sabato 12 aprile 2014

Destra, sinistra ed altre direzioni

Si sente parlare sempre più spesso di “crisi della politica” ed, in particolare, del superamento di due termini storici come “destra” e “sinistra”, che tanta parte hanno avuto nella storia del novecento.
E, d’altra parte, capita spesso di guardare al presente ed al futuro con gli occhiali (distorti) del passato.
Quelle che seguono sono alcune considerazioni di Aldo Giannuli, giornalista e politologo, sull’attuale situazione politica europea.
Si tratta di una analisi impietosa e decisamente estremista, ma difficile da contestare (dal sito Aldogiannuli.it).
LUMEN


<< Il crollo dei socialisti e la parallela affermazione del F.N. di Marine Le Pen [alle elezioni amministrative francesi di fine marzo] non hanno sorpreso nessuno, ma l’entità degli spostamento è andata al di là delle previsioni.

Il P.S. paga l’impopolarità di Hollande, dovuta alle sue scelte di governo, ma, più in generale paga la sua posizione scomodissima di gestore della crisi.

La sinistra “riformista” non ha e non può avere spazio nell’ordinamento liberista, perché la sua ragion d’essere sta nella mediazione fra capitale e lavoro, mentre il neo liberismo non cerca alcuna mediazione, perché postula semplicemente il dominio capitalistico e la totale subalternità del lavoro.

C’è un errore di fondo: pensare che il liberismo sia la faccia economica del pensiero liberale.

Sbagliato: il liberismo è indifferente alla qualità del regime politico e, nella sua variante neo liberista, ha un’anima essenzialmente totalitaria che sopporta la democrazia liberale (debitamente svuotata di senso e con istituzioni rappresentative prive di reale potere decisionale), solo perché teme che un regime autoritario potrebbe ridestare il fantasma del primato della politica.

Dunque, non ha bisogno di sindacati e Parlamento ecc. che devono sopravvivere solo come feticci, mentre lo stato sociale deve semplicemente sparire e la stessa Costituzione diventa un inutile intralcio.

Ma la sinistra riformista senza Parlamento, sindacati e stato sociale, semplicemente non esiste. E tanto più nel tempo della crisi, quando il capitalismo tende a fuoriuscire dalla democrazia in favore dello stato d’eccezione.

La sinistra moderata, che si candida a gestire una forma temperata di dittatura neo liberista, può reggere, con difficoltà, questa posizione sin quando non precipiti la crisi; dopo, se conquista il governo è costretta solo a fare il lavoro sporco.

Quello che rende debole la posizione della sinistra “riformista” è la sua incapacità di immaginare un “altro” rispetto all’ordinamento esistente.

Costitutivamente, la sinistra moderata accetta la dittatura dell’esistente e ritiene che il suo compito sia quello di temperare le ingiustizie del capitalismo, con una serie di conquiste parziali e creando “nicchie” di giustizia sociale.

Quando poi, con la crisi, il capitalismo travolge irresistibilmente conquiste parziali e nicchie di equità, la sinistra moderata, in un primo momento, cerca di resistere, poi si appiattisce, in attesa di tempi migliori. Ma, così facendo, perde il contatto con la sua base ed inizia fatalmente a declinare, mentre la protesta sociale contro la repressione capitalistica, prende altre strade. A volte assai sbagliate o pericolose.

Ora, come in altre circostanze storiche simili, la sinistra moderata diventa la sinistra dell’impotenza, perché non comprende che, lungi dal ridurre il tiro ed abbassare i toni, queste situazioni esigono un confronto radicale sul modello di società: se il capitalismo tende a fuoriuscire dalla democrazia, alla sinistra spetta fuoriuscire dall’ordinamento esistente in direzione opposta.

Nelle circostanze storicamente presenti - qui ed ora - la questione che si pone è quella dell’ordinamento neo liberista dell’Europa, costruito intorno alla Ue ed all’Euro: c’è da decidere se cercare di mantenere in piedi tutta la baracca o buttarla giù a spallate.

Su questo sta montando una fortissima protesta popolare di cui il risultato francese è uno dei sintomi, ma non l’unico e non il più pesante.

Quello che si capisce, senza troppa difficoltà, è che vasti settori di ceti popolari (che ormai sfiorano il 25%-30% del corpo elettorale, senza tener conto degli astenuti) attribuiscono all’Euro ed alle politiche di mantenimento di esso (come il fiscal compact) la responsabilità dell’inasprirsi della crisi e, conseguentemente, chiedono il superamento della moneta unica.

E si badi che la protesta viene sia da chi guarda dal punto di vista dei paesi debitori (come Italia e Grecia), ma anche dio paesi creditori (come la Germania, Olanda o la Finlandia), che chiedono di tornare alla moneta nazionale o del Nord Europa, perché si ritengono danneggiati dalla condivisione della moneta con i “peccatori del debito”.

Le elezioni francesi, in questo senso, sono solo il vento che annuncia la tempesta di fine maggio. Di fronte a questo, chi si schiera più risolutamente in difesa dell’attuale ordinamento europeo è proprio la sinistra moderala del P.D., P.S. francese e spagnolo, S.P.D. ecc.

E persino la “Sinistra Europea”-Gue (accusata di essere euro-scettica perché osa mettere in discussione il fiscal compact) pur vagheggiano una vaga ed improbabile “altra Europa”, non osa mettere in discussione l’attuale assetto istituzionale europeo.

A testimoniare dell’incredibile ottusità dei socialisti francesi, viene l’appello alla “solidaritè repubblicaine” verso la destra gaullista.

Geniale: c’è una protesta che monta sulla base del fatto che la gente ritiene uguali sinistra e destra moderate ed i socialisti che fanno? Propongono il blocco elettorale comune fra loro e i gaullisti!

Con maggiore intelligenza, la destra ha lasciato subito cadere la proposta e si predispongono ad avere le mani libere nel rintuzzare l’assalto lepenista. >>

ALDO GIANNULI

2 commenti:

  1. La destra francese del FN è in fondo una sinistra nazionale - non è un caso che attiri molti ex elettori della sinistra che non ci capiscono più niente (i loro leader sono ormai appiattiti sul pensiero unico del libero mercato e della globalizzazione - anche in Italia del resto). Ed ecco una formazione che si batte per gli ideali della sinistra - che possiamo riassumere grosso modo con lo stato sociale - ma su base nazionale, la nazione essendo malgrado tutto ancora un'entità circoscritta, riconoscibile, visibile, governabile almeno in teoria. In attesa del paradiso terrestre prossimo venturo - il sol dell'avvenire di "sinistra" memoria - i vituperati nazionalisti si ripromettono di mettere ordine nel proprio orticello con alcune misure molto concrete (per es. la difesa del proprio paese, la difesa dalle invasioni dei dannati della Terra - che secondo la carta dei diritti internazionali e dell'uomo è assolutamente legittima). Gli internazionalisti di casa nostra invece - ex comunisti che hanno fatto carriera - ci vogliono far credere che ormai certi problemi (fonti energetiche, crescita, sviluppo ecc.) possono essere risolti ormai solo a livello superiore, per es. con l'UE (in attesa del Governo mondiale). Chi ha ragione? Io, modestissimo borghesuccio senza troppe pretese, direi di mettere ordine nel proprio giardino, che non significa pura autarchia, del resto ormai impossibile. Insomma, cominciamo da noi stessi, e poi vedremo.
    Cosa può opporre la sinistra classica a un Marchionne che persegue il profitto e allo scopo ha abbandonato l'Italia? Dal suo punto di vista, che la sinistra è costretta a riconoscere (forse obtorto collo, ma nemmeno tanto) Marchionne ha ragione nel mondo globalizzato. Forse è proprio la globalizzazione forzata che ci frega.
    Intanto la falsa sinistra cerca di criminalizzare la nuova vera sinistra sociale di Marine Le Pen - perché sarebbe xenofoba, razzista, anti-euro, anti-europeista ecc.

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  2. << Io (...) direi di mettere ordine nel proprio giardino, che non significa pura autarchia, del resto ormai impossibile. Insomma, cominciamo da noi stessi, e poi vedremo. >>

    Sono perfettamente d'accordo. Oltretutto la gestione diretta del proprio territorio appare una soluzione più facile, sensata ed efficace per mille motivi, non ultimo il fatto che, in un ambito locale, la democrazia può essere più dretta e quindi funzionare meglio.
    Il governo mondiale, invece, non solo non mi pare desiderabile, ma mi sembra addirittura un mostro spaventoso.

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