sabato 23 maggio 2015

Cartoline dal “Nuovo Mondo” - 2

Concludiamo qui il lungo post di Antonio Turiel sul “nuovo mondo” che ci attende nell’era delle risorse energetiche decrescenti (da Effetto Risorse). Lumen.

(seconda parte)


<< Il problema di questa riforma tanto profonda del sistema finanziario [abolizione del prestito con interesse - ndr] è anche maggiore di quello con la pianificazione che ponevamo prima. Se quella poneva ostacoli all'espansione del commercio non tutelato, questa riforma punta contro il cuore stesso del capitalismo.

Chi tenti di promuovere questi cambiamenti sarà tacciato di essere un comunista obsoleto o qualcosa di peggio, visto che un tale grado di intervento suona come appropriazione e statalismo. Ed è una critica, questa, fatta un po' alla leggera, poiché il comunismo di taglio statalista che il mondo ha conosciuto è nocivo tanto quanto il capitalismo o di più (…). Ma di sicuro c'è un fondo di ragione in essa, visto che i marxisti classici attaccavano i diritti remunerativi del capitale ed in questo senso la coincidenza con ciò che è esposto sopra è piena.

Dato che l'enorme carico ideologico del dibattito capitalismo-comunismo durante i decenni della Guerra Fredda non si è ancora dissipato del tutto e potrebbe ravvivarsi mentre si mettono in discussione le basi teoriche e pratiche del nostro sistema economico, mi sembra praticamente impossibile avere un dibattito ragionevole fra i cittadini sull'impossibilità logica di mantenere il credito con interessi e l'imperiosa necessità delle riforme espresse sopra: qualsiasi tentativo di procedere con questa discussione si impantanerà in diatribe interminabili sui vecchi argomenti di 30 anni fa.

Come modalità più pratica, il mio suggerimento sarebbe, semplicemente, di prescindere da qualsiasi tipo di finanziamento convenzionale, ricorrendo all'appoggio delle comunità locali per portare avanti piccoli progetti concreti, mentre il sistema finanziario collassa da solo.
Questa strategia ha il rischio che lo Stato possa lanciare qualche iniziativa legislativa per perseguire [giuridicamente] queste strade alternative (…). Pertanto, le comunità dovranno che sondare molto bene il terreno che calpestano ed assicurarsi che le loro iniziative siano sempre scrupolosamente legali e che quindi non vengano individuate dal radar.  

CAMBIAMENTO DEL SISTEMA PRODUTTIVO
 In un mondo con energia disponibile in netta decrescita e risorse sempre più scarse, è impossibile conservare un sistema orientato alla produzione. Strategie come l'obsolescenza programmata dovranno essere progressivamente abbandonate e gli sforzi dovranno essere diretti ad ottenere nuovi progetti che assicurino una maggior riparabilità, riciclabilità e riutilizzo. Ciò crea un problema per le imprese, che dovranno ri-orientare i loro modelli d'affari, in modo che i loro risultati non dipendano dal vendere di più, ma dal vendere meglio.

Nel caso delle imprese che producono beni di consumo di massa, che siano materiali o immateriali, il cui target di clientela sia la classe media calante, avranno il problema aggiuntivo di adattarsi alla diminuzione della capacità d'acquisto dei loro clienti e la diminuzione obbiettiva del loro mercato potenziale.

In aggiunta, le imprese dovranno ricorrere sempre di più alle proprie risorse finanziarie visto che la loro prospettiva non sarà quella di crescere, ma all'inizio di calare e alla fine, se hanno fortuna, di stabilizzarsi. Ciò renderà tutto molto più difficile e l'evoluzione generale dei progetti molto più lenta, a meno che non possano contare sul finanziamento partecipativo a interesse zero (e non riescano ad aggirano i problemi indicati sopra).

Aggiungete, a tutto quanto si è detto, che assegnare le risorse per riscattare le imprese la cui sostenibilità a lungo termine è dubbia è una strategia destinata al fallimento. Per esempio, pensando a medio e lungo termine non ha senso aiutare il settore dell'automobile, come di certo non ha senso puntellare le compagnie aeree o il settore del trasporto su strada, nonostante il peso economico così importante che questi settori hanno in questo momento.

Il grande problema del cambiamento di sistema produttivo è che le riforme proposte sono anche molto radicali e sono diametralmente opposte a tutto ciò che si insegna oggigiorno nelle scuole di economia di tutto il mondo. Gli specialisti di queste scuole obbietteranno che tutti questi cambiamenti portano ad una perdita di produttività e di efficienza economica enorme. Ed hanno tutte le ragioni. Ciò che succede è che il problema è di impossibilità, non di convenienza: con risorse limitate ed in decrescita il loro modello semplicemente non funziona.

E' dubbio che accetteranno tali argomenti, così non si può far altro che aspettare che la forza degli eventi finisca per convincerli. [Inoltre] è anche vero che, durante la transizione, un'impresa che puntasse fortemente sul cambiamento di modello sarebbe meno competitiva, mentre ancora c'è una certa abbondanza energetica, pertanto avrebbe molti problemi a sopravvivere fino al momento in cui il modello fossile attuale smette di funzionare.

Per questo motivo, molti autori danno per assodato che la società industriale finirà necessariamente con la fine dei combustibili fossili. Che l'industria dovrà essere ridefinita è evidente, che scompaia del tutto dipenderà dalle decisioni che si prendono, ed in ogni luogo la storia sarà diversa.

GESTIONE DELLE INFRASTRUTTURE
Nel momento in cui sono state create, le infrastrutture hanno fornito un grande valore tanto economico quanto sociale: le ferrovie mettevano in comunicazione città un tempo lontane, i porti permettevano di trasportare grandi volumi di mercanzie su grandi distanze, la rete elettrica portava luce nella notte, ecc.  Ma nella misura in cui le infrastrutture stavano crescendo in dimensione ed estensione, ed allo stesso tempo invecchiavano, si sono trasformate progressivamente in un maggior carico, il che implica un maggior consumo di risorse.

Salvo eccezioni onorevoli, nella maggior parte delle infrastrutture è mancata una pianificazione a lungo termine e il beneficio marginale che supponeva ogni nuovo livello delle infrastrutture è andata diminuendo (e probabilmente in alcuni casi è diventata negativo). Riasfaltare periodicamente le strade è molto oneroso, la rete elettrica ha bisogno di essere controllata e mantenuta, le ferrovie richiedono una manutenzione continua (specialmente le linee ad alta velocità), persino mantenere le luci accese di notte implica una spesa costante.

Ma se le risorse disponibili calano, la parte necessaria per mantenere tutte le infrastrutture semplicemente non ci sarà. Di fronte a questo problema ci sono due possibilità. La prima è far finta di far vedere all'opinione pubblica che non c'è alcun problema, ma di fatto trascurare alcune infrastrutture, in modo poco ordinato, per cui i problemi si aggravano – e sono pertanto più costosi da sistemare – col tempo (...).

La seconda opzione consiste nel prendere decisioni audaci – non sempre ben recepite dall'opinione pubblica – e procedere con uno smantellamento ordinato di alcune infrastrutture con l'intenzione di sostituirle con altre meno costose e più resistenti. Per esempio, la decisione che hanno preso alcune contee degli Stati Uniti di non riasfaltare le strade sotto la loro responsabilità e, al contrario, riportarle a strade di terra e ghiaia.

Fra tutte le infrastrutture in pericolo di abbandono volontario o involontario, quelle collegate al trasporto sono particolarmente a rischio: in un mondo con meno energia l'iper-mobilità che ha caratterizzato gli ultimi decenni è condannata a scomparire; quindi così tante strade, porti, aeroporti e persino ferrovie - che per giunta sono anche molto costose - perdono di senso.

La cosa ideale, di nuovo, sarebbe progettare un piano di decrescita energetica e, in base a quello, decidere cosa si deve abbandonare, cosa si deve sostituire e a cosa fare manutenzione. Ed anche prendere decisioni su ciò che ora non esiste, ma che è necessario costruire per affrontare il futuro (per esempio, porti fluviali).

Il problema più grande per il cambiamento di modello di gestione delle infrastrutture ha radici, soprattutto, nella grande capacità di pressione ed influenza che ha il settore dei trasporti, che interpreterà come un'aggressione qualsiasi decisione in linea con la decrescita energetica che lo colpisca, negando probabilmente di accettare che non solo i giorni di gloria del trasporto non torneranno, ma che le cose andranno sempre peggio.

E' problematica anche le tendenza elitaria, che convergerà verso la creazione di mezzi di trasporto per ricchi e mezzi di trasporto per poveri.

RILOCALIZZAZIONE
Giustamente, se manca l'energia, né i materiali né le persone potranno viaggiare per lunghe distanze.

Dall'altra parte, mentre diminuisce la dimensione dell'economia diminuiranno anche i legami di lunga distanza e sarà l'attività locale quella che genererà una parte sempre maggiore del reddito delle persone. Insomma, i soldi non viaggeranno per grandi distanze e l'industria locale sarà quella che crea l'impiego locale e soddisfa il consumo locale, formando un ecosistema economico chiuso in se stesso e di dimensioni sempre più piccole.

Per evitare la carenza di beni e servizi cruciali, come lo sono gli alimenti o i vestiti ma anche la sanità e l'educazione e cose più prosaiche ma fondamentali come motori di base e macchine elementari, così come veicoli ed automobili semplici, si dovrebbe pianificare accuratamente quello che si produrrà e dove, in modo da assicurare un minimo livello di funzionalità senza dover uscire dalla scala locale.

Il grande problema delle rilocalizzazione è che la parola è già stata abbastanza umiliata da queste parti e molto spesso si trova in discorsi vuoti, senza contenuto. E' molto più facile parlarne che fare qualcosa di positivo nella sua direzione. >>

ANTONIO TURIEL

41 commenti:

  1. "... ci attende l’era delle risorse energetiche decrescenti."

    Ma ne siamo proprio sicuri? Io ormai mi sono arreso, non sono più sicuro di niente, e quindi ho dei dubbi pure su questa affermazione. Sappiamo che molti si danno da fare per assicurare all'umanità fonti di energia inesauribili come sembra sia la fusione nucleare. A questo progetto di assicurare energia a sufficienza lavorano anche Agobit e Alessandro Pulvirenti, dunque persone che condividono almeno alcune delle nostre ansie.
    È vero che il petrolio prima o poi finirà (forse tra 50 - 100 anni o anche prima) ed è al momento insostituibile.

    Il filosofo Severino sosteneva (e penso sostenga ancora) che ci aspetta il "paradiso della tecnica". La tecnologia è la vera forza capace di spostare le montagne. Secondo lui l'imperativo per il primo mondo è di garantirsi lo standard raggiunto e di renderne poi partecipe il resto dell'umanità. Ovviamente ciò non può avvenire senza attriti e conflitti, ma alla fine s'instaurerebbe appunto il paradiso per tutti. Sembra una favola o un'ingenuità, ma Severino non è uno sprovveduto: quando affronta il mondo reale è una macchina pensante impressionante (tanto che lo ribattezzai Severino Schiacciasassi). Quando invece filosofa è di una noia mortale (l'eternità degli enti, l'eternità del tutto, l'impossibilità della nientificazione dell'ente, la follia estrema dell'Occidente ecc.).
    Certamente Severino non ignora il problema energetico ed ecologico, ci mancherebbe (che pensatore o filosofo del c... sarebbe?).
    Ma è davvero possibile ipotizzare un paradiso della tecnica per gli attuali sette e gli ormai non lontani dieci miliardi di esseri umani? Credo che Severino risponderebbe: certamente, ci sono dei problemi, ma li supereremo - perché la scienza è onnipotente, travolge ogni ostacolo, supera ogni limite (forse anche la forza gravitazionale e la velocità della luce?). Non si possono porre limiti all'onnipotenza di Dio - e se Dio è la totalità dell'essere ovvero il Tutto - be', tutto è possibile).

    In attesa del paradiso della tecnica ci restano però varie gatte da pelare, per es. la difficoltà di far vivere il mondo intero all'europea o all'americana.
    Confesso di essermi stufato di Severino e di non conoscere il suo pensiero attuale (almeno riguardo all'evoluzione della nostra società: in filosofia è fisso o fermo al palo dell'eternità del tutto e della follia estrema dell'Occidente di credere che l'ente sia in definita niente perché appare un attimo e scompare nel nulla, ed è dunque niente - dice lui).

    (continua)

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  2. (continuazione)

    Un libro abbastanza recente di Severino a per titolo "La fine del capitalismo" (ma Severino non è un marxista, è un metafisico). Il capitalismo è destinato ad esaurire la sua forza propulsiva perché deve investire sempre di più per non distruggere la Terra e alla fine non può perciò più aumentare il profitto che è l'anima del capitalismo (un capitalista che si accontenta di ciò che ha raggiunto non è un più un capitalista, ma un amministratore dello statu quo). Devo ammettere che fin qui lo seguo e penso che potrebbe aver ragione, come è anche facilmente intuibile che l'economia fondata sull'interesse non può durare in eterno.

    Purtroppo non s'intravedono molti segni di ripensamento: il dogma imperante è l'ineluttabilità della crescita che deve continuare fino ad esaurimento delle scorte. Una riduzione del ricorso all'energia fossile è semplicemente inimmaginabile: in effetti farebbe crollare il mitico PIL mondiale con conseguenze catastrofiche per tutti o quasi tutti.

    Sono piuttosto scettico e pessimista. Noto che l'argomento dello sviluppo demografico abnorme e probabilmente insostenibile è scomparso dall'agenda dei politici (se mai c'era stato). Ma anche il Club di Roma (che esiste ancora) non affronta più l'argomento.
    Ma i sette e dieci miliardi vorranno mangiare, il cibo diventerà forse il problema principale per tutti (oltre ad esserlo già ora per 800 milioni di persone). Pane e giochi, volevano i Romani, e bisognava accontentare la plebe. I giochi chissà non sono forse poi così dannatamente importanti, ma il cibo sì. Come ce lo procureremo? Una risposta potrebbe essere appunto l'economia locale.

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    1. Un libro a per titolo ... Una volta ti bocciavano per questo innocente errore ...

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    2. Don't worry... Sul web siamo tutti un po' sgrammaticati. E' la fretta che ci frega. :-)

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. << "... ci attende l’era delle risorse energetiche decrescenti." Ma ne siamo proprio sicuri? >>

    Caro Sergio, su questa predizione mi sento abbastanza sicuro anche io, visto che i combustibili fossili sono in inevitabile riduzione, l'energia nucleare, oltre ai rischi che ben conosciamo, ha un EROEI complessivo (ovvero dalla costruzione allo smantellamento) quasi nullo, e le energie rinnovabili, essendo di origine solare, hanno dei limiti fisici intrinseci (soprattutto a livello di potenza).

    Non è che mancherà l'energia, è che sarà completamente diversa (soprattutto meno potente) da quella attuale e dovremo imparere a venire a patti con essa.
    Per farti un esempio: le auto possono andare ad elettricità, ma i trattori o le macchine movimento terra no, perchè la potenza non è sufficiente.

    E poi c'è comunque il problema demografico che, come ben sappiamo, è enorme e può facilmente travolgere tutto.

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  5. @ Agobit

    Buone notizie dalla Cèchia: vogliono quattro reattori per portare la quota dell'energia nucleare al 50% della produzione di energia (in Svizzera siamo al 40% di nucleare con quattro o cinque centrali, ma la Svizzera vuole congedarsi dal nucleare - ma solo fra qualche decennio!),

    In Italia invece siamo mi sembra allo 0% di energia nucleare (che importiamo poi dalla Francia).

    Ma la mia domanda è questa: se mettiamo a disposizione più energia, come desidera la logica imperante della crescita economica illimitata, non c'è alcun motivo di cambiare strategie e finalità, si continuerà a produrre e a crescere, popolazione compresa.
    Naturalmente di energia c'è bisogno, ce ne sarà sempre più bisogno solo per soddisfare le più elementari esigenze di una popolazione mondiale che ha già abbondantemente superato i 7 miliardi.
    Io vedo una contraddizione tra aumentare le risorse energetiche e stabilizzare la produzione e la crescita sia economica che demografica.
    Più energia, addirittura energia à gogo, significa necessariamente continuare con l'andazzo attuale. In teoria si potrebbe far fronte a qualsiasi richiesta, anche la più pazza (e penso lo si farà). Anche se non credo che gli aeoplani voleranno con l'elettricità: il petrolio resta per il momento insostituibile. Ma ripeto: che cosa osta a una popolazione di 20-30-50 miliardi se tanto avremo energia da rivendere? Per me la crisi energetica ed economica erano delle possibilità di ripensamento.
    Si continua a ripetere che se tutti avessero un'impronta ecologica come la nostra (persino quella dei morti di fame italiani che sono tanti) avremmo bisogno di 2 o tre pianeti. Non so se è vero, ma lo dicono tutti, anche Obama. Lo stesso l'obiettivo del FMI e di tutti è la crescita economica, un rallentamento o una stasi sono visti come catastrofe da evitare a tutti i costi. Boh!

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    1. "Io vedo una contraddizione tra aumentare le risorse energetiche e stabilizzare la produzione e la crescita sia economica che demografica."

      Per quanto riguarda la crescita demografica non c'e' contraddizione: e' ormai evidente che la crescita economica superato un certo limite provoca stabilizzazione e calo della popolazione, cosi' come pure diminuzione dell'inquinamento (ad esempio il miglioramente delle tecniche agricole permette la messa a coltura di minori porzioni di territorio, lasciandone selvagge di piu' - ormai il problema e' piu' nel fastidio istintivo dell'essere umano maschio e femmina per la wilderness, per la mancanza di sufficiente asfaltatura e la presenza di fastidiose bestiooline, che nella necessita' economica).
      Se sia per la crescita economica in se' o per suoi effetti collaterali imprevisti, non so, ma nella realta' statistica oggi come oggi e' cosi'.

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    2. Sul perche' la crescita economica oltre un certo limite provochi calo demografico e' deducibile dalla contraddittoria richiesta del sistema economico di maggiore popolazione: forse si trova nel fatto che la sovrastruttura economica, schiacciante, richiede sempre piu' addetti per essere manutenuta, e chi sta sotto si rifiuta di produrre altri esseri da offrire in suo sacrificio.

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    3. << Sul perche' la crescita economica oltre un certo limite provochi calo demografico ... >>

      Caro Diaz, credo che la correlazione sia molto complessa e che i fattori da considerare siano molti.
      Personalmente, credo che il lavoro "fuori casa" delle donne e la predominanza della famiglia nucleare rivestano un ruolo importante, ma ovviamente ve ne sono tanti altri.

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  6. << Io vedo una contraddizione tra aumentare le risorse energetiche e stabilizzare la produzione e la crescita sia economica che demografica. >>

    E' quello che penso anche io.
    Anche se la disponibilità energetica dovesse restare stabile, o diminuire in modo molto lento, resterebbe pur sempre il peggioramento della crisi ecologica a fare saltare per aria tutta la baracca.

    Molti addirittura pensano che dalla crisi ambientale (effetto serra, inquinamento, sovrappopolazione, ecc.) ci potrebbe salvare solo una drastica e rapida riduzione dell'energia tradizionale.

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    1. Io pero' vedo una contraddizione anche fra il preoccuparsi che la crescita della popolazione provochi crisi e scarsita' di risorse, e il desiderare che crisi e scarsita' di risorse impedisca la crescita della popolazione... In questo secondo caso non c'e' bisogno di preoccuparsi ne' di fare nulla: e' tutto automatico.

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    2. Certo, le contraddizioni sono tante.
      Ma dipende anche dal COME si arriva (si ritorna ?) ad un equilibrio ecologico e demografico accettabile, perchè i percorsi sono tanti e, per la maggior parte, per nulla piacevoli.

      Quindi i nostri discorsi saranno anche futili, ma nascono dal desiderio (empatico) di ritornare all'equilibrio nel modo meno traumatico possibile.
      Il che, purtroppo, non avverrà, lo sappiamo bene, ma questo non ci impedisce di desiderare qualcosa di meglio di un triste "homo homini lupus".

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    3. "Quindi i nostri discorsi saranno anche futili, ma nascono dal desiderio (empatico) di ritornare all'equilibrio nel modo meno traumatico possibile."

      Ritornare all'equilibrio? Quale equilibrio? Era in equlibrio il mondo del primo Novecento che aveva in serbo due terribili guerre mondiali più ideologie orrende come il comunismo e il nazismo? E poi esiste davvero un equilibrio? Sì, per un breve periodo le cose sembrano essere in equilibrio che però è destinato ad essere sconvolto perché si formi un nuovo stato abbastanza stabile, ma non per molto.
      Il fatto è che le cose ci appaiono sempre terribilmente complicate (e oggettivamente lo sono attualmente) per cui vorremmo (sogniamo, desideriamo, invochiamo) il ritorno a situazioni più semplici, meno caotiche, dominabili. A noi i sette miliardi di avidi esseri umani fanno paura anche perché siamo in concorrenza con loro e non sappiamo come andrà a finire, anzi temiamo di avere la peggio. Vogliamo difendere il nostro standard (che per milioni di Italiani è del resto modestissimo), ma non sarà facile, checché ne dica Severino (quello del paradiso della tecnica prossimo venturo).
      Chissà, forse siamo a una svolta della storia umana, svolta impressa proprio dall'incremento demografico che a noi della vecchia guardia pare abnorme, insostenibile (mentre per la gente comune, forse il 90% dell'umanità, il problema non esiste nemmeno).
      A volte i salti di qualità sono innescati proprio dalla proliferazione: può esserci un crollo, ma anche un progresso.
      In Cina hanno (è ufficiale, ma sicuramente anche in altri laboratori del mondo) si sperimenta ormai sul patrimonio genetico umano. Forse creeranno un uomo immune da malattie, molto più intelligente, capace di affrontare i voli interstellari (altro che Marte, ormai alla nostra portata - be', in realtà Marte è ancora lontanuccio e un trasferimento dell'umanità su Marte - necessario per il riscaldamento del sole - sarà un'impresa non da poco).
      Che abbia ragione Diaz? Stiamo a preoccuparci per niente. In qualche modo le cose si assesteranno sempre, non necessariamente come vorremmo o ci immaginiamo.

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    4. << Che abbia ragione Diaz? Stiamo a preoccuparci per niente. In qualche modo le cose si assesteranno sempre, non necessariamente come vorremmo o ci immaginiamo. >>

      Caro Sergio, sì e no.
      Certo, in natura tutto tende all'equilibrio e anche la crisi attuale troverà la sua strada (di riequilibro) da sola, senza bisogno dell'aiuto di nessuno.

      D'altra parte, "preoccuparsi" ha senso solo quando possiamo intervenire fattivamente sull'esito di qualcosa, mentre nel caso di specie non possiamo - con tutta evidenza - fare nulla di utile o di significativo .

      Direi quindi che le nostre non sono preoccupazioni, ma semplici previsioni tra amici consapevoli.
      Senza il peso della responsabilità, ma anche senza la soddisfazione dell'utilità.
      Ce ne dobbiamo fare una ragione.

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    5. "mentre nel caso di specie non possiamo - con tutta evidenza - fare nulla di utile o di significativo"

      Secondo me andrebbe presa in considerazione anche la possibilita' di aggiungere danno al danno. Come gia' detto, il movimento ecologista-decrescista finora e' riuscito solo a fornire spunto per leggi ulteriormente repressive, e leggi che anticipano e aumentano i problemi da incremento di popolazione, prima che sia necessario: dal nostro punto di visto un risultato del tutto negativo, credo. E' da tenere ben presente che gli interessi inconfessabili di parte spesso riescono a torcere istanze ragionevoli nel loro contrario.

      Un esempio dappoco ma credo significativo: per le piste ciclabili (istanza tipicamente ecologista-decrescista) chi le realizza riesce a spendere di piu' al km di quanto costava una strada statale 50 anni fa, infarcendole di ammennicoli fino alla ridicolaggine: un inno allo spreco e al consumo di risorse inutile. Oppure la rottamazione delle automobili: obbligo di legge a buttare via automobili perfettamente funzionanti, anche se magari pochissimo usate, perche' ne viene vietata la circolazione causa "inquinamento", con contemporaneo ma non necessariamente incentivo all'acquisto di nuove. Io l'ho sentito con le mie orecchie Marchionne quando non era ancora cosi' famoso dire ad un affollato congresso di ecologisti-decrescisti che l'italia e' indietro su questo temi perche' non fa leggi abbastanza severe che obblighino i cittadini a rinnovare il parco auto, e ricevere applausi. Se volete ve lo trovo, ho sicuramente l'mp3 scaricato che credo stia nell'archivio di radioradicale.

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    6. "siamo ad una svolta della storia umana, svolta impressa proprio dall'incremento demografico"

      le vere svolte della storia umana mi sembra siano quelle impresse dalle scoperte tecnologiche (strumenti del paleolitico, agricoltura e pastorizia del neolitico, scienza sperimentale e rivoluzione industriale): quella epocale che forse sta avvenendo adesso e' della manipolazione genetica. La popolazione ne segue, non e' la causa, mi pare (se non nel senso che sono organizzazioni di uomini a creare i presupposti per le svolte).

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    7. E anche le organizzazioni sociali seguono, ho l'impressione...

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    8. Caro Diaz, sulla rottamazione delle auto sono perfettamente d'accordo con te: si tratta della classica eterogenesi dei fini, con l'aggravante che è voluta (per compiacere l'industria).

      Sulle piste ciclabili, invece, pur consapevole degli sprechi, non posso non apprezzare che l'uso delle biciclette venga in qualche agevolato ed incoraggiato.

      Il buon Ivan Illich diceva che la bicicletta è il mezzo di trasporto più efficiente in assoluto.
      Forse esagerava, ma credo che la sua diffusione ritornerà presto ad aumentare.

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    9. "quella epocale che forse sta avvenendo adesso e' della manipolazione genetica"

      Mi chiedo se sia deliberatamente ignorata dai decrescisti energetici perche' complica le loro tesi, quando non sia addirittura osteggiata per questo (gli ecologisti notoriamente sono contrarissimi a questa nuova scienza, di una contrarieta' molto piu' tassativa di quella (stranamente) della chiesa stessa...).

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    10. Guarda io vado SOLO in bici da quasi vent'anni, ci faccio 10.000 km/anno dei quali nessuno per sport, non uso nemmeno i mezzi di trasporto pubblico: ti assicuro che le piste ciclabili sono la piu' grande e inutile cazzata in campo stradale, chi va davvero in bici le evita come la peste, sono anche piu' pericolose della strada mormale.

      Purtroppo ne pontifica chi la bicicletta la considera come gli slowfooders considerano il cibo: un vezzo diportistico per sazi annoiati.

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    11. Conoscendo bene ivan illich, credo che la pista ciclabile come e' intesa oggi (un ammennicolo ipertecnologico ultra-accessoriato costosissimo e segregatorio) sia quanto di piu' lontano dalla filosofia di illich. La bicicletta e' bella proprio in quanto NON HA BISOGNO DI NULLA. Le strade ci sono gia' e sono anche troppe, se la gente andasse di piu' in bici automaticamente le piste ciclabili sarebbero ancora piu' inutili, in quanto il traffico automobilistico diminuirebbe. Per necessita' logica (questa cosa cosi' elusiva).

      Per fare quai cazzi di piste dalle mie parti hanno distrutto tutte le rive arboree e i fossi, hanno cementificato e palificato tutto fino all'inverosimile, creando i presupposti per futuri costosissimi interventi di manutenzione: si sono procurati il lavoro inutile anche per i prossimi decenni.

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    12. http://archiviostorico.corriere.it/2002/giugno/27/Nella_citta_che_abolito_semafori_co_0_02062710716.shtml

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    13. << ti assicuro che le piste ciclabili sono la piu' grande e inutile cazzata in campo stradale, chi va davvero in bici le evita come la peste, sono anche piu' pericolose della strada mormale. >>

      Questa non lo sapevo.
      Ho usato parecchio la bici, da ragazzo con gli amici, soprattutto in campagna (dove vivevano i miei nonni) e le piste ciclabili non sapevamo nemmeno cosa fossero.
      E' proprio vero che il progresso è lastricato di sciocchezze e di cose inutili.

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  7. Leggo proprio ora una frase di Italo Calvino da "Se una notte d'inverno un viaggiatore":

    “Il meglio che si può ottenere nella vita è di evitare il peggio."

    Carina. Sapersi accontentare.

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    1. Giusto.
      Ma per evitare (per quanto possibile) il "peggio", bisogna conoscerlo.
      Ecco perchè il "sapere" è così importante, ed il "non sapere" è così pericoloso.

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    2. Credo che lasciare l'ambiguita' su cosa sia il peggio e il meglio sia piu' saggio...

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  8. Gli illusi della decrescita felice, essendo di derivazione marxista, credono di poter produrre il futuro che vogliono agendo con le solite scassate macchinette ottocentesche: capitalismo-socialismo, pregresso-reazione, stato-privato ecc. e via banalizzando. La realtà è che il 900 ha dimostrato il fallimento del dirigismo di Stato e il trionfo del liberismo. Forse ce lo siamo dimenticato, ma Mao pochi decenni fa faceva girare anche i professori universitari in tute da operaio e senza scarpe, e aveva nazionalizzato anche le biciclette. Oggi in Cina vige un turbocapitalismo ultraliberistico che fa inorridire i magnati dell'industria americana. Il futuro è, in pratica, imprevedibile e soprattutto non è programmabile. Pensare che riducendo la disponibilità di energia (chi poi dovrebbe assicurare un compito così difficile da attuarsi?) si ridurrebbero consumi e demografia è pia illusione. Già regolare la produzione del petrolio è compito difficilissimo, in grado di generare crisi economiche, conflitti politici e persino militari, figurarsi imporre per legge ( e chi la farebbe rispettare?) una riduzione del consumo energetico. Inoltre l'esperienza dimostra che è la forte disponibilità di energia a basso prezzo che genera rispetto della ecologia, regolamentazione dei consumi, decrescita demografica. La popolazione, al netto delle immigrazioni, decresce nelle sviluppate Europa e America, non in Africa o in Asia, dove la disponibilità economica ed energetica è scarsa ma i tassi di natalità altissimi.

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    1. Infatti, sulla derivazione marxista (in fin dei conti E=mc2, per cui dal materialismo si e' passati all'"energismo" come spiegazione di tutta la storia presente, passata e futura :) ci sono pochi dubbi.
      Rimarco che ho l'impressione che siano quasi sempre visceralmente contrari, oppure del tutto indifferenti, alle biotecnologie perche' esse potrebbero gettare scompiglio nel loro paradigma millenaristico, introducendo (come al solito...) un elemento creativo, e cosi' falsificandolo.

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    2. "Pensare che riducendo la disponibilità di energia (chi poi dovrebbe assicurare un compito così difficile da attuarsi?) si ridurrebbero consumi e demografia è pia illusione."

      Non è che qualcuno voglia ridurre la disponibilità di energia, ma una crisi può indurre a ripensamenti (per es. l'attuale crisi che sembra in via di superamento). Quella petrolifera del '73 (domeniche senza circolazione, autostrade deserte) fu accettata senza troppe recriminazioni (mica potevi scendere in piazza a protestare). La decrescita demografica in Europa, America e Giappone è chiaramente dovuta al benessere e alla pillola (le famiglie numerose con 6-10 figli sono rarissime). Lo squilibrio demografico in Africa e Asia è dovuto ai nostri interventi: diminuzione della mortalità infantile (positiva), ma scarso benessere e sviluppo che costituiscono potenti inibitori della natalità (difatti i Verdi contro Ecopop dicevano: prima sviluppo e istruzione, poi automaticamento calo demografico - bravi, ma la situazione è ormai fuori controllo, secondo me, è troppo tardi).
      Ma vogliamo che Asia e Africa raggiungano il nostro standard?
      Forse, quasi sicuramente noi potremmo rinunciare a qualcosa (o anche a molto - ciò che però indurrebbe crisi dalle nostre parti; non so proprio come si potrà riassorbire l'alto tasso di disoccupazione nel Sudeuropa, Spagna, Italia, Grecia ecc., anche la Francia).
      Insomma, Agobit, continuo a non capirti. Tu vuoi centrali nucleari à gogo come Zichichi per farci stare tutti meglio e - in prospettiva - calare demograficamente (quando saremo 20 miliardi?).
      Io invece, che sadico, spero nella crisi. Comunque anche il papa è dalla tua parte (il Vaticano è pro nucleare, perché è natalista e si rende conto che senza nucleare le sue famiglie numerose se le può sognare). Bergoglio secondo me è un pasticcione, tira il sasso e poi nasconde la mano (non siate conigli, sì viva i gay, chi sono io per giudicare).

      Certo prima o poi sopraggiunge la saturazione, il modello standard in Italia è ormai di uno-due figli (o anche nessuno).
      Ma temo che con più energia si continuerà a crescere.

      Non capisco la polemica contro gli ecologisti-decrescisti tra i quali mi ci metto. Ci saranno ecologisti e decrescisti stronzi (tipo piste ciclabili) ma l'ecologia vorrebbe mettere ordine, prevenire effetti perversi o ritenuti indesiderabili, come sprechi e conflitti sociali da sovraffollamento.
      Ma dopo aver letto in tutti questi anni centinaia e centinaia di articoli di premi Nobel e altre teste d'uovo, mi sembra che il problema sia sempre uno: chi ha diritto a quanti beni della terra e in base a quali criteri? Le università scoppiano di studenti svogliati, poco portati agli studi, che farebbero meglio a zappare la terra e raccogliere pomodori: ma s'insiste a dire che bisogna investire di più nell'istruzione. Senza contare poi che intere facoltà potrebbero essere tranquillamente soppresse, servono solo a pagare professori inutili e a parcheggiare studenti.

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    3. "ma s'insiste a dire che bisogna investire di più nell'istruzione"

      Cio', che se ne sia consapevoli o meno, serve solo a rendere MOLTO COSTOSO l'allevamento di un figlio, il che, potendo scegliere, disincentiva i potenziali genitori a farne molti, che e' esattamente il contrario di cio' che succede nelle societa' povere.
      Quanto al benessere delle nostre societa', ma ne siamo sicuri? Io non ne vedo molto in giro, io vedo solo gente o infelice o isterica nel tentativo di tenere il naso sopra la linea di galleggiamento, a fronte di esigenze sociali da "doppio legame" sempre piu' difficilmente soddisfacibili. In comune, tutti, hanno solo che sopravvivono a lungo, e questo basta.
      Per quanto riguarda la demografia in Asia, vedo che vi ostinate a non guardare i filmetti di Rosling su TED :), secondo lo statistico-medico svedese, che analizza i dati statistici mondiali piuttosto che leggere i giornali, il mito dell'asia arretrata e capace di produrre solo bambini e' ormai solo un mito consolatorio di un occidente che non vuole capire che la sua eccezionalita' mondiale non e' piu' tale. Il tasso demografico e' in calo verticale dappertutto dove arriva il cosiddetto "benessere occidentale", portato da questa attuale ultima fase della globalizzazione, cioe' dappertutto tranne, al momento, zone dell'africa. E' in crollo perfino nei paesi arabo-islamici.

      Se si vuole che questo trend continui, dato che e' evidente la causa, imporre forme di poverta' artificiale e ope legis in questa fase e' demenziale, e serve solo a essere successivamente costretti ad imporre la politica del figlio unico (che poi voglio vedere come si fa, opportunita' politica a parte che cozzerebbe radicalmente contro i diritti di base del nostro diritto "naturale", con tutti gli economisti all'unanimita' che strillano contro il problema del calo demografico e dell'invecchiamento della popolazione).

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  9. @ Diaz

    << Quanto al benessere delle nostre societa', ma ne siamo sicuri? Io non ne vedo molto in giro, io vedo solo gente o infelice o isterica nel tentativo di tenere il naso sopra la linea di galleggiamento, >>

    Il benessere economico in occidente mi pare, per il momento, ancora innegabile.
    Poi che la gente sia isterica ed infelice non lo nego, ma mi sembra un discorso un po' diverso.

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    1. Io non ho parlato di disponibilita' economica, parlavo di ben-essere.

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  10. @ Sergio

    << Non capisco la polemica contro gli ecologisti-decrescisti tra i quali mi ci metto. Ci saranno ecologisti e decrescisti stronzi (tipo piste ciclabili) ma l'ecologia vorrebbe mettere ordine, prevenire effetti perversi o ritenuti indesiderabili, come sprechi e conflitti sociali da sovraffollamento. >>

    Sono con te.

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  11. @ Agobit

    << La realtà è che il 900 ha dimostrato il fallimento del dirigismo di Stato e il trionfo del liberismo >>

    Tutto giusto.
    Ma siamo sicuri che il liberismo possa continuare a funzionare anche in una situazione di risorse materiali ed energetiche decresenti ?
    Io temo di no.

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    1. Cos'a' che da' tanto fastidio della liberta'?
      E cosa dovrebbe funzionare meglio del liberismo?
      Liberismo vuol dire liberta' di sperimentare nuove strade e nuovi paradigmi, che e' proprio quello che va fatto nei casi come il presente, in cui sembra di essersi cacciati in un vicolo cieco. Se si pretende di pianificare l'intero futuro basandosi sulle cognizioni del presente (che e' il contrario del liberismo) allora si' si e' fritti, anzi piu' che fritti si rinunzia alla condizione umana, la cui prerogativa (e condanna) e' dover continuamente rivalutare e ricostruire il proprio futuro.

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    2. Ho cominciato a leggere l'Harari che avevi citato, davvero molto interessante, per quel po' che ne so e ne capisco e' un buon compendio seppur elementare dello stato dell'arte dell'attuale conoscenza multidisciplinare, mette insieme idee con cui altrimenti e' difficile venire a contatto se non passando qualche decennio a leggere materiale proveniente da campi del sapere disparati, che normalmente si escludono a vicenda (il che frena la loro integrazione in una nuova visione d'insieme, ma prima o poi qualcuno mette insieme i pezzi, speriamo non l'ennesimo profeta, o forse speriamo di si').

      Vedremo come continua nel proseguo della lettura, e dove andra' a parare alla fine a partire dal contesto che si e' preparato. (perche' questa e' la novita' della nostra epoca, che diventiamo gradualmente consapevoli che lo spazio in cui viviamo e' solo, in gran parte, un contesto immaginario, per cui le credenze, smascherate, non funzionano piu' in quanto tali - un po' come se la "sintassi ricorsiva" che e' nel nostro linguaggio stesse per spiccare il volo (avvitato)). Questo l'harari forse non lo dice esplicitamente ma lo fa capire. Andando avanti vedremo se fa lui stesso tesoro della sua scoperta, oppure finisce come tanti in passato a proclamare solo un nuovo vangelo, il suo.

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    3. << Cos'a' che da' tanto fastidio della liberta'?
      E cosa dovrebbe funzionare meglio del liberismo? >>

      E lo dici a me che sono un liberale-liberista da sempre ?
      Purtroppo la libertà non è gratis ed ha bisogno, per funzionare, di certi presupposti economici.
      I quali presupposti potrebbero non essere più disponibili nel prossimo futuro.
      E' questo che intendo.

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    4. << Vedremo come continua nel proseguo della lettura >>

      Il libro di Harari mi è piaciuto tutto, dall'inizio alla fine.
      Spero che sia così anche per te. Auguri.

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