sabato 9 febbraio 2013

Dialogo di un Venditore di "welfare" e di un Passeggere

ASSESSORE – Il nostro è un paese civile. Abbiamo tanti servizi sociali. Non trascuriamo i bambini e veniamo incontro alle esigenze dei genitori che lavorano.
LUMEN – Complimenti. E cosa state festeggiando ?

ASSESSORE – L’inaugurazione di un asilo-nido.
LUMEN – Bravi. Ma tutto questo costa. Chi paga ?

ASSESSORE - Benedetti decrescisti, o descescenti, o come diavolo vi chiamate. Se lavorano papà e mamma…
LUMEN - Se papà e mamma sono occupati, vorrete dire.

ASSESSORE - Sì, se papà e mamma sono occupati, presentano due dichiarazioni dei redditi da cui detrarre l’imposta a carico delle persone fisiche.
LUMEN – Giusto.

ASSESSORE - Inoltre l’apporto di questa famiglia alla crescita della produzione di merci è duplice, quindi raddoppia anche il loro contributo indiretto all’imposta sui redditi delle persone giuridiche.
LUMEN – Senza dubbio.

ASSESSORE - Ma se entrambi i genitori sono fuori casa tutto il giorno, non penserete mica che abbiano il tempo di andare a fare la spesa al mercato e cucinare ?
LUMEN – Certo che no !

ASSESSORE - Compreranno cibi precotti e surgelati, che costano molto più dei cibi freschi, quindi il loro contributo all’imposta sul valore aggiunto sarà maggiore del contributo di chi non deve comprare tutto quello che gli serve per vivere, o compra prodotti freschi che costano di meno, a cui, cucinandoli, aggiunge il valore non monetario del suo lavoro.
LUMEN – Non sia mai…

ASSESSORE - Inoltre i surgelati vengono da distanze maggiori e richiedono maggiori consumi di fonti fossili per il trasporto. E voi sapete che la tassazione sui carburanti ammonta a più della metà del prezzo di vendita.
LUMEN – Già, le famose “accise”.

ASSESSORE - Non dimenticate, infine, che la surgelazione richiede molta energia elettrica e anche qui le imposte sono molto elevate.
LUMEN – Una vera “orgia” di imposte.

ASSESSORE - Per le amministrazioni pubbliche le famiglie mono-nucleari sono una pacchia.
LUMEN – Non stento a crederlo.

ASSESSORE - Fanno arrivare alle casse dello Stato e dei Comuni tanti di quei soldi da ripagare più che abbondantemente i costi di gestione e del personale degli asili nido.
LUMEN - Dove questi poveretti potranno portare, imbacuccati, infreddoliti e insonnoliti, i loro bambini la mattina presto, per andare a riprenderli la sera, quando tornano dal lavoro sfiniti.

ASSESSORE – Beh, per forza. Non vorrete mica fermare la crescita economica ed il progresso sociale ?
LUMEN – Ma a voi piace davvero questa crescita economica che subordina la vita di tutta la popolazione, anche quella non ancora o non più in età produttiva, agli orari di lavoro ? Che sacrifica il “benessere” al “tanto-avere” ? Le persone alle cose ?

ASSESSORE: Beh, insomma…
LUMEN – Pensateci sopra con sincerità e senza preconcetti. Una crescita che toglie tempo alle relazioni umane e che crea carenza d’affetto incolmabili, può costituire davvero un miglioramento della qualità della vita ? Io dico di no.


P.S. – Il testo del dialogo è stato ripreso (con alcuni modesti adattamenti) dal libro MENO E MEGLIO di Maurizio Pallante, un bravissimo economista della decrescita, al quale vanno la mia stima, la mia ammirazione ed, ovviamente, le mie scuse per il (veniale) furto perpetrato. Lumen


6 commenti:

  1. Il tre marzo si vota in Svizzera per introdurre un nuova norma costituzionale in favore della famiglia: lo Stato dovrà creare asili nido (che esistono già ma non bastano) e strutture diurne per permettere a entrambi i genitori di lavorare. Ovviamente contribuiranno alle spese anche quelle famiglie "tradizionali" che preferissero rinunciare ai benefici delle modernità e che tenessero i bambini a casa invece di scaricarli all'asilo.
    Bisogna dire che non di rado il lavoro di entrambi i genitori è una necessità perché uno stipendio non basta. Inoltre l'evoluzione demografica negativa richiederà in futuro forza lavoro e si auspica perciò il coinvolgimento di entrambi i genitori nel processo di produzione. Anche questa potrebbe essere una necessità.

    Se io potessi voterei comunque no a questo nuovo progetto costituzionale di cui si ignorano i costi effettivi e che potrebbero essere molto elevati. Ormai lo Stato deve pensare e provvedere a tutto e a me questo non piace. Passi per il reddito di cittadinanza incondizionato - che però nemmeno mi convince troppo: tutti hanno bisogno di un reddito per vivere, ma anche di un lavoro per non impazzire. Ma non credo che lo Stato debba e possa anche garantire il lavoro o l'occupazione. Nei paesi comunisti non esisteva ufficialmente la disoccupazione, ma bisogna vedere che razza di occupazione era spesso: una pseudo-occupazione per non dare lo stipendio senza fare assolutamente niente.

    La crescita economica infinita mi sembra un'assurdità. Il miglioramento delle condizioni di vita invece è auspicabile e possibile, senza inondare l'ambiente di spazzatura di difficile smaltimento.

    Vent'anni fa si diceva che per produrre ciò di cui abbiamo realmente bisogno (credo che sia possibile mettersi d'accordo su questa questione) basterebbe lavorare un paio d'ore al giorno. Forse un paio è troppo poco, ma anche su questo si può trovare un accordo. Invece il discorso verte ancora e sempre sulla cosiddetta "piena occupazione" senza definirla e senza definire i bisogni reali di miliardi e miliardi di persone. Ci sono le "spese fisse" incompressibili (casa, alimentazione, luce, riscaldamento, tasse e altro) e poi i beni voluttuari, desiderabili ma non necessari.
    Tante cose che potremmo fare noi le deleghiamo ad altri che però dobbiamo pagare. Così cresce anche il PIL. Ma il PIL non è sempre e necessariamente indice di benessere, anzi è ingannatore.

    Allora più Stato o meno Stato? Io sono per meno Stato e più impegno personale, meno pretese: è anche più soddisfacente saper fare qualcosa da sé. A me sembra che ormai si parli solo di diritti (presto introdurranno anche il diritto al consumo voluttuario perché tutti hanno diritto a un consumo dignitoso se no sono discriminati e si ammalano). Il consumo crea poi benessere individuale e aumenta ovviamente anche il PIL - così si può investire di più e accrescere i consumi). Più consumi più investimenti, più investimenti più produzione e consumi e più investimenti ecc.

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  2. << Io sono per meno Stato e più impegno personale, meno pretese: è anche più soddisfacente saper fare qualcosa da sé. >>

    Caro Sergio,
    il bel libro di Maurizio Pallante che ho citato nel post (e che ho appena finito di leggere) propone proprio una riconversione al saper fare individuale, visto come una grande risorsa dell'individuo contro il troppo Stato, l'eccesso di consumo inutile e, soprattutto, la totale dipendenza dagli altri per i propri bisogni.
    Chi non sa fare nulla, e perde il lavoro di salariato, può morire di fame. Chi sa fare qualcosa (e più cose sa fare, meglio è) riesce a campare lo stesso.
    E' un libretto piccolo e agile, ma molto interessante. Se ti capita sotto mano, ti consiglio di leggerlo.

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    1. Ho cercato il libro di M. Pallante nel catalogo elettronico BOL e ho trovato la presentazione che ti copio qui sotto. Naturalmente sono d'accordo. Però è strano che idee così elementari non siano ancora patrimonio comune. Io continuo a sentire da mane a sera: crescita, crescita, crescita (destra, sinistra e verdi pari sono: tutti vogliono lavoro sicuro e reddito "dignitoso" per poter fare shopping senza dover sempre contare i soldi - se no che vita è!).
      Pallante mi sembra comunque di averlo già incontrato.

      «I segnali sulla necessità di rivedere il parametro della crescita su cui si fondano le società industriali continuano a moltiplicarsi: l'avvicinarsi dell'esaurimento delle fonti fossili e le guerre per il controllo, i mutamenti climatici, l'aumento dei rifiuti, le devastazioni e l'inquinamento ambientale. Eppure gli economisti e i politici, gli industriali e i sindacalisti continuano a porre nella crescita del prodotto interno lordo il senso stesso dell'attività produttiva. Secondo l'autore, è dunque arrivato il momento di smontare il mito della crescita, di definire nuovi parametri per le attività economiche e produttive, di elaborare un'altra cultura, di sperimentare modi diversi di rapportarsi col mondo, con gli altri e con se stessi.»

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  3. E' vero, tutti insistono con il mantra PIU' CRESCITA, PIU' CRESCITA, anche in queste elezioni (salvo alcune riserve degli Stellini.
    Forse è l'abitudine ai meccanismi mentali del passato o forse, magari inconsciamente, è il rifiuto di accettare che la pacchia è finita, e che dobbiamo prepararci a un mondo alla rovescia, in cui il futuro sarà sempre un po' peggiore del passato.
    E' un pensiero che, in effetti, sgomenta e che provoca facilmente la rimozione.

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  4. ottimo post, grazie Lumen per la condivisione

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    1. Grazie a te, Arturo.
      Credo che quello della decrescita sia il futuro che ci aspetta, che ci piaccia o no. Ma sta a noi decidere se vogliamo gestirlo o subirlo.

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