>

      Caro Diaz, che i vecchi si arrabbino come e più dei giovani, ci può anche stare.
      Ma poi la cosa finisce lì: non passano dalle parole ai fatti, con la facilità e l'immediatezza dei giovani e degli adolescenti...

      Un paese di anziani, secondo me, ha un unico (serio) inconveniente: che se la nazione viene attaccata dall'esterno "manu militari", non è in condizioni di difendere adeguatamente il patrio suolo.
      Al momento, però, (e per fortuna) mi sembra una minaccia del tutto virtuale.

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    3. L'era dei nazionalismi forse ha fatto la sua epoca, nel qual caso i giovani, che ormai vivono in un "mondo virtuale", non andranno piu' a farsi ammazzare per difendere il "patrio suolo", ed e' piu' facile che si rivoltino verso i loro vecchi "che hanno inquinato e ipotecato (letteralmente, col debito) il mondo".
      Bisogna stare attenti a pensare che i giovani ragionino come i vecchi, e' il contrario, ogni generazione tende a rivoltarsi in qualche modo, e in primo luogo, verso la precedente.

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    4. Diaz, da qs. punto di vista allora sarebbe più comprensibile che i giovani (afro-asiatici e latino-americani) si rivoltassero verso i loro anziani che hanno continuato (e spec.te in Africa tuttora continuano) a metterli al mondo con tassi di accrescimento annuo da era pre-medicina scientifica e/o verso le classi politico-religiose locali che hanno continuato (e spesso tuttora continuano) a propagandare siffatta crescita demografica costringendoli a partecipare ad un "banchetto" in cui le portate migliori ormai andavano/vanno esaurendosi...

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    5. Lo fanno, ci sono rivoluzioni dappertutto tranne dove sono un po' lasciati liberi di esprimersi scegliendo la loro strada. Pero' lo fanno a modo loro, non a modo tuo e col senno nostro di adesso.
      Quanti baby boomers occidentali hai conosciuto finora che, quando volevano fare la rivoluzione internazionalista comunista a cavallo degli anni '70, non abbiano dato la colpa alla generazione precedente di tutti i mali del mondo, tranne che di averceli messi, al mondo?

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    6. << L'era dei nazionalismi forse ha fatto la sua epoca, nel qual caso i giovani, che ormai vivono in un "mondo virtuale", non andranno piu' a farsi ammazzare per difendere il "patrio suolo" >>

      Forse il nazionalismo è effettivamente al crepuscolo, ma non ne sarei così sicuro.

      Resta il fatto che i giovani hanno comunque voglia di "menare le mani" e sono molto più ricettivi alla propaganda di quanto si immaginano.
      Per cui, qualora fosse necessario, non sarebbe impossibile trovare un'altra ideologia abbastanza forte da convincerli ad "andare in guerra".
      Senza necessariamente rivoltarsi contro le generazioni precedenti (che della suddetta propaganda sarebbero i mandanti).

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    7. L'ecologismo stesso puo' facilmente virare nel senso che dici, del resto nei nostri paesi occidentali non solo l'inquinamento ma anche il consumo di energia vengono visti come attivita' pericolose e antisociali, e addirittura violente, a cui reagire con altrettanta violenza, col rigore di leggi sempre piu' numerose e severe in proposito, che costituiscono altrettanta violenza, naturalmente giustificata in quanto "di risposta".

      Funziona cosi', chi attacca dice SEMPRE di doverlo fare per difendersi.

      E in effetti i blog di ecologia ed economia che frequentiamo cercano di fomentare al massimo la paura, in modo a volte caricaturale, per stimolare una forte risposta. Comincio a pensare che in qualche caso possano essere gestiti da mascalzoni, equivalenti ai "cattivi maestri" di un tempo, anzi a pensarci un attimo, e' molto probabile, le somiglianze sono evidenti, e a nulla vale dire "ma io ho ragione", questo l'hanno sempre sostenuto tutti i mascalzoni. ;) Se ti ricordi i tempi della contestazione, la musica era la stessa.

      Comunque, appena sopra ho scritto:
      "Dare alla gente la consapevolezza che sulla terra ci si sta stretti, servira' solo a scatenare in anticipo le lotte per il "lebensraum", tanto e' forte il potere dell'immaginazione e la voglia di menare le mani che si scatena periodicamente a prescindere dal resto, e anzi si scatena quando la gente sta meglio, come sta succedendo oggi. Tant'e' che i gruppi ecologisti sono sempre piu' spesso infestati da paleonazisti "blut und boden".

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    8. A fagiolo:

      www.lescienze.it/news/2017/04/03/news/globalizzazione_inquinamento_morti_premature-3479517/

      Morti premature di quanto, un minuto, 50 anni? Boh. Ci sono spesso articoli minatori del genere, anzi molto peggiori, anche su aspoitalia.
      Di questo evolvere comunque discutevamo gia' credo ormai 15 anni fa sul gruppo "ambiente", anzi mi stupisce che non abbia gia' portato a conflitti di una certa importanza. L'ecologia, cioe' il fatto che qualcun altro, malvagio, ci rovina l'ambiente, puo' essere un ottimo pretesto per le guerre, daziarie e non, soprattutto perche' cosa sia dannoso e cosa no e' molto facilmente manipolabile (vedi link sopra) e quindi puo' portare a liti indefinibili pacificamente.

      In un certo senso, tutte le guerre sono "ecologiche", cioe' servono a distruggere chi ci rovina l'"ambiente".

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