mercoledì 22 marzo 2017

Uno sguardo dal picco - 1

Un piccolo tentativo di immaginare quello che potrebbe succedere nei prossimi decenni: la decrescita prossima ventura secondo Jacopo Simonetta (da Effetto Risorse). LUMEN

 
(prima parte)

<< Tutti conoscono, o dovrebbero conoscere, “I limiti della crescita”, ma oggi credo che studiare i limiti della “decrescita” sarebbe ancor più interessante. Quasi 50 anni or sono, infatti, si cominciavano ad avvertire i primi sintomi del graduale impatto con i limiti della crescita, mentre oggi si avvertono chiaramente le avvisaglie di una decrescita che sappiamo inevitabile, ma della quale non sappiamo molto.

Sempre più gente cerca di scrutare il futuro, ma la nebbia è davvero molto fitta. Neppure il formidabile ‘Word3’ [il modello del Club di Roma – NdL] ci può aiutare molto. Se, infatti, la fase ascendente delle curve si è dimostrata molto affidabile, la fase discendente sappiamo già che non lo è affatto. Lo sappiamo perché lo dissero chiaro e tondo, fin da subito, gli autori. Per di più, il modello incorpora una teoria (la transizione demografica) che descrive efficacemente la “crescita” di una popolazione umana, mentre si è dimostrata del tutto inaffidabile nel descriverne anche solo le prime fasi del “declino”.

Dunque su cosa ci possiamo basare per fare delle ipotesi che non siano del tutto campate in aria ? Che io sappia, non esistono, ad oggi, modelli affidabili di decrescita. Esiste però una vasta conoscenza di come funzionano i sistemi complessi e su questa base si può lavorare. Non pretendo certo qui di sviscerare un problema così complicato. Sarei già molto contento di riuscire a sollevare la questione affinché se ne occupasse chi dispone dei mezzi tecnici e finanziari necessari per affrontarlo in modo approfondito.

Direi che i punti di partenza potrebbero essere i seguenti.

1 – Non abbiamo modelli di decrescita testati, ma sappiamo che il comportamento dei sistemi tende a restare costante, fintanto che le condizioni al contorno lo consentono. Quando si superano delle soglie, la medesima struttura produce effetti diversi, talvolta opposti, in ragione della diversa interazione con i sotto-sistemi a monte ed a valle.

Per fare un esempio pratico, il credito è un fattore di crescita economica fintanto che l’estrazione di risorse è facile e lo stoccaggio dei rifiuti non comporta retroazioni che danneggiano in qualche modo il sistema economico stesso. Viceversa, in un contesto in cui l’estrazione di risorse diventa difficoltosa, oppure l’inquinamento comincia a produrre “effetti collaterali” consistenti, il credito diventa un efficiente sistema per distruggere la ricchezza accumulata durante la fase di crescita.

Il fatto interessante è che miglioramenti sostanziali nelle tecnologie possono modificare in maniera importante i tempi con cui avviene questa evoluzione, ma non possono in alcun caso modificare il destino finale del sistema. Solo una sostanziale modifica nella struttura interna del medesimo potrebbe farlo.

2 - Sappiamo che la freccia del tempo è irreversibile (perlomeno a scala superiore a quella atomica). Dunque la decrescita potrà anche presentare situazioni diciamo “vintage”, ma sarà comunque un fenomeno del tutto sconosciuto e sorprendente. Certamente non sarà il film della crescita girato al contrario, poiché tutte le condizioni al contorno sono cambiate irreversibilmente.

Per fare un esempio banale, non torneremo a “vivere come i nostri nonni”, come talvolta si sente dire. Rispetto ad un secolo fa c’è il quadruplo della gente, la metà della terra fertile e delle foreste, una minima parte dell’acqua potabile, i principali banchi di pesca sono estinti, eccetera. Non ultimo, nessuno o quasi sa più fare le cose che sapevano fare loro. E se è vero che è possibile imparare, è anche vero che questo richiede tempo.

3 - Da almeno 50.000 anni, l’evoluzione tecnologica ha drasticamente modificato i rapporti fra la nostra specie ed il resto dell’eco-sistema. In pratica, abbiamo trovato il modo di superare costantemente i limiti impostici dall’ambiente tramite lo sviluppo di tecnologie più efficienti. Attenzione ! Questo è un punto fondamentale. Il fatto che la nostra popolazione continui ad aumentare viene spesso citato come prova che, in realtà, non abbiamo ancora raggiunto i limiti della crescita possibile.

Qualcuno ipotizza addirittura che non li raggiungeremo mai, perché il progresso tecnologico è un prodotto dell’inventività umana che si suppone inesauribile. Questo ragionamento è però viziato da un errore di fondo. La tecnologia consente infatti di estrarre una percentuale maggiore di risorse a nostro vantaggio, ma ciò provoca un degrado dell’ecosistema. In altre parole, la tecnologia ci consente di strizzare più forte il limone, ma non di aumentare il succo che c’è. Catton chiamava questo fenomeno “Capacità di carico fantasma”.

4 – La crescita economica e quella tecnologica sono due elementi strettamente sinergici, che formano una delle retroazioni più forti della nostra storia. Ed entrambe hanno trainato la crescita demografica. Man mano che la decrescita economica prenderà piede, questa retroazione continuerà presumibilmente a funzionare, ma non sappiamo bene in che modo.

Da un lato, infatti, ci dobbiamo aspettare che, riducendosi la ricchezza disponibile, le tecnologie più costose dovranno essere man mano abbandonate, per tornare a tecnologie meno sofisticate, ma anche più economiche e robuste. D’altronde, tecnologie meno spinte sono anche meno efficienti nell’estrazione delle risorse che, nel frattempo, si sono degradate e rarefatte.

Per fare un solo esempio, il primo pozzo di petrolio fu trivellato a Titusville [in Florida - NdL] a circa 19 metri di profondità, utilizzando una trivella estremamente rudimentale. Oggi siamo arrivati a perforare rocce a chilometri di profondità, ma ciò è stato possibile perché l’energia “facile” ci ha messi in condizione di sfruttare quella via via più difficile. Siamo così passati da pozzi profondi decine di metri, ad altri di centinaia ed infine di chilometri, senza soluzione di continuità.

Ma se la retroazione si interrompesse, ad esempio per una grave crisi economica od una guerra che comporta l’abbandono delle tecnologie d’avanguardia, non saremmo mai in grado di recuperare, semplicemente perché le risorse raggiungibili con tecnologie più semplici non esistono più.

D’altronde, le conoscenze accumulate nella fase ascendente non saranno dimenticate tanto presto. Anche a fronte di crisi estremamente gravi, una parte consistente del patrimonio scientifico e tecnico sopravvivrebbe a lungo. Diciamo che, probabilmente, siamo oggi nella fase di “picco del sapere”, ma la decrescita culturale sarà presumibilmente più graduale di quella economica, grazie all’inerzia rappresentata dalle scuole e dai libri.

Altri tipi di supporto, in particolare quelli informatici di ultima generazione, rischiano invece di svanire molto rapidamente, a fronte di un netto peggioramento nelle condizioni economiche e, dunque, nella disponibilità di energia e nella manutenzione delle reti.

5 – Il processo di decrescita avverrà presumibilmente per catastrofi di diverso ordine e grado. Questo si può arguire dal fatto che tutti gli sforzi dell’umanità sono concentrati nel mantenimento dello “status quo” e molti dei tecnocrati che se ne occupano sono persone di grandissima professionalità.

Questo tende ad irrigidire il sistema che, anziché adattarsi al mutare delle condizioni al contorno, reagisce per restare il più possibile uguale e se stresso. Ciò consente di ritardare la decrescita, ma, quando ciò non è più possibile, il processo di riequilibrio avviene in maniera rapida e solitamente traumatica. Insomma, è la storia dell’elastico che, tirato troppo, si spezza facendo male a chi lo tiene. >>

JACOPO SIMONETTA

(continua)

26 commenti:

  1. Interessante che Simonetta abbia un proprio blog, da quando ce l'ha? Suppongo da poco, vedo un solo commento sugli articoli della prima pagina, speriamo continui cosi' e non venga presto sommerso dalle solite idiozie.

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  2. Ho letto anche il resto dell'articolo, peccato che non faccia il minimo riferimento alle teorie gia' pronte sulle dinamiche delle popolazioni naturali, ce ne sono sicuramente a bizzeffe. Di questi studi in genere si parla poco o nulla anche nei siti che di popolazione vorrebbero occuparsi particolarmente (quella umana secondo me potrebbe avere dinamiche simili a quelle delle societa' degli insetti, anche perche' ci somiglia moltissimo nell'organizzazione).

    Inoltre, ci si preoccupa sempre e solo di energia e di risorse, trascurando completamente la piega che sta prendendo l'evoluzione tecnoscientifica, da cui e' da attendersi che la prossima rivoluzione, se ci sara', con ogni probabilita' riguardera' la biologia, la capacita' di manipolare gli organismi viventi. Rispetto a tale capacita', quella di utilizzare combustibili fossili, fondere acciaio, far esplodere ordigni, e far funzionare macchine di turing basate sul silicio fa ridere per la sua rozzezza.

    Mitico, comunque, questo articolo, spesso dimentichiamo che l'uomo organizzato in societa' complesse, sulla terra, e' un parassita perfetto, prende senza restituire pressocche' nulla all'ecosistema in cui vive, nemmeno ai vermi che se ne ciberebbero una volta morto se non si autosigillasse in casse di zinco piene di antibiotici:
    ugobardi.blogspot.it/2014/02/il-collasso-del-predatore-apicale.html

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  3. << Ho letto anche il resto dell'articolo >>

    Eh, ma così non vale !
    Dovevi aspettare la prossima settimana... :-)

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  4. Comunque, parlando seriamente, il concetto che mi ha colpito di più nel post di Simonetta è che la società, per tanti aspetti, tornerà "indietro", ma nulla sarà più come prima, perchè non potrà più esserlo.
    Una sorta di applicazione "tecnico-sociale" del secondo principio della termodinamica.

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    1. Non si puo' disimparare cio' che si e' imparato, anche. Nel bene e nel male. Prova ad ascoltare delle parole nella tua lingua come puri suoni, senza afferrarne il significato, se ci riesci! Robe da maestri zen!

      Se e' cosi', pero', non si puo' neppure, in nessun caso, tornare indetro, si puo' solo andare avanti. Nel bene e nel male!

      Un'altra conseguenza del secondo principio e' che il tempo esiste, e se il tempo esiste, non c'e' il determinismo (se assumiamo che in un mondo perfettamente deterministico il tempo sia solo un'illusione).

      Boh!

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    2. In effetti leggendo Gould troverai spesso rimarcato che a "Leggere" la documentazione fossile, sembra che l'evoluzione della vita sulla terra sia un processo storico/caotico, in cui basta una minima variazione nelle condizioni iniziali per produrre una storia successiva completamente diversa.

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    3. << e se il tempo esiste, non c'e' il determinismo >>

      Questa me la devi spiegare meglio.
      Sono d'accordo anch'io che il tempo non è un'illusione, ma in che modo andrebbe ad interferire con il determinismo ?

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    4. Ve l'ho gia' detto, se ci fosse il determinismo, tutto sarebbe gia' determinato come nei fotogrammi di una pellicola cinematografica che e' indifferente se far svolgere in avanti, all'indietro, e a qualsiasi velocita': in tal caso il tempo sarebbe solo un'illusione.

      Per questo Einstein, che credeva nel determinismo (non e' mai stato persuaso dalla meccanica quantistica), diceva che per i fisici il tempo e' solo un'illusione, ed era panteista.

      Al momento pare avesse torto, domani chissa'.

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    5. Fra l'altro:
      www.lescienze.it/news/2015/03/12/news/errori_copiatura_dna_evoluzione_cancro_tremolii_quantisitci-2521339/

      E torna in voga l'ipotesi che la maggior parte dei cancri sia causata da errori casuali e non dall'ambiente ne' dallo stile di vita, qui uno dei link alla notizia:
      apiccoledosi.blogautore.repubblica.it/2017/03/23/cancro-e-casualita-nuove-prove-della-coppia-di-baltimora-su-science/

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    6. << se ci fosse il determinismo, tutto sarebbe gia' determinato come nei fotogrammi di una pellicola cinematografica che e' indifferente se far svolgere in avanti, all'indietro, e a qualsiasi velocita': in tal caso il tempo sarebbe solo un'illusione. >>

      Può darsi, ma io continuo a non vedere questo nesso come un fatto necessario.

      E' vero che se ci fosse il determinismo tutto sarebbe come in una pellicola cinematografica, ma da questo non consegue necessariamente che possa andare sia in avanti che all'indietro.
      Il tempo esiste e determina il verso (l'unico verso) di svolgimento della pellicola: quello che noi chiamiamo "in avanti".

      Ma forse questi sono discorsi da "sesso degli angeli", che all'atto pratico non hanno nessun valore.

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    7. Mah, sono i fisici che discutono di queste cose, l'evoluzione della cui disciplina e' passata dal determinismo meccanicista sei-ottocentesco (Newton, Poincare') all'intrinseca indeterminazione della meccanica quantistica, passando per lo spazio-tempo einsteniano, in un continuo affinamento, ogni volta con ricadute volgarizzanti nella cultura popolare, piu' o meno indebite.

      Sesso degli angeli mica tanto, i gps calcolano la nostra posizione esatta praticando correzioni spazio-temporali senza le quali l'errore di posizionamento sarebbe maggiore, e ogni strumento elettronico che usiamo funziona secondo le leggi della elettrodinamica quantistica.

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    8. << ogni strumento elettronico che usiamo funziona secondo le leggi della elettrodinamica quantistica. >>

      La quale si basa sul principio di intederminazione, ma, miracolosamente, ci fornisce risultati talmente precisi, da farci pensare ad un determinismo assoluto.
      Un bel paradosso, no ?

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    9. Illusoriamente precisi, nel mondo delle ide di Platone, perche' non sopportiamo l'indeterminazione.
      In realta' ogni misura pratica e' intrinsecamente soggetta ad errore da ben prima della meccanica quantistica, e' la prima cosa che insegnano a "laboratorio di fisica 1": la stima dell'errore, la gaussiana.

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    10. L'uomo desidera piu' di ogni altra cosa dominare gli eventi, ma come potrebbe dominarli se gli sfuggono di mano gia' in fase di misurazione?
      Un'altra enorme contraddizione e' quella fra il desiderio di dominio e l'imprevedibilita' della storia: per far vincere il primo diventa necessario negare la seconda.

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    11. Credo che nessuno abbia mai potuto farsi illusioni (seriamente) sulla prevedibilità della storia.
      Qualcuno ha anche detto, molto argutamente, che la principale lezione che possiamo imparare dalla storia è che... non siamo capaci di imparare nessuna lezione.

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  5. Un salutare antidoto a tutte quelle posizioni (spesso di chiara matrice ideologica) implacabilmente ottimistiche secondo le quali, ad es., il solo Texas potrebbe ospitare tranquillamente gli attuali 7.5 mld di popolazione umana globale e/o quantità più elevate di cervelli/menti comportano una parallela maggiore/migliore capacità di risoluzione dei problemi in gen.le... Probab.te gioverà aggiungere che (incredibilmente) spesso & volentieri proprio chi sostiene amenità di qs. genere è in prima fila nel gridare allo scandalo e nello stracciarsi pubblicamente le vesti per l'incremento dei tassi di disoccupazione e di povertà (spec.te nel mondo occid.le) e/o per la persistenza del problema della fame/sete nel mondo e/o per l'inumanità delle guerre (che guarda caso spesso si combattono proprio a causa dello squilibrio tra popolazione e risorse disponibili all'interno di un dato territorio) e/o per la progressiva distruzione antropica degli ambienti naturali...

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    1. << le guerre (che guarda caso spesso si combattono proprio a causa dello squilibrio tra popolazione e risorse disponibili all'interno di un dato territorio) >>

      E questo mi preoccupa seriamente.
      In fondo in questi ultimi decenni, pur in presenza di tante piccole guerricciole locali, il mondo (sopratutto l'occidente) ha vissuto un periodo di pace sostanziale.
      E ci vuole poco - con risorse in diminuzione e popolazione in aumento - a scivolare verso una conflittualità più allargata.

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    2. "spesso si combattono proprio a causa dello squilibrio"

      Le guerre si combattono lo stesso, un pretesto lo si trova sempre, e allo scopo la sovrappopolazione presunta vale come quella reale, cosi' come per i pretesti ecologici-inquinatori. L'untore e' il prototipo del capro espiatorio.

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    3. << Le guerre si combattono lo stesso, un pretesto lo si trova sempre >>

      Certo.
      L'umanità ha dimostrato che con la guerra ha un rapporto di grande famigliarità.
      Però un conto sono le piccole guerre locali, e altra cosa sono le grandi guerre "mondiali".

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    4. "Però un conto sono le piccole guerre locali"

      Non credo, quando il mondo diventa un "villaggio globale".

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    5. Non esageriamo.
      Per il momento, villaggio globale vuol dire solo che tutti sono a conoscenza di ogni piccola guerra o conflitto in giro per il mondo e, magari, ne possono vedere i filmati in tv; non che tutti ne sono coinvolti direttasmente.
      Fa una bella differenza.

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    7. Nel senso che le guerre "mondiali" che abbiamo gia' avute nel secolo scorso sono state tali solo in quanto il mondo era gia' in qualche modo "globalizzato".
      I mezzi informativi, di trasporto e offensivi avevano gia' raggiunto una gittata di dimensioni mondiali.
      Anzi, quasi quasi si puo' dire che le dimensioni delle nazioni dipendano, su scala temporale adeguatamente lunga, proprio dalla "gittata" dei mezzi offensivi.

      Insomma le guerre sono "mondiali" relativamente alle dimensioni che puo' avere il "mondo" nelle varie epoche, non relativamente alla globalita' di eventuali eventi catastrofici. Se non sai cosa c'e' dopo le colonne d'ercole, anzi se addirittura pensi che li' finiscano i confini del mondo, non puoi farci la guerra. E se prima o dopo non la fai e' solo per questo. Il dare piu' fiducia al genere umano sul lungo termine non ha nessun solido fondamento, appartiene all'ambito della speranza nel futuro, ma di certo non all'esperienza che deriva dal passato.

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    8. Sempre di simonetta c'e' un altro recente articoletto interessante e collegato, che lascia intuire come gli organismi istituzionali possano espandersi, o debbano espandersi, e in quali condizioni, fino ad dove arriva la loro capacita' di controllo (informazione, coercizione).
      http://www.jacoposimonetta.it/confini-1-confini-dei-sistemi/

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    9. Ho letto il post di Simonetta, che è in effetti piuttosto interessante.
      La frase che mi è piacuta di più, però, è stata questa (che rappresenta un po' l'apologia del confine):

      << qualunque sistema, per esistere, necessita di una barriera che lo delimita e deve quindi dissipare energia per costruire e far funzionare tale barriera.
      Questo perché è necessario che le condizioni interne siano controllate.
      D’altronde, Carnot ci ha insegnato che un sistema isolato vedrebbe la sua entropia crescere fino ad un massimo, mirabilmente definito da Nietzsche “morte termica”.
      Dunque, se nessun sistema può esistere se non delimitato, nessun sistema può esistere se isolato.
      In altre parole, ogni confine, dalla membrana di una singola cellula alla ionosfera ed oltre, ha la funzione non di isolare il sistema, bensì quello di controllarne gli interscambi con il sistema più ampio di cui fa parte, il quale a sua volta avrà i suoi propri confini e così via. >>

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    10. Questo e' un lato della questione, su cui il bias politico-energetico _di oggi_ fa concentrare la nostra attenzione, l'altro lato e' che i sistemi tendono a espandere sempre di piu' se stessi, inglobando in se' cio' che sta fuori (politicamente tradotto, la tendenziosita' non dovrebbe farci dimenticare che e' il nostro sistema che ha inglobato gli altri, e non il contrario, per cui lamentarsi di alcune conseguenze inattese, indesiderate, ma tutto sommato facenti parte del "pacchetto", e' puerile).

      Dice anche:

      "Ma se livelli superiori di organizzazione hanno maggiori potenzialità, necessitano anche di maggiori risorse e, di conseguenza, scaricano maggiore entropia nel meta-sistema di cui fanno parte."

      Obiezione: i maggiori livelli di organizzazione richiedono piu' energia perche' il sistema ingloba sempre piu' del suo intorno facendolo diventare parte di esso, cioe' diventa sempre piu' complesso, non perche' il sistema aumenta la sua richiesta di "energia specifica". Anzi, forse il sistema cresce proprio perche' esso diventa piu' efficiente nel convertire informazione ed energia. Una specie di paradosso di Jevons, esteso: il sistema si espande perche' cosi' e' sempre piu' efficiente. Se cosi' fosse, le teorie del collasso su base esclusivamente energetica lascerebbero il tempo che trovano, e si evidenzierebbe il grave contrappasso delle strategie (jevoniane) da esse implementate per evitarlo. Una palla di cannone non arriva piu' lontano solo perche' si mette sempre piu' polvere nella camera di combustione, ma anche perche' si migliora "l'efficienza del sistema". Inoltre, _cosa piu' importante_, cio' spiegherebbe cosa le nostre societa' tendenzialmente "ecologiche" stanno istituzionalmente facendo e perche' stiano ineluttabilmente evolvendo in un modo che e' tutt'altro che invitante per quelli come me che aborrono, per ragioni pre-razionali, il totalitarismo sociale, la societa' delle formiche, totalitarismo che sta nutrendo tanto disagio emotivo e tanta aggressivita' verso "la formica ribelle" senza che ce ne rendiamo conto.

      Il tipo di episodi di violenza quotidiani, da giustizieri, che riempiono le cronache, nonche' le manifestazioni popolari di giustizialismo sommario, ne potrebbero essere un segno.

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