sabato 11 maggio 2013

P.D. (Perseverare Diabolicum)


Questa è una intervista virtuale, ma non inventata.
Nel senso che la “vittima”, il saggista e politologo Davide Tarizzo, ha detto effettivamente le cose che ho riportato; solo che non le ha dette a me (il testo è tratto da Goofynomics, il blog di Alberto Bagnai).
Spero che non mi faccia causa.
LUMEN

 
LUMEN – Professor Tarizzo, l’Italia stia attraversando un momento molto difficile della sua storia repubblicana.
TARIZZO – Sicuramente.

LUMEN - E questo non solo a livello politico-istituzionale, ma anche, e direi soprattutto, a livello economico, per i disastri causati dall’euro. Cosa ci potete dire al riguardo ?
TARIZZO - Il cuore del problema che noi abbiamo in Italia, il vero cuore del problema politico che c'è in questo paese, è il Partito Democratico.

LUMEN – Perché dite questo ?
TARIZZO - Perché il P.D. non asseconda, non include, non prende nemmeno in considerazione, non apre un dibattito, su questo problema del tramonto dell'Euro?

LUMEN - Beh, in effetti, un dibattito sarebbe necessario.
TARIZZO - Perché non democratizza, non accende un processo democratico attorno a questa questione? Cosa che è fondamentale, se l'uscita da questo processo dovrà essere democratica.

LUMEN – In effetti, sembra una contraddizione. Un partito che si definisce democratico, ma che poi non ne segue i principi.
TARIZZO – Proprio così. E non lo fa, a mio avviso, per delle ragioni genetiche.

LUMEN – Questo mi pare un concetto curioso, applicato ad un partito.
TARIZZO - La sinistra post-comunista, tutta la sinistra che è sorta dopo la morte del partito comunista, si è agglomerata su un discorso europeista nella declinazione 'Europa dell'euro'. Prodi, Amato, e compagnia.

LUMEN – Una bella compagnia !
TARIZZO - Questo è stato l'elemento coagulante della sinistra dopo la fine del periodo comunista: venuto meno il sogno comunista, è stato sostituito dal sogno europeista.

LUMEN – Come dire: morto un sogno, se ne fa un altro.
TARIZZO – L'europeismo dell'euro è qualcosa che tiene assieme questo partito. Questo che cosa significa? Che non soltanto in larga misura queste persone non capiscono (perché in larga misura semplicemente non capiscono), ma anche che in buona parte non vogliono capire, non hanno l'intenzione di capire.

LUMEN – Questa è una affermazione molto forte.
TARIZZO – Ma inevitabile. Perché capire, per esempio quello che dice Alberto Bagnai nel suo libro, prenderne coscienza, assumerlo, significherebbe compromettere, o aprire la possibilità di compromettere, la propria esistenza politica, o di compromettere quanto meno la propria identità politica.

LUMEN – A metà tra la difesa della propria poltrona e la dissonanza cognitiva.
TARIZZO- Più o meno. Quindi è necessario ricordare a questi esponenti politici che la scelta che stanno compiendo in questo momento è di una gravità storica inaudita, inaudita.

LUMEN – Molto grave, sicuramente.
TARIZZO - Io vi invito a fare questo piccolo ragionamento: dato che non c'è nessuno nello spettro politico italiano che sta lanciando un dibattito sul tema dell'euro, poniamo che ciò che dice Bagnai nel suo libro sia quanto meno possibile.

LUMEN – In effetti, parecchi economisti e numerosi studi di settore ritengono questo scenario molto probabile, se non certo.
TARIZZO - Appunto. Ora, se succedesse, se davvero, a un certo punto, noi ci trovassimo fuori dalla moneta unica, ci troveremmo davanti a un drammatico vuoto di potere.

LUMEN – Perché non ci sarebbe nessuno pronto a gestirlo.
TARIZZO – Proprio così. Perché non ci sarebbe nessun responsabile politico che ha assunto questa possibilità, l'ha messa a tema, e quindi il giorno dopo noi ci troveremmo di fronte, il popolo italiano si troverebbe di fronte a un'intera classe politica che fino al giorno prima ha descritto come impossibile o al limite come ingovernabile, qualcosa che sarebbe costretta a governare.

LUMEN – Terribile, davvero.
TARIZZO - Questo è il punto. Ora: non immettere nel dibattito democratico (e questa è la grave responsabilità storica che si stanno assumendo in questo momento i dirigenti del PD), non mettere a tema di un dibattito democratico questa eventualità, è qualcosa che rischia di farli annegare nel fango della storia.

LUMEN – Sperando che nel fango della storia non ci finisca anche il nostro povero paese. E che lo “stellone” ci aiuti.
 

8 commenti:

  1. Ma praticamente tutta la classe politica, ad eccezione del M5S e qualcun altro, non fa che predicare: "Qui si fa l'Europa o si muore." E per fare questa Europa o questi Stati Uniti d'Europa Maastricht e la moneta unica sono sembrati il mezzo più appropriato e facile per la realizzazione di questo sogno - che sta diventando un incubo. E senza nemmeno chiedere il parere dei cittadini europei (con la scusa che le nostre sono democrazie parlamentari). Quando hanno chiesto il parere dei propri cittadini (Francia, Olanda e Irlanda) tutti hanno detto di no alla Costituzione europea. Ma come niente fosse hanno ripresentato la stessa Costituzione con qualche ritocco ribattezzandola Trattato di Lisbona.
    La rinuncia all'euro appare logicamente a tutti gli eurofili come l'inizio della fine del sogno.
    Personalmente non so come si potrebbe gestire in maniera non troppo indolore l'uscita dall'euro che alcuni - tra cui appunto Bagnai - ritengono ormai ineluttabile e addirittura prossima.
    Per risolvere i problemi italiani Napolitano e il PD invocano l'Europa - essendo i problemi (dicono loro) non più nazionali, ma europei, anzi globali (in effetti il problema occupazionale trascende la dimensione nazionale). Insomma, Napolitano ci sta dicendo: da soli non ce la possiamo fare, anzi nessun paese europeo ce la può fare. Ma siccome ormai la Cina ci sovrasta, e sovrasterà persino gli USA fra qualche anno, si potrebbe anche dire che il problema non è più nazionale o europeo, ma addirittura mondiale. È la globalizzazione, bellezza!

    Il PD ha una vocazione internazionalista ereditata dal PCI. Ieri contava sull'Internazionale comunista e l'Unione Sovietica per risolvere i problemi italiani, oggi punta sull'Unione Europea. Sono sempre gli altri che devono togliere le castagne dal fuoco.
    Un termine aborrito sono i cosiddetti "compiti a casa". Aborriti dalle elite internazionaliste. Io invece penso che i compiti a casa possono servire eccome. Non vedo proprio perché deve essere l'EU a risolvere problemi locali come i rifiuti a Napoli e Palermo, causati da imperizia e stupidità.
    Non nego l'importanza delle visioni (ma l'ex cancelliere Schmidt diceva che a uno che ha delle visioni lui consigliava lo psichiatra). Però ciò che si può fare da soli e subito e con profitto - appunto i compiti a casa - facciamolo.

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  2. << Il PD ha una vocazione internazionalista ereditata dal PCI. Ieri contava sull'Internazionale comunista e l'Unione Sovietica per risolvere i problemi italiani, oggi punta sull'Unione Europea. Sono sempre gli altri che devono togliere le castagne dal fuoco. >>

    Ben detto, Sergio.
    Ma questa non è solo una colpa del PD, ma un modo di pensare deleterio che può distruggere qualsiasi società.
    Se parti dal presupposto che sono sempre gli altri (lo Stato, l'Europa, le classi dirigenti, il comune, la Regione, i politici, ecc.) che devono fare le cose, anzi "farsi carico del problema"; tu puoi restare seduto senza fare nulla e non sentirti nemmeno in colpa.
    Ma poi, strano a dirsi, il problema resta lì e non lo risolve nessuno.

    Questo, direi, è uno dei difetti peggiori della democrazia rappresentativa, che però, per una nazione grande come la nostra, appare inevitabile.
    Chissà come si esce da questo circolo vizioso ?

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  3. Caro Lumen,

    leggo in Micromega il testo seguente:

    "Il 18 maggio la Fiom scende in piazza con una grande manifestazione nazionale per il diritto al lavoro, all'istruzione, alla salute, al reddito, alla cittadinanza, per la giustizia sociale e la Democrazia. Chiama quindi alla mobilitazione non solo i lavoratori metalmeccanici ma tutti i cittadini che ancora si riconoscono nei valori di giustizia e libertà della Costituzione repubblicana"

    Ammazza, quanti diritti ci sono! Strano che non citino il diritto alla felicità, contemplato dalla costituzione americana (più precisamente il diritto a ricercare la felicità - che però non è definibile se non come stato soggettivo di benessere). Hanno dimenticato anche il diritto a una moglie a un marito, a formare una famiglia e ad avere il numero di figli che si desidera (cose che in Cina non sono possibili per i noti motivi).

    Il bello è che in natura non esistono diritti a parte quello del più forte (che vale ancora ...).
    Ma vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che il diritto al lavoro non può esistere o può esistere solo in uno stato comunista in cui tutta l'attività economica è nelle mani dello Stato che può garantire a tutti ... una miseria! Nella Germania dell'Est gli affitti erano modestissimi e probabilmente sovvenzionati, ma bisogna poi vedere in che stato erano gli appartamenti e quanto bisognava aspettare per l'idraulico ... Io ho avuto tempo fa urgente bisogno dell'idraulico alle cinque di sera. Una telefonata e un'ora dopo avevo un nuovo e bellissimo rubinetto.

    Chi parla - o meglio straparla - di diritto al lavoro non pensa che questo diritto ha un risvolto non proprio piacevole: l'obbligo di lavoro. Se lo Stato deve garantirti il lavoro è chiaro che stabilisce lui le regole. C'è anche gente che non ha molta voglia di lavorare: è un loro diritto anche quello, perché obbligarli a otto o dieci ore di lavoro se a loro ne bastano la metà per vivere?
    Certamente tutti hanno diritto a un minimo esistenziale (che può essere stabilito e deve essere variabile perché le condizioni economiche generali mutano). Ma qui ormai tutti pretendono la luna, non solo il minimo.
    Persino un liberale vicino ai socialdemocratici, l'anglo-tedesco Dahrendorf, diceva che il diritto al lavoro è una sciocchezza.
    Purtroppo di doveri non si parla mai, solo di diritti. Io dico che tutti hanno il dovere di rendersi utili secondo le loro inclinazioni e capacità che non possono essere le stesse. E l'utilità e il lavoro ben fatto sono universalmente apprezzati (questa gente è anche poi ricercata per il loro buon nome). La remunerazione deve poi tener conto dell'utilità e qualità di una prestazione.
    Altrimenti si dica chiaro e tondo che la paga deve essere uguale per tutti, indipendentemente dalle prestazioni. Ma una pretesa simile nemmeno i vendoliani, i dalemiani e i napolitani l'hanno finora avanzata. Et pour cause! Sta' a vedere che un d'Alema vuole lo stipendio di un operaio (benché l'operaio sia più utile di lui che non ha mai lavorato).

    Diritti, sì, ma anche doveri. E non inventiamoci diritti assurdi.

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  4. << Chi parla - o meglio straparla - di diritto al lavoro non pensa che questo diritto ha un risvolto non proprio piacevole: l'obbligo di lavoro. >>

    Caro Sergio,
    questa è una delle contraddizioni di certi ragionamenti, ma non è l'unica.
    Qui si confonde il lavoro con il "lavoro dipendente stipendiato".
    Quello che chiedono i sindacati, infatti è un "lavoro dipendente stipendiato" per tutti; ma questo non è l'unico tipo di lavoro.

    Esiste anche (chi l'avrebbe mai detto ') il lavoro in proprio, artigianale o assimilato.
    In Italia questo lavoro può essere svolto da chiunque lo desideri (certo ci vogliono impegno, abnegazione e coraggio), quindi si può affermare che anche il diritto al lavoro, in Italia, è rispettato.

    Ma se vai in giro a dire queste cose, nel migliore dei casi, ti prendono per servo del capitale.

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    1. Mi piace questa tua osservazione sul "lavoro dipendente stipendiato" e il "lavoro in proprio". Naturalmente il lavoro stipendiato dipendente è più sicuro, a fine mese ti arriva l'assegno o la busta paga. Posso quindi anche capire che la sinistra sogni di trasformarci tutti in dipendenti. Ma siccome nell'economia di mercato le imprese possono fallire la sicurezza dell'impiego - e la rapida assunzione da un'altra impresa - non possono essere garantite. Ci sono i famosi ammortizzatori sociali che hanno una ragione d'essere e attutiscono le cadute.
      Ora la prospettiva di diventare tutti impiegati statali o comunque garantiti contro ogni evenienza mi sembra francamente poco desiderabile e economicamente insostenibile. Naturalmente ci sono le necessità elementari non negoziabili, ma la sinistra tende - ciò è anche comprensibile - a estendere questo ambito (vedi tutti i diritti elencati elencati da MicroMega nel mio precedente messaggio).

      Lo Stato ha naturalmente bisogno di un'organizzazione e di dipendenti. Come forse saprai in Grecia il numero degli "statali" era cresciuto a dismisura (probabilmente è eccedente anche in Italia). Ciò è il frutto di una certa politica.
      Una idea che a me sembra interessante è la "rotazione" degli impieghi statali, sicuri e discretamente pagati. La maggior parte di questi impieghi non richiede eccezionali capacità e specializzazioni: moltissimi potrebbero svolgerli. Ovviamente non si possono sostituire i ricercatori e gli specialisti di altissimo livello, ma essi costituiscono una bassa percentuale degli statali.
      In altre parole una gran parte della popolazione potrebbe ricoprire - a tempo - impieghi statali dalle entrate sicure. Poi dovranno industriarsi, rendersi utili, lavorare appunto in proprio o anche come dipendenti ma senza "casco".

      È strano: il comunismo - e il suo fratello minore, il socialismo - sono falliti. Eppure il socialismo sta tornando di moda. O forse il socialismo è ineluttabile perché ormai siamo troppi e dobbiamo in qualche modo arrangiarci per non cavarci gli occhi?

      P.S. Il sottoscritto è un ex sessantottino che non si è arricchito (come gli ex comunisti Fassino, Vendola, d'Alema, Napolitano, Veltroni e compagnia bella).

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  5. << È strano: il comunismo - e il suo fratello minore, il socialismo - sono falliti. Eppure il socialismo sta tornando di moda. O forse il socialismo è ineluttabile perché ormai siamo troppi e dobbiamo in qualche modo arrangiarci per non cavarci gli occhi? >>

    Caro Sergio, non è una prospettiva che mi entusiasmi, ma in caso di grave impoverimento delle nostre economie lo statalismo potrebbe essere l'unica strada per non ammazzarci a vicenda.

    Non dimenticare però che il socialismo si può applicare solo dove c'è benesse, dove ci sono comunque delle ricchezze da distribuire.
    Quando le vacche sono magre, il socialismo se ne va, e lascia il posto al suo fratello più brutale (non è il caso che ne faccia il nome).

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  6. " lo statalismo potrebbe essere l'unica strada per non ammazzarci a vicenda."

    Caro Lumen, però con lo statalismo si tornerebbe al capolinea con una classe di sfruttatori (i burocrati di stato o di partito) e una classe di sfruttati (i cittadini). Marx con le sue perfette teorie sulla lotta di classe era andato a sbattere sul fatto che la tendenza a dividersi in classi e sfruttare i propri simili era scritta nei geni della specie Homo, e non dipendeva banalmente dal fatto che la borghesia fosse cattiva. Kant aveva parlato di "legno storto" a proposito dell'uomo. La storia successiva ha confermato. L'illusione che uno Stato di burocrati illuminati risolva i problemi però tende a rinascere.

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  7. Caro Agobit, condivido senz'altro le tue osservazioni.
    Ovviamente, quando parlavo di un possibile "statalismo necessario" non mi riferivo ai fantomatici "burocrati illuminati" che probabilmente neppure esistono.
    Mi riferivo al fatto che potrebbe essere necessaria una "autorità superiore forte" (anche se iniqua, corrotta e inefficiente) per preservare quel minimo di pace sociale necessaria per tirare avanti.
    In fondo la storia dell'umanità è fatta molto più di feroci stati tirannici che di rispettose democrazie.

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